Editoriale Congo Attualità n. 282– a cura della Rete Pace per il Congo
La preparazione ancora bloccata
La preparazione del dialogo politico proposto dal Presidente Joseph Kabila, in vista dell’organizzazione delle prossime elezioni, si trova ancora bloccata. Il facilitatore Edem Kodjo, nominato dall’Unione Africana, non è ancora riuscito a formare il comitato preparatorio del dialogo. Infatti, l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) non gli ha ancora presentato la lista dei delegati dell’opposizione che dovrebbero far parte di tale comitato. Il motivo principale è che l’UDPS vuole dapprima accertarsi che il facilitatore del dialogo assicuri di tenere seriamente in conto le proposte presentate nella sua “tabella di marcia” (road map) resa pubblica nel mese di febbraio 2015.
Una probabile svolta decisiva
Finora, la preparazione del dialogo è stata oggetto di trattazioni tra la Maggioranza Presidenziale (MP) e l’UDPS. Ma nelle ultime settimane, l’UDPS si è probabilmente accorto che la MP non costituisce affatto un interlocutore che possa permettergli di raggiungere i propri obiettivi, quelli espressi nella tabella di marcia citata. L’UDPS si sta finalmente accorgendo che, da solo, non può prevalere sulla MP e che, quindi, ha bisogno del contributo degli altri partiti e piattaforme dell’opposizione. È per questo che ha deciso di convocare le varie forze dell’opposizione per un incontro, a Bruxelles (Belgio), al fine di ricuperare l’unità tra di esse e decidere, insieme, una strategia comune, in vista del dialogo politico con la Maggioranza sulla problematica delle prossime elezioni presidenziali.
Il nodo del problema
Dato che, secondo la Costituzione, il secondo e ultimo mandato del Presidente attualmente in esercizio terminerà il 19 dicembre 2016, considerato che le elezioni presidenziali dovrebbero essere convocate 90 giorni prima della fine del mandato, cioè il 19 settembre, è ormai tecnicamente impossibile organizzarle il 27 novembre prossimo, come la Commissione elettorale aveva previsto.
È quindi più che mai urgente che, nell’incontro di Bruxelles, si arrivi a formulare una proposta sul “dopo il 20 dicembre 2016”, data della fine del secondo e ultimo mandato del Presidente attualmente in esercizio. A questo proposito, la Corte Costituzionale ha ribadito che, secondo il 2° comma dell’articolo 70 della Costituzione, “alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica resta in funzione fino all’insediamento effettivo del nuovo Presidente eletto“. Si tratta di una saggia disposizione voluta dai Padri Costituenti, per evitare un vuoto di potere ai vertici dello Stato nel caso in cui, per esempio, il nuovo presidente eletto si trovasse nell’impossibilità di essere investito entro i tempi previsti dalla Costituzione, cioè “entro i dieci giorni seguenti alla proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni presidenziali” (articolo 74 della Costituzione).
Le cause potrebbero essere varie: il decesso inatteso del nuovo presidente eletto, un incidente stradale imprevisto, un ricovero urgente in ospedale, il pericolo di un attentato terroristico, … D’altra parte, nella parte conclusiva della sua sentenza, la Corte Costituzionale non fa alcun riferimento al 1° comma dell’articolo 70, secondo cui “il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di 5 anni rinnovabile una sola volta“, senza aggiungere alcun tempo supplementare. Dunque, la Corte Costituzionale non lo mette in questione, il che lascia supporre che essa dia per scontato che il Governo abbia la responsabilità e l’obbligo di organizzare le elezioni entro i tempi previsti dalla Costituzione. Inoltre, ciò che si può affermare con certezza è che, nello scrivere la Costituzione, i Padri costituenti sognassero un futuro di pace per il Paese, un regime democratico, uno Stato di diritto.
Come sciogliere questo nodo
In questo contesto, è molto probabile che i Padri costituenti non prevedessero affatto uno Stato incapace di organizzare le elezioni per mancanza di mezzi di finanziamento o di aggiornamento delle liste degli elettori. In tal caso, le Istituzioni dello Stato (Presidenza, Governo e Parlamento) dovrebbero dimostrare un segno di responsabilità e di patriottismo nei confronti del popolo, riconoscendo i propri limiti, facendo un passo indietro e cedendo il posto ad un periodo di transizione che, gestito consensualmente tra opposizione, maggioranza e società civile, porti il Paese verso nuove elezioni nel più breve tempo possibile, a partire dalle presidenziali e legislative nazionali.