INDICE
EDITORIALE: VIOLENZA DI STATO E NON VIOLENZA POPOLARE
- VERSO LE ELEZIONI DEI GOVERNATORI PROVVISORI DELLE NUOVE PROVINCE
- VIOLAZIONI DEL DIRITTO ALLA LIBERTA D’ESPRESSIONE E DI MANIFESTAZIONE
- Contro l’opposizione
- Contro la “Lucha”
EDITORIALE: VIOLENZA DI STATO E NON VIOLENZA POPOLARE
1. VERSO LE ELEZIONI DEI GOVERNATORI PROVVISORI DELLE NUOVE PROVINCE
L’11 marzo, la Commissione elettorale ha pubblicato la lista definitiva dei sessantasei candidati per le elezioni dei governatori e vice-governatori delle 21 nuove province. Le elezioni sono previste il 26 marzo. La lista è stata pubblicata in seguito alle sentenze emesse dalle varie Corti d’Appello. Secondo il relatore della Commissione elettorale, Jean Pierre Kalamba, tra i 41 ricorsi presentati alle Corti d’Appello, 10 sono stati ritenuti ricevibili e fondati, 18 ricevibili ma infondati, 10 irricevibili e 3 sono stati ritirati.
Il numero delle candidature varia tra uno e sette, secondo le varie province: 7 candidati per la Provincia di Mongala, 6 per l’Haut Katanga, 5 per il Nord Ubangi e il Kwilu, 4 per l’Ituri, il Kwango, il Sud Ubangi e la Tshopo, 3 per l’Equateur, l’Haut-Lomani, il Mai-Ndombe e la Tshuapa, 2 per il Kasai, il Kasai-orientale, l’Haut Uélé, la Lualaba e il Tanganica e 1 per il Lomani e il Kasai centrale. La Commissione elettorale aveva pubblicato una lista provvisoria di 76 candidature. Dopo l’esame dei ricorsi da parte delle Corti d’Appello, dieci sono state respinte.[1]
L’opposizione ha denunciato una “manipolazione delle istituzioni” da parte della Maggioranza Presidenziale (MP) per escludere determinati candidati dalla competizione elettorale, tra cui gli ex membri della maggioranza passati all’opposizione. Nel mirino della maggioranza: i candidati del G7, ex membri della maggioranza oggi sostenitori di Gabriel Kyungu e Moïse Katumbi, quest’ultimo probabile candidato alle prossime elezioni presidenziali. Tra i 41 ricorsi inoltrati alle varie Corti d’appello, solo 10 sono stati ritenuti “ricevibili e fondati” e tutti gli altri sono stati respinti. Con così pochi candidati, la maggioranza si trova in situazione di vantaggio rispetto all’opposizione, tanto più che ben 18 commissari speciali, tra i 21 nominati dal Presidente Kabila per amministrare le nuove province, si trovano tra i candidati per le prossime elezioni dei governatori, un incarico che, di fatto, svolgono dalla fine di ottobre 2015.
«La maggior parte dei candidati considerati prossimi a Moïse Katumbi e al G7 sono stati invalidati dalla Commissione elettorale o dalla Corte d’Appello. Si è fatto di tutto per garantire la vittoria dei candidati della maggioranza. Le elezioni governatoriali saranno una semplice mascherata», ha affermato Michael Tshibangu, analista politico e presidente dell’Associazione per lo sviluppo e la democrazia in Congo (ADDC) con sede nel Regno Unito, aggiungendo: «Si tratta di una strategia ben orchestrata per mantenere il potere a tutti i livelli, tra cui quello della presidenza. La maggioranza vuole occupare tutti i posti, senza lasciare alcun spazio all’opposizione. Per raggiungere il loro obiettivo, le autorità utilizzano metodi per lo meno poco ortodossi: far tacere l’opposizione, criminalizzare qualsiasi tipo d’impegno della società civile, impedire la libertà d’opinione e d’espressione e ricorrere abusivamente alla giustizia per mettere a tacere l’opposizione e i media. Tutto ciò dimostra che la maggioranza ha deciso di mantenere il potere a tutti i costi».[2]
La Maggioranza si è detta soddisfatta per il fatto che la Commissione elettorale abbia convalidato le candidature di tutti i suoi membri. Da parte sua, l’opposizione ha invece affermato di temere un “ritorno al partito-stato”.
Il portavoce della Maggioranza Presidenziale, Andre-Alain Atundu, ha parlato di una prima vittoria riportata dalla sua formazione politica: «Ora che ci troviamo in pole position, dobbiamo fare di tutto per confermare questa posizione, vincendo le elezioni governatoriali in tutte le ventuno nuove province, se possibile». Si è congratulato con le autorità della Maggioranza, che hanno saputo «redigere correttamente i dossier dei candidati» e ha lodato la professionalità degli avvocati che sono riusciti a «convincere i giudici delle Corti d’appello circa la conformità delle candidature della Maggioranza con la legge».
Da parte sua, il Gruppo dei 7 (G7) vede nella pubblicazione della lista definitiva dei candidati un “ritorno al partito-stato”. Hubert Tethika, responsabile della comunicazione per il G7 e portavoce dell’Arc, ha dichiarato: «Constato che la Maggioranza Presidenziale (MP) non ha affatto rispettato il carattere indipendente di certe candidature. È molto grave! Ci si può quindi preoccupare per tutte le future elezioni, perché non potranno parteciparvi che i membri della MP. Siamo ormai passati dal MPR – partito stato alla MP – partito stato». Egli ritiene che il fatto che la maggior parte delle Corti d’appello abbiano invalidato i candidati indipendenti comunque mantenuti nella lista provvisoria pubblicata dalla Commissione elettorale, “in seguito a un ricorso presentato dalla maggioranza presidenziale” denota la sottomissione della giustizia al potere e un arretramento della democrazia. D’altra parte, la Dinamica dell’Opposizione ritiene che le elezioni dei governatori, come organizzate dalla Commissione elettorale, confermino una situazione di anarchia, tanto più che il corpo elettorale (i deputati provinciali) che dovrebbe eleggere i nuovi governatori è illegale e illegittimo. Secondo Joseph Olenghankoy, moderatore della Dinamica dell’Opposizione, la piattaforma politica cui appartiene non si sente implicata nelle elezioni governatoriali previste il 26 marzo: «Lasciamo che i morti seppelliscano i loro morti».[3]
Il 12 marzo, nelle ventuno nuove province sono state effettuate le elezioni dei membri dei Comitati centrali delle Assemblee dei deputati provinciali. La maggioranza presidenziale (MP) ha ottenuto la presidenza di diciassette Assemblee Provinciali, cioè l’80 %. L’opposizione, con il Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), ha ottenuto la presidenza di tre assemblee provinciali (Nord Ubangi e Mongala Tshuapa). Alla presidenza dell’Assemblea provinciale dell’Equateur è stato eletto un candidato indipendente. I Deputati membri delle Assemblee provinciali parteciperanno alle elezioni dei governatori, previste per il 26 marzo.[4]
In seguito alle elezioni del 12 marzo, la maggioranza presidenziale ha ottenuto la presidenza delle Assemblee Provinciali del Tanganica, Haut-Lomani, Lualaba e Haut-Katanga (quattro province sorte dalla recente suddivisione dell’ex Katanga). Gabriel Kyungu wa Kumwanza ha dichiarato che le elezioni dei membri dei comitati di presidenza di queste quattro Assemblee Provinciali sono state marcate da casi di corruzione e di intimidazione dei deputati provinciali.[5]
2. VIOLAZIONI DEL DIRITTO ALLA LIBERTA D’ESPRESSIONE E DI MANIFESTAZIONE
a. Contro l’opposizione
Il 26 febbraio, la Corte suprema di giustizia ha esaminato il dossier di quattro magistrati del pubblico ministero: Cecile Kiala, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Kinshasa / Gombe e il suo vice, nonché il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Lubumbashi e il suo vice. Essi sono stati accusati, per dolo, dal Presidente del partito politico di opposizione Scode, Jean-Claude Muyambo. In detenzione preventiva a Kinshasa per un’accusa di stellionato, a sua volta egli ha accusato i quattro magistrati di mantenerlo in detenzione senza alcun motivo valido. L’avvocato di Muyambo, Baupol Mupemba, ha qualificato di improprio l’atteggiamento assunto dai quattro magistrati: «Finora, nessuna prova dimostra che Jean-Claude Muyambo abbia commesso, direttamente o indirettamente, i reati che gli si imputano. Abbiamo quindi denunciato la scorrettezza dell’atteggiamento dei quattro magistrati che, benché non ci siano prove sufficienti per condannarlo, lo lasciano ancora in carcere». Secondo l’avvocato Willy Wenga, difensore dei quattro magistrati, i suoi clienti non hanno commesso alcun dolo e chiede che l’accusa inoltrata da Jean-Claude Muyambo sia dichiarata irricevibile, perché “infondata per quanto riguarda il contenuto e la forma”. La sentenza della Corte Suprema di Giustizia sarà emessa previa consultazione con il Procuratore Generale della Repubblica.
Jean-Claude Muyambo era stato arrestato il 20 gennaio 2015, in coincidenza delle manifestazioni organizzate contro la riforma della legge elettorale e detenuto presso la prigione centrale di Makala, a Kinshasa, con un’accusa di stellionato, un reato consistente nel vendere un immobile di cui si consapevoli di non esserne i proprietari.[6]
Il 2 marzo, l’attivista per i diritti umani Christopher Ngoyi Mutamba è stato ricondotto nel carcere di Makala, dopo essere stato ricoverato in ospedale lo scorso 8 febbraio, in seguito ad un malore sopraggiuntogli mentre già si trovava in carcere. Dopo quasi un mese di cure e varie trasfusioni di sangue, i medici hanno deciso di rimandarlo in carcere, nonostante il parere contrario della sua famiglia e dei suoi avvocati. I medici hanno inoltre chiesto allo stesso prigioniero di pagare il conto per il ricovero in ospedale e per le cure ricevute quando, giuridicamente, è lo Stato congolese che dovrebbe pagarlo. Si sono addirittura rifiutati di metterlo a conoscenza del referto clinico. Christopher Ngoyi era stato arrestato nel mese di gennaio 2015, in occasione delle proteste organizzate contro la riforma della legge elettorale. Era stato accusato di incendio doloso, saccheggio e incitamento all’odio razziale.[7]
L’8 marzo, l’ex governatore dell’ex provincia del Katanga, Moïse Katumbi, ha deplorato il comportamento della polizia, che, secondo lui, ha circondato la Basilica di Santa Maria del comune di Kenya, a Lubumbashi. Egli era in chiesa per pregare insieme con gli altri membri della piattaforma G7, in occasione della celebrazione della Giornata internazionale della donna. Moïse Katumbi ha aggiunto che la polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro la folla che si era radunata intorno a lui dopo la messa. Secondo l’ex governatore, questo atto è il segno di una “insicurezza totale”. «Non possiamo tollerare cose del genere», ha quindi dichiarato, invitando il governo ad assumersi le proprie responsabilità.[8]
L’8 marzo, in un comunicato pubblicato a Kinshasa, l’Unione Europea (UE) ha dichiarato che «in questo periodo pre-elettorale, il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili è un elemento fondamentale per permettere un’organizzazione di elezioni trasparenti, pacifiche e credibili». Mentre il presidente Kabila ha annunciato, già alla fine di novembre scorso, la convocazione di un dialogo politico nazionale, un dialogo cui l’opposizione ha deciso di non aderire, la diplomazia europea insiste: «L’appello al dialogo politico deve necessariamente andare di pari passo con il diritto di ciascuno ad esprimersi liberamente». Secondo il comunicato, «l’Unione Europea è altamente preoccupata per le notizie relative al numero sempre più crescente di soprusi, di intimidazioni e di arresti che prendono di mira soprattutto degli esponenti politici dell’opposizione, dei membri della società civile e dei professionisti dei mezzi di comunicazione». A questo proposito, l’Unione Europea ritiene fondamentale il compito della MONUSCO di registrare e di denunciare le violazioni dei diritti umani commesse.[9]
Il 10 marzo, il presidente del Partito Kabilista (PK), Mwenze Kongolo, ha denunciato la “repressione” di cui sono oggetto i leader dell’opposizione nell’ex Katanga. Dopo una visita effettuata nell’Alto Katanga, l’ex ministro della Giustizia al tempo di Laurent-Désiré Kabila ha qualificato di “deleterio” il clima politico constatato in tale provincia. «I figli di Moïse Katumbi sono fermati all’aeroporto e viene loro impedito di partire. I militanti del partito di Kyungu sono stati arrestati per aver partecipato ad una manifestazione. Vari membri del G7 sono stati circondati dalla polizia mentre partecipavano ad una messa celebrata in occasione della giornata della donna. Tutto ciò crea un clima di oppressione», ha deplorato Mwenze Kongolo.[10]
L’11 marzo, il presidente ad interim dell’Azione per la Democrazia e lo Sviluppo del Congo, Prince Epenge, ha dichiarato che «Pierre-Jacques Chalupa è molto malato, ma non può recarsi all’estero per cure adeguate, perché le autorità congolesi hanno confiscato il suo passaporto». Prince Epenge ha quindi lanciato un appello alle autorità congolesi, affinché possano restituire il passaporto di Pierre Jacques Chalupa, per permettergli di recarsi all’estero e accedere alle appropriate cure raccomandate dai suoi medici. Membro dell’opposizione, 67 anni di età, Pierre-Jacques Chalupa era stato arrestato il 2 febbraio 2012 e rilasciato nel 2013, dopo 19 mesi di carcere. Era stato processato per possesso di una falsa certificazione d’acquisizione della nazionalità congolese, di un falso certificato elettorale e di un falso passaporto congolese.[11]
L’11 marzo, all’aeroporto di Kalemie, dei militanti dell’Unione Nazionale dei Democratici Federalisti (Unadef), partito membro del G7, una piattaforma di sette partiti della Maggioranza passati all’opposizione, mentre stavano aspettando il deputato nazionale Christian Mwando, candidato governatore della nuova provincia del Tanganica, sono stati violentemente attaccati da altre persone presenti all’aeroporto. Alcuni testimoni affermano che le forze di sicurezza hanno scortato il deputato Christian Mwando fino a casa sua, in città, a più di 7 chilometri dall’aeroporto e che gli hanno impedito di incontrare i suoi sostenitori che si erano riuniti davanti alla sua residenza. Le autorità locali hanno ammesso di avere mandato gli agenti di polizia. I testimoni denunciano l’esistenza di una milizia privata e armata agli ordini del Vice Commissario speciale, una milizia che sarebbe incaricata di reprimere i diritti politici dei membri dell’opposizione. Pura speculazione, ribatte il vice Commissario Straordinario del Tanganica.
Da parte sua, Christian Mwando ha denunciato il cattivo trattamento cui è stato sottoposto dagli “agenti della polizia e della Guardia Repubblicana”. Nel corso di una conferenza stampa organizzata nella sua residenza di Kalemie, il coordinatore interfederale dell’Unione Nazionale dei Democratici Federalisti (Unadef) dell’ex Katanga, Christian Mwando, ha dichiarato: «L’auto che avrebbe dovuto venire a prendermi non ha avuto accesso all’aeroporto. Per arrivare in città, ho dovuto approfittare di un veicolo di un deputato che era all’aeroporto». Arrivato al centro di Kalemie, Christian Mwando aveva pensato di andare a salutare alcuni suoi sostenitori che lo stavano aspettando presso la sede del suo partito politico, membro della piattaforma G7. «Purtroppo, arrivati alla mia residenza, la polizia mi ha impedito di continuare verso il centro città. Ho dovuto andarvi a piedi. Arrivati nei pressi del ponte Lukuga, abbiamo visto arrivare la polizia e la Guardia Presidenziale, che hanno subito cominciato a molestare le persone che mi accompagnavano», ha dichiarato Christian Mwando. Da parte sua, il commissario di divisione della PNC / Tanganica, il generale Jean Yav Mukaya, ha affermato che «la polizia era presente per garantire la sicurezza del candidato e non per attaccarlo».[12]
b. Contro la “Lucha”
Il 10 marzo, il Tribunale di grande istanza di Goma ha condannato due giovani attivisti del movimento cittadino per la democrazia “Lotta per il Cambiamento” (Lucha), a tre mesi di reclusione e a una multa di 100.000 franchi congolesi (circa 110 dollari). Si tratta di Juvin Kombi e Pascal Byumanine, arrestati con altre sette persone il 28 novembre 2015, durante una manifestazione organizzata per denunciare i massacri commessi da milizie armate nel territorio di Beni, nel nord del Nord Kivu. Entrambi sono stati condannati per “incitamento alla rivolta” e, tenuto conto del tempo già trascorso in carcere in custodia cautelare, sono stati rilasciati dopo il pagamento della multa. Le altre sette persone, non appartenenti a Lucha ma processate con gli stessi capi d’accusa, sono stati assolti e rilasciati. Dopo il processo, la difesa ha manifestato l’intenzione di presentare ricorso in appello. Jean-Paul Lumbulumbu, avvocato della difesa, ha denunciato ciò che ha definito di accanimento, da parte delle autorità politiche, nei confronti degli attivisti di Lucha: «Non siamo soddisfatti, perché non si capisce come, in un gruppo di nove persone arrestate nelle stesse circostanze e processate per gli stessi capi d’accusa, sette siano state assolte e due, entrambi membri di Lucha, siano stati condannati a tre mesi di reclusione. Riteniamo che ci sia una sorta di accanimento da parte delle autorità politiche nei confronti dei membri di Lucha».[13]
Il 15 marzo, Human Rights Watch (HRW) ha chiesto al governo congolese di rilasciare immediatamente e incondizionatamente Fred Bauma e Yves Makwambala, due attivisti per la democrazia arrestati il 15 marzo 2015 a Kinshasa. Bauma e Makwambala, entrambi di una ventina d’anni, sono perseguiti dalla giustizia congolese per attentato contro la sicurezza del presidente Joseph Kabila. Erano stati arrestati in seguito a un semibario sul buon governo in Africa. Il seminario era stato presentato dalle autorità come una riunione di stampo “terrorista”, un qualificativo respinto da una commissione parlamentare. Fred Bauma è uno dei leader di Lotta per il Cambiamento (Lucha), un movimento cittadino con sede a Goma (est della RDC) e Yves Makwambala è il webmaster e grafico di Filimbi, un altro movimento cittadino pro-democrazia con sede a Kinshasa.
In un comunicato, Human Rights Watch ha affermato che i due attivisti sono stati arrestati nel «contesto della repressione che il Governo utilizza contro i membri dell’opposizione e i giovani attivisti per la democrazia». Secondo HRW, le autorità congolesi hanno proceduto a false accuse contro i due giovani attivisti, nell’ambito di una campagna politica volta a mettere a tacere le voci dissidenti. «La detenzione prolungata di Fred Bauma e di Yves Makwambala, un anno dopo il loro arresto, è un inquietante segno della volontà delle autorità congolesi di mettere a tacere una contestazione pacifica», ha affermato HRW nel suo comunicato. L’appello di HWR viene pubblicato il giorno prima della sentenza della Corte Suprema di Giustizia (CSJ), che deve pronunciarsi sulla liberazione condizionata richiesta da Fred Bauma e Yves Makwambala.
Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, si tratta di «un chiaro esempio di criminalizzazione della società civile, incompatibile con una società democratica».
Il governo congolese ha, a sua volta, ripetutamente criticato un’ingerenza della comunità internazionale a danno dell’indipendenza della giustizia congolese.
La sera del 14 marzo, un anno dopo il loro arresto, Fred Bauma e Yves Makwambala hanno iniziato uno sciopero della fame. In una dichiarazione sul suo sito web, Lucha indica che questo sciopero della fame ha due obiettivi: ottenere la liberazione dei prigionieri di opinione e la garanzia di uno spazio pubblico di libera espressione.
Il 15 marzo, un anno dopo l’arresto di Fred Bauma e di Yves Makwambala, il movimento Lucha ha organizzato una marcia pacifica sul viale Kanyamuhanga a Goma (Nord Kivu), per chiedere la loro liberazione. La manifestazione è stata dispersa dalla polizia nazionale.
La Corte Suprema di Giustizia (CSJ) dovrebbe emettere il suo verdetto sulla richiesta di liberazione provvisoria di Fred Bauma e di Yves Makwambala il 16 marzo.[14]
Il 15 marzo, 19 militanti di Lotta per il Cambiamento (Lucha) sono stati arrestati a Goma, mentre partecipavano ad una marcia pacifica organizzata per chiedere la “liberazione” di due attivisti arrestati in marzo 2015 e detenuti a Kinshasa. Secondo la Lucha e vari testimoni, i manifestanti avevano le mani legate prima e la bocca bendata. «Diciannove membri di Lucha tra i 47 che partecipavano alla marcia silenziosa organizzata per commemorare i 365 giorni di detenzione illegale di Fred Bauma e di Yves Makwambala sono stati brutalmente arrestati dalla polizia», ha detto Trésor Akili, un militante del movimento Lucha, organizzatore della manifestazione. Trésor Akili ha denunciato “l’illegalità dell’arresto” dei 19 militanti di Lucha che la polizia considera come “un movimento terrorista che turba l’ordine pubblico”.
I militanti di Lucha hanno affermato di aver agito con tutta legalità, perché avevano previamente informato le autorità sull’organizzazione della manifestazione in questione. Tale versione è stata contestata dal Commissario di Goma, Vital Awachango: «Hanno disturbato l’ordine pubblico. Secondo un comunicato ufficiale del 3 dicembre 2015, emesso dall’autorità urbana, sul territorio di Goma non esiste alcun movimento riconosciuto con la denominazione Lucha». Un comunicato pubblicato dal comune di Goma lo scorso dicembre aveva effettivamente interdetto le attività di Lucha, definito come un “movimento senza base legale”.
Dopo questi arresti, il direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (BCNUDH), Jose Maria Aranaz, si è detto preoccupato per questa restrizione delle libertà di espressione.[15]
Il 16 marzo, i diciannove attivisti di Lucha, ancora in stato di detenzione, sono stati trasferiti davanti al Tribunale di grande istanza di Goma. Il loro avvocato, Jean-Paul Lumbulumbu, ha chiesto la loro immediata liberazione perché, secondo lui, hanno semplicemente esercitato il loro diritto di organizzare una manifestazione pacifica. «Sono stati arrestati mentre stavano partecipando ad una manifestazione pacifica. Lo dimostra il fatto che avevano le mani legate e la bocca bendata», ha affermato Jean-Paul Lumbulumbu, precisando di non riuscire ad identificare alcun reato che possa essere commesso in tali condizioni. Scartando l’idea di inoltrare una richiesta di libertà provvisoria, egli ha affermato di attendere la liberazione incondizionata degli arrestati, per non avere commesso alcuna infrazione.[16]
Il 17 marzo, la Corte suprema di giustizia ha rifiutato di concedere la libertà provvisoria richiesta da Fred Bauma e Yves Makwambala.[17]
Lucha ha dichiarato di non volere pagare la multa patteggiata di 100.000 franchi congolesi (108 dollari) richiesti dal Tribunale di grande istanza di Goma, per ciascuno dei 19 militanti arrestati il 15 marzo, mentre stavano partecipando ad una manifestazione pacifica. La multa patteggiata è una disposizione prevista dalla legge per evitare una procedura giudiziaria in tribunale e consiste nel risolvere il caso presso la polizia, pagando una certa somma di denaro. Secondo la Lucha, pagare tale multa equivarrebbe ad ammettere che i suoi 19 membri avrebbero commesso l’infrazione loro imputata. La Lucha, invece, esige la liberazione immediata dei suoi membri. «Chiediamo la loro liberazione. Se ci ritengono colpevoli, ci mandino in carcere. Siamo pronti», ha affermato Gracia Kabera, una dei membri di Lucha.[18]
Il 19 marzo, i diciannove membri di Lucha sono stati liberati, dopo quattro giorni di detenzione nelle celle della Procura della Repubblica.
L’avvocato di Lucha, Jean-Paul Lumbumbu, ha affermato che il mantenimento di Fred Bauma e di Yves Makwambala in carcere a Kinshasa, è la prova eloquente dell’accanimento del governo sugli attivisti di Lucha e su ogni persona che non condivide le sue opinioni. Egli ha aggiunto che, per la liberazione dei 19 militanti di Lucha, sono state pagate le multe patteggiate, anche se non c’è stata alcuna infrazione da parte loro. «Ognuno di noi ha pagato una multa di 30.000 franchi congolesi (32 dollari)», ha dichiarato Antoine Wasingia, uno degli attivisti rilasciati, aggiungendo: «Non volevamo pagare questa cauzione, perché siamo convinti di non avere commesso alcun reato. Sono state le nostre famiglie che, temendo per la nostra vita, hanno pagato per la nostra liberazione».[19]
Un’attivista ha scritto una lettera aperta a Fred Bauma, per i suoi 366 giorni di carcere
«Caro amico mio,
Come stai? Come hai trascorso il tempo in cui sei stato detenuto nelle celle dei servizi segreti? Come passi i giorni e le notti in carcere? Ci saranno certamente dei detenuti violenti. Come ti difendi? Come ti proteggi? Avrei tante domande da farti. Avremo tempo per parlarne quando uscirai dal carcere.
Mi è finalmente arrivata quella piccola frase che mi ha inviato dalla tua cella di Makala: “Se non potete marciare, arrampicatevi. Occorre andare avanti a tutti i costi!!”. Ebbene, continuiamo ad andare avanti, alcuni in prigione, altri fuori di prigione.
Non avrei mai immaginato che degli atti leciti e legittimi potessero condurre in prigione, mentre i capi dei gruppi armati, che hanno ucciso e che continuano ad uccidere i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli e le nostre sorelle, continuano ad essere “premiati” con posti politici e gradi militari. Militari affaristi e politici corrotti e corruttori sono liberi di circolare come vogliono. Non avrei mai immaginato che avresti potuto essere imprigionato e accusato di così gravi cose e che avessi potuto rischiare una delle più grandi condanne. Tu non puoi immaginare l’ansia che ho provato, quando ho sentito le false accuse che sono state orchestrate contro di te. È vergognoso che uno stato, il nostro stato, sia diventato così repressivo e ingiusto contro di noi che siamo la sua gioventù. È già trascorso un lungo anno dal tuo arresto. Desideriamo la tua liberazione con tutte le nostre forze. È un sogno molto piccolo, troppo piccolo come sogno, ma vi sono condannata. I nostri sogni di prima erano splendidi e grandi: ecologia, sanità, imprenditorialità, cambiamento del sistema. Ma ora non ci penso più come prima. Con te in prigione, ormai sogniamo solo la tua liberazione. Ora sogniamo in piccolo, per essere realistici. Esigiamo instancabilmente la tua liberazione e senza condizioni. Non sarebbe dovuto succedere quello che è successo, non avrebbero dovuto arrestarti, non avrebbero dovuto metterti in carcere. Tutto è stato falsificato fin dall’inizio. È difficile lottare per la tua liberazione, poiché le accuse contro di te sono state falsificate fin dall’inizio.
Caro amico mio,
Il tuo sacrificio, anche se ti è stato imposto, è pieno di significati. La tua prigionia ha dato un senso più profondo alla nostra storia. Essa rivela le contraddizioni della classe dirigente attuale. È la testimonianza vivente di una dittatura rimasta celata dietro certe istituzioni democratiche di facciata. Coloro che gestiscono le istituzioni non hanno ancora capito che la generazione dei presidenti a vita è già terminata, che ci troviamo nella Repubblica Democratica del Congo, che la democrazia ne è la regola e che la Costituzione ne è la guida. Ora che i mandati elettorali stanno arrivando a termine, non si vergognano di voler cambiare le regole in vigore per rimanere al potere. Tu porti con te la sofferenza di una dolorosa transizione dalla dittatura alla democrazia. La tua detenzione ha messo in evidenza il ruolo dei servizi di sicurezza e di intelligence che non si mobilitano che quando si accorgono che sono in pericolo gli interessi di certe persone da cui ricevono ordini e direttive.
Per noi, le conseguenze di tutto ciò sono molto gravi: Trésor Akili, Gentil Mulume, Sylvain Kambere et Vincent Kasereka hanno fatto diversi mesi di prigione. Sono stati condannati a 6 mesi di reclusione per avere chiesto alla popolazione di fischiare, durante alcuni minuti, in vostro appoggio e per la causa della democrazia. Juvin Kombi, Pascal Byumanine e 7 loro amici sono stati ignobilmente arrestati e imprigionati per avere organizzato una piccola manifestazione per chiedere che si faccia luce sui massacri di Beni. Serge Sivyavuha, Justin Kambale, Ghislain Muhiwa, Mike Kamundu, John Assyenda e Rebecca Kavugho sono stati arrestati, incarcerati, processati e condannati per avere osato chiedere la vostra liberazione. Bienvenu Matumo e Thierry Kapitene sono stati sequestrati e condotti a Makala, anche se non avevano organizzato alcuna manifestazione o detto o fatto qualcosa di sbagliato.
Caro amico mio,
devi sapere che, per me, sei un uomo libero anche se sei in prigione. E promettimi che anche lì continuerai a combattere, almeno per la tua sopravvivenza. La lotta sarà lunga e difficile. Abbi sempre cura di te. Continua a lottare, almeno per non morire. Non accettare di morire né fisicamente, né intellettualmente, né moralmente.
Prima di concludere, lasciami dirti una gioia: Fred, noi siamo il popolo che sogniamo, stiamo costruendo, a mani nude e a costo del nostro sangue, il futuro del nostro paese. Stiamo costruendo, nel dolore ma nella dignità, quel Paese dei nostri sogni. La via che abbiamo scelto, quella della non violenza, del rispetto della dignità di ogni persona, della responsabilità e dell’indipendenza, dell’amore e dell’educazione alla cittadinanza responsabile, è la più lunga ma la più efficace. Ci riusciremo… Un giorno, il nostro popolo ritroverà l’orgoglio e la fierezza di essere nobilmente se stesso. Ne sono sicura, perché noi esistiamo e perché tu lo dimostri sfidando il pericolo più grande, quello della morte.
Beh, ci vuole coraggio per continuare la lotta e per sopravvivere. Sii dunque coraggioso ed esprimilo nel modo che tu ritieni più efficace. Hai l’appoggio di molte persone che sono stanche delle ingiustizie commesse.
A presto!! Micheline Mwendike».[20]
[1] Cf Radio Okapi, 11.03.’16 http://www.radiookapi.net/sites/default/files/2016-03/liste_candidats_gouverneurs.pdf
[2] Cf Christophe Rigaud – Afrikarabia, 13.03.’16
[3] Cf Radio Okapi, 12.03.’16
[4] Cf Radio Okapi, 13.03.’16 ; Forum des As – Kinshasa, 14.03.’16 http://www.forumdesas.org/spip.php?article6952
[5] Cf Radio Okapi, 15.03.’16
[6] Cf Radio Okapi, 27.02.’16
[7] Cf RFI, 03.03.’16
[8] Cf Radio Okapi, 08.03.’16
[9] Cf Radio Okapi, 09.03.’16; RFI, 09.03.’16
[10] Cf Radio Okapi, 10.03.’16
[11] Cf Radio Okapi, 12.03.’16
[12] Cf RFI, 13.03.’16; Radio Okapi, 12.03.’16
[13] Cf Radio Okapi, 11.03.’16; AFP – Africatime, 11.03.’16
[14] Cf Radio Okapi, 15.03.’16; AFP – Africatime, 15.03.’16; Mathieu Olivier – Jeune Afrique, 15.03.’16; RFI, 15.03.’16
[15] Cf AFP – Africatime, 16.03.’16; RFI, 15.03.’16 ; Radio Okapi, 16.03.’16
[16] Cf Radio Okapi, 16.03.’16
[17] Cf RFI, 18.03.’16
[18] Cf Radio Okapi, 19.03.’16
[19] Cf Radio Okapi, 19.03.’16
[20] Cf testo integrale in francese – congoforum, 14.03.’16
http://www.congoforum.be/fr/nieuwsdetail.asp?subitem=41&newsid=204030&Actualiteit=selected