INDICE
EDITORIALE: La politica del doppio binario
1. POLITICA E GIUSTIZIA
a. Il Generale Gabriel Amisi “assolto” per mancanza di prove convincenti
b. Il deputato Jean-Bertrand Ewanga arrestato dopo una manifestazione dell’opposizione
2. GRUPPI ARMATI E INSICUREZZA
a. Le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR)
b. Le Forze Democratiche Alleate (ADF)
c. I miliziani Maï-Maï
3. QUESTIONI TRANSFRONTALIERE TRA RDCONGO E RUANDA
1. POLITICA E GIUSTIZIA
a. Il Generale Gabriel Amisi “assolto” per mancanza di prove convincenti
Il 30 luglio, il Consiglio Supremo della Difesa ha “assolto” il Generale Gabriel Amisi, ex Capo di Stato Maggiore delle forze terrestri, dalle accuse di traffico d’armi a destinazione di bracconieri e di gruppi armati attivi nell’est del Paese. «Dopo esame delle informazioni supplementari fornite dalla commissione d’inchiesta (…) e in mancanza di altre prove convincenti, il Consiglio ha “approvato” il rapporto della commissione che ha “assolto” l’interessato», indica il verbale della riunione del Consiglio, che non ha specificato se il generale Amisi potrà riprendere l’incarico di Capo di Stato Maggiore delle forze terrestri. Secondo altre fonti, essendo anche la sua sospensione stata revocata, il presidente Joseph Kabila lo ha riabilitato nelle sue funzioni.
Il 15 novembre 2012, il gruppo di esperti delle Nazioni Unite aveva pubblicato un rapporto in cui spiegava che il generale Amisi, soprannominato “Tango Fort”, «controllata una rete di distribuzione di munizioni a destinazione di bracconieri e di gruppi armati». Il rapporto aggiunge che «la polizia congolese e le autorità locali hanno informato il gruppo (di esperti) che, nel luglio 2012, il generale Amisi aveva inviato un camion dell’esercito per fornire circa 300 fucili AK-47 ai membri della milizia Nyatura», accusata di gravi violazioni dei diritti umani perpetrate contro le popolazioni civili. Nel traffico di armi e munizioni sono implicati anche dei collaboratori stretti del generale e altri alti ufficiali. Il rapporto concludeva che «le forze armate congolesi continuano ad essere implicate in reti criminali che permettono agli alti ufficiali di arricchirsi attraverso il controllo sulle risorse naturali e il contrabbando di minerali e d’avorio».
Il 22 novembre 2012, il presidente Joseph Kabila aveva sospeso il generale Amisi e ordinato una “inchiesta approfondita” sulle “responsabilità in questo traffico illegale e criminale”, come annunciato, in quel tempo, da Lambert Mende, portavoce del governo. Dal momento della sospensione di Gabriel Amisi, il generale François Olenga aveva assunto il ruolo di Capo di Stato Maggiore delle forze terrestri.[1]
L’Associazione congolese per l’accesso alla giustizia (Acaj), ha contestato l’inchiesta che ha portato all’assoluzione del generale Gabriel Amisi, perché l’ha ritenuta priva d’imparzialità.
L’Acaj aveva raccomandato alle autorità della RDCongo di affidare la supervisionare dell’inchiesta a un’autorità giudiziaria e di assicurare che l’inchiesta fosse “indipendente, imparziale e approfondita”. Ma l’Acaj ha dovuto constatare che «invece delle conclusioni di un’inchiesta giudiziaria, sono quelle di una commissione formata da membri delle FARDC (l’esercito congolese) che hanno motivato la decisione del Consiglio supremo di difesa di assolvere il generale Amisi». «È un chiaro esempio di impunità al vertice dello stato congolese. È deludente», ha reagito l’avvocato Omar Kavota, vicepresidente e portavoce della società civile della provincia del Nord Kivu.[2]
Il 6 agosto, la Monusco ha detto di “prendere atto” della riabilitazione del Generale Gabriel Amisi ‘Tango Four”, ma ha criticato il fatto che nessuna indagine giudiziaria sia mai stata aperta contro l’ufficiale dell’esercito congolese riabilitato.
«La Monusco prende nota del fatto che, il 1° agosto 2014, il Consiglio superiore della Difesa ha assolto e riabilitato nelle file delle FARDC il generale Gabriele Amisi Kumba», ha affermato Scott Campbell, il capo della divisione “diritti umani” della missione delle Nazioni Unite nella RDCongo.
La Monusco si è detta preoccupata per il fatto che, a sua conoscenza, nessuna inchiesta giudiziaria è stata finora aperta contro il generale Amisi.
Dopo la sua sospensione, il Generale Amisi non è mai stato interrogato. Il procuratore militare aveva indicato che non poteva prendere in mano il caso, perché nessun magistrato ha il grado del Generale sospeso che gli permetta di condurre un’inchiesta giudiziaria su di lui. Un magistrato ha spiegato che solo il Capo dello Stato ha la facoltà di metterlo sotto accusa, ma che rimane sempre il problema della competenza dei magistrati militari che dovrebbero interrogarlo.[3]
b. Il deputato Jean-Bertrand Ewanga arrestato dopo una manifestazione dell’opposizione
Il 4 agosto, a Kinshasa, alcune migliaia di persone hanno aderito a una manifestazione indetta dall’opposizione congolese, per protestare contro un’eventuale modifica costituzionale che permetterebbe al presidente Joseph Kabila di rimanere al potere oltre il 2016.
“Non toccare la mia Costituzione” è stata la parola d’ordine della manifestazione. Nessun terzo mandato presidenziale per Joseph Kabila, accusato dall’opposizione di voler rimanere al potere.
In primo luogo, il segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Bruno Mavungu, ha affermato che Kabila dovrebbe cercare una via d’uscita onorevole prima che le cose si mettano male nei suoi confronti. Egli sa, ha detto Mavungu, di non aver vinto le elezioni e di aver fatto un colpo di stato elettorale. È Etienne Tshisekedi che ha vinto le elezioni e è lui il presidente eletto, ha ripetuto Mavungu. Secondo l’UDPS, l’unico modo per Kabila di uscire dalla scena politica con onore rimane l’apertura di un dialogo con l’opposizione che gli chiederà di restituire il potere al presidente eletto Etienne Tshisekedi. «Non si può aspettare il 2016. Kabila deve andare a casa ora. Kabila deve lasciare il potere subito dopo il suo ritorno da Washington», ha insistito Bruno Mavungu.
Jean-Bertrand Ewanga, segretario generale dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), il terzo partito di opposizione guidato da Vital Kamerhe, ha confermato che il presidente eletto è Etienne Tshisekedi. Ewanga ha affermato che Kabila deve lasciare il potere, altrimenti sarà inviato alla Corte penale internazionale, e ha aggiunto: «Nel 2016 Kabila deve andare a casa. Per questo ci opponiamo ad ogni tentativo di modifica della Costituzione». Da parte sua, il presidente del Partito laburista, Steve Mbikayi, ha deplorato il fatto che la maggioranza presidenziale voglia cambiare la Costituzione per compiacere un individuo o un gruppo di individui e ha chiesto l’apertura di un vero dialogo che consacri il ritorno alla legittimità. «Non possiamo accettare che la Legge fondamentale sia al servizio di un individuo», ha detto Christopher Ngoyi Mutamba, uno dei leader della società civile presenti alla manifestazione. L’evento ha avuto luogo in Place Sainte-Thérèse, a Kinshasa. La presenza della polizia è stata discreta rispetto alle precedenti manifestazioni dell’opposizione, spesso interdette o impedite.[4]
Il 5 agosto, Jean-Bertrand Ewanga, deputato nazionale e segretario generale dell’UNC, è stato arrestato nelle prime ore del mattino, il giorno dopo la manifestazione dei partiti di opposizione contro un’eventuale revisione della Costituzione. L’ufficio stampa dell’UNC ha affermato che «secondo fonti familiari, degli agenti dell’ANR (National Intelligence Agency) e della polizia hanno circondato la casa verso le 04:30 (03:30 GMT) del mattino. Hanno fatto irruzione nella sua casa alle 6:00, muniti di un mandato d’arresto emesso dalla Procura per istigazione all’odio».
Jean-Bertrand Ewanga è stato trasferito alla Corte Suprema di Giustizia (CSJ). Egli è stato accusato di aver insultato il Capo dello Stato, Joseph Kabila. In flagranza di reato, il processo è iniziato subito nel pomeriggio. Secondo l’accusa, in occasione del meeting del giorno precedente, il segretario generale dell’UNC avrebbe detto che “Kabila è un ladro, è ruandese e dovrebbe ritornare al suo paese”. Jean-Bertrand Ewanga rischia da 3 a 5 anni di carcere, indicano i suoi avvocati, che deplorano però un errore di procedura. Secondo loro, in caso di flagranza di reato, la Corte avrebbe dovuto dapprima informare il Presidente dell’Assemblea Nazionale, poiché Jean-Bertrand Ewanga è deputato nazionale. Ma questo requisito non è stato rispettato.[5]
Gli avvocati di Jean-Bertrand Ewanga hanno sollevato la questione della legittimità costituzionale della legge sulla procedura in flagranza di reato. L’avvocato Jean-Paul Basa ha dichiarato che «la legge sulla procedura in flagranza che è stata applicata viola le disposizioni costituzionali, in particolare l’articolo 21». Il Segretario Generale della RDC / K ML, Koloso Sumaili, ha osservato che «si è seguito la procedura in flagranza, ma Ewanga è stato arrestato presso il suo domicilio, il 5 agosto, alle 06h00, mentre i fatti che gli sono contestati sono avvenuti a N’djili, il giorno precedente, il 4 agosto, alle 14h00. Si è constatato che non esiste flagranza».
Godé Bononga, uno degli avvocati d’Ewanga, afferma che «si accusa il nostro cliente d’aver detto che Kabila è un ladro, ma egli lo smentisce. Gli si rimprovera di aver detto che Kabila è un ruandese, ma egli lo nega». Godé Bononga ritiene inoltre che «il procuratore generale non abbia rispettato la legge. Non c’era alcun verbale di constatazione dei fatti e il procuratore generale non ha informato il Parlamento sulle procedure iniziate contro un deputato», membro del Parlamento.
La Corte Suprema di Giustizia ha quindi sospeso il procedimento in flagranza di reato e ha deciso di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale. In prima serata, la Corte Suprema di Giustizia ha sospeso il processo fino a quando la Corte Costituzionale si pronunci sulla costituzionalità o meno della legge applicata. Ha anche ordinato gli arresti domiciliari di Jean-Bertrand Ewanga, data la sua posizione di deputato nazionale. Ma l’Ufficio del Procuratore Generale ha deciso di porre il segretario generale dell’UNC in detenzione preventiva alla prigione centrale di Makala.[6]
Il ministro dell’Interno, Richard Muyej, ha dichiarato ai giornalisti che «sono stati analizzati tutti i discorsi [tenuti durante la manifestazione]» e che quello del deputato Ewanga aveva «particolari caratteristiche» di ostilità. Ha aggiunto che il deputato Ewanga ha «abusato della sua libertà di espressione» e che «è andato oltre i limiti».
Da parte sua, Aubin Minaku, presidente dell’Assemblea Nazionale dei deputati, ha affermato che «secondo la Costituzione e il regolamento interno dell’Assemblea, in caso di reato flagrante, anche un parlamentare può essere immediatamente arrestato e potato davanti alle giurisdizioni congolesi».
Per Jean Baudouin Mayo, membro dell’UNC, si tratta di una manovra per «cercare di indebolire l’opposizione, indebolire l’UNC e il suo presidente» Vital Kamerhe, ex alleato del presidente Joseph Kabila ma diventato una delle principali figure dell’opposizione.
Alcuni deputati dell’opposizione si sono incontrati con il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Aubin Minaku, per chiedergli di intervenire, affinché il deputato sia messo agli arresti domiciliari nella sua casa di residenza.[7]
Il 6 agosto, il Procuratore Generale della Repubblica, Flory Kabange Numbi, ha dichiarato che la procedura di flagranza seguita nel caso di Jean-Bertrand Ewanga è legale. A questo proposito, ha affermato che «il deputato deve rispondere dei fatti che gli sono imputati, offesa nei confronti del Capo dello Stato e incitamento all’odio tribale e razziale».
Ha ricordato che il deputato Ewanga è perseguito sulla base del decreto legge n. 78/001 del 28 febbraio 1978, relativo alla repressione dei reati flagranti per offesa nei confronti del Capo dello Stato. Questi eventi sono definiti e sanciti dall’articolo 1 del decreto-legge n. 300 del 16 dicembre 1963. Ha aggiunto che Bertrand Ewanga è accusato anche di incitamento all’odio tribale o razziale, come definito e sancito all’articolo 1 del decreto-legge n. 66-432 del 7 giugno 1966.
Flory Kabange sostiene che la legge sulla fragranza non è stata violata dal pubblico ministero che, secondo lui, doveva agire immediatamente e non oltre le 24 ore. Ha definito la fragranza in questi termini: «Secondo il diritto, l’infrazione flagrante è quella che è appena stata commessa, o che è stata commessa ieri o l’altro ieri» e ha aggiunto: «Siamo dunque nel tempo vicina all’azione intrapresa contro il presunto autore dell’infrazione».
Alla domanda sulla legalità dell’arresto di Bertrand Ewanga, il PGR ha detto di sì. La procedura è stata rispettata, dal momento che il mandato di arresto emesso è stato inviato all’ispettore generale della polizia nazionale per esecuzione. Flory Kabange ha precisato che il mandato d’arresto del deputato Ewanga è stato eseguito dalla polizia e non dagli agenti dell’Agenzia di intelligence nazionale (ANR).
Per quanto riguarda il luogo d’assegnazione a residenza sorvegliata, Flory Kabange ha indicato che è il PGR che deve mettere in esecuzione la misura disposta dalla Corte Suprema di Giustizia. Ha poi affermato di aver custodito Ewanga nella prigione centrale di Makala perché, afferma: «la sola residenza messa a mia disposizione dall’autorità, fino a prova del contrario, è quella dove Ewanga si trova ora».[8]
Il 7 agosto, in un incontro con il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Aubin Minaku, la delegazione dell’Unione Europea nella RDCongo ha espresso la sua preoccupazione per l’arresto del deputato nazionale Jean-Bertrand Ewanga. Membro della delegazione dell’UE, Bruno Hanses ha dichiarato: «L’arresto del deputato non contribuisce a costruire un clima politico sereno. Ribadiamo l’importanza che attribuiamo al rispetto dei diritti umani e delle libertà civili. La formazione di uno stato di diritto e la difesa dei diritti umani sono elementi essenziali del partenariato tra l’UE e la RDCongo». Accompagnato dagli ambasciatori francese Luc Hallade, belga Michel Latstchenko e britannico Jon Lambe, Bruno Hanses ha aggiunto: «Abbiamo chiesto alle autorità del paese di prendere le misure necessarie per garantire l’esercizio della libertà di espressione e assicurare uno spazio aperto al dibattito politico».
Da parte sua, Aubin Minaku ha chiesto al Procuratore Generale della Repubblica di eseguire fedelmente la decisione della Corte Suprema di Giustizia (CSJ), rimanendo nello spirito e nei termini della sentenza sull’assegnazione del deputato Bertrand Ewanga agli arresti domiciliari. Secondo Tupa Kamango, consigliere giuridico del presidente della Camera dei deputati, «il presidente dell’Assemblea nazionale ha informato gli ambasciatori che avrebbe scritto al Procuratore Generale della Repubblica, affinché vi sia una fedele esecuzione dei termini indicati dalla CSJ, termini che derivano da una disposizione di legge che prevede che, in materia di detenzione preventiva di un deputato nazionale, tale misura è sostituita dalla assegnazione agli arresti domiciliari».[9]
Jean Bertrand Ewanga, detenuto per due giorni presso il carcere di Makala, è stato trasferito all’Hotel Invest, nei pressi della televisione pubblica congolese – RTNC, in attesa del parere della Corte Costituzionale sul motivo di incostituzionalità sollevato dai suoi avvocati. «La sua sistemazione all’Hotel Invest non è conforme alla legge», ha affermato l’avvocato e deputato John Baudouin Mayo, anche lui membro dell’UNC. «Per residenza sorvegliata si intende il suo domicilio posto sotto controllo. Ma anche un hotel sorvegliato, è meglio della prigione», ha sottolineato. Tale decisione è avvenuta dopo l’incontro tra il Presidente dell’Assemblea Nazionale e gli ambasciatori dei paesi membri dell’UE a Kinshasa.[10]
Il 10 agosto, l’UNC ha chiesto l’immediato rilascio del suo Segretario Generale, Jean-Bertrand Ewanga, agli arresti domiciliari presso l’hotel Invest di Kinshasa. Il segretario inter-federale dell’UNC, il deputato Jean Baudouin Mayo, ha respinto le accuse di oltraggio nei confronti del Capo dello Stato e d’istigazione all’odio razziale imputate a Jean-Bertrand Ewanga dal Procuratore Generale della Repubblica. Jean Baudouin Mayo crede nell’innocenza del Segretario Generale dell’UNC: «politicamente e anche secondo il diritto, i fatti imputati a Ewanga non sono ancora stati verificati. Non c’è nemmeno fragranza. Ciò che è vero è che ci sono state delle persone che hanno riferito al Presidente della Repubblica determinate cose proprio quando si trovava a Washington per il vertice Stati Uniti-Africa. Cose non vere». Tuttavia, egli spera che Joseph Kabila, rientrato dal vertice USA/Africa, «si renderà conto della verità e […]prenderà provvedimenti contro coloro che l’hanno indotto in errore». Jean Baudouin Mayo ha inoltre denunciato il mancato rispetto della prima decisione giudiziaria presa: «attendendo che l’ordinanza della Corte sulla disposizione degli arresti domiciliari sia rispettata, l’hotel Invest non è il domicilio di Ewanga».[11]
2. GRUPPI ARMATI E INSICUREZZA
a. Le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR)
Il 24 luglio, i membri delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR) raggruppati a Walungu (Sud-Kivu) non sono ancora stati trasferiti a Kisangani (Provincia Orientale) come era stato previsto. Questi ex-combattenti affermano di attendere l’autorizzazione dei loro superiori che avevano condizionato il trasferimento a un previo controllo del sito di transito di Kisangani. In totale, sono 313 combattenti e loro familiari che, divisi in quattro gruppi, si trovano ancora a Walungu. L’aereo noleggiato dal governo congolese per il loro trasporto a Kisangani è fermo all’aeroporto di Kavumu, vicino a Bukavu, da oltre una settimana. Nel frattempo, altre 220 persone, tra cui 56 ex combattenti ruandesi delle FDLR, sono raggruppate a Karhala, nei pressi di Mwenga, e attendono la partenza del primo gruppo da Walungu, per deporre le armi ed essere inviati al campo di disarmo della Monusco a Walungu. Dallo scorso maggio, nelle province del Nord e Sud Kivu, sono vari i ribelli ruandesi che hanno volontariamente deposto le armi.[12]
Il Consiglio di Sicurezza del territorio di Walungu (Sud Kivu) ha criticato la diffusione di volantini che invitavano la popolazione locale ad opporsi alla presenza degli ex combattenti delle FDLR a Walungu centro e ha esortato gli abitanti a non cedere di fronte all’incitamento alla violenza contro i membri delle FDLR raggruppati nel sito di transito. Il vice amministratore del territorio di Walungu, Colin Kasongo, ha affermato che «questi combattenti devono uscire dalla foresta per ritornare in Ruanda, affinché l’est della RDCongo possa usufruire d’una pace duratura» e ha detto che il Consiglio di Sicurezza locale ha deciso di sensibilizzare la popolazione attraverso le radio locali, comizi e incontri. Da parte sua, il coordinamento della società civile del Sud Kivu accoglie con favore questo provvedimento, indicando che gli ex ribelli delle FDLR non rappresentano più alcun pericolo, in quanto sono disarmati e raggruppati in un campo controllato da militari della MONUSCO e delle FARDC.[13]
Il 26 luglio, il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha assicurato che i membri delle FDLR rimarranno a Kisangani (Provincia Orientale) solo un mese circa, perché saranno poi trasferiti a Irebu (Equateur) e che la procedura del loro rimpatrio in Ruanda o del loro trasferimento in un paese terzo di asilo potrebbe durare circa sei mesi. Secondo Mende, è indispensabile trovare una soluzione al problema delle FDLR, sfruttato dal regime ruandese come pretesto per aggredire il territorio congolese.[14]
Il 4 agosto, la società civile di Lubero ha accusato le FDLR di aver ferito, a colpi di machete, nel corso delle ultime due settimane, dieci persone, nella zona di Magelegele, a circa 200 km a ovest di Butembo (Nord Kivu). Sempre secondo la società civile, i ribelli ruandesi hanno sequestrato anche un infermiere incaricato delle vaccinazioni. Il presidente della società civile di Lubero, Joseph Malikidogo, ha inoltre accusato le FDLR di costringere la popolazione a lavori forzati. Joseph Malikidogo ha chiesto un maggiore dispiegamento delle FARDC e della polizia, per poter sconfiggere questo gruppo e garantire la sicurezza della popolazione. Il presidente della società civile ha dichiarato di cominciare a dubitare sull’esito finale del processo di disarmo volontario delle FDLR, perché esse continuano a commettere troppe atrocità contro la popolazione civile. Joseph Malikidogo rammarica che questa insicurezza impedisca anche il corretto svolgimento dei preparativi delle prossime elezioni. Lo scorso giugno, anche la Monusco aveva espresso la sua preoccupazione per le violazioni dei diritti umani commesse dai ribelli ruandesi delle FDLR a Walikale, Lubero e Rutshuru, sempre nel Nord Kivu. La Monusco aveva parlato di arresti arbitrari, furti di prodotti agricoli, minacce di morte, incendi di villaggi e torture fisiche.[15]
Il 5 agosto, l’inviato speciale degli Stati Uniti per la regione dei Grandi Laghi, Russ Feingold, ha affermato che il governo americano esige un rapido disarmo dei ribelli ruandesi delle FDLR. Russ Feingold l’ha detto in occasione del vertice Usa-Africa che si è tenuto a Washington e cui ha partecipato anche il presidente congolese Joseph Kabila. Russ Feingold ha detto che nulla giustifica la richiesta di negoziati politici da parte delle FDLR e ha insistito sul fatto che esse devono essere disarmate e smobilitate “entro e non oltre la fine dell’anno”. Secondo Russ Feingold, gli Stati Uniti ritengono che, «per quanto riguarda le FDLR, l’opzione militare non solo deve essere presa in considerazione, ma deve essere già messa in programma». Egli ha inoltre sottolineato che, «se le FDLR desiderano arrendersi, cercheremo di verificare se tale desiderio corrisponde al vero. Ma devono arrendersi in fretta».[16]
Il 7 agosto, il capo della Monusco, Martin Kobler, ha dichiarato che «tutti i combattenti ruandesi delle FDLR, compresi i loro capi, devono deporre le armi immediatamente (…) e quelli che sono ricercati dalla giustizia devono rendere conto dei loro atti». L’ha dichiarato in occasione della presentazione del rapporto sulla situazione della RDCongo ai 15 membri del Consiglio di Sicurezza. Nel suo discorso, Martin Kobler ha raccomandato «un’azione militare contro i membri delle FDLR che non vogliono deporre le armi o che continuano a violare i diritti umani». Martin Kobler ha precisato che, dal 2002 fino ad oggi, «11.000 combattenti delle FDLR sono stati disarmati e reintegrati nella società ruandese» e che circa 1.500 sono ancora nella RDCongo. Il capo della Monusco ha affermato che «la fine delle FDLR segnerà un punto di svolta che cambierà radicalmente la situazione nell’est della RDCongo e nella regione».[17]
Interrogato sull’ultimo avvertimento di Martin Kobler, capo della missione delle Nazioni Unite nella RDCongo (Monusco), Laforge Fils Bazeye, portavoce delle FDLR, non nasconde la sua rabbia: «Noi trasformiamo la nostra lotta armata in lotta politica e per fare questo abbiamo bisogno che, in Ruanda, si apra uno spazio politico, affinché possiamo ritornarvi come partito politico riconosciuto. È tutto ciò che chiediamo. Invece di esigere che Kigali apra lo spazio politico, ci si minaccia, dandoci degli ultimatum. Questo è davvero inaccettabile. Non possiamo accettare che l’iniziativa cui abbiamo aderito si trasformi in resa».
Il capo della Monusco, Martin Kobler, che chiede agli ultimi FDLR di deporre le armi sotto pena di una prossima azione militare, risponde deciso: «Non so perché le FDLR pensino che consideriamo questa iniziativa come una resa. Non uso mai la parola “resa”, si tratta di un processo di disarmo volontario. Hanno proposto il disarmo volontario, ora occorre continuarlo». Per quanto riguarda la richiesta delle FDLR di far pressione sul Ruanda in vista dell’integrazione del loro movimento nella scena politica ruandese, Martin Kobler è chiaro: il mandato della Monusco non è politico. Ci sono degli organismi regionali che svolgono tale funzione.[18]
Risulta difficile risolvere il problema delle FDLR, soprattutto a causa dell’intransigenza del presidente ruandese Paul Kagame che non vuole dialogare con loro.
Cosa si può fare affinché egli cambi il suo atteggiamento nei confronti di quelli che lui chiama “genocidari”, anche se la maggior parte dei rifugiati ruandesi non sono minimamente implicati nei massacri dei Tutsi? A questo proposito, analisti politici e specialisti della problematica della Regione dei Grandi Laghi sono del parere che l’arroganza del presidente ruandese è dovuta al sostegno ricevuto dai Paesi anglosassoni. Sarebbe sufficiente che essi cessassero di appoggiarlo e lui cambierebbe subito atteggiamento. Affinché ciò sia possibile, i Paesi anglosassoni vogliono dapprima assicurarsi che l’indebolimento di Kagame possa produrre dei vantaggi politici.
È qui che l’opposizione ruandese, soprattutto quella che risiede all’estero, deve dimostrarsi credibile e offrire garanzie sufficienti tali da permettere un’alternanza democratica al potere. Ma se l’opposizione ruandese dimostra tendenze revansciste, è certo che i sostenitori di Kagame e la comunità internazionale non possono tollerare un’altra catastrofe in Ruanda, dato che il genocidio del 1994 ha gravemente danneggiato la loro immagine, a causa della loro indifferenza di fronte alle tristi vicende che hanno poi portato a ciò che oggi si vive nell’est della RDCongo.
In ogni modo, le FDLR devono poter ritornare in Ruanda, loro patria. Se finora non lo hanno fatto, è perché hanno paura di Kagame, che ha fatto della loro presenza nella RDCongo un alibi per continuare a giustificare le sue varie invasioni dell’est della RDCongo, al fine di saccheggiarne le risorse minerarie. Ma prima o poi le FDLR dovranno poter ritornare a casa loro. Il Ruanda appartiene ai Tutsi e agli Hutu. Essi devono necessariamente convivere.[19]
b. Le Forze Democratiche Alleate (ADF)
Il 28 luglio, nel territorio di Beni (Nord Kivu), le FARDC e la MONUSCO hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione per esortare i restanti ribelli ugandesi dell’ADF a deporre volontariamente la armi e a rilasciare gli ostaggi. Un elicottero della Monusco ha lanciato dei volantini sui villaggi di Abia, Bango, Manzati, Kakuka e Kayinama, dove da 200 a 300 persone sarebbero prese in ostaggio dai ribelli. Il portavoce delle FARDC nel Nord Kivu, il colonnello Olivier Hamuli, ha affermato che, dall’inizio dell’anno, l’ADF ha subito pesanti perdite e che non ha altra scelta che quella di deporre le armi: «L’ADF è già asfissiata e, in questo momento, non intendiamo lanciare un’offensiva di tipo militare contro essa, perché si sta servendo degli ostaggi come scudi umani». Secondo fonti dell’esercito, l’ADF avrebbe nelle sue mani ancora 200 -300 ostaggi. L’operazione “Sokola” (pulizia), iniziata a metà gennaio con l’appoggio della MONUSCO, ha consentito all’esercito congolese di recuperare diversi villaggi precedentemente occupati dall’ADF.[20]
Il 3 agosto, l’amministratore del territorio di Beni, Amisi Kalonda, ha dichiarato che, dall’inizio dell’operazione “Sokola”, lanciata contro i ribelli ugandesi nel mese di gennaio, circa 280 ostaggi sono già stati liberati dalle mani dell’ADF. Egli ha affermato che questi ex ostaggi sono già ritornati presso le loro famiglie. Amisi Kalonda ha aggiunto che il numero degli ex ostaggi continua ad aumentare e che la maggior parte di loro sono donne e bambini. Secondo le sue statistiche, gli ostaggi ancora nelle mani dell’ADF sarebbero circa 150. Cifre però contestate. Secondo Teddy Kataliko, presidente della società civile (associazioni, organizzazioni, sindacati …) di Beni, il numero degli ostaggi liberati è molto più basso: «Secondo le informazioni che abbiamo ottenuto, gli ostaggi liberati da metà gennaio sarebbero solo 97, fra cui soprattutto donne e bambini». Le autorità e la società civile hanno deciso di confrontare le loro liste, per poter capire la differenza sul numero degli ostaggi ritornati in libertà e il numero di quelli che rimangono ancora nelle mani dell’ADF. Secondo le autorità locali, le persone sequestrate dall’ADF sarebbero circa 600. Invece, secondo la società civile sarebbero circa 900. Approfittando delle operazioni militari contro l’ADF, alcuni ostaggi sono riusciti a fuggire. Secondo Teddy Kataliko, «molti bambini ritornano in stato di malnutrizione avanzata. Molte donne sono state costrette a diventare le “mogli dei ribelli”. Alcune sono rimaste incinta e, al loro ritorno, si nascondono, perché temono di essere stigmatizzate dalle loro famiglie e dagli abitanti del villaggio».[21]
Secondo Julien Paluku, governatore del Nord Kivu, dieci ribelli ugandesi dell’Adf si sono arresi all’esercito congolese a Kamango, nel territorio di Beni. Si è inoltre ricuperato un totale di 476 armi AK 47, degli apparecchi Motorola per le comunicazioni e dei generatori. Il capo dell’esecutivo provinciale ha sottolineato che le 16 grandi località che costituivano le roccaforti dell’Adf sono passate sotto il controllo dell’esercito congolese. Secondo il governatore, la ribellione ugandese è stata decapitata del suo comando militare. Egli chiede alle Adf di arrendersi volontariamente, altrimenti l’esercito interverrà. Circa gli ostaggi, egli ha espresso preoccupazione per la loro vita, anche se rimane fiducioso che l’esercito potrà riuscire a liberarli. Solo 150 persone, su oltre 700, sono riuscite a ritornare ai loro villaggi. Ci sono degli ostaggi che sono ritornati ma che vivono nascosti e altri che si sono presentati alle autorità locali, assicura il governatore del Nord Kivu. Dei tre sacerdoti sequestrati a Mbao non c’è alcuna traccia. «L’esercito congolese e la Monusco continuano a dare la caccia ai ribelli ugandesi per liberare tutti gli ostaggi», ha dichiarato infine Julien Paluku che ha deplorato il fatto che i ribelli ugandesi stiano usando gli ostaggi come scudi umani.[22]
c. I miliziani Maï-Maï
Tra il 15 e il 30 luglio, un centinaio di donne sono state violentate e altre torturate a Bapaitumba e a Bapakombe, nel settore di Bapere (Nord Kivu). La società civile, che ha diffuso queste informazioni il 7 agosto, ha affermato che, nella stessa zona, sono stati saccheggiati o bruciati diversi villaggi. La Società Civile ha accusato i Mai-Mai Simba del defunto Paul Morgan, alias Sadala, di aver commesso questi crimini. Tra le donne violentate e torturate, solo una trentina sono assistite presso l’ospedale generale di Mangurejipa. Altre rimangono ancora nascoste, perché temono che le violenze subite abbiano delle ripercussioni sulla loro vita familiare. Una dozzina di villaggi del settore di Bapere, tra cui Lomo, Masie, Midede e Bikoka, si sono svuotati dei loro abitanti che si sono rifugiati a Nziapanda o hanno continuato il cammino fino a Butembo.[23]
Il 29 luglio, in mattinata, si sono registrati dei combattimenti tra l’esercito congolese e le milizie Mai-Mai Yakutumba sulla penisola dell’Ubwari, nel territorio di Fizi (Sud Kivu). Fonti ufficiali indicano che i miliziani hanno attaccato una postazione delle FARDC a Some.
Gli assalitori hanno attaccato dal lago Tanganica, a partire da una barca a motore. Secondo degli ufficiali delle FARDC, l’esercito regolare è riuscito a impedire che i Mai-Mai raggiungessero la costa. Ma fonti prossime alla milizia hanno affermato che diversi villaggi della penisola dell’Ubwari sarebbero nelle loro mani. Invece, secondo il comandante della regione militare del Sud Kivu, il generale Pacifique Masunzu, la situazione è “sotto controllo” dell’esercito che ha respinto l’attacco e sconfitto i miliziani. Un altro attacco era già stato segnalato nella stessa zona il giorno prima. Dei militari provenienti da Baraka e diretti verso Kazimia sono stati attaccati da alcuni combattenti della stessa milizia. Questi scontri hanno paralizzato le attività nella cittadina di Baraka, situata di fronte alla penisola dell’Ubwari. I negozi sono rimasti chiusi. Solo le strutture sanitarie e qualche ufficio amministrativo hanno potuto continuare la loro attività.[24]
Il 3 agosto, sette persone sono state uccise e tre ferite negli scontri tra le FARDC e dei miliziani Mai-Mai Raïa Mutomboki nella località di Chifunzi, nel raggruppamento di Kalonge, in territorio di Kalehe, a 60 km da Bukavu (Sud Kivu). Tra i morti, quattro militari, la moglie di un militare e due bambini. I Maï-Maï si sono impossessati di diverse armi e di una grande quantità di munizioni, poi si sono ritirati verso la località di Nindja, nel territorio di Kabare.[25]
Nella notte tra il 7 e l’8 agosto, dei miliziani Mai-Mai Raïa Mutomboki del gruppo Cynthia hanno attaccato i siti minerari di Nsele e di Isega, nei pressi del fiume Ulindi, a 30 km da Shabunda (Sud Kivu). Hanno portato via più di 150 grammi d’oro appartenenti a un proprietario di una draga. Essi hanno inoltre rubato dei soldi (dollari e franchi congolesi), il cui importo non è stato rivelato, a dei minatori artigianali. Cinzia, moglie di un capo ribelle attivo nelle foreste circostanti, era passata in questi siti due giorni prima, esigendo che tutti gli operatori delle miniere cessassero di pagare imposte e tasse ai Raïa Mutomboki del gruppo Alexandre. I due gruppi di miliziani avevano concordato di riscuotere, ciascuno, 10 grammi d’oro per draga e per settimana.[26]
Dall’8 agosto, si sono registrati dei violenti combattimenti tra le FARDC e i miliziani Mai-Mai Nduma Difesa del Congo (NDC) di Cheka, nella zona di Angowa e di Kabombo, a nord-est di Walikale, sulla strada verso Kisangani, capoluogo della Provincia Orientale. Le FARDC hanno tentato di respingere questa milizia che, dal 4 agosto, ha rioccupato la zona.
Diverse famiglie sono fuggite verso Mubi, nel raggruppamento di Utunda, e verso Njingala, nel raggruppamento di Watsa. I miliziani NDC hanno già perso diverse posizioni che occupavano, soprattutto nei raggruppamenti di Luberiki, Watsa e Ihana.[27]
Più di undicimila armi leggere e di piccolo calibro sono state recuperate in Ituri (Provincia Orientale) durante l’operazione “Armi per lo sviluppo” lanciata nel mese di marzo scorso. Secondo il coordinatore della commissione “Disarmo volontario dei civili / Ituri”, il tenente-colonnello Benoit Shiloh Kalaly Kause, queste armi sono state recuperate a Bunia, Fataki, Libi e Mahagi. Secondo lui, la maggior parte delle armi è stata ricuperata a Bunia, dove sono state raccolte 7.929 armi leggere e di piccolo calibro. Si tratta di fucili AK calibro 12, granate, mine anticarro, mortai e munizioni. Queste armi sono raccolte in cambio di moto, biciclette, mulini, capi di vestiario, lamiere ondulate o altri beni.[28]
3. QUESTIONI TRANSFRONTALIERE TRA RDCONGO E RUANDA
Il 6 agosto, il Ruanda e la RDCongo si sono impegnati a identificare i rimanenti 17 cippi di confine sui 22 che marcano le frontiere comuni. La decisione è stata presa alla fine del secondo incontro della commissione mista, dopo tre giorni di discussioni a Goma (Nord Kivu). Questo lavoro di identificazione e di riconoscimento dei cippi di frontiera è previsto dal 25 al 30 agosto, a partire da Goma. La commissione mista ha fatto riferimento alla carta geografica coloniale del 1911. Il riconoscimento dei cippi di confine sul lago Kivu comincerà dal Monte Heru, in vista di un rapporto sui cippi di frontiera compresi tra il 6° e il 22°. Lo scopo di questo lavoro è di identificare i i cippi materiali della frontiera comune reale tra il Ruanda e la RDCongo.
L’incontro attuale fa seguito ad un incontro preliminare del 2009 in cui erano stati identificati solo i primi 5 cippi di confine su un totale di 22.
Per ciascun cippo di frontiera, il gruppo tecnico redigerà una scheda, ne prenderà le coordinate GPRS e delle fotografie e redigerà un verbale.
Gli esperti congolesi e ruandesi hanno inoltre convenuto che la demarcazione delle frontiere si ispirerà al modello della delimitazione del 1910-1911 ereditata dalla colonizzazione. Infatti, il Belgio e la Germania avevano indicato la frontiera tra i due paesi, che erano loro protettorati, sulla carta geografica del 25 giugno 1911. La frontiera comune (lacustre e terrestre) tra il Ruanda e la Congo è di oltre 200 km.
La procedura di delimitazione delle frontiere è parte di un programma dell’Unione Africana (UA) che ha chiesto agli stati africani di completare la demarcazione delle loro frontiere entro il 2017.
La questione della delimitazione delle frontiere terrestri e lacustri è alla base di numerosi incidenti tra la RDCongo e il Ruanda. L’ultimo caso è stato quello dei primi di giugno, quando le forze armate dei due paesi si sono brevemente scontrati a Kanyesheja, nel territorio di Nyiragongo, a causa di una questione di demarcazione territoriale. Il terzo incontro del comitato misto è previsto in Ruanda, dal 15 al 19 settembre, per valutare i risultati della identificazione dei rimanenti cippi di confine.[29]
Il 7 agosto, i direttori e i commissari generali dei servizi di migrazione dei paesi della Comunità Economica dei Paesi dei Grandi Laghi hanno invitato gli Stati membri a sopprimere l’obbligo della richiesta di visti per spostamenti all’interno di questa zona. Hanno fatto questa proposta alla chiusura di un incontro di due giorni a Bujumbura, in Burundi. La RDCongo, che il Ruanda accusa di imporre un visto specifico per i suoi cittadini, è particolarmente interessata da tale richiesta.
«In effetti, sono stati riportati dei casi in cui, nella RDCongo, si è imposto l’obbligo del visto a cittadini ruandesi che passavano la frontiera», ha detto Herman Tuyaga, segretario esecutivo della CEPGL. I Direttori e i Commissari generali dei servizi di migrazione dei paesi CEPGL hanno citato la situazione dei commercianti ambulanti e degli studenti che, per motivi di lavoro o di studio, devono varcare la frontiera tra i due paesi. Secondo Herman Tuyaga, «si è convenuto che nessun cittadino sarà quindi soggetto all’imposizione dei visti per recarsi in un paese vicino nello spazio CEPGL».
I partecipanti alla riunione hanno raccomandato anche l’apertura permanente delle frontiere, in particolare tra la RDCongo e il Ruanda. «Per quanto riguarda la frontiera tra il Ruanda e la RDCongo, l’orario di apertura era stato ridotto a causa di insicurezza nella regione. La delegazione della RDCongo sottoporrà la questione al governo congolese, affinché possa riconsiderare questa misura», ha dichiarato il segretario esecutivo della CEPGL.
I cittadini che si stabiliscono in un altro paese per esercitarvi un’attività commerciale, saranno soggetti alle leggi e ai regolamenti del paese ospitante.
L’obiettivo di questo incontro della CEPGL era quello di migliorare la circolazione delle persone e dei beni nell’area geografica compresa tra cui il Burundi, il Ruanda e la RDCongo.
La CEPGL è stata creata nel 1976, per facilitare l’integrazione economica regionale, la libera circolazione delle persone, delle merci, dei capitali, e la sicurezza regionale tra il Burundi, il Ruanda e la RDCongo, allora Zaire.[30]
[1] Cf AFP – Africatime, 31.07.’14; RFI – Africatime, 02.08.’14
[2] Cf AFP – Africatime, 04.08.’14
[3] Cf Radio Okapi, 06.08.’14
[4] Cf 7sur7.cd – Kinshasa, 04.08.’14; RFI, 04.08.’14; AFP – Africatime, 05.08.’14
[5] Cf AFP – Africatime, 05.08.’14; Radio Okapi, 05.08.’14
[6] Radio Okapi, 06.08.’14; RFI, 06.08.’14; AFP – Africatime, 06.08.’14
[7] Cf AFP – Jeune Afrique, 06.08.’14
[8] Cf Radio Okapi, 06.08.’14; Dom – Le Phare – congoforum, 07.08.’14
[9] Cf Radio Okapi, 07.08.’14
[10] Cf 7sur7.cd – Kinshasa, 08.08.’14
[11]
[12] Cf Radio Okapi, 24.07.’14
[13] Cf Radio Okapi, 25.07.’14
[14] Cf Radio Okapi, 26.07.’14
[15] Cf Radio Okapi, 04.08.’14
[16] Cf AFP – Radio Okapi, 05.08.’14
[17] Cf Radio Okapi, 07.08.’14
[18] Cf RFI, 09.08.’14
[19] Cf Fernand Mutabwiti Enkunu – La Référence Plus – Kinshasa, 31.07.’14
[20] Cf Radio Okapi, 28.07.’14
[21] Cf Radio Okapi, 04.08.’14; AFP – Africatime, 04.08.’14
[22] Cf 7sur7.cd – Beni, 03.08.’14
[23] Cf Radio Okapi, 08.08.’14
[24] Cf Radio Okapi, 28.07.’14
[25] Cf Radio Okapi, 06.08.’14
[26] Cf Radio Okapi, 08.08.’14
[27] Cf Radio Okapi, 09.08.’14
[28] Cf Radio Okapi, 08.08.’14
[29] Cf Radio Okapi, 07.08.’14
[30] Cf Radio Okapi, 08.08.’14