Editoriale Congo Attualità n. 222– a cura della Rete Pace per il Congo
L’articolo 70 della Costituzione congolese è inequivocabile: «Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta». L’articolo 220 “blocca” questa disposizione, stipulando che «il numero e la durata del mandato del Presidente della Repubblica (…) non possono essere oggetto di alcuna revisione costituzionale».
Da ricordare che l’attuale presidente, Joseph Kabila, è stato “rieletto” per un secondo mandato nel novembre 2011 e che, quindi, secondo l’attuale Costituzione, non può più candidarsi per un terzo mandato.
Proteggere la nazione significa rispettare la legge fondamentale che è fondamento della nazione.
• La Conferenza Episcopale Nazionale Congolese (Cenco) ricorda al popolo e ai governanti la sua posizione circa l’inopportunità di una qualsiasi modifica della Costituzione, in particolare nei suoi articoli bloccati ed esclusi da ogni tipo di revisione. È il caso dell’articolo 220 che stipula: «La forma repubblicana dello Stato, il principio del suffragio universale, la forma rappresentativa del governo, il numero e la durata dei mandati del Presidente della Repubblica, l’indipendenza della magistratura, il pluralismo politico e sindacale non possono essere oggetto di alcuna revisione costituzionale». La Cenco disapprova anche qualsiasi tipo di iniziativa che, senza modificare direttamente l’articolo 220, tuttavia lo svuoterebbe del suo contenuto essenziale.
• Secondo la Cenco, è importante che i politici e tutto il popolo congolese capiscano l’importanza di questa disposizione costituzionale che, frutto di un ampio consenso, intende garantire la stabilità del Paese. Questa disposizione costituzionale riflette e protegge le opzioni fondamentali relative alla natura dello Stato congolese che è una Repubblica e non una monarchia, alla natura della democrazia congolese che è una democrazia rappresentativa fondata sul suffragio universale e alla natura del potere politico che non può essere personalizzato o assoluto, cioè autocratico e dittatoriale.
• I costituenti hanno reso intangibili queste opzioni mediante l’articolo 220, al fine di “proteggerle dai capricci della politica e da intempestive revisioni“. Quindi, cercare di violare queste disposizioni costituirebbe un pericoloso precedente nel lungo cammino verso la pace e l’unità nazionale e aprirebbe la via verso il regno dell’arbitrario. Il popolo congolese non può essere tenuto in ostaggio da pratiche politiche che sacrificano gli interessi della nazione.
Alcuni la pensano diversamente
Soprattutto in queste ultime settimane, alcuni importanti esponenti della Maggioranza Presidenziale (MP) hanno insistito sul fatto che la Costituzione può essere modificata, pur attenendosi alle modalità già previste nello stesso articolo 218. Secondo loro, anche l’articolo 220 della Costituzione potrebbe essere modificato, mediante il consenso del popolo espresso attraverso un referendum popolare. E concludono che «rispettare la Costituzione significa rispettare anche la sua procedura di revisione». A partire da tali dichiarazioni, i Congolesi dovrebbero essersi chiaramente accorti che la Costituzione del 18 Giugno 2006 rischia di non avere più articoli “bloccati” perché, in qualsiasi momento, un referendum popolare può far saltare il “blocco” attuale. Il tempo in cui Gesù parlava in parabole è ormai finito. La posizione della maggioranza presidenziale (MP) è ormai chiara: gli articoli intangibili della Costituzione possono essere “sbloccati” per via referendaria, se tale è la volontà del popolo. Ciò che preoccupa è sapere se il popolo potrà essere veramente libero di esprimere la sua volontà attraverso l’operazione referendaria e se la sua volontà, espressa nelle urne, sarà pienamente rispettata.
Dietro il dibattito sulla riforma costituzionale
Sull’orizzonte si sta profilando un dibattito generale, in cui la maggioranza presidenziale pubblicizza i risultati conseguiti dal 2006 nel campo politico, diplomatico, militare, economico, sociale e culturale, mentre invece l’opposizione parla di un “bilancio ampiamente negativo”, per non dire a “saldo zero”. Secondo la maggioranza presidenziale, occorrerebbe sbloccare tutti gli articoli bloccati della Costituzione, per consentire al Capo dello Stato di consolidare la pace, la coesione nazionale, la stabilità macroeconomica, la modernizzazione delle infrastrutture di base, per permettere alla RDCongo di diventare un “paese emergente” entro il 2030.
L’opposizione, invece, sottolinea l’imperativo dell’alternanza al potere, per portare il Paese verso una pace duratura, soprattutto nell’est, preda d’innumerevoli forze negative interne ed esterne, favorire una vera coesione nazionale, rilanciare un’economia moribonda, sconfiggere una povertà che affligge la maggior parte della popolazione, sradicare gli antivalori (corruzione, concussione, clientelismo politico, impunità) e governare in maniera diversa il grande Congo. Secondo l’opposizione, è migliorata solo la vita quotidiana di ministri, deputati, senatori e altri funzionari pubblici, mentre le masse popolari languono ancora in condizioni di estrema povertà a causa del malgoverno.
Resta da vedere se coloro che detengono le redini del potere, spesso inclini a confiscare la parola a coloro che non hanno la loro stessa visione sulla gestione del bene comune, accetteranno che il loro bilancio sia pubblicamente messo in questione dai loro avversari politici, a Kinshasa e all’interno del Paese. Nel contesto politico congolese, il diritto di tutti alla parola è spesso molto problematico. Infatti, si constata che, mentre alcuni hanno tutto da dire, altri non possono mai avere qualcosa da dire. In previsione della campagna che precederà un eventuale referendum sulla revisione o meno della Costituzione, si teme che quelli che vi sono “contrari” siano detenuti, arrestati, picchiati e gettati in prigione, prima o dopo un incontro pubblico, all’ingresso o all’uscita di uno studio televisivo o radiofonico. Ma se quelli che vi sono “favorevoli” escludono qualsiasi possibilità di replica da parte di coloro che vi sono “contrari”, ci si può chiedere se, in occasione di un eventuale referendum sulla modificazione o meno della costituzione, essi permetteranno che il popolo congolese si esprima in tutta indipendenza e nella piena conoscenza delle sfide politiche in gioco.
Tutti dovranno accettare le regole del gioco
Se la maggioranza ha il diritto di potersi organizzare per conservare il potere, è altrettanto vero che essa deve riconoscere anche all’opposizione il diritto di organizzarsi per prendere il potere.
Nella competizione tra maggioranza e opposizione, sarà il più forte a vincere. Ma una competizione elettorale leale esige anche trasparenza, equità e rispetto delle regole del gioco.
Inoltre, la gestione del paese impone ai governanti di preservare l’unità e la coesione nazionale, in particolare sulle principali opzioni politiche. I politici hanno quindi il dovere di saper superarsi, per dare al popolo una garanzia di stabilità politica. È del tutto legittimo che la maggioranza aspiri a mantenere il potere. Ma lo dovrà fare nel rispetto delle regole vigenti, senza pretendere di cambiarle in vista di interessi personali o di gruppo. Sotto questo punto di vista, nulla può giustificare la revisione dell’articolo 220 della Costituzione attualmente in vigore.
In gennaio 2014, presentando in parlamento la “Roadmap” dell’insieme delle operazioni elettorali, la Ceni aveva proposto, per motivi economici e per ristrettezza di tempo, di organizzare le elezioni dei deputati provinciali a “suffragio universale indiretto”, modificando l’articolo 197 della Costituzione che prevede, invece, elezioni a “suffragio universale diretto”.
Ma alla luce del dibattito in corso su un eventuale referendum popolare per la revisione della costituzione, sembra che il problema della CENI non sia affatto di ordine finanziario. A questo proposito, gli osservatori notano che un referendum popolare costa quanto le elezioni dei deputati provinciali a suffragio universale diretto, poiché entrambi gli scrutini coprono l’intero territorio nazionale.
Se si afferma che il Tesoro congolese è in grado di pagare le spese per organizzare un referendum in vista della revisione della Costituzione, dovrebbe logicamente essere in grado di sopportare anche l’onere finanziario di elezioni dirette dei deputati provinciali.