INDICE
EDITORIALE: QUESTIONE DI PRIORITÀ
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PROCESSO ELETTORALE
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LA LEGGE SULL’INSTALLAZIONE DELLE NUOVE PROVINCE
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NECESSITÀ E URGENZA DI UN CALENDARIO ELETTORALE GLOBALE MODIFICATO
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ECONOMIA
1. PROCESSO ELETTORALE
Il 27 febbraio, dei partiti dell’opposizione politica hanno manifestato il loro disaccordo nei confronti della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (Ceni), a proposito delle elezioni locali, comunali e urbane fissate per il 25 ottobre 2015 e hanno proposto un progetto di calendario elettorale che ritengono più “realistico, realizzabile e coerente” di quello pubblicato dalla stessa Ceni. Essi propongono che «le elezioni locali, comunali e urbane, necessarie per il consolidamento dello Stato e della democrazia, ma molto complesse, perché finora mai organizzate, abbiano luogo dopo il 2016, per poterle preparare in modo più razionale». Infatti, l’opposizione ritiene che l’organizzazione, in primo luogo, delle elezioni locali possa contribuire a ritardare il calendario elettorale generale della Ceni, rischiando di prolungare illegalmente il mandato del presidente Joseph Kabila, che arriverà a termine nel 2016.
Gli oppositori confermano il loro accordo sulla data delle elezioni dei deputati provinciali, dei governatori e dei senatori nazionali previste per il 2015. «Le elezioni dei deputati provinciali, dei governatori e dei senatori hanno la priorità, perché erano state sospese durante il ciclo elettorale 2011-2016. Devono, quindi, essere organizzate nel 2015, per risolvere la questione della legittimità di tali istituzioni», spiega Emery Okundji, segretario generale del partito di opposizione Fonus.
Per quanto riguarda le elezioni presidenziali e legislative, l’opposizione concorda con la proposta della Ceni. «Dovendo rispettare i vincoli della Costituzione per quanto riguarda le scadenze tempistiche, le elezioni presidenziali e legislative dovranno avere luogo nel 2016, come previsto nel calendario elettorale pubblicato dalla Ceni», ha sottolineato Emery Okundji.
Tra gli autori della nuova proposta di calendario elettorale figurano alcuni esponenti dell’opposizione, come il presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), Vital Kamerhe, la segretaria generale del Movimento di Liberazione del Congo (MLC), Eve Bazaiba, l’ex ministro della Giustizia Jeannot Mwenze Kongolo, il deputato Jean-Lucien Bussa e il presidente delle Forze Innovatrici per l’Unione e la Solidarietà (Fonus), Joseph Olenghankoy.[1]
Il 3 marzo, a Kinshasa, una ventina di delegati dell’opposizione hanno presentato alla CENI la loro proposta di un nuovo calendario elettorale globale. Secondo loro, è indispensabile rivedere il calendario elettorale per avere un testo realistico, coerente e consensuale. Presso la sede della Ceni, i delegati dell’opposizione sono stati ricevuti dal Vice Presidente di questa struttura, André Mpungwe Songo, che ha preso atto di questa nuova proposta e ha promesso che il testo sarà sottoposto all’assemblea plenaria della Ceni stessa.[2]
A proposito dell’iscrizione dei nuovi maggiorenni sulle liste degli elettori, il relatore della Ceni, Jean-Pierre Kalamba, ha dichiarato che le persone che hanno raggiunto l’età dei 18 anni dopo le elezioni del 2011 non potranno accedere alle elezioni locali e dei deputati provinciali previste per ottobre 2015. Tuttavia, essi potranno eleggere il presidente della Repubblica e i deputati nazionali in occasione della elezioni del 27 novembre 2016.
Secondo il relatore della CENI, essendo le prossime elezioni locali e provinciali considerate come degli arretrati elettorali, la fase della registrazione degli elettori avendo diritto a parteciparvi si è già conclusa nel 2011.
Inoltre, sempre secondo Jean-Pierre Kalamba, è con lo stesso database completato nel 2011 che si farà la ripartizione dei seggi per le Assemblee dei deputati provinciali. I nuovi maggiorenni, quindi, non potranno essere inclusi nel database elettorale, altrimenti si rischierebbe di perturbare la ripartizione dei seggi per i deputati provinciali. «Se si immettono i nuovi maggiorenni, bisognerà ricominciare tutto da capo», ha precisato il relatore della Ceni.
Secondo alcuni osservatori e membri dell’opposizione politica, questa disposizione che esclude milioni di compatrioti, diventati maggiorenni dopo il 2011, dal diritto civile di partecipare alle prossime elezioni locali e provinciali, viola la Costituzione, più precisamente l’articolo 5, paragrafo 5, che stipula: “Fatti salvi gli articoli 72, 102 e 106 della presente Costituzione, sono elettori ed eleggibili, nelle condizioni stabilite dalla legge, tutti i Congolesi di entrambi i sessi, che hanno compiuto i diciotto anni di età e in possesso dei loro diritti civili e politici“. Quindi, secondo la costituzione, i “nuovi maggiorenni” non dovrebbero essere affatto esclusi dalle prossime elezioni locali e provinciali, perché adempiono i criteri per essere candidati o elettori.
Tuttavia, secondo il calendario elettorale pubblicato il 12 febbraio, i nuovi maggiorenni saranno registrati sulle liste degli elettori solo tra gennaio e marzo 2016, quando inizierà un terzo ciclo elettorale, e potranno votare per il presidente della Repubblica e i deputati nazionali il 27 novembre 2016.[3]
Il 3 marzo, in un comunicato, la Rete Nazionale delle ONG per i diritti umani nella RDCongo (RENADHOC) ha chiesto ai partner bilaterali e multilaterali della RDC di impegnarsi seriamente nel “monitoraggio” e nell’inquadramento della situazione pre-elettorale, al fine di evitare qualsiasi disordine che potrebbe avere conseguenze negative sul processo di democratizzazione e sui diritti umani, ma anche sulla pace e la sicurezza, non solo nella RDCongo, ma anche nella regione dei Grandi Laghi.[4]
Il 5 marzo, il governo ha consegnato alla Commissione elettorale la lista delle entità territoriali decentrate. Queste entità amministrative sono le città, i comuni, i settori e le chiefdoms, come ridefiniti in questi ultimi anni. Si tratta di una prima tappa fondamentale nell’organizzazione delle elezioni locali, perché 15 anni fa erano 169, ma oggi sono un po’ più di 1.400.[5]
L’11 marzo, il vice primo ministro e ministro dell’Interno, Evariste Boshab, ha presentato alla Ceni la lista aggiornata dei partiti politici registrati presso il suo ministero. Egli ha sottolineato che si tratta di 477 partiti politici regolarmente iscritti, di cui solo 34 sono diretti da donne. La lista comprende anche una trentina di raggruppamenti politici. Secondo il ministro degli interni, se ci si attiene alla legge, solo tre partiti politici sarebbero in ordine per presentarsi alle prossime elezioni.[6]
Il 18 marzo, a Kinshasa, la Commissione Africana per la Supervisione delle Elezioni (Case), un’organizzazione di 74 ONG e associazioni della società civile, ha pubblicato uno studio sul livello di presenza dei partiti politici sul territorio della RDCongo. Dei 477 partiti politici riconosciuti, solo 4 (PPRD, UDPS, MLC e l’UNC) sono presenti sul 75% del territorio nazionale.
Gli altri esistono solo a Kinshasa o in alcuni capoluoghi di provincia.
Il presidente della Case, Simaro Ngongo Mbayo, ha così riassunto il rapporto della sua organizzazione: «Quattro partiti politici sono presenti sul 75% del territorio nazionale. Dodici sono presenti nei capoluoghi delle province o nei territori di origine dei loro leader, coprendo solo il 45% del territorio nazionale. Si tratta del MSR, AFDC, ECTD, ARC, UNDF, UDCO, PDC, Palu, RRC, UNAFEC, PPPD, Mip. Infine, 461 partiti politici sono presenti solo sul 20 % del territorio e sono attivi [soprattutto] a Kinshasa, la capitale». Questa realtà solleva dubbi e preoccupazioni e la Case ritiene che l’elevato numero dei partiti politici nella RDC renda difficile alle persone di decidere a quale partito aderire.[7]
Secondo la comunità internazionale, l’organizzazione di sette elezioni in meno di due anni è troppo precipitata. Risultato: vari Paesi membri della comunità internazionale promettono di contribuire al finanziamento di queste elezioni, ma il loro aiuto potrebbe essere limitato all’organizzazione delle sole elezioni legislative e presidenziali.
Si fa la stessa diagnosi anche in seno all’opposizione, ma non solo. In questi giorni, sono sempre più le voci della maggioranza che esprimono dubbi e paure. Per esempio, il deputato Christophe Lutundula, membro della maggioranza presidenziale. In un articolo pubblicato da uno dei maggiori quotidiani del Paese, egli spiega il motivo per cui si dovrebbe a tutti i costi rinviare le elezioni locali – troppo costose e troppo complicate da organizzare – e concentrarsi sulle elezioni provinciali, senatoriali, legislative e presidenziali, al fine di rispettare le scadenze costituzionali.
In questi giorni, anche altri partiti della maggioranza, come il MSR e il PALU, hanno espresso le loro preoccupazioni su un calendario elettorale ritenuto troppo stretto nei tempi. Per la prima volta, dunque, la questione del calendario elettorale non coinvolge più solo l’opposizione e la Ceni, ma anche importanti voci all’interno della stessa maggioranza presidenziale.[8]
La riuscita delle prime scadenze elettorali (elezioni provinciali, urbane, municipali e locali) dipende da una serie di prerequisiti amministrativi, tecnici e politici. Uno di questi prerequisiti è la preparazione, da parte del Governo, di un progetto di legge sulla ripartizione dei seggi nelle Assemblee dei deputati provinciali, per presentarlo poi in Parlamento, per approvazione.
Secondo il cronogramma della Ceni, è tra il 10 e il 21 marzo 2015 che il Governo centrale deve redigere tale progetto di legge, mentre la discussione e l’approvazione da parte del Parlamento (Assemblea Nazionale e Senato) dovranno effettuarsi tra il 22 marzo e il 5 aprile 2015. È a questo livello che si temono certe difficoltà, sia amministrative che tecniche, con il rischio reale di bloccare l’organizzazione delle elezioni provinciali, urbane, municipali e locali del mese di ottobre 2015.
Anche la promulgazione, da parte del Capo dello Stato, della legge sulla suddivisione territoriale, con il passaggio da 11 a 26 province, rischia di far ritardare l’organizzazione di queste prime elezioni.
La questione è di sapere con quali dati e come il governo procederà alla ripartizione dei seggi nel quadro della recente nuova configurazione delle province.
In effetti, secondo la legge sulle modalità di installazione delle nuove province, le commissioni che dovranno effettuare le operazioni preliminari all’installazione delle nuove province (1. stabilire l’inventario della Provincia attuale; 2. identificare l’attivo e il passivo della Provincia attuale; 3. distribuire, tra le nuove province, il patrimonio e le risorse umane e finanziarie) dovrebbero essere create a metà marzo e dovranno presentare il loro rapporto a metà aprile circa, data che segnerà l’inizio del processo di suddivisione delle attuali province. Sempre secondo questa legge, la durata dell’installazione effettiva delle nuove istituzioni provinciali non potrà superare i 120 giorni dalla data della creazione delle Commissioni. In tal modo, si potrebbe arrivare a metà luglio.
Come si può constatare, le date della recente legge sulle modalità di installazione delle nuove province sono state fissate con un certo ritardo in rapporto a quelle del calendario elettorale pubblicato dalla Ceni, il che fa temere il famoso slittamento del calendario elettorale stesso.
Un altro problema, non meno importante, è quello relativo all’installazione delle nuove province, in quanto esse potrebbero non disporre del personale necessario e delle strutture indispensabili per permettere alla Ceni di organizzare le elezioni nelle condizioni migliori e in modo sicuro. Va notato che, a livello amministrativo, la Ceni lavora in stretta collaborazione con l’amministrazione delle Province. Attualmente, tale collaborazione rischia di essere molto difficile, in quanto è necessario innanzitutto ridistribuire gli agenti amministrativi nelle nuove province.[9]
2. LA LEGGE SULL’INSTALLAZIONE DELLE NUOVE PROVINCE
Il 2 marzo, il Capo dello Stato Joseph Kabila ha promulgato la legge sulle modalità di installazione delle 26 nuove province previste nella Costituzione congolese.
La Costituzione del 18 febbraio 2006 ha creato, oltre alla città di Kinshasa, venticinque province dotate di personalità giuridica e munite di una libera amministrazione e di autonomia nel gestire le proprie risorse economiche, umane, finanziarie e tecniche.
Ai sensi dell’articolo 226 della Costituzione, queste 25 province e la città di Kinshasa dovevano essere installate entro i 36 mesi seguenti all’installazione delle istituzioni politiche stabilite dalla Costituzione, essendo l’installazione del Senato stata considerata come il punto di partenza del periodo di effettiva istituzione delle nuove province definite all’articolo 2 della Costituzione.
In seguito alla revisione costituzionale stabilita dalla legge n. 11/002 del 20 gennaio 2011, l’articolo 226 della Costituzione è stato modificato sopprimendo il termine costituzionale iniziale, lasciando al legislatore il compito di approvare una legge di programmazione sulle modalità di installazione di queste nuove province.
La presente legge si prefigge di applicare la volontà del Costituente. Essa stabilisce un nuovo calendario di installazione delle province, concepito in due fasi: la prima riguarda la città di Kinshasa e le quattro province attuali che non saranno smembrate; la seconda, la cui durata non può superare i 120 giorni dalla data della creazione delle commissioni, riguarda le altre province. Questa legge definisce anche le azioni da intraprendere per l’effettiva creazione di queste province.
La presente legge di pianificazione determina le modalità di installazione delle nuove Province.
Articolo 3:
– L’installazione delle nuove province e della città di Kinshasa si svolgerà in due fasi.
– La prima fase riguarda le province del Kongo Central, Maniema, Nord Kivu, Sud Kivu e la città di Kinshasa.
– La seconda fase riguarda le province di Bas-Uele, Equateur, Haut-Katanga, Haut-Lomani, Haut-Uele, Ituri, Kasai, Kasai Central, Kasai Oriental, Kwango , Kwilu, Lomani, Lualaba, Mai-Ndombe, Mongala, Nord Ubangi, Sankuru, Sud-Ubangi, Tanganyika, Tshopo e Tshuapa.
Articolo 4:
La città di Kinshasa e le quattro province di cui al paragrafo 2 dell’articolo 3 sono installate al momento dell’entrata in vigore della presente legge.
Articolo 5:
– Entro quindici giorni dalla promulgazione della presente legge e in vista dell’installazione delle altre Province, di cui al paragrafo 3 dell’articolo 3 della presente legge, su proposta del Ministro degli Interni, un Decreto deliberato in Consiglio dei ministri creerà una Commissione per ogni Provincia da smembrare, cioè il Bandundu, l’Equateur, il Kasai Occidentale, il Kasai Orientale, il Katanga e la Provincia Orientale.
– Ogni Commissione include delle sotto-commissioni secondo il numero delle nuove Province, per effettuare le operazioni relative alla loro installazione.
– La Commissione ha i seguenti compiti:
- stabilire l’inventario della Provincia;
- identificare l’attivo e il passivo della Provincia;
- Distribuire, tra la nuove province, il patrimonio e le risorse umane e finanziarie.
Articolo 8:
– Entro trenta giorni dalla sua istituzione, la Commissione presenta il suo rapporto sui lavori svolti all’Assemblea Provinciale esistente che ne prende atto.
– La presentazione del rapporto da parte della Commissione e la presa d’atto da parte dell’Assemblea Provinciale esistente inizia il processo di suddivisione.
Articolo 9:
– Il quindicesimo giorno dopo la presentazione del rapporto da parte della Commissione e la presa d’atto da parte dell’Assemblea Provinciale esistente, ogni Assemblea Provinciale della nuova Provincia si riunirà, di diritto, in sessione speciale per:
- l’installazione del Comitato provvisorio guidato dal membro più anziano assistito dai due membri meno anziani;
- la convalida dei poteri;
- l’elaborazione e l’approvazione del regolamento interno;
- l’elezione e l’installazione del Comitato definitivo;
- le elezioni del Governatore e del Vice Governatore della Provincia, ai sensi dell’articolo 168 della Legge elettorale.
Articolo 10:
La durata dell’installazione effettiva delle istituzioni provinciali non può superare 120 giorni dalla data della creazione delle Commissioni.
Articolo 11:
Sin dall’installazione delle nuove province, il Governo della Repubblica avvia, in collaborazione con le autorità provinciali, un programma di equipaggiamento, di riabilitazione e di costruzione delle infrastrutture necessarie per il funzionamento delle nuove province.
Esso prevede, per un periodo di cinque anni, un budget pluriennale di investimenti destinati al finanziamento dei lavori prioritari delle nuove province.[10]
Secondo molti osservatori, la legge sulle modalità di installazione delle nuove province non è ritenuta urgente e sarebbe potuta essere rimandata. Secondo loro, anche se costituzionale, questa legge è inopportuna in questo determinato momento in cui la RDCongo deve cercare più di un miliardo di dollari (1 miliardo e 145 milioni di dollari) per organizzare le elezioni previste nel calendario elettorale globale pubblicato dalla Commissione elettorale nazionale indipendente.
Passare da 11 a 26 province non sarà affatto facile. L’installazione di queste province richiederà infatti molte risorse, mentre non le si sono ancora trovate per organizzare le elezioni.
Bisognerà provvedere a costruire nuove infrastrutture, reclutare nuovo personale e cercare i mezzi necessari per il loro funzionamento. Molti non capiscono perché il Governo abbia programmato contemporaneamente queste due operazioni, come se il Paese avesse risorse sufficienti per tutte e due. Ritenute annate elettorali, il 2015 e il 2016 rischiano di trasformarsi in “annate di suddivisione territoriale”. In questo caso, una parte sostanziale del bilancio nazionale potrebbe essere inghiottita dalle spese di installazione delle nuove province, provocando uno slittamento del calendario elettorale.
Nel contesto attuale, occorrerebbe definire una scala di priorità. Le elezioni locali, comunali, urbane, provinciali, legislative e presidenziali si avvicinano a velocità elevata e sono proprio queste che il Governo dovrebbe considerare come la massima priorità. Ma il Governo si comporta come se la RDCongo avesse altre priorità in questo momento. È come se il Governo abbia messo il carro davanti ai buoi.
Inoltre, secondo gli osservatori, un altro scoglio è quello della gestione delle nuove province. Se i dirigenti delle nuove province le gestiranno come si è fatto finora nella RDCongo, non riusciranno a contribuire al loro progresso. Finora infatti, in tutte le province della RDC, l’esecutivo provinciale si è arricchito, ma la popolazione ha continuato a soffrire. Il vero problema oggi per la RDC, non è quello di moltiplicare il numero delle province, ma quello della governance. È per questo che, nelle attuali condizioni, la suddivisione territoriale viene ritenuta inopportuna, perché le nuove province rischiano di creare più difficoltà che le attuali.[11]
3. NECESSITÀ E URGENZA DI UN CALENDARIO ELETTORALE GLOBALE MODIFICATO
Secondo Christophe Lutundula Apala, deputato nazionale e Presidente Nazionale del MSDD (Movimento di Solidarietà per la Democrazia e lo Sviluppo / Maggioranza Presidenziale), il calendario elettorale pubblicato dalla Ceni tiene conto dei requisiti di tempo previsti dalla Costituzione circa i mandati politici, soprattutto per quanto riguarda il Presidente della Repubblica, i deputati nazionali, i senatori, i deputati provinciali e i governatori delle province.
Qualche osservazione che richiede alcune modifiche
Tuttavia, il calendario elettorale necessita di alcune modifiche che lo rendano più realistico, più razionale, più operativo ed efficace.
In effetti, anche se concepita in una prospettiva pluriennale, la somma di oltre un miliardo di dollari, cioè un po’ più del 10% del bilancio nazionale, necessaria per organizzare le elezioni come previste dal calendario elettorale, non è facilmente alla portata delle risorse reali dello Stato congolese, a meno che non si sacrifichino altre spese, come quelle riservate al funzionamento dei servizi amministrativi, anche se strategici, o agli investimenti pubblici in certi settori importanti della vita nazionale.
A questo proposito, è necessario ricordare che i Paesi della Comunità Internazionale non si sono ancora impegnati a finanziare le elezioni locali, comunali e urbane, che pesano gravemente sul bilancio elettorale della RDCongo. Inoltre, gli stanziamenti previsti da parte dello Stato per le elezioni programmate nel 2015 sono chiaramente insufficienti e quelli necessari per il funzionamento delle istituzioni sorte da tali elezioni non esistono proprio. Il Governo dovrà, quindi, indicare con chiarezza al Parlamento quali saranno le fonti di finanziamento per i nuovi pubblici uffici.
Inoltre, per quanto riguarda più in particolare gli enti territoriali decentrati (settori, comuni e città), non sarà sufficiente trovare le risorse necessarie per le sole elezioni, ma sarà necessario trovare anche quelle indispensabili per il funzionamento delle istituzioni locali che ne deriveranno, se si vuole davvero costruire una democrazia dal basso. Sarà, quindi, necessario trovare le risorse necessarie anche per il loro mantenimento nel dopo elezioni.
Questa possibilità non è affatto evidente, tenendo conto del modico bilancio finanziario dello Stato congolese di circa 9 miliardi di dollari per il 2015, con meno di 5 miliardi di risorse proprie, soprattutto quando si integra la moltitudine di città e comuni creati dal Governo durante l’ultimo decennio.
Così, dai 169 di 15 anni fa, gli enti territoriali decentrati sono diventati oggi 1435, tra cui 97 città, 601 comuni, 478 settori e 259 chiefdoms (Fonte: Ministero dell’Interno, Decentramento, Sicurezza e affari tradizionali).
Sulla base di una media di 25 persone da eleggere in ciascuna entità decentralizzata, all’attuale personale della pubblica amministrazione nazionale, già pletorico, si aggiungeranno almeno altre 35.875 persone da rimunerare mensilmente. Con uno stipendio medio di 100 dollari al mese, la RDCongo dovrà trovare delle risorse aggiuntive di almeno 3.587.500 di dollari al mese, cioè 43.050.000 di dollari l’anno, solo per pagare i nuovi eletti locali e comunali.
La creazione delle ETD e degli organi locali è un rischio e un pericolo
A questo proposito, è interessante citare integralmente ciò che è stato detto, a proposito del decentramento in corso nella RDCongo, da Julien Paluku, governatore della provincia del Nord Kivu da più di 7 anni, nel suo intervento fatto su questo tema il 15 novembre 2014, in occasione di un seminario organizzato dal partito Lumumbista Unificato, PALU, presso il Grand Hotel di Kinshasa:
“A mio parere, per la Repubblica Democratica del Congo, la creazione delle ETD (Entità Territoriali Decentrate) e degli enti locali è un pericolo e una trappola”.
“Non si può negare l’importanza delle elezioni locali, ma nel contesto finanziario in cui si trova attualmente la RDCongo, l’organizzazione di tali elezioni porterà il Paese a un quasi arresto cardiaco. Organizzando le elezioni locali nelle condizioni attuali del nostro budget, la RDC s’imbarcherà indiscutibilmente in altri guai. Il nostro attuale sistema di decentramento è, a mio modesto parere, da ripensare, traendo lezione dai tentativi finora registrati”.
“Questo sistema sarebbe accettabile se la RDCongo avesse un budget di risorse proprie compreso tra i 20 e i 30 miliardi di dollari. Ne consegue che, prima di raggiungere un tale bilancio, qualsiasi proseguimento del processo di decentramento in corso sarebbe un’illusione e polvere gettata negli occhi della popolazione, che si aspetta comunque molto da noi”.
“Il successo del processo de decentralizzazione passa, paradossalmente, attraverso una significativa riduzione delle ETD, riportandole da 1.435 a 165, in modo che le risorse disponibili non siano diluite nel funzionamento delle istituzioni sacrificando lo sviluppo”, fine citazione.
È necessario e più efficace “ricentrare” il decentramento
Come il governatore Julien Paluku, credo che sia imperativo e più efficace “ricentralizzare” il decentramento, per limitarlo a livello del Territorio, del Comune (nelle grandi città) e della città, più viabili che i settori, le chiefdoms e i comuni rurali, che non hanno ancora né il personale necessario, né una base fiscale che possa procurare loro un minimo di risorse necessarie per il loro funzionamento. Agire in modo diverso, sarebbe far prova di un’irresponsabilità criminale ed esporrebbe le popolazioni dell’entroterra a delle pressioni fiscali abusive e all’imposizione di tasse illegali da parte di funzionari pubblici avidi e corrotti.
Oltre alle considerazioni di ordine economico e finanziario già espresse sopra, è necessario interrogarsi sul valore aggiunto che le elezioni locali, comunali e urbane potranno apportare alla governance generale del paese, nel deleterio contesto di un paese post-conflitto ancora marcato, in varie parti, da disordini, anarchia e assenza dell’autorità statale.
Volere organizzare le elezioni locali, comunali e urbane in questo contesto, senza avervi previamente posto rimedio, equivarrebbe, senza dubbio, a imbarcarsi in un’avventura che non darebbe al popolo che un’illusione democratica e che finirebbe per creare occasioni di rivendicazioni salariali, di sfruttamento delle miserabili popolazione locali e di tensioni socio-politiche difficili da controllare.
In ogni caso, la democrazia di base non può prosperare che quando coincide con il benessere e la pace alla base. Pertanto, a causa della complessità e della molteplicità dei problemi amministrativi, finanziari e politici che è necessario dapprima risolvere, le elezioni locali, comunali e urbane (municipali) dovrebbero essere posticipate, se si vuole che siano davvero credibili e utili per la corretta amministrazione delle entità decentrate.
Non vi è attualmente alcun pericolo, né alcuna urgenza. La RDCongo ha più bisogno di amministratori territoriali competenti, apolitici e animatori di sviluppo piuttosto che di politici di quartiere e di villaggio che rischierebbero di accrescere i mali di cui attualmente soffre lo Stato congolese.
Il rinvio delle elezioni locali, comunali e urbane proposto non può essere sine die come in passato. Dovrà semplicemente permettere al Governo e al Parlamento di trovare tutti i prerequisiti legislativi, normativi e finanziari per mettere ordine in queste entità e dare alla Commissione Elettorale gli strumenti legali necessari per l’organizzazione di tali elezioni (l’approvazione delle leggi sul fondo nazionale di perequazione, sulla funzione pubblica nazionale e regionale, sullo statuto dei capi tradizionali, sulla delimitazione delle nuove città e dei nuovi comuni, sul numero dei raggruppamenti e sulla loro delimitazione geografica, sulla retrocessione o il trasferimento dei proventi alle province e agli enti territoriali decentrati …).
Il Governo e il Parlamento devono prendere un chiaro impegno in tal senso. Non si tratta di minimizzare e di rimandare le elezioni locali a tempo indeterminato. Si tratta, piuttosto, di modificare il calendario elettorale e di rinviare le elezioni locali, comunali e urbane, per organizzarle meglio. Questo rinvio non comporterebbe alcun problema giuridico di costituzionalità o di legalità. In effetti, il Costituente si è limitato a elencare nel paragrafo 2 dell’articolo 3 della Costituzione gli enti territoriali decentrati (città, comune, settore e chiefdoms) e ha lasciato al legislatore, al paragrafo 4 dello stesso articolo, il compito di fissare l’organizzazione, il funzionamento e il tipo di relazione con lo Stato e con le province. I consigli dei settori, delle chiefdoms, dei comuni e delle città non sono toccati dalle scadenze costituzionali di cui tanto si parla.
Priorità alle elezioni provinciali e nazionali
Pertanto, nel caso della RDCongo, la priorità dovrebbe essere data, nel momento attuale, alle elezioni provinciali e nazionali per i seguenti motivi:
- La durata costituzionale dei mandati dei deputati provinciali, dei governatori e dei senatori è ampiamente oltrepassata (da più di 3 anni). È quindi urgente e indispensabile adeguare il funzionamento delle istituzioni provinciali e del Senato alla Costituzione. Procedere in modo diverso, sarebbe perseverare nell’incostituzionalità e contrario allo stato di diritto, uno dei valori fondamentali della democrazia e della Repubblica;
- L’obbligo di rispettare le scadenze costituzionali per le istituzioni politiche provinciali e nazionali è previsto expresis verbis dalla Costituzione;
- il funzionamento regolare e la stabilità delle istituzioni provinciali e nazionali sono fondamentali per la governance generale del paese e condizionano quella delle entità decentrate. Ne dipendono anche il buon svolgimento delle elezioni locali e municipali e il successo del processo di decentramento del paese.
Secondo tutto quanto esposto, in un calendario elettorale razionale, realistico, credibile e fattibile, l’ordine delle priorità dovrebbe logicamente essere il seguente:
- Elezioni dei deputati provinciali: dicembre 2015
- elezioni dei senatori, governatori e vice governatori delle province: gennaio 2016
- elezioni del Presidente della Repubblica: novembre 2016
- elezioni legislative nazionali: novembre 2016
- elezioni locali e comunali: durante la 3ª legislatura
Il rinvio è necessario anche per l’installazione delle 26 nuove province costituzionali. In effetti, l’installazione frettolosa, in soli 9 mesi, di queste province rischia, nelle attuali condizioni, di essere un fiasco, per i motivi finanziari e politici evidenti già menzionati.
A questo proposito, è necessario ricordare che installare 26 province significa passare da 11 a 26 assemblee provinciali, da 11 a 26 governatori e vicegovernatori, da 11 a 26 governi provinciali, da 11 a 26 commissari provinciali della polizia nazionale, da 11 a 26 comandanti delle regioni militari, da 11 a 26 capi di divisioni provinciali dei ministeri centrali, da 11 a 26 direttori regionali dei servizi segreti specializzati, da 11 a 26 corti d’appello, da 11 a 26 tribunali generali …. Tutto sarà moltiplicato per 2,3.
È quindi necessario razionalizzare e scaglionare il processo di installazione delle nuove province, se vi è una reale volontà politica di riuscire. In ogni caso, chiunque volesse sabotare questo processo non cercherebbe alleato migliore che l’attuale precipitazione.
Un approccio graduale e progressivo che iniziasse con l’installazione delle province senza grandi problemi, politici o di altro tipo, sarebbe il migliore e porterebbe a risultati più sicuri che l’attuale precipitazione per dei motivi, dopo tutto, ancora oscuri.
Questa precipitazione, che nulla di oggettivo e di razionale può oggi spiegare, rischia di fare implodere lo Stato congolese in 26 principati miserabili e altamente tribali. Strumentalizzare l’installazione delle nuove province previste all’articolo 2 della Costituzione a fini politici sarebbe un crimine contro il decentramento stesso.
In effetti, molti connazionali, soprattutto i politici, attendono con impazienza le elezioni locali e comunali e l’installazione delle nuove province per occupare dei posti di potere sui loro territori e costituirsi un gruzzolo che permetterebbe loro di salire in fretta le scale di un’ascensione sociale, politica ed economica che dovrebbe essere evitata.
Agire rapidamente sulla Commissione elettorale per un’urgente ristrutturazione del calendario elettorale
Tutti i parlamentari, di ogni camera legislativa e di ogni tendenza politica dovrebbero impegnarsi, in occasione della prossima sessione parlamentare, con piena responsabilità e maturità politica, in un dibattito di verità con il governo della Repubblica e la Commissione Elettorale, in vista di un calendario elettorale ristrutturato e consensuale, nella prospettiva di un contratto repubblicano che coinvolga tutti.[12]
4. ECONOMIA
Il 26 febbraio, il responsabile del Centro di Competenza, Valutazione e Certificazione di minerali preziosi e semi-preziosi (CEEC) di Bunia, Eric Yamba, ha dichiarato che, in Ituri (Provincia Orientale), il 60% circa della produzione d’oro scappa al circuito normale di acquisto e di esportazione delle materie preziose. L’ha dichiarato nel corso di un seminario sul controllo dell’attuazione della certificazione di materie preziose organizzato dalla Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (CIRGL). Egli ha rivelato che «la tracciabilità normale dell’oro a livello delle concessioni sfugge ad ogni controllo. C’è solo una piccola parte d’oro che viene acquistata dai centri abilitati e il resto prende varie destinazioni». Eric Yamba ha accusato dei subappaltatori della società Kilo Moto (Sokimo) e della società mineraria Ashanti Goldfiels Kilo (AGK) di favorire la truffa mineraria.
Da parte sua, il consigliere del Ministero degli Affari Esteri, Aimé Kakese, spiega il fenomeno del contrabbando dell’oro congolese nell’Ituri per il fatto che gli acquirenti congolesi operano con capitali provenienti da paesi stranieri: «Tutta la produzione dell’oro scompare. Siamo effettivamente diventati commissari di paesi stranieri. Dobbiamo cambiare la nostra mentalità che è quella di servirsi di denaro proveniente dall’estero per comprare qui l’oro che poi sarà venduto all’estero. Nell’Ituri, ci sono dei commercianti che non traggono benefici che da commissioni estere».[13]
Secondo l’organizzazione per la difesa della natura Greenpeace, dopo decenni di guerra, il settore del legname sta cercando di ricostruirsi, ma è ancora mal gestito. Secondo l’ONG Transparency International, nel 2014 la RDCongo è stata classificata tra i peggiori Paesi del settore, cioè al 152° posto su 175. In effetti, il 90% del legname prodotto è commercializzato al di fuori di qualsiasi quadro legale. Nel 2002, la RDCongo ha riformato il suo codice forestale, ma il testo è incompleto e manca di misure di applicazione. Risultato: le infrazioni sono raramente rilevate e, se lo sono, le sanzioni non sono sufficientemente dissuasive.
Attualmente, oltre il 90% dell’economia del legname è informale. Non esiste alcuna forma di tassazione, se non in forma di corruzione. Le concessioni industriali non rappresentano, infatti, che il 10% dell’attività forestale del paese, cioè 300.000 m3 di legname all’anno. In realtà, al di fuori di ogni regolamentazione, si producono e si commercializzano tra i 3 e i 4 milioni di m3 di tronchi, cioè 10 volte in più. Infine, circa 1 milione di m3 di legno viene esportato, ogni anno, dall’est della RDCongo verso i paesi limitrofi in una forma completamente clandestina. Un business che continua a beneficiare i gruppi armati e alcuni commercianti a spese dello Stato, ma anche della foresta.
Secondo il Think Tank Africa Progress Panel, ogni anno 17 miliardi di dollari sfuggirebbero alle economie nazionali della regione, a causa del traffico illegale del legname.[14]
[1] Cf Radio Okapi, 28.02.’15
[2] Cf Radio Okapi, 03.03.’15
[3] Cf Radio Okapi, 05.03.’15
[4] Cf AFP – Jeune Afrique, 03.03.’15
[5] Cf RFI, 10.03.’15
[6] Cf La Prospérité – Kinshasa, 12.03.’15 (via mediacongo.net)
[7] Cf Radio Okapi, 18.03.’15
[8] Cf RFI, 10.03.’15
[9] Cf La Tempête des Tropiques – Kinshasa, 11.03.’15
[10] Cf Testo integrale: http://www.mediacongo.net/show.asp?doc=77990#
[11] Cf Forum des As – Kinshasa, 04.03.’15
[12] Cf Christophe Lutundula Apala Pen’Apala (*) – Le Potentiel – Kinshasa, 02.03.’15
[13] Cf Radio Okapi, 27.02.’15
[14] Cf RFI, 11.03.’15