Congo Attualità n. 254

INDICE:

EDITORIALE: ELEZIONI E DIFFICOLTÀ FINANZIARIE

  1. POLITICA INTERNA
    1. La guerra delle cifre tra la Commissione elettorale e il Governo sulla questione del finanziamento delle elezioni
    2. La sostituzione dei membri dimissionari dei due comitati direttivi del parlamento
    3. La sospensione delle sessioni ordinarie delle Assemblee delle nuove province
  2. LA PERSISTENTE SITUAZIONE DI INSICUREZZA NEL KIVU
    1. Le Forze Democratiche Alleate (ADF)
    2. In aumento i casi di sequestri di persone
    3. L’incontro dei Ministri congolese e ruandese della difesa a Kigali
    4. Verso la fine delle operazioni di rimpatrio dei rifugiati ruandesi

EDITORIALE: ELEZIONI E DIFFICOLTÀ FINANZIARIE

 

 

1. POLITICA INTERNA

a. La guerra delle cifre tra la Commissione elettorale e il Governo sulla questione del finanziamento delle elezioni

Il 5 ottobre, il Ministro dell’Economia Nazionale, Modeste Bahati Lukwebo, intervenendo in una trasmissione della Radio Televisione Nazionale, ha affermato che, da parte sua, il Governo sta eseguendo correttamente il suo piano di finanziamento del processo elettorale. Secondo lui, la Commissione elettorale usufruisce di versamenti regolari di fondi (20.000.000 $ al mese) destinati alle operazioni pre-elettorali e elettorali. Pertanto, secondo lui, se si constatano dei ritardi nell’esecuzione del calendario elettorale, le cause devono essere ricercate al di fuori del governo.

Queste dichiarazioni del ministro dell’Economia nazionale hanno suscitato una rapida reazione da parte della Commissione elettorale. In un comunicato ufficiale pubblicato il 7 ottobre, il relatore della Commissione, Jean-Pierre Kalamba, ha contestato la versione del ministro, ricordando al Governo il dettagliato rapporto depositato presso il Comitato direttivo dell’Assemblea Nazionale.

Per chiarire le cose, Jean-Pierre Kalamba ha chiesto un incontro tra l’esecutivo nazionale e la Commissione elettorale per individuare le varie responsabilità.

«Si nota una volontà di polemica, non vogliamo cadere nella trappola», ha replicato il portavoce del governo, Lambert Mende, aggiungendo che non è alla Commissione elettorale che il Governo deve rendere conto, ma all’Assemblea Nazionale dei Deputati.

Nell’attesa che la Commissione elettorale e il Governo affinino la loro guerra sui numeri, il processo elettorale si trova impantanato in una situazione bloccata, soprattutto a causa della mancanza di finanziamento delle varie elezioni previste. Diverse fonti interne della Commissione elettorale affermano che attualmente, anche se il Governo sbloccasse immediatamente dei fondi, solo delle elezioni indirette potrebbero avere luogo entro l’inizio del 2016, ma se si desidera integrare nelle liste degli elettori anche i giovani diventati maggiorenni e i Congolesi residenti all’estero, nessuna elezione diretta sarebbe possibile prima del mese di giugno 2016.[1]

Il 9 ottobre, in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio, la Commissione elettorale ha affermato che il processo elettorale non avanza a causa dei mezzi finanziari necessari, precisando che il Governo versa alla Commissione elettorale i fondi per il suo funzionamento e la remunerazione del suo personale, ma non finanzia sufficientemente le operazioni elettorali.

La Commissione elettorale ha formalmente richiesto al Governo un incontro di chiarimento perché, secondo quanto essa afferma nella lettera, nel corso degli esercizi finanziari degli ultimi tre anni, essa non ha ricevuto che il 17% dei fondi stanziati dal Parlamento. Tutti i fondi ricevuti dal governo sono rintracciabili nei due rapporti annuali della Commissione elettorale presentati in Parlamento.

Il budget finanziario della Commissione elettorale per il ciclo delle elezioni previste per il 2015 e il 2016 è stimato in poco più di un miliardo di dollari.

Secondo la lettera, nel 2014 il Parlamento aveva stanziato 195.304.000.000 di franchi congolesi (212.286.957 $) per la Commissione elettorale. Il governo ha sbloccato solo il 24% di tale importo. Per l’anno 2015, il Parlamento aveva stanziato più di 186 miliardi 637 milioni di franchi congolesi.

Ma, secondo il rapporto della Commissione elettorale, il Governo ne ha erogato solo il 22% alla Commissione elettorale.

Nel 2013, mentre l’Assemblea nazionale aveva stanziato più di duecento milioni di dollari, il Governo non ha versato nulla per finanziare la logistica. Ne è conseguito che la Commissione non ha potuto acquistare il materiale previsto.

Inoltre, il rapporto della Commissione elettorale indica che i fondi ricevuti nel periodo compreso da giugno 2014 a giugno 2015 si riferiscono alla stabilizzazione delle cartografie operative e alla revisione delle liste degli elettori. Per quanto riguarda le elezioni comunali e locali dirette, il rapporto della Commissione menziona un finanziamento del 43% dell’importo atteso dal governo tra ottobre 2014 e maggio 2015.[2]

La Commissione elettorale ha chiesto l’acquisto di nuovi mezzi logistici per potere organizzare le elezioni nelle migliori condizioni. Nel suo rapporto 2014-2015, essa ha ricordato l’insufficienza dei mezzi a sua disposizione. Il numero attuale di auto, moto e generatori a sua disposizione non può assicurare lo svolgersi delle diverse operazioni elettorali previste.

Il rapporto 2014-2015 della Commissione lascia pensare che essa non è materialmente pronta per organizzare oggi le elezioni nelle migliori condizioni. Sui 626 veicoli a sua disposizione, solo 28 sono in ottime condizioni. Per questo, essa chiede la sostituzione di almeno 392 veicoli attualmente fuori uso. Il rapporto afferma che, nel corso di questi due cicli elettorali, la Commissione aveva ottenuto, attraverso vari progetti, 2.580 moto. Ma attualmente, solo 86, cioè il 3% di esse, funzionano ancora. Inoltre, il rapporto indica che il 39% dei 6.011 generatori elettrici sono già dismessi. Questo materiale è molto importante, soprattutto nell’entroterra dove il servizio elettrico è insufficiente o inesistente.

Un altro problema segnalato nel rapporto riguarda la struttura immobiliare. Su tutti gli edifici occupati dalla Commissione, il 62% appartiene a privati e sono presi in affitto. Il resto è costituito da edifici pubblici che, molto rovinati, hanno bisogno di essere ristrutturati e rimessi a posto.[3]

b. La sostituzione dei membri dimissionari dei due comitati direttivi del parlamento

Il 6 ottobre, il senatore Flore Musendu è stato eletto relatore della Camera del Senato. Su 86 elettori, ha ricevuto 54 voti. Sostituisce Modeste Mutinga, che si era dimesso il 18 settembre dal suo incarico. Il nuovo relatore, ingegnere civile delle miniere, ha anche un Master in Economia. Nativo di Lualaba, Flore Musendu è stato presentato al Senato come “indipendente della maggioranza presidenziale”. Il suo predecessore è membro del Movimento Sociale per il Rinnovamento (MSR), uno dei firmatari della lettera aperta scritta al Capo dello Stato, per esortarlo a rispettare la Costituzione in materia di organizzazione delle elezioni.[4]

L’8 ottobre, il Presidente della Camera dei Deputati, Aubin Minaku, ha annunciato delle consultazioni con le forze politiche parlamentari, sulla questione dei posti rimasti vacanti nel Comitato direttivo della Camera, in vista della sostituzione dei membri dimissionari.

Ufficialmente sono rimasti vacanti due posti: quello del primo Vice Presidente, lasciato da Mwando Nsimba e quello del relatore, lasciato da Norbert Ezadri. Questi due deputati, dell’UNADEF e del MSR rispettivamente, si sono dimessi dopo che i loro partiti siano stati esclusi dalla Maggioranza Presidenziale (MP). Tuttavia, alcuni membri della maggioranza hanno affermato che dovrebbero essere sostituiti anche quelli che appartengono ai partiti membri del G7, anche se ne hanno preso le distanze. Il G7 prende il suo nome dai sette partiti politici esclusi dalla MP e è nato in seguito alla loro lettera aperta al presidente Kabila per chiedergli di rispettare i tempi previsti dalla Costituzionale, in materia di organizzazione delle elezioni presidenziali previste in dicembre 2016.

Per risolvere la questione, Aubin Minaku ha promesso di avviare delle consultazioni con le forze parlamentari sulla questione.

D’altra parte, il deputato José Makila ha chiesto di chiarire la questione dell’appartenenza dei deputati ai gruppi parlamentari, dopo la creazione del G7, di cui alcuni deputati affermano di essere membri. Per questo, si è istituita una commissione speciale per fare una verifica sulla composizione dei gruppi parlamentari.[5]

Il 10 ottobre, a Kinshasa, il Presidente della Camera dei Deputati, Aubin Minaku, ha avviato delle consultazioni parlamentari, in vista della sostituzione dei membri dimissionari del Comitato direttivo. L’obiettivo di queste consultazioni è quello di armonizzare i punti di vista della maggioranza e dell’opposizione sul numero dei posti vacanti e sulla procedura di voto.

Se la maggior parte dei parlamentari presenti alla riunione sono stati unanimi sul fatto che il voto sia fatto a scrutinio segreto, i membri della maggioranza e dell’opposizione non si sono però messi d’accordo sul numero dei posti vacanti.

Oltre ai due posti vacanti del 1° vicepresidente e del relatore lasciati liberi rispettivamente da Mwando Nsimba, dell’Unadef e da Norbert Ezadri, del MSR, la maggioranza ha chiesto dei cambiamenti anche per il Questore e il Vice Questore. L’opposizione propone invece una ripartizione dei posti, tenendo conto dell’attuale rapporto di forze tra maggioranza e opposizione, sapendo che un certo numero di deputati della maggioranza presidenziale (MP) sono passati all’opposizione con la creazione del G7, formato dai sette partiti esclusi dalla MP.[6]

Quanti deputati sarebbero rimasti fedeli alla maggioranza? Quanti sarebbero invece passati all’opposizione? Sulla carta, gli 80 deputati dei partiti politici del G7 sarebbero passati nelle file dell’opposizione. L’opposizione pertanto avrebbe un totale di 225 seggi (45 %) invece dei precedenti 145 (29 %) e la maggioranza 275 (55 %), invece dei precedenti 355 (71 %). Ma un certo numero di deputati, membri dei partiti aderenti al G7, hanno dichiarato di essere rimasti fedeli alla coalizione di governo, prendendo le distanze dai loro rispettivi partiti.

In questo contesto, chi ha in realtà la maggioranza in Parlamento? Sulla carta, la coalizione di governo ha ancora una maggioranza confortevole. Tuttavia, al suo interno, ci sarebbe un certo numero di deputati delusi e simpatizzanti del G7, anche se non osano ancora apparire come tali. È quindi normale che l’opposizione e la maggioranza non siano ancora arrivati a un accordo sul numero di seggi del Comitato direttivo della Camera da assegnare a ciascuna delle due tendenze.[7]

Il 12 ottobre, l’opposizione ha presentato le sue proposte circa la ripartizione dei 7 seggi del Comitato direttivo della Camera. Secondo lei, dopo il passaggio del G7 all’opposizione, il rapporto delle forze all’interno della Camera è cambiato. Ne conseguirebbe che, anche all’interno del Comitato direttivo di tale Camera, il rapporto iniziale di 5 seggi per la maggioranza + 2 per l’opposizione sarebbe passato a 4 seggi per la maggioranza + 3 per l’opposizione.

In questo contesto, la “Dinamica dei Parlamentari acquisiti al senso comune” ha fatto due proposte concrete per risolvere la crisi all’interno dell’Assemblea Nazionale dei Deputati.

Nella prima proposta, la Dinamica riserva alla Maggioranza i 4 seguenti seggi: Presidente, Primo Vice Presidente, Relatore e Questore. All’opposizione spetterebbero i seguenti tre seggi: Secondo Vicepresidente, Vice Relatore e Vice Questore.

Nella seconda proposta, la Dinamica propone 4 seggi per la maggioranza: Presidente, Secondo Vice Presidente, Relatore e Questore. All’opposizione spetterebbero allora gli altri 3 seggi di Primo Vice Presidente, Vice Relatore e Vice Questore.[8]

Il 13 ottobre, si sono continuate le trattative per la sostituzione dei due membri dimissionari del Comitato direttivo dell’Assemblea Nazionale. I deputati della maggioranza presidenziale (MP) hanno presentato i nomi di Floribert Luhonge come Primo vicepresidente e Berocan Keraure come relatore. Originario della provincia del Tanganica, Floribert Luhonge è un ex procuratore generale della Repubblica. Nativo dell’Ituri, Berocan Keraure è medico di professione.

I deputati della maggioranza hanno ricevuto la consegna di mantenere al suo posto Elisée Munembwe, Questore della Camera, che si è dissociato dall’ARC, uno dei sette partiti recentemente esclusi dalla MP, in seguito alla lettera aperta indirizzata al Presidente Kabila, per chiedergli di rispettare le scadenze elettorali secondo la Costituzione.

La parola d’ordine della maggioranza non ha però avuto alcun impatto sul deputato Henry-Thomas Lokondo, che ha annunciato di mantenere la sua candidatura a Primo Vice Presidente dell’Assemblea Nazionale.[9]

Il 14 ottobre, Aubin Minaku ha annunciato che le elezioni dei nuovi membri del Comitato direttivo dell’Assemblea nazionale in sostituzione di quelli che hanno rassegnato le dimissioni si terranno il 17 ottobre. Egli ha affermato che si eleggeranno solo il primo vice-presidente e il relatore, respingendo le proposte dell’opposizione che reclamava altri posti in seno al Comitato stesso.

In effetti, alcuni deputati avevano chiesto la sostituzione di altri due membri del Comitato direttivo, avendo perso l’appoggio dei loro partiti: Kombo Nkisi (2° Vice Presidente, dell’UDPS) e Elysée Munembwe, il cui partito è entrato a far parte del G7. Il calendario definitivo delle elezioni prevede la presentazione delle candidature il 15 ottobre e la campagna elettorale il 16 ottobre, alla vigilia del voto. Sulla questione della proporzionalità tra maggioranza e opposizione, in seguito alla creazione del G7, Aubin Minaku ha riconosciuto che si tratta di un problema reale che potrebbe essere risolto dalla commissione speciale istituita per questo scopo.[10]

Il 15 ottobre, si sono registrati quattro candidati: Henry Thomas Lokondo e Floribert Luhonge, per la prima vicepresidenza e Nono Berocan e Espérance Musafiri per il posto di relatore. Una terza candidatura per il posto di relatore, quella di Fabrice Puela, non è stata accettata dal comitato direttivo, a causa della sua appartenenza all’opposizione.[11]

Il 17 ottobre, il deputato della Maggioranza Presidenziale Floribert Luhonge è stato eletto Primo Vice Presidente della camera dei Deputati, ottenendo 271 voti (61,3 %) su un totale di 442 voti espressi. Il secondo candidato, Henry Thomas Lokondo, ne ha ottenuti 169 (38,2 %). Due voti sono risultati nulli. Nono Berocan è stato eletto Relatore con 335 voti (75,8 %). La sua sfidante, Espérance Musafiri, ne ha ricevuti 94.[12]

Secondo alcuni osservatori, si tratta di risultati che potrebbero rivelare un certo cambiamento nel rapporto di forze all’interno della Camera, un cambiamento che andrebbe a favore dell’opposizione e a scapito della maggioranza. Lo dimostrerebbe il caso dell’elezione del candidato della maggioranza, Floribert Luhonge, a Vice Primo Presidente del Comitato direttivo, che ha ottenuto solo 271 voti su 442, cioè il 61,3 % dei voti espressi e il 54,2 % sul totale dei 500 deputati che compongono la Camera. Presupponendo che la maggior parte dei 58 deputati assenti fossero membri dell’opposizione, i voti dei deputati dell’opposizione e del G7 presenti nel momento del voto si sarebbero concentrati sul secondo candidato, Henry Thomas Lokondo, che ha ottenuto 169 voti, cioè il 38,23 % dei voti espressi, pari al 33,8 % sul totale dei 500 deputati. Prendendo in conto la totalità dei 500 membri della Camera, con questo voto, la maggioranza potrebbe avere perduto un 16,8 % dei seggi (84 deputati), passando da 355 a 271 deputati e l’opposizione potrebbe avere guadagnato un 16,4 % dei seggi (82 deputati), passando da 145 a 227. Peccato che questo cambiamento nei rapporti di forza tra maggioranza e opposizione non sia stato tenuto in conto nel momento di eleggere i sostituti dei due membri dimissionari del Comitato direttivo della Camera.

c. La sospensione delle sessioni ordinarie delle Assemblee delle nuove province

Il 1° ottobre, il relatore dell’Assemblea Provinciale dell’Ituri, Joseph Ndiya, ha affermato che, per decisione del vice primo ministro e ministro dell’Interno Evariste Boshab, non si potrà tenere la sessione ordinaria del mese di settembre. Tra i punti iscritti nell’ordine del giorno erano inclusi gli arretrati della sessione speciale del mese di luglio scorso e l’elaborazione del bilancio preventivo dell’Ituri. «Abbiamo ricevuto un’istruzione secondo cui la sessione ordinaria del mese di settembre è sospesa in tutte le 21 nuove province. In questa fase, secondo la stessa istruzione, dobbiamo fare riferimento alla gerarchia di Kinshasa», ha dichiarato Joseph Ndiya, in seguito a un messaggio telefonico di Evariste Boshab.

Ngabu Kpari, ex deputato nazionale, ritiene che la convocazione di una sessione ordinaria non è più giustificata, almeno per il momento. Secondo lui, un comitato direttivo provvisorio non può convocare una sessione ordinaria in conformità con la legge. Un suo omologo, Pele Kaswara, non è d’accordo e parla di una minaccia alla democrazia: «Ancora una volta, si tratta di un duro colpo perla democrazia. Quando il ministro degli Interni, in una nota, vieta lo svolgimento delle sessioni ordinarie che sono costituzionali, ciò rappresenta una flagrante violazione della Costituzione».

Nelle province della Tshuapa e dell’Equateur, le forze di sicurezza hanno impedito che le due Assemblee provinciali si riunissero.

Candidato a governatore della provincia della Tshuapa, il senatore Jacques Djoli ha denunciato l’interferenza del governo centrale sul funzionamento delle assemblee provinciali. «Da un po’ di tempo, le assemblee e le province non godono più delle loro libertà. Esse sono gestite in violazione della Costituzione e della legge sul principio della libera amministrazione delle province», ha dichiarato Jacques Djoli, facendo notare che le assemblee provinciali non hanno potuto terminare le loro sessioni speciali e che non hanno potuto procedere alle elezione dei loro comitati direttivi definitivi, «per il fatto che non disponevano ancora di un regolamento interno». «Da allora, la Corte Costituzionale ha dichiarato conforme alla Costituzione i regolamenti interni di sole poche province, tra cui quelle della Tshuapa e alcune altre. Stranamente, queste province non possono lavorare, perché sono ora gestite tramite circolari e istruzioni (…)», ha dichiarato Jacques Djoli.[13]

Le Assemblee dei Deputati delle nuove province hanno ricevuto l’ordine dal ministero dell’Interno di non iniziare la sessione di settembre. È per telefono e attraverso un comunicato stampa che esse hanno ricevuto un tale ordine. Queste assemblee provinciali avrebbero dovuto preparare le elezioni dei loro 21 nuovi governatori. Tali elezioni erano state rinviate sine die, perché le Assemblee non disponevano ancora dei loro regolamenti interni. Tuttavia, in seguito la Corte Costituzionale ha convalidato i regolamenti interni di almeno otto nuove assemblee provinciali. Nulla quindi impedisce loro di rimettersi di nuovo al lavoro e di procedere all’elezione di un loro nuovo governatore. Il Ministero dell’Interno non ha dato alcuna spiegazione sulla sua decisione, aprendo in tal modo la strada a tutti i tipi di ipotesi. La sospensione della sessione di settembre comporta il rischio di causare ulteriori ritardi sul calendario elettorale già completamente ingrippato. Secondo una parte della classe politica, questi ritardi elettorali sarebbero espressamente voluti da chi attualmente detiene il potere a Kinshasa. Infine, altre fonti evocano un braccio di ferro tra Kinshasa e alcune province tradizionalmente contestatarie, come il Katanga, dove la suddivisione in quattro nuove entità non è stata ben accolta. Sospendere la sessione di settembre sarebbe un modo, per il Governo, di riprendere le cose in mano, nominando dapprima dei suoi funzionari a capo di queste nuove province.[14]

Il 17 ottobre, il vice direttore del gabinetto del ministro degli Interni, Albert Paka, ha dichiarato che i commissari straordinari che saranno nominati per amministrare le nuove province non formeranno alcun governo. Egli ha affermato che i commissari speciali lavoreranno con la collaborazione di piccoli uffici e che saranno particolarmente incaricati di «dotare le nuove province di un’amministrazione, dei servizi tecnici e delle infrastrutture minime, al fine di creare le condizioni necessarie per favorire l’attività iniziale dei prossimi nuovi governatori».[15]

2. LA PERSISTENTE SITUAZIONE DI INSICUREZZA NEL KIVU

a. Le Forze Democratiche Alleate (ADF)

Il 5 settembre, nove persone sono state uccise a colpi di machete nelle località di Ntoyi e Mukida, nel settore di Beni-Mbau, nel territorio di Beni (Nord Kivu). Tre cadaveri sono stati scoperti lo stesso giorno e gli altri sei corpi sono stati ritrovati il giorno dopo. Tra le prime tre vittime, due sono donne e madri. Il corpo di una di loro, un’abitante del villaggio di Ntoyi, nei pressi di Mavivi, è stato decapitato davanti a tre dei suoi undici figli che l’avevano accompagnata nei campi. Gli aggressori hanno ucciso una coppia di Mukida, vicino al villaggio di Ntoyi, sempre nel settore di Mbau. Questa volta è il corpo del marito che è stato decapitato. Secondo fonti locali, vista la selvaggine del modo di agire (tagliare a pezzi le vittime con i machete), gli aggressori erano membri delle Forze Democratiche Alleate (ADF). L’amministratore del territorio di Beni, Amisi Kalonda, ha affermato che l’attacco è avvenuto in una zona dove non sono presenti le forze armate nazionali (FARDC) e in cui gli abitanti erano stati evacuati proprio a causa della minaccia delle ADF. Egli ha aggiunto che, non resistendo più alle loro condizioni di sfollati, gli abitanti di questi villaggi erano recentemente tornati alle loro case, per potere coltivare i loro campi e procurarsi, in tal modo, il cibo loro necessario. Ai primi di giugno, il Presidente Joseph Kabila aveva proceduto alla sostituzione del comandante delle operazioni militari contro i gruppi armati. Da allora, il ritmo degli attacchi delle ADF contro la popolazione sembrava essere diminuito, ma l’attuale massacro ricorda che la minaccia rappresentata dalle ADF non è ancora sconfitta.[16]

Il 10 settembre, uomini armati hanno attaccato una posizione delle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) a Mamove, un villaggio situato a circa 18 km dalla cittadina di Oicha, in territorio Beni, nel Nord Kivu. Alcune fonti locali hanno identificato gli aggressori come miliziani Maï Maï, mentre altri parlano di ribelli ugandesi delle ADF. Le vittime sarebbero tra 6 e 8 morti. L’amministratore del territorio di Beni, Amisi Kalonda, parla di sei assalitori uccisi e due catturati. Durante l’attacco sono stati uccisi anche due civili, tra cui un bambino di 5 anni.[17]

Il 15 settembre, verso le ore 19.00, tre civili, un commerciante e due sue figlie, sono stati uccisi in un agguato teso da presunti membri delle ADF a Kokola, un villaggio situato a circa 50 km a nord-est della città di Beni.[18]

Il 27 settembre, il Presidente della Società Civile di Beni, Teddy Kataliko, ha espresso la sua preoccupazione per l’aumento dell’insicurezza nel territorio del Nord Kivu. Egli ha affermato che, «nel solo mese di settembre, una ventina di persone sono state sequestrate, altre 27 sono state uccise, le FARDC hanno subito 6 attacchi, più di 5 veicoli sono stati bruciati, quantità di merci sono state rubate o incendiate», nel corso di imboscate tese da presunti ribelli ugandesi delle ADF.[19]

Il 1° ottobre, in occasione della commemorazione del primo anniversario del massacro di civili perpetrato a Beni il 2 ottobre 2014, il coordinamento della società civile locale ha ricordato che, nel territorio di Beni nel Nord Kivu e in un solo un anno, più di cinquecento persone sono state uccise con machete, asce e martelli. Il presidente della Società Civile di Beni, Teddy Kataliko, ha ricordato che questi fatti sono stati commessi nelle seguenti città: Mukoko, Linzo Sisene, Apetinasana, Mayimoya, Kisiki, Eringeti, Kainama, Malehe, Kokola, Oicha, Ngite, Masulukwede, Vemba, Kadou, Ngadi, Munzambay, Kibidiwe, Matembo, Mavivi e Matiba. A proposito di questi massacri, il coordinamento della società civile li qualifica di crimini contro l’umanità e chiede l’apertura di un’inchiesta internazionale per identificare e perseguire i veri colpevoli responsabili di questi atti.[20]

Il 12 ottobre, almeno otto civili sono stati uccisi e molti altri feriti, in due attentati simultanei a Tenambo e Mukoko, due villaggi situati a circa 40 km a nord-est della città di Beni. Secondo la società civile locale, questi attacchi sono attribuiti ai ribelli ugandesi delle ADF.[21]

Il 15 ottobre, la Piattaforma delle agenzie di trasporto in Congo (Platraco) ha chiesto al comandante dell’operazione Sokola1, il generale di brigata Marcel Mbangu, di pianificare la scorta dei loro veicoli sul tratto Oicha – Luna, sulla nazionale n. 4, in provincia del Nord Kivu, per garantire la protezione dei conducenti dei veicoli,dei passeggeri e delle merci contro le imboscate tese dai ribelli ugandesi delle ADF. I trasportatori hanno fatto notare che, solo in questo mese di ottobre, cinque veicoli sono stati incendiati, diverse merci sono state bruciate, dei passeggeri sono stati uccisi e due membri di equipaggio risultano ancora dispersi, in seguito ad imboscate e attacchi perpetrati dalle ADF sul tratto Oicha- Luna.[22]

b. In aumento i casi di sequestri di persone

Il 2 ottobre, nei pressi del villaggio di Busendo, in territorio di Rutshuru (Nord Kivu), degli uomini armati hanno sequestrato una decina di persone. Secondo la società civile di Vitshumb, le vittime erano a bordo di cinque minibus provenienti da da Goma e diretti a Butembo. Dopo l’agguato, esse sono state portate nella foresta. Solo due sono state rilasciate poche ore dopo.

Pochi giorni prima e nello stesso luogo, erano state sequestrate altre tre persone che sono state trattenute nella foresta per tre giorni, prima di essere rilasciate. I rapitori che all’inizio chiedevano 9.000 $ come riscatto per la loro liberazione, in un secondo momento avrebbero chiesto 3.000 $. Tuttavia, il riscatto non è stato pagato. Questa situazione preoccupa i commercianti locali che utilizzano questa strada per raggiungere il nord della provincia. Il vice presidente della società civile di Vitshumbi, Kambale Sikuli Simwa, ha chiesto alle autorità militari di trovare una soluzione a questo fenomeno dei sequestri che è diventato un altro mezzo di arricchimento per i gruppi armati della regione. Da diversi mesi, il sequestro è diventato “di moda”. Omar Kavota, direttore esecutivo del Centro di Studi per la promozione della pace, della democrazia e dei diritti umani, sostiene di aver individuato circa 600 casi di sequestri, commessi su questa strada a partire dall’inizio del 2015. Ci si sta ancora chiedendo sull’identità dei sequestratori: appartengono alle Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda (FDLR), alle Forze Democratiche Alleate (ADF), ai Mai-Mai o sono dei semplici banditi armati?[23]

c. L’incontro dei Ministri congolese e ruandese della difesa a Kigali

Il 23 e 24 settembre, il ministro congolese della Difesa, Aimé Ngoi-Mukena e il suo omologo ruandese, James Kabarebe, si sono incontrati a Kigali, capitale del Ruanda.

Secondo un comunicato finale congiunto, l’incontro ha permesso ai due ministri di «esaminare i problemi d’insicurezza dei due paesi e di concordare strategie globali per affrontarli».

I due ministri hanno sottolineato che «l’incontro di Kigali ha aperto un nuovo capitolo, per rafforzare la cooperazione bilaterale e risolvere i problemi di insicurezza di entrambi i paesi, tra cui quello della neutralizzazione delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) che, ancora presenti nell’est della RDCongo, continuano ad essere una minaccia per i due paesi e quello del rimpatrio degli ex combattenti del Movimento del 23 Marzo (M23) presenti in Ruanda».

I due ministri hanno quindi concordato le seguenti deliberazioni:

«a. una riunione dei Capi di Stato Maggiore generali sostenuta dai capi dei servizi di intelligence militare si terrà a Kigali il più presto possibile e in una data che sarà annunciata successivamente. Essi cercheranno le vie e i mezzi per sradicare le FDLR.

  1. Sarà istituito un team congiunto dei due paesi, per affrontare la questione del rimpatrio degli ex combattenti del M23 presenti in Ruanda e dei combattenti delle FDLR presenti nella RDC. Le istituzioni nazionali e internazionali saranno invitate ad accompagnare il processo. c. degli incontri bilaterali in materia di sicurezza tra la RDC e il Ruanda si svolgeranno su base regolare, al fine di formalizzare questo nuovo spirito di cooperazione».[24]

Il 26 settembre, il coordinatore della società civile del Nord Kivu, Thomas d’Aquin Mwiti, ha riportato delle informazioni relative alla firma di un accordo tra Kigali e Kinshasa, circa l’arrivo di truppe ruandesi sul territorio congolese per combattere, in collaborazione con l’esercito congolese, contro i ribelli ruandesi delle FDLR. Mettendo in discussione i risultati dell’ultima operazione congiunta degli eserciti congolese e ruandese condotta contro le FDLR nel 2009, egli ha messo in guardia contro la firma di tale accordo: «Secondo le informazioni che circolano, a Kigali è stato firmato un accordo tra i governi congolese e ruandese circa l’invio di soldati ruandesi in territorio congolese per combattere contro le FDLR. Amara constatazione. Non è possibile che l’esercito ruandese venga a fare la guerra contro le FDLR ruandesi sul suolo congolese».

Thomas d’Aquin Mwiti si è interrogato anche sull’opportunità o meno del fare appello ai militari del Ruanda quando, secondo lui, l’esercito congolese non ha accettato di collaborare con la brigata di intervento della Missione dell’Onu (Monusco) per combattere contro le stesse FDLR.[25]

Il 29 settembre, la Coalizione dei partiti di opposizione con sede nel Nord Kivu (COPAP) ha inviato una lettera aperta ai Parlamentari nazionali (deputati e senatori), per denunciare un possibile nuovo matrimonio contro natura tra le FARDC e l’esercito ruandese.

Secondo la lettera, «per quanto riguarda la riunione dei ministri della difesa del Ruanda e della RDC, svoltasi a Kigali dal 23 al 24 settembre, chiedendo l’intervento delle truppe ruandesi in territorio congolese, il governo congolese ha ancora una volta privato le popolazioni congolesi del Nord Kivu del diritto fondamentale alla pace e alla sicurezza (Art.52, comma 1 della Costituzione congolese del 18 febbraio 2006)».

Secondo la Coalizione dei partiti politici di opposizione del Nord Kivu, «l’iniziativa del ministro della Difesa, consistente nel sollecitare la cooperazione del Ruanda, è un modo, per il nostro governo, di coprire per l’ennesima volta l’aggressione della RDCongo da parte del Ruanda. Infatti, solo cinque mesi fa, il 23 aprile 2015, il Governatore della provincia del Nord Kivu, Julien Paluku Kahongya, aveva pubblicamente denunciato la creazione, da parte del Ruanda, di una nuova ribellione costituita da membri dell’ex M23 e denominata “Movimento cristiano per la ricostruzione del Congo”. Nello stesso tempo, il governatore della provincia aveva detto: “Confermo l’infiltrazione dell’esercito ruandese sul suolo congolese, all’interno del territorio nazionale, a circa un chilometro, sulla collina denominata Musongoti”. Ancora oggi, le popolazioni residenti nelle zone limitrofe alla frontiera continuano ad assistere, giorno e notte, ad entrate di soldati ruandesi in territorio congolese, in assenza delle nostre forze di difesa che, secondo il portavoce della 34ª Regione militare, intervenuto su Radio Okapi il 28/09/2015, si sarebbero ritirate per ordine della gerarchia militare di Kinshasa, per ragioni tattiche. Che tradimento!»

Secondo i firmatari della lettera, «i Congolesi del Nord Kivu sono rimasti molto scioccati dalle affermazioni fatte da Ngoy Mukena alla riunione di Kigali e secondo le quali Paul Kagame sarebbe un “uomo provvidenziale per la regione dei Grandi Laghi”. Che disprezzo per le vittime congolesi delle molteplici aggressioni del Congo da parte del Ruanda».

Inoltre, «nell’ipotesi di un probabile accordo di cooperazione militare del tipo “Umoja Wetu” di triste memoria, la COPAP non capisce come, per quanto riguarda le operazioni militari contro le FDLR, il governo congolese abbia consapevolmente deciso di fare a meno dell’appoggio della Brigata di intervento della Missione dell’Onu (Monusco) e, nello stesso tempo, chieda la cooperazione militare del Ruanda, che è parte del problema. Tutto ciò dimostra a sufficienza che c’è qualcosa sotto di sospetto». Infine, la Coalizione dei partiti politici dell’opposizione del Nord Kivu raccomanda che «i Parlamentari chiedano al governo di riferire in parlamento sull’attuale situazione d’insicurezza che prevale nell’est del Paese».[26]

Il 1° ottobre, il governatore del Nord Kivu, Julien Paluku, ha smentito le informazioni che circolano dalla scorsa settimana e che riferiscono sulla presenza di truppe ruandesi sul territorio della provincia. Infatti, nei giorni precedenti, vari abitanti di Rutshuru e alcune organizzazioni della società civile locale avevano riferito sulla presenza di soldati ruandesi in vari villaggi, tra cui Mwesso, nel Masisi e Bwito, nel Rutshuru. Secondo tali fonti, questa presenza di truppe ruandesi sarebbe la conseguenza dell’accordo firmato il 24 settembre, a Kigali, sulla cooperazione tra i governi della RDCongo e del Ruanda. «Non esiste alcun accordo firmato tra i due paesi in questo settore [militare, ndr]», ha dichiarato Julien Paluku, affermando che, «attualmente, non c’è nessun soldato ruandese sul territorio congolese. Si tratta di voci messe in circolazione, per cercare di sconvolgere la vita quotidiana del nostro popolo, impedendogli di recarsi normalmente al lavoro».

Julien Paluku ha smentito anche la firma di un accordo tra Kinshasa e Kigali sulla sicurezza: «Dopo l’incontro, i due ministri della difesa hanno fatto rapporto ai loro presidenti rispettivi. Credo che se, tra i due Stati, si programmerà un’operazione congiunta, si farà come è stato fatto nel 2009, quando Laurent Nkunda è stato arrestato. Come governatore, non ho alcun interesse a nascondere la verità alla popolazione congolese». Egli ha ricordato che, quando ci sono state delle operazioni congiunte tra l’esercito ruandese e l’esercito congolese, «abbiamo organizzato il loro ingresso (dei soldati ruandesi), era il 25 gennaio 2009. E il 25 febbraio dello stesso anno, sono rientrati in Ruanda». Secondo lui, le Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC) sono tuttora dispiegate a Masisi, a Rutshuru e a Nyiragongo, dove sono impegnate nella lotta contro i ribelli ruandesi delle FDLR che destabilizzano la regione. Il governatore Paluku ha infine invitato la popolazione della provincia a rimanere tranquilla.[27]

d. Verso la fine delle operazioni di rimpatrio dei rifugiati ruandesi

Il 2 ottobre, i paesi che ospitano rifugiati ruandesi fuggiti dal loro paese prima del 31 dicembre 1998 hanno annunciato che l’operazione di rimpatrio volontario di questi rifugiati si concluderà il 31 dicembre 2016. Questa è una delle decisioni prese nel corso della riunione svoltasi a Ginevra tra l’Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR) e i governi dei paesi di accoglienza dei rifugiati in Africa. Oltre alla Repubblica Democratica del Congo, altri undici paesi africani ospitano questi rifugiati ruandesi: Angola, Burundi, Camerun, Kenya, Malawi, Uganda, Mozambico, Congo Brazzaville, Sud Africa, Zambia e Zimbabwe. Migliaia sono i rifugiati ruandesi che vivono nella Repubblica Democratica del Congo. Secondo la Commissione nazionale congolese per i Rifugiati, sono 245.000 i rifugiati ruandesi registrati nella RDCongo. I delegati alla riunione di Ginevra hanno promesso, prima di intraprendere ogni altra iniziativa, di dialogare con i rifugiati ruandesi ospitati nei loro rispettivi paesi, al fine di organizzare il loro rimpatrio volontario prima della scadenza del periodo concordato. Hanno inoltre sottolineato la necessità, per ogni Stato, di evitare che, nei casi di non accettazione del rimpatrio, questi rifugiati diventino degli “apatridi”. In caso di rifiuto, da parte dei rifugiati, di essere rimpatriati, hanno consigliato agli Stati interessati di prendere in considerazione anche altre misure possibili, tra cui la concessione della cittadinanza.

Infine, l’UNHCR ha annunciato che non sarà più in grado di sostenere “operativamente” gli sfollati ruandese dopo dicembre 2017.[28]

[1] Cf Kimp – Le Phare – Kinshasa, 13.10.’15; RFI, 13.10.’15

[2] Cf Radio Okapi, 12.10.’15; RFI, 13.10.’15 http://www.rfi.fr/afrique/20151012-rdc-ceni-mise-point-commission-electorale-gouvernement-publier-lundi-matin

[3] Cf Radio Okapi, 13.10.’15

[4] Cf Radio Okapi, 06.10.’15

[5] Cf Radio Okapi, 09.10.’15

[6] Cf Radio Okapi, 12.10.’15

[7] Cf RFI, 15.10.’15

[8] Cf Didier Kebongo – Forum des As – Kinshasa, 13.10.’15

[9] Cf Radio Okapi, 14.10.’15

[10] Cf Radio Okapi, 15.10.’15

[11] Cf Radio Okapi, 16.10.’15

[12] Cf Radio Okapi, 16.10.’15

[13] Cf Radio Okapi, 01.10.’15

[14] Cf RFI, 05.10.’15

[15] Cf Radio Okapi, 17.10.’15

[16] Cf Radio Okapi, 06.09.’15; AFP – Le Matin, 07.09.’15

[17] Cf Radio Okapi, 11.09.’15

[18] Cf Radio Okapi, 16.09.’15

[19] Cf Radio Okapi, 27.09.’15

[20] Cf Radio Okapi, 02.10.’15

[21] Cf Radio Okapi, 13.10.’15

[22] Cf Radio Okapi, 16.10.’15

[23] Cf Radio Okapi, 03.10.’15; RFI, 04.10.’15

[24] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 02.10.’15 controverse-autour-de-la-reunion-des-ministres-de-la-defense-a-kigali-sur-l-eradication-des-fdlr

[25] Cf Radio Okapi, 26.09.’15

[26] Cf Le Phare – Kinshasa, 07.10.’15 http://www.lephareonline.net/rdc-rwanda-vers-une-nouvelle-alliance-militaire/

[27] Cf Radio Okapi, 01.10.’15

[28] Cf Radio Okapi, 05.10.’15