INDICE
EDITORIALE: Possibile slittamento delle elezioni 2014-2015
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ALLERTA SU UN POSSIBILE SLITTAMENTO DELLE PROSSIME ELEZIONI
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La Società Civile tira il campanello d’allarme
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L’Ufficio Nazionale d’Identificazione della Popolazione (ONIP)
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Le dichiarazioni della Ceni
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PRESSIONI INTERNE ED ESTERNE
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Le conseguenze della caduta del Presidente del Burkina Faso sulla RDCongo
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La comunità Internazionale
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I gruppi parlamentari dell’UNC, dell’UDPS e del MLC
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UN NUOVO GOVERNO DETTO DI «COESIONE NAZIONALE»
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La composizione
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I commenti
1. ALLERTA SU UN POSSIBILE SLITTAMENTO DELLE PROSSIME ELEZIONI
a. La Società Civile tira il campanello d’allarme
Il 5 novembre, in una conferenza stampa, la piattaforma della Società civile “Agire per elezioni trasparenti e pacifiche” (AETA) ha rilevato che «il processo elettorale 2013-2016 si trova confrontato con problemi molo gravi, soprattutto di ordine finanziario e temporale».
«L’Assemblea Nazionale aveva stanziato 169 milioni di dollari destinati alla commissione elettorale. Ma, fino a questo mese di novembre, il governo ha erogato solo 30 milioni di dollari. Quindi, dal punto di vista tecnico, non è più possibile organizzare le elezioni nei tempi previsti», ha dichiarato il coordinatore di AETA, Jerome Bonso. Secondo AETA, è urgente che le diverse parti che intervengono nel processo elettorale trovino un consenso su un calendario elettorale globale che eviterebbe al Paese una crisi costituzionale e istituzionale.[1]
Il 25 novembre, il presidente della Lega Nazionale per Elezioni Libere e Trasparenti (LINELIT), Jerome Bonso, ha dichiarato che è impossibile per la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) organizzare le elezioni municipali, locali e urbane prima del 2017. Lo ha affermato durante un incontro, a Kinshasa, tra le ONG per la difesa dei diritti umani e l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani. «Le richieste inoltrate dalla Ceni al Parlamento nazionale non sono ancora state rispettate, per esempio il censimento, il finanziamento e la mappatura dei raggruppamenti», ha detto Jerome Bonso che, a proposito del finanziamento delle elezioni, ha aggiunto: «Quando la Ceni ha chiesto 320.000.000 $ per l’organizzazione delle elezioni, l’Assemblea Nazionale ha approvato 169 milioni e, di questi, il governo ne ha messo a disposizione della CENI solo 30. È evidente, allora, che c’è un problema». Secondo lui, il ritardo accumulato avrà un impatto sull’organizzazione delle elezioni del 2015. È per questo che egli raccomanda che la priorità ora sia data all’organizzazione delle elezioni presidenziali. «La Costituzione prevede che le elezioni del presidente siano organizzate 90 giorni prima della scadenza del mandato del presidente in carica. Il suo mandato scade il 19 dicembre 2016 per cui, secondo lo spirito e la lettera della Costituzione, le elezioni dovranno aver luogo il 19 settembre 2016», ha concluso Jerome Bonso.[2]
Secondo il direttore dell’ufficio d’Open Society Initiative for Southern Africa (OSISA) nella RDCongo, Nick Elebe, «come rilevato da AETA, il calendario elettorale ha preso almeno 7 mesi di ritardo. Si sa quindi che si è in ritardo e che ora è il momento di agire». Per l’avvocato, «è necessario uscire da un atteggiamento di attesa e chiedere alle diverse parti di sedersi attorno ad un tavolo per dialogare e trovare un consenso». Una buona idea potrebbe essere quella di riconoscere che, nella situazione attuale, non è più realistico pensare di poter organizzare delle elezioni locali, tra l’altro molto costose. «La prima cosa da fare sarebbe quella di stabilire le priorità», dice Nick Elebe che precisa: «Quali sono le elezioni che sembrano essere le più importanti e che possono avere il maggiore impatto per la pace e la stabilità nel paese? Fare elezioni locali è molto sexy, ma è ancora possibile?». Il ricercatore avverte che «le conseguenze di un fallimento delle elezioni potrebbero essere drammatiche per la RDCongo. Abbiamo bisogno di autorità che sappiano prendere le loro responsabilità». È per questo che Nick Elebe auspica un atteggiamento “più robusto” da parte della Comunità Internazionale. Condizionare gli aiuti internazionali al Governo congolese è una delle leve più importanti a disposizione della Comunità internazionale, al fine di influenzare il corso degli eventi. Nick Elebe ritiene che i partner della RDCongo devono far sentire la loro voce: «Il momento giusto è adesso, dopo è troppo tardi».[3]
b. L’Ufficio Nazionale d’Identificazione della Popolazione (ONIP)
Il 21 novembre, i membri dell’Ufficio Nazionale per l’Identificazione della Popolazione (ONIP) sono stati presentati al pubblico. Richard Muyej, ministro degli interni che ha presieduto la cerimonia, ha dichiarato che all’ONIP è stata accordata la missione di identificare sistematicamente la popolazione, creare e mantenere aggiornate le statistiche generali sulla popolazione, emettere le carte d’identità per i nazionali e le carte di residenza per gli stranieri, ecc. Ha ricordato che, dopo più di due decenni senza carta d’identità nazionale, la popolazione e il governo hanno subito le conseguenze negative delle falsificazioni di carte di identità nazionali, impedendo il controllo sui flussi migratori. Ha inoltre affermato che è sulla base dell’archivio generale dei dati sulla popolazione che la Ceni costituirà le liste degli elettori e la cartografia elettorale, in vista dell’organizzazione delle elezioni e di una migliore mappatura delle circoscrizioni elettorali.
Il direttore generale dell’Ufficio, Adolphe Lumanu, ha dichiarato che è ormai necessario preparare e organizzare le elezioni sulla base dai dati oggettivi forniti dal censimento amministrativo e dall’identificazione della popolazione. Ha poi sottolineato che, per le numerose difficoltà economiche e finanziarie inerenti all’organizzazione di un censimento amministrativo, ci si era temporaneamente limitati all’identificazione e all’iscrizione della popolazione adulta avente diritto a votare. Ha ricordato che l’UDPS aveva boicottato il referendum del 2005 e le elezioni generali del 2006, proprio a causa della mancanza di un censimento amministrativo e, quindi, della non affidabilità delle liste degli elettori compilate dalla commissione elettorale di allora. Il professor Lumanu ha criticato il comportamento di una certa opposizione politica che pensa che, sostenendo la realizzazione del censimento, la maggioranza presidenziale abbia un programma segreto. Eppure è l’opposizione politica che, durante il suo conclave tenutosi a Kinshasa dal 02 all’11 luglio 2013, aveva suggerito, in prospettiva di concertazioni nazionali, di ripensare il sistema elettorale congolese, introducendo il censimento amministrativo della popolazione per determinare, tra altre cose, il calcolo del quoziente elettorale non secondo il numero dei cittadini iscritti nelle liste degli elettori, ma piuttosto sul numero degli abitanti, come fornito da un censimento.
Sono molti gli osservatori della scena politica che constatano che, un anno dopo, l’opposizione non fa più lo stesso discorso. Il direttore generale dell’ONIP ha insistito sul fatto che è proprio attraverso il database generale della popolazione che la Ceni redigerà le liste degli elettori per l’organizzazione delle elezioni.
Per quanto riguarda le scadenze temporali dell’organizzazione delle elezioni, egli ha ricordato che per l’organizzazione del referendum del 2005 e delle elezioni generali del 2006, la commissione elettorale aveva iscritto più di 25 milioni di elettori, cioè il 37 – 40% della popolazione congolese in 5-7 mesi, anche se, in quel tempo, essa si era trovata di fronte a molte più difficoltà rispetto ad ora. Nel 2011, la commissione elettorale ha iscritto quasi 32 milioni di persone, circa il 50% della popolazione, in soli due mesi. È per questo che i funzionari dell’ONIP si dicono sicuri che i tempi per l’organizzazione delle elezioni saranno rispettati.[4]
Il 1° dicembre, il presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), Vital Kamerhe, ha dichiarato, a Kinshasa, che l’Ufficio Nazionale per l’Identificazione della Popolazione (ONIP) è stato istituito per ritardare le prossime elezioni e, in tal modo, prolungare il mandato di Joseph Kabila. Secondo Vital Kamerhe, l’ONIP non è che una nuova scoperta della maggioranza, dopo aver tentato, invano, di passare attraverso il Parlamento e un referendum sulla revisione della costituzione, con l’obiettivo di prolungare il mandato dell’attuale presidente. Egli rivendica «un calendario elettorale chiaro che definisca le tappe essenziali, in modo tale che, 90 giorni prima del 19 dicembre 2016, data in cui scade il secondo e ultimo mandato del presidente Kabila, si possano organizzare le elezioni presidenziali e legislative nazionali».[5]
Secondo il deputato nazionale dell’opposizione, Martin Fayulu, la creazione di un database elettorale “credibile” è una priorità. Per averlo, ha suggerito di «rifare una nuova operazione di registrazione degli elettori».Secondo lui, “da cinque a sei mesi” saranno sufficienti per effettuare questa operazione su tutto il territorio nazionale. Egli afferma che «in questo modo, si potranno includere anche i 10 milioni di giovani che, nel 2016, saranno in età per potere votare» e aggiunge: «Oggi, è necessario che le elezioni presidenziali si svolgano nel 2016. E affinché le elezioni abbiano luogo, la soluzione più semplice, più facile e meno costosa, è quella della registrazione degli elettori. Costerà meno dei 400 milioni di dollari di cui si sta parlando per il censimento. E non ci vorrà molto tempo». Secondo Martin Fayulu, dunque, per il momento non c’è bisogno di un censimento generale della popolazione.[6]
L’annuncio di un prossimo censimento generale della popolazione prima delle elezioni e i problemi finanziari della Commissione Elettorale fanno temere un rinvio delle elezioni locali del 2015 e di quelle generali del 2016. La pubblicazione, il 15 ottobre, del decreto presidenziale relativo alla nomina dei membri del consiglio d’amministrazione dell’Ufficio Nazionale d’Identificazione della Popolazione (ONIP), rende possibile l’organizzazione di un censimento generale della popolazione e, probabilmente, anche prima del 2016.
Secondo Richard Muyej, ministro degli interni, il famoso censimento dovrebbe servire “per l’organizzazione delle elezioni”. Ci si può allora chiedere quanto tempo può richiedere l’organizzazione di un censimento in un Paese grande come l’Europa occidentale, senza vie di comunicazione e con una popolazione di circa 70 milioni. È quindi poco probabile che tale operazione si concluda in meno di un anno. Secondo Vital Kamerhe (UNC), per tale operazione occorreranno 3 o 4 anni. Il calendario elettorale potrebbe quindi prolungare le scadenze elettorali, spostando a una data ulteriore le elezioni locali del 2015 e, di conseguenza, anche le elezioni generali (presidenziali e legislative) del 2016.
Inoltre, l’Aprodec, un’organizzazione congolese con sede a Bruxelles, ha regolarmente denunciato i ritardi registrati dalla commissione elettorale, soprattutto per quanto riguarda l’affidabilità del data base elettorale. Nel 2011, durante le elezioni presidenziali e legislative, vi erano state riscontrate molte irregolarità. L’Aprodec ha fatto osservare che «l’operazione di affidabilità del data base elettorale avrebbe dovuto terminare il 21 ottobre 2014, ma è ancora in corso». Inoltre, sempre secondo l’associazione, «l’operazione di controllo esterno che avrebbe dovuto iniziare il 1° ottobre 2014 «non è ancora iniziata».
In questo contesto,sono pochi quelli che credono ancora realistico il calendario elettorale pubblicato dalla commissione elettorale. I ritardi accumulati e la mancanza di finanziamento rischiano di far rinviare le elezioni del 2015 e, molto probabilmente, anche quelle del 2016. Tale “slittamento” del calendario elettorale è regolarmente denunciato dai partiti di opposizione che temono di vedere Joseph Kabila rimanere al potere oltre il 2016.
Tuttavia, dopo la caduta del Presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, che anche lui aveva messo all’ordine del giorno la modificazione della costituzione per potere rimanere al potere, è ormai improbabile che il partito di Joseph Kabila insista sulla strategia di una revisione costituzionale. L’unico modo per rimanere al potere è che il Presidente congolese cerchi di “prendere tempo” per ritardare le elezioni per mancanza di tempo e di risorse.[7]
c. Le dichiarazioni della Ceni
Il 28 novembre, al termine della riunione del comitato direttivo per la sicurezza delle elezioni presso il Ministero dell’Interno, il presidente della Ceni, Apollinaire Malumalu, ha dichiarato che, «per il finanziamento delle elezioni non dovrebbe esserci alcun problema, avendo il governo già approvato il bilancio triennale per le elezioni 2014 -2016. Adesso, ci si deve preparare in modo serio per le elezioni ed evitare speculazioni sulle elezioni. Il treno delle elezioni è già partito, a tutti i livelli», aggiungendo: «Nel corso dell’incontro, si è trattato di vedere quali siano le rubriche più urgenti su cui lavorare oggi in termini di finanziamento». La Ceni ha chiesto un finanziamento di 750 milioni di $ per i tre anni (2014-2016) che coprono l’organizzazione dell’insieme delle elezioni.[8]
Il 10 dicembre, la Ceni ha iniziato un’operazione di affissione, nei seggi elettorali, delle liste provvisorie degli elettori, per consentire ai cittadini aventi diritto di voto di potere verificare che i loro nomi siano ripresi sulle liste, per evitare inutili contrattempi nello svolgimento delle prossime elezioni comunali, locali e urbane del 2015. Quest’operazione di consultazione della popolazione circa le liste provvisorie degli elettori dovrebbe durare 15 giorni.
Nel Nord Kivu, si stanno incontrando diverse difficoltà tecniche, tra cui dei problemi di accessibilità e di insicurezza. Il segretario esecutivo provinciale della Ceni, Raphael Akilimali, è però ottimista circa il buon esito di questa operazione. Tuttavia, egli chiede la collaborazione dell’amministrazione di base e delle autorità locali. Egli ha spiegato che «la particolarità di quest’operazione nella provincia del Nord Kivu è il caso degli sfollati. La popolazione, soprattutto in alcune zone, è spesso in movimento. La sfida è come arrivare a coinvolgere tutta la popolazione in tale operazione». Secondo lui, la difficoltà principale è l’inaccessibilità a certi territori. A questo proposito, egli ha fatto un esempio: «Un territorio come Walikale è, prima di tutto, troppo vasto e, per giunta, anche inaccessibile. Ci sono alcuni agenti della Ceni che devono fare sette giorni di cammino per arrivare, per esempio, a Usala, un raggruppamento del territorio».
Nel territorio di Basoko, nella Provincia Orientale, l’affluenza degli abitanti ai seggi elettorali per controllare se i loro nomi figurano sulle liste elettorali è molto bassa. Il responsabile di “Lotus Group”, una Ong per la difesa dei diritti umani, José Botulu, ha affermato che la popolazione non si sente incoraggiata a partecipare alle elezioni perché, secondo alcuni abitanti, le ultime elezioni non hanno risolto il problema della povertà e i politici eletti non hanno fatto altro che arricchirsi. Egli ha sottolineato anche che gli elettori ignorano ancora l’importanza di questa operazione. Per porre rimedio a questa situazione, la Ceni ha lanciato una campagna di sensibilizzazione della popolazione a Basoko e a Isangi.[9]
L’11 dicembre, una fonte autorevole della Ceni ha detto che la Commissione sta tentando di mettere fine alla controversia della “interferenza” della “identificazione della popolazione” congolese sulle elezioni del 2015 e del 2016. La fonte ha assicurato che, «per le elezioni del 2015 (urbane, municipali e locali) e del 2016 (presidenziali e legislative), la CENI prenderà in considerazione il censimento elettorale (registrazione dei votanti) realizzato nel 2011». Ha fatto notare che «l’identificazione della popolazione, che sarà condotta dall’Ufficio Nazionale d’Identificazione della Popolazione (ONIP), parte delle sue operazioni di censimento generale, dovrebbe semplicemente consentire alla CENI di conoscere il numero dei minorenni nel 2011 che sono, nel frattempo, diventati adulti». Secondo lui, «questa operazione dell’ONIP non avrebbe dunque alcun impatto sull’organizzazione delle elezioni del 2015 e del 2016». La fonte ha ribadito che «la Ceni vuole rispettare le regole del gioco concordate dalla classe politica (maggioranza e opposizione) e dalla società civile, secondo le quali solo gli elettori già iscritti nel 2011 per il ciclo elettorale 2011-2016 potranno partecipare alle elezioni che saranno organizzate durante tale periodo».
La fonte citata ha ricordato che «il controllo del data base elettorale effettuato prima delle elezioni presidenziali e legislative di novembre 2011 si è basato sul seguente consenso elettorale concordato dalla classe politica e dalla società civile: che i minorenni diventati adulti durante questo periodo saranno presi in considerazione solo per il ciclo elettorale 2016-2021, al fine di evitare speculazioni sui presunti tentativi di brogli elettorali».
Ha poi affermato che «l’obiettivo del controllo del data base elettorale è l’identificazione e l’eliminazione dei doppioni di quegli elettori che si sono registrati, con la stessa identità, in diverse circoscrizioni elettorali» e che, «per il momento, la Ceni sta riproducendo dei duplicati, seguendo rigorose disposizioni (attestato di perdita del certificato elettorale, debitamente autenticato dal comune di residenza, per esempio), per tutti quelli che hanno perso il loro certificato elettorale».[10]
Il 12 dicembre, il presidente della Ceni, Apollinaire Malumalu, ha dichiarato che la pubblicazione del calendario elettorale globale è condizionata dal tipo di opzioni fondamentali che l’Assemblea Nazionale dei Deputati farà circa il processo elettorale. Egli l’ha annunciato a Kinshasa, in occasione della riunione del Comitato di collegamento Ceni – partiti politici. Il 30 gennaio, il presidente della Ceni aveva presentato all’Assemblea Nazionale, il programma di massima per il proseguimento del processo elettorale. Egli aveva presentato due ipotesi.
Nel primo caso, aveva proposto che la Ceni organizzasse, nel 2015, le elezioni dirette comunali e locali, per poi proseguire con le elezioni indirette dei deputati provinciali, dei senatori, dei governatori, dei sindaci, dei borgomastri e dei consiglieri comunali e, nel 2016, le elezioni a suffragio universale diretto dei deputati nazionali e del Presidente della Repubblica.
Nel secondo caso, Malumalu aveva suggerito di organizzare le elezioni dirette comunali e locali, per poi proseguire con le elezioni indirette dei sindaci, borgomastri e consiglieri comunali nel 2015, le elezioni a suffragio universale diretto dei deputati provinciali, dei deputati nazionali e del presidente della Repubblica nel 2016 e le elezioni indirette dei senatori e dei governatori nel 2017.
Da allora, l’Assemblea Nazionale dei deputati non si ancora pronunciata su queste due ipotesi.
«Per quanto riguarda possibili variazioni del calendario delle elezioni urbane, municipali e locali, si attende che gli esperti possano dire se il ritardo preso nell’affissione al pubblico delle liste degli elettori influirà o no sulla data delle elezioni», ha continuato il presidente della Ceni, che ha anche annunciato, a breve tempo, il controllo esterno del data base elettorale, con l’aiuto dell’Organizzazione Internazionale della Francofonia (OIF).[11]
Alcuni osservatori fanno notare che le due affermazioni del presidente della Ceni, quella del 28 novembre sul finanziamento delle elezioni e quella del 12 dicembre, sulla pubblicazione del calendario elettorale completo che includa tutte le scadenze elettorali, sono in contraddizione tra loro, perché è impossibile stabilire un preventivo economico corretto per l’insieme delle elezioni, senza ancora disporre di un calendario elettorale globale.
Inoltre, essi rilevano l’ambiguità delle dichiarazioni della fonte della Ceni circa la partecipazione al voto da parte dei giovani ancora minorenni nel 2011. Essi fanno notare che il calendario elettorale del 2011 comprendeva le elezioni presidenziali e legislative a suffragio universale diretto (28 novembre 2011), le elezioni dei deputati provinciali a suffragio universale diretto (25 marzo 2012), le elezioni dei senatori a suffragio indiretto (4 luglio 2012), le elezioni dei governatori di provincia a suffragio indiretto (21 luglio 2012) e le elezioni locali previste per il 2013. Ne consegue, quindi, che le disposizioni del consenso del 2011 non avranno alcuna ripercussione sulle elezioni presidenziali e legislative del 2016 e che i giovani ancora minorenni nel 2011 e diventati intanto maggiorenni, avranno il diritto e il dovere di parteciparvi.
Occorre ricordare che, il 30 gennaio 2014, l’abbé Apollinaire Malumalu, presidente della Ceni, aveva presentato all’Assemblea nazionale una “tabella di marcia elettorale” chiedendo: 1) la messa a disposizione, in modo tempestivo, delle risorse finanziarie necessarie; 2) il completamento del processo di decentramento; 3) l’elaborazione di un quadro giuridico riveduto relativo alle elezioni dei deputati provinciali, dei senatori, dei governatori di provincia, dei deputati nazionali e del Presidente della Repubblica; 4) una cartografia operativa, chiara e precisa, delle entità territoriali, come le città, i comuni, i quartieri, i settori e i raggruppamenti, risolvendo, in particolare, il problema degli 811 raggruppamenti di fatto; 5) il censimento amministrativo della popolazione; 6) il reclutamento, la formazione e l’assegnazione dei magistrati e degli ausiliari della giustizia elettorale, e l’installazione dei tribunali di pace sull’insieme del territorio nazionale; 7) la presentazione delle entità territoriali appena create alle popolazioni locali.
Al Parlamento, il presidente della Ceni aveva espressamente chiesto di prendere in considerazione il preventivo finanziario delle operazioni, del funzionamento, degli investimenti e delle retribuzioni; di rivedere, entro marzo – aprile – maggio 2014, il quadro giuridico per le elezioni comunali, urbane, locali, provinciali, senatoriali, legislative e presidenziali; di approvare la legge sulla ripartizione dei seggi in base alle esigenze del ciclo elettorale.
Al governo, Malumalu aveva chiesto di pubblicare, entro la fine di febbraio 2014, la lista ufficiale e la delimitazione dei raggruppamenti e la mappatura delle città, dei comuni, dei quartieri, dei settori e dei raggruppamenti; di finanziare il piano di sicurezza per il processo elettorale e di presentare i risultati del censimento amministrativo al più tardi entro settembre 2015. Per quanto riguarda la giustizia, la Roadmap della Ceni chiedeva che i tribunali di grande istanza per il trattamento dei contenziosi delle elezioni urbane, comunali e locali fossero operativi entro settembre 2014. Si richiedeva, inoltre, che la formazione dei magistrati e degli ausiliari di giustizia, sulle tecniche elettorali e sulla gestione dei contenziosi fosse impartita nel tempo opportuno e secondo le scadenze del calendario elettorale. Infine, per le elezioni presidenziali, la Ceni chiedeva l’installazione effettiva della Corte Costituzionale e il rafforzamento delle Corti d’appello e dei tribunali amministrativi.[12]
2. PRESSIONI INTERNE ED ESTERNE
a. Le conseguenze della caduta del Presidente del Burkina Faso sulla RDCongo
La caduta di Blaise Compaore in Burkina Faso sembra aver raffreddato a Kinshasa i sostenitori di una revisione costituzionale che avesse permesso al presidente Joseph Kabila di rimanere in carica anche dopo il 2016. André Atundu, ex ambasciatore e responsabile della comunicazione per la maggioranza presidenziale, dubita che i Congolesi seguano ciecamente quello che è successo in Burkina Faso, ma ammette: «la lezione che se ne può trarre è che il ceto politico deve prestare molta attenzione al potere che il popolo gli ha conferito, perché lo stesso popolo glielo può anche togliere».
Durante la sessione in corso, il Parlamento avrebbe dovuto prendere in considerazione i progetti di revisione costituzionale presentati dal Governo per cambiare il sistema di voto per le prossime elezioni provinciali. L’opposizione sospetta che la Maggioranza Presidenziale approfitti dell’esame di questi testi per modificare anche altri articoli della Costituzione, in vista di permettere a Kabila di rimanere al potere anche dopo il 2016. Ma «gli eventi del Burkina Faso hanno portato a mettere sotto il moggio, almeno temporaneamente, il progetto di revisione costituzionale», ha affermato l’ex diplomatico.
Secondo fonti parlamentari, invece del progetto di revisione costituzionale, i deputati dovrebbero ora prendere in esame una proposta di legge elettorale presentata da un deputato indipendente. Secondo Fidel Bafilemba, ricercatore della ONG americana Enough Project, lo scenario di un emendamento costituzionale aveva già “perso forza” prima della rivolta del Burkina Faso, a causa delle pressioni della comunità internazionale, della chiesa cattolica e di vari politici influenti, alcuni dei quali esponenti della maggioranza.
Per molti diplomatici e analisti, ora l’opzione privilegiata per consentire a Kabila di mantenersi al potere è quella di ritardare il più possibile le prossime elezioni presidenziali previste per il mese di novembre 2016. Per ritardare queste elezioni presidenziali, diverse sono le possibilità: la previa organizzazione d’un censimento della popolazione, che durerà almeno 18 mesi, a causa delle dimensioni del Paese (cinque volte superiore a quello della Francia) e l’organizzazione, in primo luogo, delle elezioni locali (teoricamente in programma per il 2015).
Vari analisti e politici ritengono che le elezioni locali rischiano di alimentare antagonismi locali, soprattutto nell’est del Paese devastato da più di venti anni di conflitti armati, e di accrescere una violenza che potrebbe servire come pretesto per bloccare il processo elettorale. Le Nazioni Unite, l’Unione Africana, l’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno cercando di evitare un rinvio delle elezioni. Tuttavia, secondo fonti diplomatiche, alcuni paesi potrebbero accettare tale rinvio se, e solo se, ciò permettesse di “organizzare buone elezioni”. Per molti diplomatici, il forte aumento dei budget finanziario per l’esercito, la polizia e gli altri servizi di sicurezza, come previsto nel disegno di legge finanziaria per il 2015, e le recenti nomine in seno all’esercito, potrebbero significare che il potere si sta preparando per una prova di forza. Ci si può chiedere se il recente rovesciamento di una statua del presidente Kabila da parte di una folla inferocita nel Nord Kivu possa preannunciare una rivolta popolare per far cadere l’attuale potere. Molti ne dubitano. Gli abitanti di Kinshasa ricordano bene che le forze dell’ordine sparano molto facilmente contro i manifestanti. I morti delle violenze pre e post elettorali del 2011 sono ancora fresche nella loro memoria. Secondo un alto funzionario delle Nazioni Unite a New York, “solo l’esercito” potrebbe destabilizzare il regime.[13]
Secondo fonti ben informate presso l’Assemblea Nazionale, il governo avrebbe ritirato i quattro disegni di legge sulla revisione di alcune disposizioni della Costituzione. Secondo le stesse fonti, il governo lo avrebbe fatto nella più totale discrezione, per evitare la ripetizione del caso del Burkina Faso nella RDCongo. L’idea era quella di modificare la Costituzione, per consentire a Kabila di presentarsi alle elezioni del 2016 per un terzo mandato presidenziale. Questo cambiamento di strategia all’ultimo minuto è dovuto alla pressione interna e della comunità internazionale che chiede a Kabila di rispettare la Costituzione che limita a due i mandati presidenziali. Poiché il tentativo della revisione costituzionale non ha retto, il potere starebbe ora prendendo in considerazione la strategia di un prolungamento del mandato di Kabila oltre il 2016, mediante uno slittamento delle elezioni con l’installazione dell’Ufficio Nazionale di Identificazione della popolazione (ONIP), struttura responsabile dell’organizzazione di un censimento da organizzarsi prima delle stesse elezioni.[14]
b. La comunità Internazionale
L’Unione Europea ha annunciato che non contribuirà al finanziamento delle elezione se il governo e la commissione elettorale non presenteranno un calendario globale e un bilancio complessivo.
Gli Stati Uniti sono andati oltre, pronunciandosi chiaramente contro un eventuale emendamento costituzionale che permetterebbe al Presidente Joseph Kabila di rimanere al potere oltre i suoi due mandati costituzionali.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva già avvertito un mese fa: «Nessun appoggio logistico da parte della Monusco senza tabella di marcia e senza previsioni finanziarie per le elezioni». L’Unione europea ha fatto la stessa cosa. Ancora nessuna linea rossa da parte dell’Europa, ma un semplice avvertimento. Si tratta di “un segnale chiaro e deliberato per delle elezioni libere e trasparenti”, si dice da parte dell’Unione Europea. Ma si sa che Bruxelles non procederà al finanziamento senza un calendario preciso e un preventivo economico chiaro.[15]
c. I gruppi parlamentari dell’UNC, dell’UDPS e del MLC
L’8 dicembre, in una dichiarazione pubblicata a Kinshasa, i gruppi parlamentari dell’UNC, dell’UDPS, del MLC e loro alleati hanno affermato che, all’avvicinarsi della fine della sessione parlamentare in corso, il potere inizia, con astuzia, ad innescare dei meccanismi di resistenza alla possibilità di un’alternanza politica democratica, creando ostacoli artificiali al completamento del processo elettorale del 2011.
Tra questi ostacoli, l’opposizione politica denuncia, tra l’altro:
- La tendenza del governo attuale a comportarsi come se non vi fosse alcuna legge elettorale in vigore, attraverso cui si potrebbe concludere il ciclo elettorale in corso;
- La creazione dell’Ufficio Nazionale per l’identificazione della popolazione (ONIP), che monopolizza compiti riservati all’amministrazione normale, compreso il ministero degli Interni, la nomina, al suo interno, di personaggi dal colore politico a favore del governo in carica e la subordinazione delle elezioni all’organizzazione di un censimento;
- L’incremento dell’insicurezza e della criminalità in alcune province del paese, che potrebbe diventare un pretesto per non andare alle elezioni;
- L’evidente mancanza di volontà politica di organizzare le elezioni entro le scadenze normali, bloccando i fondi stanziati nel 2012, 2013 e 2014 per le elezioni, quando si assegnano dei fondi pubblici a progetti non previsti dalla legge di stabilità.
Pertanto, l’opposizione politica
- dichiara inappropriato l’esame in Parlamento di qualsiasi iniziativa relativa ad una nuova legge elettorale;
2. afferma che, senza una pianificazione globale, finanziata e consensuale, comprendente l’organizzazione anche delle elezioni presidenziali tre mesi prima della fine del secondo e ultimo mandato del presidente in carica, ogni altra iniziativa non è altro che un fuga in avanti e una perdita di tempo per provocare uno slittamento delle scadenze elettorali; - esige un consenso sul processo elettorale secondo gli standard internazionali, cioè l’accordo di tutte le parti interessate nel processo nella definizione delle opzioni fondamentali che dovranno orientare l’organizzazione delle elezioni.
- afferma che, in Parlamento, non parteciperà ad alcun dibattito relativo al voto su iniziative di leggi elettorali.[16]
2. UN NUOVO GOVERNO DETTO DI «COESIONE NAZIONALE»
a. La composizione
Il 7 dicembre, il capo dello Stato Joseph Kabila ha nominato il governo detto di “coesione nazionale”. L’annuncio è stato dato sulle onde della radiotelevisione pubblica nel coso della notte. Questo governo di coesione nazionale era atteso da più di un anno. Joseph Kabila l’aveva annunciato nel mese di ottobre 2013, a conclusione delle concertazioni nazionali.
Il nuovo governo comprende tre vice primi ministri, due ministri di Stato, 32 ministri e 10 viceministri. L’equipe di governo comprende anche alcuni membri dell’opposizione.
Matata Ponyo rimane Primo Ministro. I tre vice primi ministri sono: Thomas Luhaka, segretario generale del MLC, un partito dell’opposizione, nominato anche ministro delle Poste e Telecomunicazioni; Evariste Boshab, segretario generale del PPRD, il partito del presidente, nominato anche ministro degli Interni e Willy Makiashi, Segretario permanente del Partito Unificato Lumumbista (Palu), nominato anche Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
Nella nuova squadra di governo sono stati inclusi anche due Ministri di Stato: Michel Bongongo, dell’UFC di Leon Kengo wa Dondo, nominato anche ministro del Bilancio, e Salomon Banamuhere, nominato ministro per il Decentramento.
Dieci ministri del precedente governo sono stati mantenuti al loro posto. Lambert Mende resta al ministero delle Comunicazioni. Raymond Tshibanda rimane ministro degli esteri. Felix Kabange Numbi resta al ministero della sanità. Martin Kabwelulu rimane al ministero delle miniere e Maker Mwangu rimane al ministero dell’Istruzione primaria, secondaria e professionale.
Altri ministri sono stati mutati ad altri ministeri. Tra loro, Tryphon Kin-kiey Mulumba è mutato dal ministero delle Poste e Telecomunicazioni a quello dei Rapporti con il Parlamento. Modeste Bahati, ministro del lavoro nel governo precedente, è stato nominato al ministero dell’economia.
Tra i volti nuovi: Germain Kambinga, del MLC, all’industria, Michel Bongongo, dell’UFC di Leon Kengo wa Dondo, nominato Ministro di Stato per il bilancio, Daniel Madimba Kalonji, dell’UDPS, nominato alla ricerca scientifica e tecnologica, Aimé Ngoy Mukena, ex governatore del Katanga, alla Difesa nazionale, Alexis Thambwe Mwamba alla Giustizia, Olivier Kamitatu alla Pianificazione, Théophile Mbemba Fundu all’Istruzione superiore e universitaria, Omer Egbwake, del MLC, al ministero per il territorio.
Questo governo detto di coesione nazionale, composto da 48 membri, compreso il Primo Ministro, non riserva molte sorprese. Infatti, comprende solo 7 membri provenienti dall’opposizione e, per giunta, dall’ala più moderata di essa. Tra questi, Thomas Luhaka, Germain Kambinga e Omer Egbwake, del MLC di Jean Pierre Bemba; Michel Bongongo, dell’UFC di Leon Kengo wa Dondo; e Daniel Madimba Kalonji, dell’UDPS di Etienne Tshisekedi. Secondo i membri della frangia radicale dell’opposizione, questa operazione di apertura dell’esecutivo all’opposizione non avrebbe altro scopo che quello di indebolirla, privandola di alcuni dei suoi membri più influenti.[17]
b. I commenti
Il nuovo governo Matata Ponyo II non è affatto un governo di “coesione nazionale”. La nomina del governo e il rinnovo di Augustin Matata Ponyo come Primo Ministro corrispondono più a un rimpasto di governo o ad un acquisto di alcuni membri dell’opposizione che alla creazione di un governo di coesione nazionale. Secondo molti osservatori, si tratterrebbe piuttosto di un governo in ordine di battaglia in vista delle prossime elezioni o di un sottile equilibrismo tra le diverse tendenze della maggioranza presidenziale. Infatti, essa mantiene la maggior parte dei 47 ministeri di cui è composto il governo Matata II.
Finora piuttosto tecnocratico, il governo diventa molto politico con l’arrivo di diversi capi dei principali partiti politici, sia della maggioranza presidenziale che dell’opposizione.
È il caso di Evariste Boshab, Segretario Generale del Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD, principale partito di maggioranza al governo. È il caso anche di Thomas Luhaka , segretario generale e leader del Movimento di Liberazione del Congo (MLC). Si possono citare anche Willy Makiadi, Segretario permanente del Partito Lumumbista Unificato (Palu), di Michel Bongongo, segretario esecutivo dell’Unione delle Forze per il Cambiamento (UFC) di Léon Kengo wa Dongo, di Olivier Kamitatu, presidente dell’Alleanza per il Rinnovamento del Congo (ARC), di Elvis Mutiri, 2° Vice Presidente dell’Alleanza per lo Sviluppo e la Repubblica (ADR) … Senza alcuna sorpresa, il governo Matata II premia i partiti politici e le persone che hanno preso parte alle “concertazioni nazionali”, fra cui il MLC e altri partiti che si erano riuniti intorno a Kengo wa Dondo in seno alla “opposizione repubblicana”.
D’altra parte, Matata si è visto togliere il controllo sui cordoni della borsa con la ricomparsa del ministero delle Finanze, ora affidato a uno dei vice direttori di gabinetto di Joseph Kabila. Gli altri portafogli più importanti (affari esteri, difesa nazionale, giustizia, comunicazioni, miniere, idrocarburi) sono affidati a persone conosciute per la loro fedeltà a Kabila.
Il primo ministro Matata Ponyo, che ha ottenuto buoni risultati macroeconomici, anche se il “sociale” è in ritardo, è apprezzato dalla comunità internazionale e mantiene la fiducia del capo dello Stato, perché continua a modernizzare il Paese lasciando, senza fiatare, che sia Kabila ad ottenerne tutto il merito.
«Si nota un chiaro rafforzamento dell’influenza della presidenza e un’ampia riduzione del margine di manovra di Matata Ponyo», ha affermato un diplomatico, secondo cui il governo si è messo in ordine di battaglia per preparare le prossime elezioni politiche.
L’apertura politica è solo di facciata: alcuni membri dell’opposizione entrati a far parte del nuovo governo, in pratica, collaboravano già da qualche tempo con la maggioranza o sono stati espulsi dal loro partito. Gli altri membri dell’opposizione prossimi a Kengo wa Dondo hanno sempre avuto “un piede dentro l’opposizione e l’altro dentro la maggioranza”.[18]
Il nuovo governo detto “Matata II” ha già provocato molte reazioni e critiche.
Infatti, se il primo ministro Matata Ponyo è stato mantenuto al suo posto, dovrà ora fare i conti con certi pesi massimi della politica. Tutti gli editorialisti congolesi concordano su un punto: il nuovo governo segna il rientro della politica. Nella nuova squadra di governo sono presenti quasi tutti i capi dei partiti che compongono la maggioranza presidenziale.
Molti s’interrogano sulla capacità di Matata Ponyo di governare in queste condizioni.
Se il governo Matata I era composto da tecnocrati prossimi al Primo Ministro e da lui stesso nominati, il governo Matata II è diverso. Ora, ci sono ben tre vice primi ministri e tutti e tre sono sotto la supervisione diretta del presidente.
Il numero due del governo, il ministro degli Interni, non è altro che Evariste Boshab, segretario generale del partito presidenziale, incarnazione dell’ala dura del partito. Egli è l’architetto della riforma della Costituzione, il primo difensore di un terzo mandato presidenziale per Joseph Kabila.
Egli sarà responsabile, tra l’altro, delle delicate questioni del censimento e delle elezioni.
Infine, il primo ministro perde il controllo sulle finanze, con la ricomparsa del ministero delle finanze assegnato ad uno dei vice capi del gabinetto del Capo dello Stato. I ministeri chiave, tra cui Affari Esteri, Difesa, Giustizia e Miniere, rimangono nelle mani di persone conosciute per la loro estrema fedeltà al presidente. In questo contesto, ci si può interrogare sul margine di manovra di cui potrà disporre il Primo Ministro Matata Ponyo.[19]
[1] Cf Radio Okapi, 06.11.’14
[2] Cf Radio Okapi, 26.11.’14
[3] Cf Christophe Rigaud – Africarabia, 13.11.’14
[4] Cf La Prospérité – Africatime, 24.11.’14
[5] Cf Radio Okapi, 02.12.’14
[6] Cf Radio Okapi, 14.12.’14
[7] Cf Christophe Rigaud – Africarabia, 09.11.’14
[8] Cf Radio Okapi, 28.11.’14; Angelo Mobateli – Le Potentiel Online – Africatime, 12.12.’14
[9] Cf Radio Okapi, 11.12.’14; Radio Okapi, 17.12.’14
[10] Cf Angelo Mobateli – Le Potentiel Online – Africatime, 12.12.’14
[11] Cf Radio Okapi, 13.12.’14; ACP – Kinshasa, 13.12.’14 (via mediacongo.net)
[12] Cf Angelo Mobateli – Le Potentiel Online – Africatime, 12.12.’14
[13] Cf AFP – Africatime, 20.11.’14
[14] Cf Yves Buya – C-News – 7sur7.cd, 17.11.’14
[15] Cf RFI, 05.12.’14
[16] Cf Angelo Mobateli – Le Potentiel – Kinshasa, 09.12.’14
[17] Cf Radio Okapi, 08.12.’14; BBC- Afrique, 08.12.’14; RFI, 08.12.’14
[18] Cf Revue de la presse – Congoforum, 09.12.’14 ; Trésor Kibangula – Jeune Afrique, 09.12.’14
[19] Cf RFI, 10.12.’14