Editoriale Congo Attualità n. 283– a cura della Rete Pace per il Congo
La Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) sta attraversando una grave crisi politica, soprattutto per quanto riguarda la legittimità delle Istituzioni.
I senatori nazionali, i deputati provinciali e i governatori delle province sono stati eletti nei primi mesi del 2007 per un mandato di cinque anni. Le elezioni seguenti, previste per gli inizi del 2012, non hanno avuto luogo. Attualmente, essi esercitano il loro mandato senza essere stati rieletti.
È ciò che, nei prossimi mesi, potrebbe accadere con il Presidente della Repubblica e i deputati nazionali, dato che sembra ormai impossibile organizzare le elezioni presidenziali e legislative nazionali secondo il calendario elettorale previsto.
Le orientazioni
In questo contesto, l’8 e il 9 giugno, l’opposizione congolese si è riunita a Genval, nei pressi di Bruxelles, in Belgio. All’ordine del giorno dell’incontro: la crisi politica in cui attualmente si trova la RDCongo. L’incontro è stato convocato da Étienne Tshisekedi, presidente dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS). Tra i partecipanti sono emersi tre grandi blocchi: il G7 e l’AR, intorno a Moïse Katumbi (ex governatore del Katanga); la Dinamica dell’opposizione, intorno a Kamerhe (UNC), Eve Bazaiba (MLC) e Martin Fayulu (Ecide) e, infine, il terzo polo, intorno all’UDPS di Etienne Tshisekedi. Nel documento finale, i partecipanti hanno
«– detto No al dialogo convocato da Kabila il 28 novembre 2015.
– detto Sì a un dialogo conforme alla risoluzione 2277 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sotto la moderazione del facilitatore internazionale rafforzata da un gruppo di rappresentanti delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, dell’Unione Africana, dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia e degli Stati Uniti d’America;
– preso atto della fine del secondo e ultimo mandato di Joseph Kabila Kabange il 19 dicembre 2016 e si aspettano il suo ritiro dalla Presidenza il 20 dicembre 2016.
– esigito la convocazione, da parte della Commissione elettorale, dell’elezione del Presidente della Repubblica il 19 settembre di quest’anno, conformemente all’articolo 73 della Costituzione».
Già nel discorso di apertura, Étienne Tshisekedi aveva affermato che «anche se le elezioni presidenziali e legislative non si svolgessero entro i tempi previsti dalla Costituzione, Kabila dovrà lasciare il potere lo stesso».
Via libera al dialogo?
Nonostante tutto, sembra che le conclusioni dell’incontro di Genval abbiano aperto la via al dialogo. Ma con quale modalità e con quali obiettivi?
Per quanto riguarda la modalità, il 6 giugno, due giorni prima dell’incontro dell’opposizione, le Nazioni Unite (ONU), l’Unione Africana (UA), l’Unione Europea (UE) e l’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF) avevano concordato di istituire un gruppo internazionale di appoggio al facilitatore del dialogo politico nazionale, Edem Kodjo. Era un’esigenza espressa dall’opposizione e non contrastata dalla maggioranza.
Per quanto riguarda gli obiettivi, occorrerà che le due parti, la maggioranza e l’opposizione, attutiscano le loro rispettive posizioni, a favore di un compromesso che permetta la continuazione dell’intero processo elettorale e, in modo particolare, l’organizzazione delle prossime elezioni presidenziali il prima possibile, considerandole urgenti e prioritarie.
Varie possibilità
- Organizzare le elezioni presidenziali entro la fine del mese di novembre 2016, conformemente ai tempi previsti dalla Costituzione e secondo il calendario elettorale pubblicato dalla Commissione elettorale nel mese di febbraio 2015. È la proposta emersa nell’incontro dell’opposizione a Genval, in Belgio. Tuttavia, poiché attualmente la Commissione elettorale non dispone di un database elettorale aggiornato, completo e affidabile, sembra ormai impossibile, anche solo dal punto di vista tecnico e logistico, organizzare tali elezioni in così pochi mesi.
- Mantenere lo status quo mediante il prolungamento del mandato del Presidente della Repubblica. Sostenuta dalla maggioranza, questa ipotesi confermerebbe la prassi iniziata con l’antecedente dei senatori, deputati provinciali e governatori. Inoltre, sarebbe conforme alla sentenza della Corte costituzionale che ha ribadito la disposizione del secondo paragrafo dell’articolo 70 della Costituzione, secondo cui, “alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica resta in carica fino all’effettivo insediamento del nuovo presidente eletto”.
Il rischio di questa ipotesi è che la maggioranza presidenziale faccia di tutto per continuare a rimandare le elezioni a tempo indeterminato, al fine di prolungare all’infinito il secondo e ultimo mandato dell’attuale Presidente e di mantenerlo al potere il più a lungo possibile.
Per evitare questi pericoli, diventa assolutamente necessario fissare la durata, le modalità, gli obiettivi e le priorità di un eventuale prolungamento del mandato presidenziale e ciò dovrebbe essere oggetto di discussione nel corso di un dialogo tra maggioranza, opposizione e società civile, sotto la mediazione del facilitatore internazionale coadiuvato da un gruppo di appoggio costituito da delegati dell’Onu, dell’UE, dell’UA e degli Stati Uniti.
- Prevedere un periodo di transizione con un Presidente della Repubblica ad interim.
Secondo l’opposizione, la fine del secondo e ultimo mandato dell’attuale Presidente della Repubblica rappresenta un impedimento definitivo sia all’esercizio della funzione di Presidente della Repubblica che ad un eventuale prolungamento del suo mandato presidenziale. Per questo, sempre secondo l’opposizione, alla fine del suo mandato, anche in caso di mancate elezioni, il Presidente dovrebbe ritirarsi e cedere il posto ad un Presidente della Repubblica ad interim.
Anche questa ipotesi suscita molti interrogativi. Prima di tutto, chi potrebbe svolgere la funzione di presidente della Repubblica ad interim? Chi lo designerebbe? Su quali basi costituzionali e legislative?
Secondo voci che circolano sottobanco, dal punto di vista dell’UDPS, uno degli obiettivi del dialogo tra maggioranza e opposizione dovrebbe essere quello di risolvere il contenzioso elettorale del 2011. Secondo i risultati ufficiali di quelle elezioni, Joseph Kabila le vinse e Étienne Tshisekedi arrivò in seconda posizione. Ma i vari organismi di osservazione elettorale, nazionali e internazionali, subito qualificarono come “non credibili” quei risultati, a causa delle molte irregolarità e dei numerosi brogli elettorali. La conseguenza è che non si è potuto capire bene chi abbia vinto quelle elezioni: Kabila o Tshisekedi. Quindi, secondo l’UDPS, Etienne Tshisekedi sarebbe il naturale presidente della Repubblica ad interim per il periodo di transizione, in sostituzione di Joseph Kabila.
Egli sarebbe appoggiato dall’ex governatore del Katanga, Moïse Katumbi che, in cambio, si aspetterà di essere appoggiato dall’UDPS, quando presenterà la propria candidatura in occasione delle prossime elezioni presidenziali. Tuttavia, non avendo Vital Kamerhe (dell’UNC) e Eve Bazaiba (del MLC) partecipato all’incontro di Genval, non è affatto sicuro che, almeno per il momento, essi accettino incondizionatamente questo eventuale patto tra Tshisekedi e Katumbi.
Si potrebbe quindi cercare un Presidente della Repubblica ad interim in altri ambienti, diversi da quello politico. Potrebbe, per esempio, essere una personalità indipendente proveniente dal mondo delle professioni e della Società civile (un docente, un ingegnere, un medico, un imprenditore, un avvocato, un difensore dei diritti umani, un giornalista, …). In questo caso, avrebbe il vantaggio di essere libero dai dettami della politica e al di sopra delle dispute tra partiti.
In tutti i casi, il Presidente ad interim dovrebbe essere una persona che non abbia alcuna intenzione di candidarsi alle prossime elezioni.
Anche questa ipotesi di un Presidente della Repubblica ad interim dovrà essere discussa nell’ambito di un dialogo politico tra maggioranza, opposizione e società civile, con l’apporto di una mediazione internazionale.