Congo Attualità N.304

INDICE

EDITORIALE: IL DIALOGO DELL’ULTIMA OPPORTUNITÀ DIVENTA REALTÀ

  1. IL DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE CONTINUA CON LA MEDIAZIONE DELLA CENCO

  2. L’apertura del dialogo

  3. I lavori in tre commissioni

  4. Una breve sospensione dei lavori

 

1. IL DIALOGO TRA MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE CONTINUA CON LA MEDIAZIONE DELLA CENCO

 

a. L’apertura del dialogo

 

Il 7 dicembre, in un comunicato stampa pubblicato nel tardo pomeriggio, il vice segretario generale della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO), Padre André Masinganda, ha annunciato che i negoziati diretti tra i firmatari dell’accordo politico del 18 ottobre e i non firmatari di tale accordo avranno inizio il giorno seguente, 8 dicembre, presso la sede della CENCO e con la mediazione dei vescovi cattolici. Le parti interessate comprendono il Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP), la Maggioranza Presidenziale (MP), l’opposizione che ha già partecipato al dialogo della Cittadella dell’Unione Africana e il Fronte per il Rispetto della Costituzione. Questo ciclo di negoziati diretti è considerato come l’ultima opportunità esistente per placare la forte tensione politica provocata dalla non organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione.[1]

L’8 dicembre, il responsabile della Commissione per le Comunicazioni Sociali della CENCO, padre Jean-Marie Bomengola, ha auspicato che i partecipanti possano interpretare la realtà in una medesima prospettiva e ha parlato della continuità di un dialogo già aperto ma teso, questa volta, ad armonizzare i punti di vista degli uni e degli altri: «L’attuale incontro è la continuazione di quello iniziato tempo fa e che si è concluso con le risoluzioni già note. Ma poiché ci sono delle persone che non hanno potuto prendere parte a quell’incontro, allora è ora necessario armonizzare i punti di vista, in modo che, per quanto riguarda le conclusioni finali, ognuno si senta rappresentato e soddisfatto. Auspichiamo che tutti, alla fine, possiamo vedere le cose nello stesso modo e che possiamo essere d’accordo sull’essenziale, affinché possiamo finalmente vivere in pace e in armonia».[2]

L’8 dicembre, nel pomeriggio, il presidente della CENCO, Mons. Utembi Tapa, ha dato avvio ai negoziati diretti tra i firmatari dell’accordo politico della Cittadella dell’Unione Africana e i non firmatari di tale accordo. Nel suo discorso di apertura di questo mini-dialogo, egli ha dichiarato che «la CENCO ha incontrato le varie parti interessate, per ascoltare e raccogliere le loro analisi e proposte, al fine di ravvicinare i punti di vista degli uni e degli altri, in vista di un’uscita pacifica dalla crisi socio-politica del Paese. Essa si è data il tempo necessario, data la delicatezza della missione, per approfondire il testo dell’accordo politico del dialogo nazionale e i documenti messi a sua disposizione dal Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento e dal Fronte per il Rispetto della Costituzione.

Attraverso questo lavoro sinottico, essa ha identificato significativi punti di convergenza tra le posizioni delle varie parti in causa, ma anche i punti di divergenza.

L’attuale incontro è organizzato proprio per dare ai delegati delle tre principali componenti (Maggioranza Presidenziale, Opposizione e Società Civile) firmatarie dell’accordo politico del 18 ottobre 2016 e di quelli che non hanno partecipato al Dialogo Nazionale svoltosi alla Cittadella dell’Unione Africana (il Raggruppamento dell’Opposizione, il Fronte per il Rispetto della Costituzione e parte della società civile), il tempo di lavorare insieme, in un ambito ristretto composto da 30 persone. Questo lavoro si concentrerà sull’esame dei punti di divergenza, al fine di arrivare a delle proposte che permettano di risolverli nell’ambito di un ampio consenso.

La situazione è grave, l’intera popolazione congolese ci guarda; per cui, in questo incontro, siamo tutti chiamati a superarci e a dare il meglio di noi stessi, per dare al Paese la possibilità di una pace duratura, l’opportunità di consolidare una democrazia conquistata con fatica e l’occasione di evitare una situazione di stallo che potrebbe avere delle conseguenze assai negative. Vi esortiamo dunque  alla cultura della concordia e della pace, perché è tutto quello che il popolo si aspetta da voi e da tutti noi, particolarmente in questo momento preciso. Vi chiediamo, quindi, di inviare ai vostri partiti e organizzazioni, ma anche alle vostre rispettive basi, un appello alla calma, affinché il popolo congolese non riviva mai più i tragici avvenimenti del 19 e 20 settembre 2016. Il popolo si aspetta soprattutto che le conclusioni di questo incontro favoriscano la riconciliazione tra i politici, la pace sociale e l’organizzazione di elezioni democratiche, credibili e pacifiche che permettano un’alternanza politica pacifica, come richiesto dalla Costituzione.

Le rigidità che a volte hanno caratterizzato le posizioni degli uni e degli altri dovranno lasciare il posto a delle concessioni e a dei compromessi che, tra l’altro, non dovranno essere interpretati come un’ammissione di debolezza, ma piuttosto come segno di grandezza d’animo e di superamento di sé stessi, per promuovere gli interessi superiori della nazione. Vi chiediamo, infine, un atteggiamento di cooperazione e di leale collaborazione per il buon esito di questo incontro».[3]

Alla fine della seduta di apertura del dialogo, varie sono state le reazioni a proposito dei punti di divergenza sottolineati dai vescovi, in particolare per quanto riguarda l’accordo politico del 18 ottobre e la fine del mandato dell’attuale Presidente della Repubblica.

Da parte sua, il Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP), che non ha partecipato al dialogo della Cittadella dell’Unione Africana, ha idee molto chiare per quanto riguarda l’imminente fine del mandato presidenziale di Joseph Kabila.

Il deputato nazionale Martin Fayulu spiega che il RASSOP ha accettato di partecipare a queste discussioni solo per difendere la Costituzione: «Siamo qui per far rispettare la costituzione, le cui disposizioni devono essere salvaguardate anche dal Presidente della Repubblica. Non abbiamo avuto la possibilità di organizzare le elezioni a causa di alcuni individui, tra cui la Commissione elettorale che ha violato l’articolo 73 della Costituzione. Ora si tratta di decidere come gestire questo paese dopo il 20 dicembre».

Valentin Mubake, consigliere di Etienne Tshisekedi, è dello stesso parere: «Secondo la Costituzione, Kabila deve lasciare il suo incarico di Presidente della Repubblica il 19 dicembre 2016 e noi siamo qui per questo: per dire a Kabila che deve lasciare il potere il 19 dicembre».

Diverso è il punto di vista di quelli che hanno partecipato al dialogo della Cittadella dell’Unione africana. Secondo il portavoce del governo, Lambert Mende, nelle discussioni in corso si parlerà di tutto, tranne che del 19 dicembre: «I sei punti di divergenza sono noti. Non si tratta di parlare del 19 dicembre, perché tutti sappiamo che quella data segna la fine del mandato del Capo dello Stato, ma sappiamo anche che egli continuerà ad esercitare il suo mandato fino all’insediamento del suo successore». Per Lambert Mende, «il consenso del 18 ottobre continua a rimanere l’unica road map per la guida del Paese. Ci auguriamo di poter allargare questo consenso attraverso le attuali discussioni». Da parte sua, il presidente dell’Unione per la Nazione congolese (UNC), Vital Kamerhe, auspica che tutte le parti venute a questo incontro con opinioni divergenti, ne escano guardando nella stessa direzione: «I vescovi hanno additato 6 punti di discrepanze ma, in seguito a questi colloqui, vogliamo avere una visione comune che ci permetta di costruire la pace nel nostro Paese».

Per la Società civile, Maguy Kiala afferma che non si può mettere in discussione l’accordo del 18 ottobre.[4]

Nel suo messaggio rivolto ai delegati del Movimento di Liberazione del Congo (MLC) e alleati, a proposito degli incontri attualmente in corso sotto la mediazione della CENCO, Eve Bazaiba, segretaria generale del partito di Jean Pierre Bemba, non è scesa a compromessi circa il futuro di Joseph Kabila dopo il suo secondo ed ultimo mandato presidenziale.

Ella ha affermato che «gli articoli 70, 220, ecc. della costituzione sono chiari. Il presidente Kabila è arrivato a fine mandato. Non si può concedergli un premio, prolungando il suo mandato in violazione della Costituzione» e ha precisato che il MLC non intende partecipare ad alcun governo formato in seguito a questi incontri. «Il MLC e i suoi alleati non possono compromettersi facendo parte di un governo che violerebbe la Costituzione e la legge sullo statuto dell’opposizione.

Il MLC non può rischiare di non essere in sintonia con il popolo che chiede l’alternanza politica e non un qualsiasi governo, sia pur di d’unità nazionale», ha dichiarato Eve Bazaiba, aggiungendo che «ciò che è in gioco è la fine del secondo e ultimo mandato del presidente Kabila il 19 dicembre 2016 e la questione del calendario elettorale. Il rispetto della Costituzione non è negoziabile!».[5]

Il 9 dicembre, durante un’assemblea plenaria, si sono convalidati i mandati dei delegati delle diverse componenti, si è approvato l’ordine del giorno e si sono formate tre commissioni di lavoro. La lista provvisoria dei 32 partecipanti è la seguente:

  1. Per i firmatari dell’accordo del 18 ottobre (16 partecipanti):

– La Maggioranza Presidenziale – MP (6 delegati): Néhémie Mwilanya, Alexis Thambwe, Adolphe Lumanu, Lambert Mende, Martin Kabwelulu, Norbert Nkulu.

– L’Opposizione (7 delegati): Ambatobe Nyongole (UDPS), Vital Kamerhe (UNC), José Makila (Atd), Jean-Lucien Bussa (CDR), Steve Mbikayi (NCPS), Azarias Ruberwa, Mokonda Bonza.

– La Società Civile (3 delegati): Marie-Madeleine Kalala, Maguy Kalia, Jean-Marie Ntantu Mey.

  1. Per il Raggruppamento dell’Opposizione – MLC e Alleati (16 delegati): Jean-Marc Kabund (UDPS), Felix Tshisekedi (UDPS), Valentin Mubake (UDPS), Gilbert Kankonde (UDPS), Delly Sessanga (AR), Christophe Lutundula (G7), Joseph OlenghaNkoy (Dynamique), Jean-Pierre Lisanga (Alliés UDPS), Eve Bazaïba (MLC), Fidèle Babala (MLC), Raymond Ramazani (MLC), Jacques Lunguana (MLC), Wivine Tshimusa (FRC), Bembe Bati (FRC), Georges Kapiamba (Società Civile), Christopher Ngoy Mutamba (Società Civile).

L’ordine del giorno prevede i seguenti sei punti:

  1. Costituzione: comprensione del concetto di rispetto della Costituzione e delle sue implicazioni in relazione alla crisi attuale.
  2. Processo elettorale: ordine di successione delle varie elezioni, calendario elettorale, finanziamento delle elezioni, indipendenza della Commissione elettorale (CENI) e del CSAC.
  3. Funzionamento delle istituzioni durante la transizione.
  4. Misure di rasserenamento del clima politico.
  5. Forma del compromesso politico da trovare.
  6. Meccanismo di monitoraggio dell’applicazione dell’accordo politico.

Per quanto riguarda le tre commissioni, secondo Padre Nshole, la prima commissione si occuperà delle questioni relative alla “governance e Istituzioni” per il dopo 19 dicembre; la seconda si occuperà del “processo elettorale” (ordine di successione delle elezioni, calendario elettorale, finanziamento); la terza si concentrerà sulle “misure di rasserenamento” del clima politico nel paese. Infine, si prevede anche un comitato speciale per redigere il documento finale sul compromesso politico da trovare.

La CENCO ha sospeso i lavori fino al 12 dicembre incluso, perché i vescovi dovevano assistere alla cerimonia di investitura di Mons. Fridolin Ambongo come nuovo vescovo della diocesi di Mbandaka. Le discussioni riprenderanno il 13 dicembre.[6]

Il 9 dicembre, il deputato e segretario nazionale responsabile della giustizia e del buon governo per  l’UNC, Sam Bokolombe, ha criticato senza pietà l’UDPS, partito di Etienne Tshisekedi, per ciò che egli considera come uno strano cambiamento di rotta da parte dell’UDPS che ha, infine, accettato di dialogare con la maggioranza kabilista. Secondo il deputato dell’UNC, ora si può considerare l’UDPS come parte integrante della maggioranza presidenziale e ciò sulla base dello stesso principio finora sostenuto dall’UDPS, secondo il quale ogni membro dell’opposizione che discute con il governo di Kinshasa, com’è stato il caso di Vital Kamerhe che ha partecipato al dialogo della Cittadella dell’Unione Africana, diventa automaticamente un membro a pieno titolo della sua famiglia politica. Lunga vita, dunque, alla nuova maggioranza kabilista con l’UDPS e il Raggruppamento dell’Opposizione![7]

Il 10 dicembre, il coordinatore dell’Associazione Africana per la difesa dei Diritti dell’Uomo (ASADHO), Jean-Claude Katende, ha affermato che «le attuali trattative devono tenere in conto le aspirazioni del popolo congolese: 1. l’organizzazione delle elezioni presidenziali nel più breve tempo possibile. La data prevista nell’accordo politico del 18 ottobre 2016 è troppo distante. 2. Il ritiro del presidente Kabila alla fine del suo secondo e ultimo mandato presidenziale, il 19 dicembre 2016. 3. una transizione senza il presidente Kabila. Tutti quelli che saranno implicati nella gestione della transizione non dovrebbero candidarsi alle successive elezioni. Se i partecipanti alle trattative in corso non tenessero conto di queste aspirazioni, sarà possibile applicare l’articolo 64 della Costituzione».[8]

b. I lavori in tre commissioni

Il 13 dicembre, si sono ripresi i lavori del dialogo politico moderato dalla CENCO. Secondo alcune fonti, i delegati non sono ancora riusciti ad accordarsi sui vari aspetti relativi alle modalità delle discussioni e alle quote di partecipazione riservate ad ogni componente.

In serata, il Movimento di Liberazione del Congo (MLC) e alleati hanno annunciato di essersi definitivamente ritirati dal dialogo facilitato dalla CENCO. In una dichiarazione rilasciata dalla segretaria del MLC, Eve Bazaiba, il Fronte per la Difesa della Costituzione ha evocato il non rispetto della quota di partecipanti ad esso riservata (su cinque delegati inizialmente previsti, solo due gli sono stati assegnati). Secondo la nota firmata da Eve Bazaiba, «il Fronte per il rispetto della Costituzione critica il comportamento egemonico del Raggruppamento dell’opposizione che si è permesso, con l’approvazione della CENCO, di attribuirsi alcune quote di partecipazione inizialmente riservate al Fronte e alla Società Civile». Secondo padre Donatien Nshole, vice segretario generale della CENCO, sono attualmente in corso delle trattative con l’MLC e il Fronte per il rispetto della Costituzione. Il Fronte per il rispetto della Costituzione è una piattaforma formata dal MLC, una quarantina di partiti politici e una cinquantina di organizzazioni della società civile.[9]

Il 14 dicembre, il Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) e il Fronte per il rispetto della Costituzione hanno deciso di riprendere i lavori di dialogo nazionale inclusivo. Il Fronte per il rispetto della Costituzione ha preso tale decisione in seguito ad una riunione con il Nunzio Apostolico e il Presidente della CENCO. Questo incontro ha permesso al Fronte di avere tre delegati al tavolo dei negoziati e tre esperti che possono intervenire nelle commissioni. Il numero dei partecipanti a questo dialogo è stato, in tal modo, rivisto al rialzo. Secondo un comunicato della CENCO, i delegati partecipanti al dialogo sono 32. Per i firmatari dell’accordo politico della Cittadella dell’Unione Africana, ci sono 16 partecipanti, tra cui 6 della maggioranza presidenziale, 6 dell’opposizione politica, uno dell’opposizione repubblicana e 3 della società civile.

Anche i non firmatari di quell’accordo sono rappresentati da 16 delegati, tra cui 11 del Raggruppamento dell’opposizione, 3 del Fronte per il rispetto della Costituzione e 2 della società civile.[10]

Il 14 dicembre, i delegati a questo mini dialogo hanno iniziato i lavori nelle commissioni. Nella commissione “Governance e riforma istituzionale”, il tema più dibattuto sembra essere la situazione di  Joseph Kabila dopo il 19 dicembre. Secondo diverse fonti, i delegati della maggioranza presidenziale continuano a sostenere che la sorte del Presidente della Repubblica è già stata delineata da una sentenza della Corte Costituzionale, secondo la quale il Capo dello Stato rimane in carica fino all’insediamento del nuovo presidente eletto, in conformità con il secondo comma dell’articolo 70 della costituzione. Secondo loro, la decisione della Corte costituzionale è valida per tutti e non richiede alcun dibattito.

I delegati del Raggruppamento dell’opposizione, invece, esigono il ritiro di Joseph Kabila immediatamente dopo il 19 dicembre 2016, secondo le disposizione del primo comma dello stesso articolo 70. Essi propongono quindi l’istituzione di un “regime speciale” incaricato della gestione del Paese durante un breve periodo di transizione che dovrebbe concludersi con le elezioni presidenziali e legislative nazionali prima della fine del 2017.

Inoltre, Valentin Mubake (UDPS), membro del Raggruppamento dell’opposizione, ha sottolineato la necessità di salvaguardare gli articoli cosiddetti “bloccati” della Costituzione, soprattutto l’articolo 220. Ciò implica che, durante il periodo di transizione, non sarà possibile alcuna forma di revisione costituzionale, né per via parlamentare, né per via referendaria.

Nella commissione “Processo elettorale”, si è affrontata la questione relativa all’ordine di successione delle elezioni e al calendario elettorale. I delegati della maggioranza presidenziale e del Raggruppamento dell’opposizione sono ancora ben lontani da un eventuale accordo. Si è constatato che i firmatari dell’accordo politico della Cittadella dell’Unione Africana mantengono la loro posizione espressa nell’accordo del 18 novembre 2016 che prevede l’organizzazione delle elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali in uno stesso giorno, verso la fine di aprile 2018. Il Raggruppamento dell’opposizione, che non condivide questo punto di vista, continua a sostenere che è possibile organizzare simultaneamente le elezioni presidenziali e legislative nazionali nel mese di settembre 2017, subito dopo la fine dell’operazione di registrazione degli elettori, prevista per fine luglio. Le elezioni provinciali avrebbero luogo tre mesi più tardi.

Alla Commissione “rasserenamento del clima politico”, il Raggruppamento continua a chiedere la liberazione dei prigionieri politici e la cessazione delle procedure giudiziarie intraprese contro l’ex governatore del Katanga, Moïse Katumbi. La lista dei prigionieri politici e dei membri dell’opposizione costretti all’esilio, che dovrebbero usufruire delle misure di rasserenamento del clima politico, è stata categoricamente respinta dalla maggioranza presidenziale, secondo la quale si dovrebbe procedere caso per caso.[11]

La suddivisione provvisoria dei delegati nelle tre commissioni sarebbe la seguente:

  1. Commissione “Governance e riforma istituzionale”

Lutundula (G7), Kabund (Udps), Mubake (Udps), Sesanga (AR), Lisanga (Alliés Udps),

Olenghankoy (Dynamique), Kalala (Société civile), Lumanu (MP), Nkulu (MP), Makila

(Opposition signataire), Ruberwa (Opposition signataire), Mbikayi (Opposition signataire).

  1. Commissione “Processo elettorale”

Fayulu (Dynamique), Molisho (G7), Ngoy (Udps), Kankonde (Udps), Kuye (Société civile), Kabwelulu (MP), Bussa (Opposition signataire), Kamerhe (Opposition signataire).

  1. Commissione “rasserenamento del clima politico”

Tshisekedi (Udps), Kamitatu (G7), Kiala (Société civile), Mende (MP), Thambwe (MP), Mokonda (Opposition signataire), Bongongo (Opposition Républicaine signataire).[12]

Il segretario nazionale del Movimento Sociale per il Rinnovamento, François Rubota, si è espresso sulle rivendicazioni del Raggruppamento dell’opposizione che auspica la ristrutturazione della Commissione elettorale (CENI), dello CSAC e della Corte costituzionale. Secondo il deputato, «occorrerebbero diversi mesi (se non anni) per mettersi d’accordo su una nuova legge organica riguardante la Commissione elettorale e sulla designazione di nuovi leader per questa istituzione. Chiedere di riformularne la composizione significa ritardare ulteriormente il processo elettorale. Auspicando la ristrutturazione della CENI, il Raggruppamento rischia di dare l’impressione di non volere organizzare le elezioni il prima possibile».[13]

Il 15 dicembre, il deputato nazionale Steve Mbikayi, presidente nazionale del Partito Laburista e delegato al dialogo, ha dichiarato che, «tra gli elementi che impediscono di avere un accordo, c’è l’ambiguità del Raggruppamento dell’opposizione. Il fatto che usi un linguaggio sui media e un altro all’interno del dialogo provoca dei ritardi. Deve dirci chiaramente se parteciperà o no ad un governo ad interim con il presidente Kabila come Capo di Stato. Finora, la sua posizione non è stata chiara».[14]

Secondo Justin Bitakwira, presidente dell’Alleanza per la Repubblica e la Coscienza Nazionale, la motivazione che sta alla base della partecipazione del Raggruppamento ai colloqui che si stanno svolgendo con la mediazione della CENCO sarebbe quella di ricuperare il posto di Primo Ministro assegnato a Samy Badibanga. «Il Raggruppamento partecipa al dialogo per ottenere il posto di Capo del Governo», ha egli affermato, sottolineando tuttavia che le discussioni in corso possono mettere in discussione l’accordo risultante dal dialogo della Cittadella dell’Unione Africana.[15]

Il Presidente del Fronte Cittadino per la Repubblica (FCR), il deputato Jean-Bertrand Ewanga, ha ribadito la posizione del Raggruppamento sul rigoroso rispetto della Costituzione. Egli ha ricordato che «secondo la Costituzione, il secondo e ultimo mandato del presidente Kabila arriverà a suo termine il 19 dicembre 2016. Non è dunque possibile concedere a Kabila una qualsiasi forma di prolungamento del suo mandato presidenziale dopo il 20 dicembre. Ciò che si può fare è negoziare le condizioni del suo ritiro dalla Presidenza della Repubblica, ma non l’inviolabilità della Costituzione. La Costituzione non si tocca: nessuna revisione, nessun referendum, nessun terzo mandato presidenziale per Kabila. Tutto ciò non è negoziabile.

A pochi giorni dalla fine del secondo e ultimo mandato di Joseph Kabila, la prima reazione della popolazione dovrebbe essere quella di dire chiaramente e a voce alta che il mandato di Kabila è terminato, che non è più il nostro presidente, che ha perso la sua legittimità e tutta la legalità. È lui che ha creato questa situazione molto complessa, in cui tutte le istituzioni della Repubblica non avranno più alcun mandato, né alcuna legittimità. Dopo il 19 dicembre, tutte le Istituzioni dello Stato non avranno più legalità, né legittimità. Pertanto, è necessario che ci sia una transizione che potrà essere gestita congiuntamente da esponenti del Raggruppamento e della Maggioranza. Durante questa transizione, il Raggruppamento intende svolgere un ruolo di primo piano, quello dell’autorità di transizione e del primo ministro. Perché non prevedere un Governo in cui la Maggioranza non possa più comandare?».[16]

Il 15 dicembre, la Commissione “governance e istituzioni” ha continuato il dibattito sulla comprensione del rispetto della Costituzione e sul funzionamento delle istituzioni durante la transizione. Il futuro di Kabila dopo il 19 dicembre continua a dividere la Maggioranza Presidenziale (MP), il Raggruppamento dell’opposizione (Rassop) e il Fronte per il Rispetto della Costituzione (FRC). L’opposizione non firmataria dell’accordo del 18 ottobre vorrebbe che nel testo del compromesso politico si indicasse chiaramente che il presidente Kabila, arrivato alla fine del suo ultimo mandato, non si candiderà più per un terzo mandato e che, durante il periodo di transizione, non ci sarà alcuna forma di revisione costituzionale, né per via parlamentare, né per via referendaria. Ma la Maggioranza Presidenziale non ne vuole sentir parlare. Una posizione respinta dal Raggruppamento che si aspetta  di ottenere la non partecipazione del Capo dello Stato Joseph Kabila alle prossime elezioni presidenziali. La situazione rimane quindi bloccata.  

Per quanto riguarda la Commissione “misure di rasserenamento del clima politico”, il Raggruppamento esige la cessazione delle procedure giudiziarie contro Moïse Katumbi e la liberazione immediata, prima del 19 dicembre, dei prigionieri politici, ma la maggioranza  sostiene che la decisione della liberazione dei prigionieri dovrebbe essere presa dal Ministero della Giustizia, dopo esame dei loro dossier caso per caso e propone, quindi, l’istituzione di una commissione giudiziaria di magistrati che tratti questi dossier, caso per caso.[17]

Il 16 dicembre, nell’ambito dei lavori della Commissione sul “rasserenamento del clima politico”,   i Vescovi della CENCO hanno presentato alla una lista di duecento cinquanta due prigionieri che dovrebbero essere liberati. Secondo il presidente dell’UNC, Vital Kamerhe, tra i 252 nomi, i vescovi hanno presentato “sette casi emblematici”. I vescovi della CENCO si sono poi incontrati con il leader del Raggruppamento dell’opposizione, Etienne Tshisekedi. Successivamente, si sono incontrati con il Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, presentandogli l’elenco dei prigionieri politici da liberare. Secondo una fonte prossima alla CENCO, il presidente Joseph Kabila avrebbe espresso ai vescovi la sua volontà di prendere delle decisioni a favore di cinque sui 7 casi emblematici proposti. Secondo alcune fonti, Jean-Claude Muyambo, Antipas Mbusa Nyamwisi, Roger Lumbala, Anzulumi Bembe e Moïse Moni Della potrebbero essere liberati o ritornare in patria. Invece, la sorte di Moïse Katumbi e di Diomi Ndogala dipenderebbe esclusivamente dalla commissione giudiziaria proposta dalla commissione per il “rasserenamento del clima politico”.[18]

Secondo altre fonti, i vescovi avrebbero ottenuto dal Capo dello Stato la sua parola d’onore per la liberazione dei prigionieri politici e il ritorno degli esiliati politici. Solo il caso di Diomi Ndongala risulterebbe problematico. Si tratterrebbe di un caso di stupro e, quindi, di un problema morale e il presidente Kabila avrebbe seriamente esitato sulla proposta di concedere la libertà all’autore di tale reato.[19]

Nel tardo pomeriggio, l’assemblea plenaria del dialogo ha approvato il rapporto della commissione “rasserenamento del clima politico”. È stata istituita una commissione di giudici incaricata di esaminare, caso per caso, i dossier dei prigionieri ed esiliati di cui si chiede la liberazione o il ritorno. Secondo il ministro della Giustizia, Alexis Thambwe Mwamba, essendo queste questioni d’ordine giudiziario, è necessario rispettare le procedure: «Per la liberazione dei prigionieri politici, tutto dovrà passare attraverso la giustizia». Per i risultati definitivi, sarà quindi necessario attendere il rapporto finale della commissione di giudici istituita dal Ministro della Giustizia. Attualmente, è difficile prevedere quando Katumbi, Lumbala, Mbusa o Floribert Anzuluni potranno tornare a casa. La stessa cosa vale anche per la liberazione di Muyambo e di Moni Della. Ci vuole del tempo.

Per ciò che riguarda le altre due commissioni, “Governance e riforma istituzionale” e “Processo elettorale”, la situazione è ancora bloccata, perché l’opposizione e la maggioranza non riescono a trovare alcun compromesso. Il Raggruppamento vuole istituire un “regime speciale”, in cui il presidente Joseph Kabila non avrebbe che un ruolo onorario, ma la maggioranza vi si oppone con forza. Per quanto riguarda la data delle elezioni, i firmatari dell’accordo del 18 ottobre continuano a sostenere la data del mese di aprile 2018, mentre il Raggruppamento propone quella del mese di settembre 2017. Infine, i firmatari dell’accordo del 18 ottobre non vogliono che il Primo Ministro già nominato, Samy Badibanga, sia sostituito da un altro, tanto meno sono disposti ad accettare che tale accordo sia messo in discussione.[20]

Il 16 dicembre, nel corso delle trattative sul futuro del presidente Kabila dopo il 19 dicembre, il Raggruppamento dell’opposizione guidato da Etienne Tshisekedi avrebbe deciso di accettare che Kabila rimanga in funzione fino all’organizzazione delle elezioni presidenziali previste per fine 2017, al fine di ottenere, in cambio, la creazione di un organo di appoggio alla democrazia. Questa nuova istituzione sarebbe denominata Consiglio Nazionale di Transizione e sarebbe presieduta da Etienne Tshisekedi. Sarebbe creata sulla base dell’articolo 122 della Costituzione. Lo stesso che, secondo i giuristi del Raggruppamento, avrebbe dato origine a tutte le altre istituzioni di appoggio alla democrazia. Con questa istituzione, Tshisekedi avrebbe un ruolo specifico, tra cui quello, per esempio, di controllare rigorosamente l’applicazione dell’accordo. I giuristi del Raggruppamento hanno inventato questa formula, affinché Joseph Kabila non sia più plenipotenziario e per dare un ruolo a Etienne Tshisekedi.

Ma secondo un membro della Maggioranza Presidenziale (MP), si tratta di una nuova istituzione che si vuole creare come organo di appoggio alla democrazia, ma che non ha niente a che vedere con la Ceni, il Csac o l’Ondh. Per questo, la MP ha respinto questa proposta, considerandola come l’inizio di un colpo di stato. Secondo la MP, sarebbe come se il paese fosse governato da due presidenti: un presidente della Repubblica e, nello stesso tempo, un presidente della transizione, senza tenere conto che l’articolo 70 della costituzione ha già previsto tutto. Quindi, da parte della MP, il rifiuto è totale.[21]

Il 16 dicembre, in un’intervista, Jean-Marc Kabund, segretario dell’UDPS, ha presentato la posizione del Raggruppamento dell’opposizione: «All’inizio dei colloqui, chiedevamo il ritiro di Kabila dalla Presidenza della Repubblica. Poi, poiché siamo in trattative, abbiamo chiesto un compromesso politico. Secondo noi, è necessario spogliare Kabila di tutti i suoi poteri, per diminuire la sua influenza distruttiva sul processo elettorale. Attualmente sembra che non ci sia alcun passo avanti. Il dialogo sembra bloccato. Crediamo che ora sia il momento giusto per mostrare a Kabila il famoso cartellino rosso. In ogni caso, se Kabila riuscisse a rimanere al potere, vi rimarrebbe solo come un figurante, un presidente “di protocollo” e per un periodo non superiore a dodici mesi. Potremmo concederglielo per semplificare le cose e per salvaguardare la pace. Egli potrebbe rimanere per regnare ma non per governare. Rimarrebbe al suo posto, perché ha bisogno di onori. Si è parlato di un presidente che non bisogna umiliare. Siamo d’accordo. Non incendieremo il Congo per questo. In ogni trattativa c’è sempre qualcosa da perdere e qualcosa da guadagnare. Quello che possiamo ottenere oggi è la garanzia che Kabila, privato di ogni potere, non sia più un pericolo per il processo elettorale».[22]

c. Una breve sospensione dei lavori

Il 17 dicembre, i lavori del dialogo nazionale inclusivo sono stati sospesi, per consentire al presidente e al vice presidente della CENCO di recarsi a Roma per un’udienza privata con Papa Francesco in Vaticano. Nel corso di una sessione plenaria svoltasi nel pomeriggio, il Presidente della CENCO, Mons. Marcel Utembi, ha sottolineato la volontà, da parte dei partecipanti al dialogo, di lavorare insieme per l’interesse superiore del paese e ha affermato la determinazione dei vescovi a non fermare a metà cammino. Ma, dato il volume delle materie su cui sussistono ancora molte divergenze, Marcel Utembi ha dichiarato che «non si può trattare con precipitazione delle questioni così importanti». Si dovrà, quindi, riprendere i lavori nelle due commissioni “governance e istituzioni della transizione” e “processo elettorale”, dove ci sono ancora molte divergenze tra le parti interessate. I vescovi hanno chiesto alle commissioni di continuare le loro discussioni sotto il coordinamento della segreteria tecnica della CENCO. I lavori veri e propri riprenderanno il 21 dicembre, dopo il ritorno dei vescovi da Roma.

In una dichiarazione politica congiunta rilasciata al termine dell’assemblea plenaria, il Raggruppamento delle forze politiche e sociali acquisite al cambiamento e il Fronte per il Rispetto della Costituzione hanno constatato che «rimangono ancora profonde divergenze circa:

– La fine del mandato del Presidente della Repubblica,

– Il funzionamento delle istituzioni dopo il 19 dicembre 2016,

– L’impegno, da parte delle parti interessate, di non cambiare la Costituzione, né di modificarla nelle sue disposizioni bloccate dall’articolo 220,

– L’impegno, da parte del presidente Kabila, di non  candidarsi per un terzo mandato presidenziale». Secondo lo stesso documento, «non è stato raggiunto alcun accordo nemmeno sull’ordine di successione delle elezioni, sul calendario elettorale e sulla ristrutturazione della CENI».

Essi evocano anche «il dispiegamento eccessivo e senza precedenti delle forze dell’ordine e militari sull’insieme del territorio nazionale, mettendo il paese sul piede di guerra». Infine, «davanti alla crisi di legalità e di legittimità, che si aprirà il lunedì, 19 dicembre 2016, alle ore 23:59, invitano il popolo congolese a rimanere vigile e mobilitato, per difendere la Costituzione della Repubblica». Sul suo account Twitter, Félix Tshisekedi è stato ancor più virulento, affermando che «i colloqui sono falliti. Noi siamo arrivati ​​alla fine dei nostri sforzi. Ora, popolo congolese, la palla è nel tuo campo». Per la Maggioranza Presidenziale, non si può ancora parlare di blocco, dal momento che i negoziati non sono ancora terminati. A questo proposito, il ministro della Giustizia uscente, Alexis Thambwe, ha dichiarato: «Dopo il 19 dicembre, il paese continua ad esistere. L’autorità continua ad operare e noi continuiamo a discutere. Vogliamo trovare soluzioni consensuali per il nostro paese. Ma nulla si fermerà. Il paese non si fermerà».[23]

Il 18 dicembre, in una intervista, Jean-Marc Kabund, segretario dell’UDPS, ha dichiarato che, «il 19 dicembre, alle ore 23:59, Kabila non sarà più Presidente della Repubblica. Egli non avrà più né la legittimità, né la legalità. La mia posizione è nota. Io, Jean-Marc Kabund, segretario dell’UDPS,  non riconoscerò più Joseph Kabila come presidente dopo il 19 dicembre alle ore 23:59. Il Raggruppamento dell’opposizione farà di tutto per impedire che Kabila guidi il paese sfidando il popolo. Abbiamo sopportato fino al 19 dicembre, perché egli aveva un mandato. Ma dopo il 19 dicembre, le cose saranno più difficili per Kabila. Sarà l’inizio di un processo di destituzione di Kabila come Presidente della Repubblica. Ora il popolo deve capire che lui stesso è il sovrano primario. Il popolo congolese ha ora la possibilità di far rispettare la Costituzione».[24]

[1] Cf 7sur7.cd, 08.12.’16  http://7sur7.cd/new/le-cenco-officialise-les-negociations-directes-pouvoir-opposition/

[2] Cf Will Cleas Nlemvo – Actualité.cd, 08.12.’16

[3] Cf Le Phare – Kinshasa, 09.12.’16  http://www.lephareonline.net/majorite-rassemblement-cest-parti/

[4] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 08.12.’16; Forum des As – Kinshasa, 09.12.’16

[5] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 08.12.’16

[6] Cf Forum des As – Kinshasa, 09.12.’16  http://www.forumdesas.org/spip.php?article9706 ; AFP – Africatime, 09.12.’16

[7] Cf Actualité.cd, 09.12.’16

[8] Cf Franck Ngonga – Actualité.cd, 10.12.’16

[9] Cf Actualité.cd, 13.12.’16 ; Radio Okapi, 14.12.’16

[10] Cf Radio Okapi, 14.12.’16

[11] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasa, 15.12.’16; Le Potentiel – Kinshasa, 15.12.’16

[12] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 13.12.’16

http://www.lepotentielonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=15927:repartition-des-delegues-dans-les-trois-commissions&catid=90:online-depeches&Itemid=468

[13] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 15.12.’16

[14] Cf Patient Ligodi – Actualité.cd, 15.12.’16

[15] Cf Stany Bujakera – Actualité.cd, 15.12.’16

[16] Cf Stanys Bujakera – Actualité.cd, 15.12.’16

[17] Cf Stanys Bujakera Tshiamala – Actualité.cd, 15.12.’16

[18] Cf Radio Okapi, 17.12.’16; Actualité.cd, 17.12.’16

[19] Cf Alphonse Muderhwa – 7sur.cd, 17.12.’1

[20] Cf Rachel Kitsita – Actualité.cd, 16.12.’16; Alphonse Muderhwa – 7sur.cd, 17.12.’16; Politico.cd, 16.12.’16

[21] Cf Alphonse Muderhwa – 7sur7.cd, 17.12.’16

[22] Cf Actualité.cd, 16.12.’16

[23] Cf Radio Okapi, 17.12.’16 ; RFI, 17.12.’16

[24] Cf Radio Okapi, 17.12.’16 ; RFI, 17.12.’16