Nel territorio di Beni, nel Nord Kivu, la popolazione continua ad essere vittima di massacri e furti.
Dall’8 al 13 maggio, in soli 5 giorni, sono state assassinate ben 35 persone. Generalmente, le vittime sono uccise all’arma bianca: nel tardo pomeriggio, quando rientrano dal lavoro nei campi, o di notte, sorprese in pieno sonno. Intensificatisi nelle ultime settimane, gli attacchi sono attribuiti a un gruppo armato d’origine ugandese, le Forze Democratiche Alleate (ADF).
Spesso però, questi massacri avvengono in zone “controllate” dall’esercito nazionale e in prossimità di basi militari. Un ribelle ADF arrestato e interrogato ha rivelato l’esistenza di una rete (persone ed entità) di appoggio alle ADF guidata da un ufficiale superiore delle FARDC. L’ultimo massacro, quello di Mapiki e Sabu, avvenuto il 13 maggio, è stato compiuto meno di 24 ore dopo la visita del Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni, Evariste Boshab, a Beni, per una missione di valutazione della situazione di insicurezza nella regione.
In seguito a queste constatazioni, la popolazione locale si sente abbandonata dall’autorità centrale dello Stato, mette in dubbio l’efficacia dell’esercito che dimostra di essere incapace di assicurare la sua sicurezza e sospetta alcuni vertici militari di complicità con le ADF.
Per questo, la popolazione chiede:
– la sostituzione del comando militare dell’operazione Sokola 1 condotta contro le ADF
– l’intensificazione delle operazioni militari contro le ADF
– il rafforzamento della presenza della polizia sul territorio
– il rafforzamento dei servizi di intelligence
– l’apertura di inchieste su eventuali complicità militari e civili con le ADF e
– la ripresa della collaborazione militare con le forze della Monusco.