Fumata bianca per un primo ministro

Editoriale Congo Attualità n. 301– a cura della Rete Pace per il Congo

Una nomina inaspettata

Il 17 novembre, il Presidente della Repubblica Joseph Kabila ha nominato Primo Ministro il deputato Samy Badibanga, uno dei membri dell’opposizione che hanno partecipato al dialogo.

Ex consigliere speciale di Etienne Tshisekedi, eletto deputato nazionale nel 2011 sulla lista dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Samy Badibanga aveva deciso, insieme ad altri 32 colleghi dell’UDPS, di mantenere il suo ruolo di parlamentare, contrariamente alle disposizioni del partito che aveva chiesto a tutti i suoi membri eletti di rinunciarvi. Attualmente era presidente del gruppo parlamentare dell’UDPS e alleati alla Camera dei Deputati.

La nomina di Badibanga è la conseguenza normale dell’accordo firmato il 18 ottobre, a Kinshasa, alla fine del dialogo politico svoltosi tra la Maggioranza Presidenziale e una parte dell’opposizione e della Società civile. Tale accordo prevede la creazione di un governo di unità nazionale guidato da un Primo Ministro proveniente dall’opposizione che ha partecipato al dialogo e con la missione prioritaria di organizzare le elezioni presidenziali entro la fine del mese di aprile 2018. È necessario ricordare che, secondo le disposizioni costituzionali, tali elezioni avrebbero dovuto essere organizzate entro la fine del mese di novembre 2016.

In un contesto di profonda crisi politica

La nomina di Badibanga avviene nel contesto di una crisi politica che perdura anche dopo la firma dell’accordo citato, poiché gran parte dell’opposizione, riunita nel Raggruppamento delle Forze politiche e sociali acquisite al cambiamento, non ha partecipato al dialogo e non ha, quindi, firmato l’accordo che ne è derivato. Il Raggruppamento rimane convinto che, se le elezioni non sono state organizzate entro i tempi previsti dalla costituzione, è perché il Presidente e la sua Maggioranza vogliono rimanere al potere anche oltre i limiti fissati dalla costituzione stessa.

Secondo il Raggruppamento, per porre fine alla crisi, è necessario che l’attuale Presidente della Repubblica lasci il potere allo scadere del suo secondo ed ultimo mandato presidenziale (il 19 dicembre 2016), per permettere l’instaurazione di un “regime speciale” incaricato di organizzare le prossime elezioni e di gestire il Paese fino alla data effettiva in cui esse si svolgeranno.

A proposito di questo “regime speciale”, attualmente poco si sa: sia sul Presidente della Repubblica ad interim, sia sul Primo ministro, sia sul Governo intermedio che sulle due Camere del Parlamento.

Ciò che sembra sicuro è che si tratterrebbe di un regime speciale “senza Kabila”.

Da parte sua, il Raggruppamento continua a chiedere un “dialogo veramente inclusivo” cui parteciperebbero, da una parte, alcuni suoi delegati e, dall’altra, altri delegati designati tra i firmatari dell’accordo del 18 ottobre. Sempre secondo il Raggruppamento, questo “dialogo veramente inclusivo” dovrebbe portare ad un consenso tra le due parti, in vista di un nuovo accordo sull’instaurazione di questo “regime speciale”.

Per un accordo di compromesso

È in questo contesto che i vescovi della CENCO stanno attualmente svolgendo un’operazione di mediazione tra i due gruppi (il Raggruppamento e i firmatari dell’accordo del 18 ottobre) con l’obiettivo di potere arrivare ad una sintesi delle posizioni di entrambe le parti. Quale possa essere questa sintesi rimane ancora un’incognita. Probabilmente sarà il frutto di un “compromesso” in cui ciascuna delle due parti dovrà cedere qualcosa per ottenere qualcos’altro.

Ci si può chiedere se la nomina di Badibanga possa contribuire alla formulazione di questa sintesi di compromesso. In effetti, Samy Badibanga è membro dell’opposizione che ha partecipato al dialogo e, nello stesso tempo, è membro (anche se radiato o auto-escluso) di un partito, l’UDPS, che fa parte del Raggruppamento. Egli potrebbe dunque essere l’anello di giunzione tra le due parti.

Ciò che ora è importante è continuare a dialogare, per trovare un consenso e un accordo che possano permettere di gestire il meglio possibile, nel rispetto della Costituzione e della volontà popolare, la vita del Paese in generale e il processo elettorale in particolare. Ciò implica l’organizzazione delle elezioni presidenziali nel più breve tempo possibile, l’impossibilità che l’attuale presidente si ricandidi per un terzo mandato e la garanzia che, nel periodo compreso tra la fine del secondo ed ultimo mandato dell’attuale presidente e l’effettivo insediamento del nuovo Presidente eletto, la costituzione non sarà né modificata, né cambiata.