INDICE
EDITORIALE: PER NON PERDERE IL TRENO DELLE ELEZIONI
- IL DIALOGO POLITICO ANCORA BLOCCATO
- IL MESSAGGIO DEI VESCOVI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CONGO (CENCO)
- LA RISOLUZIONE DELL’ACP/UE SULLA SITUAZIONE PREELETTORALE
- UN ALTRO PROCESSO CONTRO MOÏSE KATUMBI
- LA PUBBLICAZIONE UFFICIALE DELLE SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
- SANZIONI FINANZIARIE CONTRO IL CAPO DELLA POLIZIA DI KINSHASA
EDITORIALE: PER NON PERDERE IL TRENO DELLE ELEZIONI
1. IL DIALOGO POLITICO ANCORA BLOCCATO
I partecipanti al conclave dell’opposizione, che si è svolto a Bruxelles l’8 e il 9 giugno, hanno accettato il principio del dialogo, ma non nella modalità convocata dal presidente Joseph Kabila. Essi propongono un dialogo “a certe condizioni” e “sotto copertura di una mediazione internazionale”, in conformità con la risoluzione 2277 dell’Onu che prevede l’organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative entro i tempi previsti dalla costituzione. Secondo i partecipanti, il dialogo dovrà essere convocato da un’equipe di mediazione internazionale e non dal presidente Joseph Kabila che, in quanto parte del problema, non può esserne anche arbitro e giudice. I partecipanti sostengono il cambiamento e l’alternanza democratica, poiché “il secondo e ultimo mandato presidenziale di Joseph Kabila si concluderà il 19 dicembre prossimo”. Inoltre, essi chiedono la liberazione dei prigionieri politici, la garanzia di uno spazio politico per tutti e la riapertura dei mezzi di comunicazione privati che sono stati arbitrariamente chiusi.[1]
Il 14 giugno, nel corso di una conferenza stampa, il facilitatore del dialogo nominato dall’Unione Africana, Edem Kodjo, ha affermato che la creazione di un gruppo di sostegno internazionale alla sua facilitazione tenta di rispondere alle “esigenze ripetutamente formulate dall’opposizione sulla famosa equipe di mediazione internazionale”. Membri di questo gruppo di sostegno internazionale sono l’Unione Africana (UA), l’Unione Europea (UE), l’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF), le Nazioni Unite e le due organizzazioni sub-regionali (SADC e CIRGL). Ne sarebbero assenti gli Stati Uniti, su cui il campo presidenziale avrebbe posto il veto. Sul rifiuto del dialogo convocato da Joseph Kabila in nome di un’applicazione integrale dell’ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza (principale conclusione del conclave di Bruxelles), Edem Kodjo ha dichiarato: «Ho letto la risoluzione 22-77. In essa si chiede espressamente a tutte le parti di partecipare al dialogo di cui sono attualmente facilitatore». Secondo Edem Kodjo, il dialogo di cui è stato nominato facilitatore non è diverso da quello previsto dalla risoluzione 2277 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.[2]
Il 15 giugno, il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Aubin Minaku, ha dichiarato che il dialogo politico avviato dal presidente Joseph Kabila rimane il migliore quadro di riferimento per un processo elettorale pacifico. «Rimangono ancora alcune sfide, tra cui la pubblicazione del calendario elettorale, il finanziamento e la sicurezza del processo elettorale. Il dialogo politico inclusivo avviato dal Capo dello Stato resta l’ambito privilegiato per cercare le risposte più adeguate a queste questioni», ha affermato Aubin Minaku, in occasione della chiusura della sessione parlamentare di marzo.[3]
Sulla fine del mandato presidenziale, il punto di vista dell’opposizione e della maggioranza presidenziale sono agli antipodi. Per la maggioranza, che si basa sulla sentenza della Corte costituzionale, in caso di non organizzazione delle presidenziali entro i tempi previsti dalla costituzione, il presidente uscente Joseph Kabila resterà in carica fino alle elezioni del nuovo Presidente della Repubblica. Secondo l’opposizione, dopo aver concluso i suoi due mandati presidenziali consentiti dalla costituzione, il 20 dicembre 2016 il presidente Joseph Kabila entrerà in una situazione di impedimento definitivo all’esercizio della funzione di presidente della Repubblica e cesserà di esserlo.[4]
Il 23 giugno, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità una risoluzione nella quale ha sottolineato che «è fondamentale che il prossimo ciclo elettorale si svolga pacificamente e in maniera credibile, come previsto dalla Costituzione, affinché la democrazia costituzionale possa stabilizzarsi e consolidarsi».
Il Consiglio ha espresso profonda preoccupazione per «il restringimento dello spazio politico che si riflette, in particolare, nei recenti arresti e nella detenzione di membri dell’opposizione politica e dei rappresentanti della società civile e nelle restrizioni alle libertà fondamentali, come la libertà di espressione e di opinione». Ha ricordato «la necessità di un dialogo politico aperto, inclusivo, pacifico, incentrato sulla questione elettorale, capace di implicare tutte le parti interessate, nel rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, al fine di preparare il terreno per lo svolgimento di elezioni pacifiche, trasparenti, credibili, aperte a tutti e rispettose delle scadenze, soprattutto quelle presidenziali e legislative nazionali, previste entro fine novembre 2016, in conformità con la Costituzione e nel rispetto della Carta africana su democrazia, elezioni e governance». Il Consiglio ha infine esortato il governo congolese e tutte le altre parti interessate a «creare le condizioni indispensabili per un processo elettorale libero, equo, credibile, aperto, trasparente, pacifico e conforme con la Costituzione congolese».[5]
Il 4 luglio, in una conferenza stampa a Kinshasa, il “Raggruppamento delle Forze per il Cambiamento“, comprendente tutti i partiti, coalizioni e individui che, ai primi di giugno, hanno partecipato al conclave dell’opposizione a Bruxelles, ha annunciato una giornata di mobilitazione nazionale prevista il 31 luglio. «Stiamo preparando un grande comizio a Kinshasa e varie manifestazioni nelle principali città del paese», ha rivelato Christophe Lutundula, vicepresidente del G7 (gruppo di sette partiti che sostengono la candidatura di Moïse Katumbi) e uno degli organizzatori del conclave di Bruxelles. Membri autorevoli dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) hanno annunciato che il presidente del loro partito, Etienne Tshisekedi, sarà di ritorno a Kinshasa prima della data di questa manifestazione.[6]
Il 4 luglio, il gruppo di appoggio alla facilitazione del dialogo nazionale si è riunito, per la prima volta, presso la sede dell’Unione Africana ad Addis Abeba (Etiopia). A tale riunione hanno partecipato il facilitatore del dialogo, Edem Kodjo, il Commissario dell’Unione Africana per la pace e la sicurezza, il rappresentante speciale dell’Unione Africana per la RDCongo, il capo della Monusco e l’inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la regione dei Grandi Laghi. Erano presenti anche rappresentanti della Comunità per lo sviluppo dell’Africa Australe (SADC), della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi (CIRGL), dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) e dell’Unione Europea (UE). I partecipanti hanno raccomandato lo svolgimento del dialogo nazionale entro la fine del mese di luglio 2016.[7]
Il 10 luglio, in un comunicato stampa, il gruppo di appoggio alla facilitazione del dialogo nazionale ha annunciato di avere incontrato, a Bruxelles, il Presidente dell’UDPS, Etienne Tshisekedi e altri leader dell’opposizione congolese. Secondo il comunicato, «in questo incontro, si è parlato delle condizioni da creare per rendere possibile lo svolgimento del dialogo nazionale e si è confermato l’impegno di cercare una soluzione, nel rispetto della risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e della Costituzione».
Da parte loro, i rappresentanti dell’opposizione si sono detti favorevoli a un dialogo condotto sotto facilitazione dell’Unione Africana coadiuvata dal gruppo di appoggio, ma hanno insistito anche sulla necessità di adottare delle misure di equità, di sicurezza e di pacificazione come, per esempio, la liberazione dei prigionieri politici, la cessazione di tutte le angherie di tipo politico (processi giudiziari fittizi, intimidazioni) intraprese contro i membri dell’opposizione, la riapertura dei mezzi di comunicazione dell’opposizione e la sicurezza dei delegati dell’opposizione che parteciperanno al dialogo.
Secondo quanto affermato dal comunicato stampa, la delegazione del gruppo di appoggio alla facilitazione del dialogo si è impegnata a lavorare in questa direzione. Sempre secondo il comunicato, le due parti sono d’accordo sulla necessità di iniziare il dialogo il più presto possibile, a partire dalla fine di luglio. La delegazione del gruppo di appoggio era composta dal Commissario per la pace e la sicurezza dell’Unione Africana, Smail Chergui, dall’inviato speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la regione dei Grandi Laghi, Said Djinnit, e dal Direttore Generale dell’Unione Europea per l’Africa, Koen Vervaeke.[8]
2. IL MESSAGGIO DEI VESCOVI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CONGO (CENCO)
Riuniti in assemblea plenaria ordinaria a Kinshasa dal 20 al 24 Giugno 2016, i vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (CENCO) hanno riflettuto sulla «critica situazione che il paese sta affrontando in seguito al blocco del processo elettorale. Questa preoccupante situazione che potrebbe far precipitare il paese nel caos, interpella tutti i Congolesi e impegna, in primo luogo, la responsabilità degli attori politici».
Secondo i Vescovi, «l’attuale crisi è il risultato del blocco del processo elettorale. In effetti, mentre le scadenze elettorali previste dalla Costituzione sono imminenti, si constata un enorme ritardo nell’organizzazione delle elezioni. Il popolo congolese si chiede a cosa sia dovuto tale ritardo: a una mancanza di buon governo, a problemi di ordine superiore o ad una deliberata mancanza di volontà politica? Anche il dialogo, in democrazia via maestra per risolvere i problemi, sembra anch’esso giunto a un punto morto. Fin dal suo annuncio da parte del Presidente della Repubblica e dalla nomina di un facilitatore, gli attori politici congolesi non riescono a trovare un accordo per spianare consensualmente la via per un processo elettorale pacifico e credibile».
Nella loro analisi, i vescovi constatano anche che «la sostanziale riduzione dello spazio democratico, il preoccupante aumento delle violazioni dei diritti umani, dei massacri e dell’insicurezza nell’est del paese, il deprezzamento della moneta nazionale nei confronti della valuta estera, lo sdoppiamento dei partiti politici, sono fatti che non possono placare gli spiriti. Nello stesso tempo, la sofferenza della popolazione non fa che aumentare. Il popolo si vede sacrificato sull’altare degli interessi dei politici».
Per fare uscire il Paese dalla crisi attuale, i Vescovi propongono possibili soluzioni. Prima di tutto, essi ricordano «le esigenze fondamentali che devono essere soddisfatte, per poter pervenire ad un’uscita dalla crisi che permetta di rilanciare il processo elettorale in un clima pacifico.
- Rispettare la Costituzione
– È necessario ritornare al rispetto della Costituzione, fondamento della nostra nazione che, nei suoi articoli bloccati, ha confermato le opzioni fondamentali concernenti, in particolare, il numero e la durata dei mandati del Presidente della Repubblica. Traendo lezione dalle tristi esperienze politiche della Prima e Seconda Repubblica, queste opzioni fondamentali preservano la coesione nazionale e danno al nostro paese le migliori possibilità di costruirsi su basi solide. Esse si applicano a tutti … L’alternanza ai vertici del potere costituisce il fondamento della vita democratica. Voler agire diversamente non solo aggraverebbe la crisi attuale, ma andrebbe contro la volontà del popolo, sovrano primario, che ha fatto la sua scelta: sarebbe un atto di alto tradimento nei confronti della nazione (vedi art 220).
- Accettare il dialogo
– Allo stato attuale, il dialogo politico tra le forze vive della nazione, nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione, scelta del popolo, si rivela la via imprescindibile per evitare il caos. Inoltre, è necessario che i politici pongano fine alle loro manovre dilatorie e si siedano attorno ad un tavolo con il facilitatore nominato, per parlarsi direttamente faccia a faccia, per costruire un consenso circa l’organizzazione di elezioni libere, democratiche e trasparenti nel rispetto della Costituzione.
- Garantire il rispetto dei diritti umani
– L’attuale situazione si è aggravata per la crescita delle violazioni delle libertà e dei diritti umani, per l’aumento degli arresti arbitrari e di procedure giudiziarie parziali e per la riduzione dello spazio mediatico. Tali pratiche compromettono l’effettiva democratizzazione del nostro Paese. È tempo di promuovere i valori democratici nella gestione dello stato e di ricostruire lo stato di diritto in Congo».
Infine, i vescovi raccomandano
«* Al governo della Repubblica
– di intensificare gli sforzi nello stanziamento delle risorse materiali e finanziarie, al fine di garantire lo svolgimento delle elezioni entro i tempi previsti dalla costituzione;
– di mettere fine ad ogni forma di repressione e d’intimidazione contro coloro che esprimono un parere contrario o diverso;
– di assicurare alle parti implicate nel processo elettorale un ambiente sereno e armonioso;
– di garantire il rispetto dell’etica e delle regole democratiche nella gestione dello Stato.
* Ai politici congolesi
– di spersonalizzare il dibattito sulla Costituzione e di cercare in modo consensuale il cammino di un processo elettorale credibile e pacifico;
– di fare certe concessioni necessarie, al fine di rendere possibile un dialogo nazionale sincero e portatore di un futuro migliore per tutto il popolo;
– di smettere di servirsi del popolo per incitare all’odio e alla violenza, al tribalismo e all’emarginazione di compatrioti considerati come non autoctoni.
* Alla Commissione elettorale
– d’intraprendere senza indugio la preparazione delle prossime elezioni, privilegiando le operazioni tecnicamente e finanziariamente più appropriate, affinché si possa rispettare le norme della Costituzione;
– di svolgere, in modo assolutamente indipendente, il suo ruolo di Istituzione d’accompagnamento della democrazia, evitando d’essere al soldo di una qualsiasi tendenza politica.
* Alla Comunità Internazionale
– d’incrementare il suo impegno, sostenendo con conseguenti risorse finanziarie e logistiche il processo elettorale congolese;
– di appoggiare maggiormente il facilitatore nominato dall’Unione africana e altre iniziative che possano favorire lo svolgimento del dialogo congolese in breve tempo.
* Al popolo congolese
– di dar prova di vigilanza e di maturità per opporsi, con tutti i mezzi legali e pacifici possibili, a qualsiasi tentativo di impedire l’alternanza al potere;
– di partecipare attivamente alla campagna di educazione civica ed elettorale».[9]
3. LA RISOLUZIONE DELL’ACP/UE SULLA SITUAZIONE PREELETTORALE
Riunita a Windhoek (Namibia) dal 13 al 15 giugno 2016, l’Assemblea Parlamentare Paritaria ACP-UE A. considerando che Joseph Kabila è Presidente della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) dal 2001; considerando che le prossime elezioni presidenziali e legislative nazionali devono aver luogo nel mese di novembre 2016 e che il mandato del presidente Kabila termina il 20 dicembre 2016; considerando che la Costituzione congolese limita il numero dei mandati del Presidente della Repubblica a un massimo di due;
- considerando che, il 15 aprile 2016, la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) ha dichiarato che l’elaborazione di un nuovo database elettorale sarebbe iniziata nel mese di luglio 2016 e che essa potrebbe durare tre anni; considerando che, il 18 marzo 2016, la Ceni ha annunciato che non sarebbe stata in grado di organizzare le elezioni presidenziali e legislative com’era stato previsto, mentre l’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) aveva affermato che tre mesi potrebbero essere sufficienti per aggiornare le liste elettorali;
- considerando che questa situazione ha condotto l’opposizione politica congolese ad accusare il presidente Kabila e il suo governo di cercare di usare tutti i mezzi amministrativi e tecnici possibili, per ritardare le elezioni e rimanere al potere oltre la fine del mandato come previsto dalla Costituzione; D. considerando che le prossime elezioni presidenziali e legislative nazionali sono di fondamentale importanza e che la loro organizzazione entro i tempi previsti, nella trasparenza e in un clima sereno, contribuirebbe a consolidare i progressi che la RDCongo ha compiuto da oltre dieci anni; E. considerando che, il 28 novembre 2015, il presidente Kabila aveva chiesto l’organizzazione di un dialogo nazionale; considerando che, in seguito, l’Unione Africana ha nominato Edem Kodjo, ex primo ministro del Togo, come mediatore del dialogo politico nazionale; considerando che i due principali gruppi di opposizione (G7 e la Dinamica dell’opposizione) hanno respinto le conclusioni di Kodjo che, secondo loro, non rispecchiano l’attuale situazione locale e constatando che finora rifiutano di partecipare al dialogo, perché lo vedono come una manovra dilatoria, non come un’iniziativa sincera, democratica e aperta a tutti;
- considerando che l’Unione Africana, le Nazioni Unite, l’Unione Europea e l’Organizzazione Internazionale della Francofonia hanno congiuntamente sottolineato l’importanza del dialogo e della ricerca di un accordo tra gli attori politici che rispetti la democrazia e lo stato di diritto, e che hanno esortato tutti gli attori politici congolesi a cooperare pienamente con Edem Kodjo; G. considerando che, negli ultimi mesi, le associazioni per la difesa dei diritti umani hanno continuamente denunciato il peggioramento della situazione in materia di diritti umani e di libertà di espressione e di riunione nella RDCongo, tra cui l’uso eccessivo della forza contro dei manifestanti pacifici, dei giornalisti, dei leader politici e di altri che si oppongono ai vari tentativi intrapresi per permettere al presidente Joseph Kabila di rimanere al potere oltre il limite dei due mandati presidenziali stabiliti dalla Costituzione;
- considerando che degli esseri umani hanno perso la vita o sono stati feriti, in seguito ad atti di repressione; considerando che altre persone sono state oggetto di arresti arbitrari o di procedure giudiziarie a sfondo politico; considerando che, secondo informazioni disponibili, la libertà di stampa si trova limitata dalla chiusura di mezzi di comunicazione e da minacce e attacchi rivolti contro i giornalisti, come denunciato da Reporter senza frontiere e da Giornalisti in pericolo, che hanno elencato 72 casi di attacchi contro giornalisti e media; considerando che le Nazioni Unite e diverse organizzazioni per i diritti umani hanno affermato che dei funzionari statali si sono resi colpevoli di numerose violazioni dei diritti umani e che il paese ha registrato scarsi progressi nel denunciare alla giustizia i principali responsabili di questi abusi;
- esprime la sua profonda preoccupazione per la situazione sempre più instabile, in un clima pre-elettorale sempre più teso; invita le autorità congolesi ad aggiornare il registro elettorale, a presentare senza indugio un calendario elettorale e un budget adeguato per le elezioni presidenziali e legislative, nel pieno rispetto delle scadenze e delle modalità previste dalla Costituzione; prende atto con soddisfazione della volontà dell’Unione Europea e della Comunità Internazionale di appoggiare, se necessario, il processo elettorale congolese, a condizione che i requisiti citati sopra siano soddisfatti;
- chiede un corretto svolgimento delle elezioni entro i tempi previsti, ciò che sarà importante per la stabilità a lungo termine e per lo sviluppo del paese e della regione nel suo insieme; afferma che le elezioni dovrebbero svolgersi nel pieno rispetto della Costituzione congolese del 2006, in particolare degli articoli 70, 73,103, 105, 220 e 222, e in conformità con i principi della Carta africana sulla democrazia, elezioni e governance; ritiene che la RDCongo debba assumere una chiara responsabilità a questo proposito e che è suo dovere garantire un ambiente favorevole ad elezioni trasparenti, credibili e aperte a tutti;
- prende atto dell’iniziativa del Presidente Kabila di proporre un dialogo nazionale e insiste sull’importanza di assicurare un dialogo politico aperto, democratico e accettato da tutti, il che permetterà loro di accordarsi pacificamente sulle modalità e sul calendario di un processo elettorale credibile;
- chiede alle Nazioni Unite, all’Unione Europea e all’Unione Africana di cooperare pienamente in vista dell’apertura di un dialogo inclusivo che, aperto a tutti, permetta di arrivare ad un accordo tra gli attori politici congolesi che rispetti la democrazia e lo Stato di diritto;
- invita il governo congolese a continuare il processo di democratizzazione avviato nel paese, basandosi anche sulle raccomandazioni pubblicate nel rapporto finale della missione di osservazione elettorale dell’Unione europea per il 2011 e sul rapporto della missione di monitoraggio del 2014; insiste sul fatto che la natura e l’importo degli aiuti dell’Unione europea al processo elettorale congolese dipenderanno dai progressi compiuti nell’attuazione delle raccomandazioni contenute in tali rapporti;
- ricorda che la Commissione elettorale nazionale indipendente dovrebbe essere un organo imparziale e aperto a tutte le parti implicate e che essa deve essere dotata di risorse sufficienti per poter garantire un processo elettorale completo e trasparente;
- esprime la sua profonda preoccupazione per il deterioramento della sicurezza e della situazione dei diritti umani, in particolare per l’aumento della violenza politica; insiste sul fatto che è compito del governo evitare di aggravare la crisi politica e l’escalation della violenza; ricorda che è suo dovere rispettare e proteggere i diritti politici dei cittadini, in particolare le libertà di espressione, di associazione e di riunione, che sono alla base di una vita politica e democratica dinamica;
- condanna fermamente il ricorso alla forza, le restrizioni e le intimidazioni cui sono sottoposti attivisti per i diritti umani, oppositori e giornalisti alla vigilia del prossimo ciclo elettorale; chiede la liberazione di tutti i prigionieri politici; chiede alle autorità congolesi di garantire l’indipendenza della Commissione nazionale per i diritti umani e di permetterle di lavorare in modo indipendente, fornendole le risorse necessarie;
- chiede che il governo congolese e i suoi partner internazionali aprano un’inchiesta approfondita e trasparente sulle violazioni dei diritti umani perpetrate recentemente in diverse parti del paese, in particolare nell’ambito delle manifestazioni relative alle elezioni; ribadisce che non ci può essere impunità per i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e chiede che gli autori di questi atti siano segnalati, identificati, perseguiti e puniti, conformemente al diritto penale nazionale e internazionale; 10. ricorda l’impegno preso dalla RDCongo, nel quadro dell’accordo di Cotonou, per rispettare i principi della democrazia, dello Stato di diritto e i diritti umani, tra cui la libertà di espressione, la libertà dei media, il buon governo e la trasparenza dei mandati politici; esorta le istituzioni dell’Unione europea ad intensificare il dialogo con le autorità della RDCongo, in conformità con l’articolo 8 dell’accordo di Cotonou, al fine di ottenere un chiarimento definitivo sul processo elettorale; 11. sottolinea il fatto che, se non ottiene tale chiarimento, spetta all’UE avviare le procedure di cui all’articolo 96 dell’accordo di Cotonou e, in particolare, di riorientare gli aiuti al governo verso la società civile e di prendere in considerazione la possibilità di sanzioni mirate.[10]
4. UN ALTRO PROCESSO CONTRO MOÏSE KATUMBI
Il 20 giugno, Moïse Katumbi, candidato dichiarato alle prossime elezioni presidenziali, è stato convocato dal tribunale di pace di Lubumbashi-Kamalondo per un’accusa di spoliazione di un immobile, una procedura avviata da Alexandros Stoupis, un cittadino greco, che l’ha accusato di aver usato dei falsi documenti, per appropriarsi di un edificio situato all’incrocio dei viali Mahenge e Kato, nel comune di Kampemba, a Lubumbashi. Alexandros Stoupis ha accusato Moïse Katumbi di essersi indebitamente appropriato di questa proprietà che gli sarebbe spettata in eredità. Si tratterrebbe di un’accusa tuttavia smentita dagli avvocati dell’ex governatore dell’ex Katanga.
Secondo la difesa di Moïse Katumbi, l’edificio contestato appartiene a Katebe Katoto che, fratello maggiore di Moïse Katumbi, ne detiene un certificato di proprietà e denuncia un “processo farsa” orchestrato dal presidente Joseph Kabila ai danni di un candidato dichiarato alle prossime presidenziali. In assenza dello stesso Moïse Katumbi, che si trova a Londra per cure mediche, l’accusa ha richiesto cinque anni di carcere. «Non è una sorpresa: il regime sta tentando di far condannare Moïse Katumbi a qualsiasi costo, per impedirgli di presentarsi come candidato alle prossime presidenziali», ha dichiarato un collaboratore dell’ex governatore dell’ex Katanga. La decisione del tribunale è attesa entro i prossimi otto giorni.
Questo nuovo processo avviene un mese dopo che lo stesso Moïse Katumbi fosse stato accusato di “attentato contro la sicurezza interna ed esterna dello Stato” e posto dal Procuratore Generale della Repubblica sotto mandato di arresto provvisorio. In questo primo processo, Moïse Katumbi era stato accusato di reclutamento di mercenari stranieri. Nonostante questa accusa, aveva ottenuto dal Procuratore Generale della Repubblica l’autorizzazione di farsi curare all’estero. Un altro membro dell’opposizione, l’avvocato Jean-Claude Muyambo, è detenuto nelle carceri di Makala, a Kinshasa, dalla fine del mese di gennaio 2015, per un’altra accusa di spoliazione indebita di un immobile sporta dallo stesso cittadino greco.[11]
È Alexander Stoupis che ha presentato, il 10 giugno 2016, davanti al tribunale di pace di Lubumbashi / Kamalondo, una denuncia contro Moïse Katumbi, per spoliazione di un edificio situato al’incrocio tra i viali Mahenge e Kato, comune di Kampemba, città di Lubumbashi. In tribunale, il denunciante si è presentato in qualità di unico erede della signora Katina Vosnakis, presunta ex proprietaria dell’edificio in litigio.
Tuttavia, secondo il certificato di registrazione n. Vol. 197, Foglio 114, emesso l’11 febbraio 1976, l’edificio in questione è di proprietà di Katebe Katoto, fratello maggiore di Moïse Katumbi. Katebe Katoto aveva ottenuto tale certificato di registrazione in forza di un atto stipulato tra lui e la Repubblica nel 1976, dopo che l’immobile fosse stato qualificato “edificio abbandonato”, come appare nella sentenza n. 11440/000011/1976 del 28/01/1976, emessa dal Commissario di Stato per gli affari fondiari.
Solo nel 2016, 40 anni dopo, appare Alexander Stoupis, per far valere i propri diritti. Inoltre, nel corso dell’udienza del 20 giugno 2016, presso il tribunale di pace di Lubumbashi / Kamalondo, egli ha presentato un atto di vendita del 01/09/1998, attribuendone la paternità a Moïse Katumbi. Ma Raphael Katebe Katoto ha apertamente dichiarato di essere lui stesso in possesso del certificato di proprietà dell’edificio in litigio. Egli ha ricordato che, nel 1976, il fratello minore Moïse Katumbi aveva solo 12 anni e che, a quell’età, non poteva in alcun modo effettuare l’acquisto di un edificio. Egli ha aggiunto che, nel settembre 1998, data del documento presentato e secondo cui Moïse Katumbi avrebbe firmato un documento di vendita di tale edificio, l’accusato era in esilio, essendo rientrato solo nel 2003.
Il fondo del problema è quello di sapere perché non si è accusato Katebe Katoto che sostiene di essere il proprietario dell’edificio Mahenge da 40 anni. C’è qualcosa di sospetto. In realtà, l’affare è noto: impedire a Moïse Katumbi, candidato dichiarato alle prossime elezioni presidenziali, di rientrare in Congo. Asservita alla maggioranza, la giustizia ha deciso di fare il gioco del potere, ipotecando tutta la sua indipendenza.[12]
Il 22 giugno, il tribunale di pace di Lubumbashi-Kamalondo ha condannato, in contumacia, Moïse Katumbi a 36 mesi di carcere per acquisto illegale di un edificio a Lubumbashi. Egli deve pagare anche una multa di 6 milioni di dollari (3 miliardi di FCFA).
Secondo Jacques Shesha, uno degli avvocati di Moïse Katumbi, la sentenza è ingiusta. Egli ha dichiarato che la difesa farà appello e che ha già presentato una denuncia contro Alexander Stoupis, che dovrà presentarsi in tribunale l’11 luglio: «Moïse Katumbi non ha alcuna intenzione di rinunciare e farà ricorso. Attraverso i suoi avvocati, egli ha già presentato una denuncia contro Alexander Stoupis presso il tribunale di Lubumbashi per falsa accusa. Poiché Moïse Katumbi non ha nulla a che fare con i fatti per i quali è stato condannato, la motivazione della sua condanna è di tipo politico, in stretto riferimento all’annuncio della sua prossima candidatura alla presidenza della Repubblica». Per gli avvocati di Moïse Katumbi, come nel caso dell’avvocato Jean-Claude Muyambo, ora in carcere, Alexander Stoupis è stato ancora una volta strumentalizzato dal governo.[13]
Il 23 giugno, il presidente dell’Associazione Congolese per l’Accesso alla Giustizia (ACAJ), Georges Kapiamba, ha affermato che la condanna di Moïse Katumbi a tre anni di carcere per stellionato è una sentenza fondamentalmente politica e frutto di intense pressioni politiche. Secondo lui, sin dall’inizio, già nella fase d’istruzione di questo caso, si è violato il diritto della difesa, per non avere tenuto conto delle conclusioni di un altro contenzioso legale ancora in corso e relativo al presunto reclutamento di mercenari: «Moïse Katumbi aveva ottenuto l’autorizzazione dal Procuratore Generale della Repubblica per recarsi all’estero per cure mediche. Ma i giudici non hanno voluto tener conto degli effetti di quella sentenza che li obbligava a rinviare questa loro ultima procedura». Secondo il parere di Georges Kapiamba, anche questo secondo processo per stellionato è di tipo politico ed è sfociato in una sentenza ingiusta e infondata. L’ACAJ incoraggia la difesa di Moïse Katumbi a procedere in appello.[14]
5. LA PUBBLICAZIONE UFFICIALE DELLE SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
La sentenza della Corte Costituzionale sull’interpretazione dell’articolo 70 della Costituzione è stata finalmente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il ritardo constatato nella trasmissione della sentenza alla gazzetta ufficiale è stato causato da uno sciopero presso la cancelleria del Tribunale, in seguito al ritardo nei pagamenti dei salari. In un suo comunicato, la Corte aveva precedentemente denunciato le varie forme di speculazione e di strumentalizzazione che erano apparse sui media e aveva persino parlato della diffusione di un falso documento.
Se il testo della richiesta di interpretazione inoltrata dai deputati della maggioranza parlava apertamente del caso di mancate elezioni presidenziali entro i tempo costituzionali, i giudici della Corte non ne parlano affatto. In nessun punto della sentenza, eccetto n’quello della presentazione della richiesta dei deputati della maggioranza, i giudici parlano specificamente di non organizzazione delle elezioni. Uno scenario, questo, non previsto dalla Costituzione congolese, salvo il caso di sede vacante (vuoto di potere). Il testo della sentenza pubblicato nella Gazzetta ufficiale si limita a ripetere il contenuto del paragrafo 2 dell’articolo 70 che, secondo i giudici, non necessita di alcuna interpretazione, aggiungendovi semplicemente un principio: quello della continuità dello Stato.
La Corte ha emesso la sentenza senza tenere conto della questione della non organizzazione delle elezioni, perché la richiesta dei deputati della maggioranza non incorporava specificamente gli articoli della Costituzione relativi all’organizzazione delle elezioni presidenziali.
Ecco un estratto della sentenza: «Per quanto riguarda la fine del mandato del Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale osserva che, secondo l’art 70 comma 2 della Costituzione,”alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica resta in carica fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente eletto”. Inoltre, essa rileva che, essendo chiaro, il paragrafo 2 dell’articolo 70 non ha bisogno, in linea di principio, di alcuna interpretazione; tuttavia, fa notare che, nella sintesi del dibattito generale di aprile 2005 sul progetto della Costituzione, si dice che, dopo emendamenti di questo articolo, “è stato aggiunto un secondo paragrafo, affinché il Presidente della Repubblica uscente possa rimanere in carica fino all’insediamento effettivo del nuovo presidente eletto, per evitare il vuoto istituzionale”. La corte costituzionale ne deduce che il paragrafo 2 dell’articolo 70 permette al Presidente della Repubblica, arrivato a fine mandato, di rimanere in funzione, in base al principio della continuità dello Stato, fino all’effettivo insediamento del nuovo Presidente della Repubblica eletto».[15]
6. SANZIONI FINANZIARIE CONTRO IL CAPO DELLA POLIZIA DI KINSHASA
Il 23 giugno, il governo degli Stati Uniti ha annunciato delle sanzioni finanziarie contro il generale Célestin Kanyama, capo della polizia di Kinshasa, per il ruolo svolto in atti di violenza avvenuti nella capitale, Kinshasa. Secondo un comunicato del Tesoro, il generale Célestin Kanyama è accusato di essere “responsabile o complice di atti di violenza e sequestri (…) contro persone civili, donne e bambini“. In virtù di queste sanzioni, i suoi beni depositati negli Stati Uniti sono stati congelati e nessuna entità statunitense può effettuare transazioni finanziarie con lui.
Il direttore dell’ufficio di controllo degli attivi esteri (OFAC), John Smith, ha dichiarato che, «nel momento in cui il periodo costituzionale del mandato del presidente Kabila sta arrivando al suo termine, precisamente verso la fine del mese di dicembre, il regime ha intrapreso una serie di atti di repressione, tra cui una serie di arresti di membri dell’opposizione e la sistematica repressione di manifestazioni politiche, per evitare l’organizzazione delle elezioni nazionali previste», aggiungendo che «l’iniziativa del Tesoro invia un messaggio chiaro: gli Stati Uniti condannano le azioni violente e repressive del regime, in particolare quelle di Celestin Kanyama, che minacciano il futuro della democrazia congolese».
Durante le manifestazioni del mese di gennaio 2015, quando il generale Kanyama era direttore della polizia di Kinshasa, sono state uccise più di 40 persone, tra cui una ventina dalla polizia, ha dichiarato il Ministero del Tesoro, riprendendo delle accuse formulate da delle ONG per i diritti umani, in particolare Human Rights Watch. L’amministrazione americana ricorda che, tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, nel corso di un’operazione di polizia denominata “Likofi”, ideata per lottare contro il brigantaggio, sono stati uccisi almeno cinquanta giovani e trenta risultano ancora scomparsi. Da parte sua, il governo congolese ha condannato la decisione degli Stati Uniti. Secondo il suo portavoce, Lambert Mende, «la decisione del governo statunitense è un attacco diretto alla nostra sovranità nazionale e un tentativo di sostituzione di sovranità». Mende ha affermato che «occorre evitare di aggiungere benzina sul fuoco».[16]
[1] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 10.06.’16
[2] Cf RFI, 15.06.’16
[3] Cf Radio Okapi, 16.06.’16
[4] Cf Kandolo M. – Forum des As – Kinshasa, 17.06.’16
[5] Cf Radio Okapi, 24.06.’16;
texte complet: http://www.un.org/fr/documents/view_doc.asp?symbol=S/RES/2293(2016)
[6] Cf Natacha Gorwitz et Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 05.07.’16
[7] Cf Radio Okapi, 05.07.’16
[8] Cf Radio Okapi, 10.07.’16
[9] Cf Testo completo: http://www.cenco.cd/?id_art=326
[10] Cf texte complet: http://www.europarl.europa.eu/intcoop/acp/2016_namibia/pdf/1098719fr.pdf
[11] Cf Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 21.06.’16; RFI, 20.06.’16; Radio Okapi, 21.06.’16
[12] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 21 et 23.06.’16
[13] Cf RFI, 22.06.’16
[14] Cf Radio Okapi, 24.06.’16
[15] Cf Texte complet: Le Phare – Kinshasa, 08.07.’16 http://www.lephareonline.net/voici-larret-authentique-de-cour-constitutionnelle/ ; RFI, 11.07.’16
[16] Cf Radio Okapi, 23.06.’16