SOMMARIO:
EDITORIALE: Verso la fine delle concertazioni, giochi di palazzo
1. LA CREAZIONE DELLA COALIZIONE PER IL VERO DIALOGO (CVD)
2. I LAVORI DEI GRUPPI TEMATICI DELLE CONCERTAZIONI
3. GESTIONE CONSENSUALE DELLO STATO E CONDIVISIONE DEL POTERE
4. IL PROMEMORIA DELLA SOCIETÀ CIVILE DEL SUD KIVU
EDITORIALE: Verso la fine delle concertazioni, giochi di palazzo
1. LA CREAZIONE DELLA COALIZIONE PER IL VERO DIALOGO (CVD)
Il 12 settembre, l’UNC di Vital Kamerhe, l’RCD-KML di Mbusa Nyamwisi, il PT di Steve Mbikayi, l’UPC di Thomas Lubanga e l’UDEMO di Nzanga Mobutu e alcuni sindacati hanno firmato l’atto di creazione della Coalizione per il Vero Dialogo (CVD). Il deputato Steve Mbikayi, presidente del Partito del Lavoro (PT) e portavoce della coalizione, ha spiegato il senso della loro iniziativa: «Le concertazioni di Palazzo del Popolo non sono affatto inclusive, in quanto molti politici dell’opposizione e persino della maggioranza le hanno boicottate perché mal organizzate. Lotteremo per avere un vero dialogo nazionale». Steve Mbikayi ha qualificato le attuali concertazioni nazionali come un congresso della stessa maggioranza presidenziale e accusa, inoltre, il Capo dello Stato di voler ampliare la sua famiglia politica creando una nuova maggioranza presidenziale, al fine di consolidare la strategia del pensiero unico.[1]
Il 21 settembre, la Coalizione per il Vero Dialogo (CVD), ha denunciato «l’esistenza di uno schema di condivisione del potere secondo la formula 1 +2, cioè un Presidente della Repubblica con due vicepresidenti». Il portavoce della Coalizione, Steve Mbikayi, ha affermato che tale schema, che verrà proposto al forum nazionale, sarebbe stato deciso in una riunione segreta di un gruppo di personalità, non lontano da Kinshasa, in una data non specificata. In una dichiarazione rilasciata lo stesso giorno, Steve Mbikayi fa notare che «questa nuova macchinazione politica (…) costituisce una violazione della Costituzione del 18 febbraio 2006 che avrà come conseguenza la sua abrogazione di fatto» e che l’obiettivo di questo progetto sarebbe quello di “azzerare il contatore delle istituzioni“. Secondo la dichiarazione, la CVD teme pure «lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, del Senato e delle Assemblee Provinciali, e la creazione di una nuova transizione che metterebbe fine alla democrazia». Inoltre, la CVD constata che, nei colloqui di Kampala, il governo di Kinshasa e l’M23 hanno concordato dieci punti che incorporano i cinque temi in discussione anche nelle concertazioni nazionali attualmente in corso a Kinshasa. Di fronte a tali machiavelliche macchinazioni del potere, la CVD esige la cessazione immediata dei colloqui di Kampala, la sospensione delle concertazioni nazionali in corso a Kinshasa, la convocazione di un vero dialogo e il trasferimento in esso di tutte le questioni finora trattate a Kampala. Da parte sua, la Maggioranza Presidenziale (MP) ha smentito “l’esistenza di uno schema di condivisione del potere secondo la formula 1 +2“. Il deputato Henry Thomas Lokondo a affermato che «questo tipo di schema surreale violerebbe gravemente il decreto che il Capo dello Stato aveva firmato come atto fondatore delle concertazioni nazionali», ha respinto l’idea di una nuova transizione nella RDC, perché «il popolo è stanco di tutte quelle transizioni che hanno marcato la politica congolese dagli anni 1990» e ha sottolineato che i partecipanti alle concertazioni nazionali vogliono piuttosto «rafforzare la volontà politica di applicare la Costituzione, le leggi della Repubblica e altre decisioni, in vista di una migliore governance dello Stato».[2]
2. I LAVORI DEI GRUPPI TEMATICI DELLE CONCERTAZIONI
Il 12 settembre, i delegati dell’opposizione iscritti al gruppo tematico sul disarmo, smobilitazione, reinserimento e rimpatrio si sono ritirati, per protesta contro l’assenza dei gruppi armati in un gruppo di lavoro che deve affrontare le cause della guerra nell’est della RDCongo. Secondo i membri dell’opposizione, la presenza di rappresentanti dei gruppi armati è molto importante, soprattutto perché i partecipanti alle concertazioni non hanno una documentazione sufficiente che consenta loro di analizzare correttamente il problema. Hanno, tuttavia, ripreso la loro partecipazione al gruppo il giorno dopo, in seguito all’intervento del comitato di presidenza che ha promesso di studiare la questione della partecipazione dei gruppi armati.[3]
Il 14 settembre, Kyet Mutinga Marie, coordinatrice nazionale del collettivo delle organizzazioni della società civile per i settori della cultura, dell’istruzione e della sanità (COSCES), membro del gruppo tematico “Conflitti comunitari, pace e riconciliazione” ha affermato che «la ricerca di terre, dovuto principalmente alla pressione demografica, la debolezza dell’amministrazione, i contenziosi relativi alla demarcazione delle frontiere, l’occupazione anarchica delle terre, la non esecuzione dei verdetti giudiziari, il fenomeno delle popolazioni sfollate, il sostegno a minoranze da parte di certi Paesi limitrofi e l’implicazione delle autorità tradizionali nella distribuzione delle terre sono spesso cause di conflitto». I 150 delegati membri di questo gruppo tematico hanno insistito soprattutto sui conflitti relativi alla proprietà delle terre e alle cosiddette aree protette. Tra altri conflitti, hanno rilevato quelli cosiddetti etnico – politici, come i conflitti relativi ad una dubbia nazionalità; la manipolazione delle popolazioni da parte dei politici, in particolare durante le campagne elettorali; i conflitti diplomatici e giuridici. Kyet Mutinga ha rilevato che «un altro tipo di conflitto evocato nel gruppo tematico riguarda la presenza degli stranieri», come i gruppi armati, gli immigrati clandestini e altri rifugiati. «La loro presenza può diventare, in futuro, un grande problema, qualora alcuni rivendicassero, per un motivo o un altro, la nazionalità congolese», ha aggiunto. Secondo Kyet Mutinga, le principali sfide sono le seguenti: «aiutare le comunità locali ad accettare una coabitazione pacifica e amichevole; mettere fine ai ricorrenti cicli di violenza che non fanno altro che aumentare la miseria delle popolazioni locali; prevenire, per quanto possibile, il verificarsi di conflitti tra le comunità, risolvendone, per tempo, le cause; creare strutture che possano unire la popolazione e rafforzare l’unità nazionale» . Ella ha, infine, aggiunto che «il gruppo tematico prenderà in considerazione, nei prossimi giorni e nel quadro dei conflitti politici, amministrativi e sociali, anche la questione relativa all’attuale mandato dei senatori e dei deputati provinciali eletti nel 2006 e, quindi, giunto al suo termine nel novembre 2011».[4]
Il 15 settembre, undici gruppi armati congolesi del Nord Kivu, Sud Kivu e Ituri hanno richiesto la loro partecipazione alle concertazioni nazionali. Raggruppati in una coalizione denominata “Consiglio Superiore dei Gruppi armati autoctoni nell’est della RDCongo”, affermano che il problema dell’insicurezza nell’est del Paese non potrà essere risolto senza la partecipazione dei loro rappresentanti. Essi denunciano anche il fatto che il governo abbia accettato di negoziare con l’M23 a Kampala e che non abbia, nello stesso tempo, invitato i gruppi armati nazionali alle concertazioni nazionali. Prima dell’apertura delle concertazioni, il governo congolese aveva indicato che i gruppi armati ancora in attività, tra cui l’M23, non sarebbero stati invitati. «Non abbiamo intenzione di sederci al tavolo delle concertazioni nazionali con persone che uccidono i nostri connazionali. Solo coloro che hanno abbandonato le forze negative per tornare alla vita civile potranno essere accettati, se ne esprimeranno il desiderio», aveva spiegato il portavoce del governo, Lambert Mende. Questi undici gruppi armati chiedono, quindi, alle autorità congolesi di rivenire sulla loro decisione “al più presto possibile”.[5]
Il 17 settembre, ricevuti dal comitato di presidenza delle concertazioni nazionali, i rappresentanti dei gruppi armati hanno affermato che la loro presenza alle concertazioni è indispensabile. Il presidente dell’Alleanza delle Forze Popolari e Patriottiche del Congo (AFPC), Jules Ziringabo ha, infatti, affermato che i gruppi armati non si sentiranno vincolati dalle risoluzioni finali delle concertazioni, se essi non prenderanno parte alle concertazioni stesse.[6]
Il 19 settembre, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha affermato che il governo ha deciso di escludere i rappresentanti dei gruppi armati ancora in attività dai lavori delle concertazioni nazionali, anche se si è detto favorevole alla partecipazione dei rappresentanti di ex gruppi armati, cioè dei gruppi che hanno cessato la loro attività armata. Se il governo riconosce che «i gruppi armati sono certamente al centro dei temi trattati nel corso delle concertazioni, in quanto sono vettori di violenza e d’insicurezza nell’est del Paese», nello stesso tempo però, il governo congolese ritiene che essi siano «una piaga da cui la RDCongo deve essere guarita». «Inoltre, anche se i rappresentanti delle forze negative ancora attive partecipassero alle concertazioni, non abbiamo alcuna garanzia sul fatto che si possa finalmente porre fine alla spirale della violenza nell’est del Paese. Se così fosse, già da molto tempo la RDCongo non sarebbe più vittima di ribellioni. Nemmeno l’integrazione dei ribelli nel processo politico ha mai dato i risultati sperati», ha dichiarato il portavoce del governo, secondo cui «permettere ai gruppi armati di partecipare alle concertazioni sarebbe come incentivare nuove ribellioni, perché la loro presenza nelle concertazioni potrebbe lasciar pensare che la scorciatoia per la partecipazione alla vita politica e per una carriera nelle FARDC passi attraverso il ricorso alle armi». «La storia recente della RDCongo ci insegna che più volte, questo argomento (del dialogo con i gruppi armati) a prima vista attraente, ha poi dato origine a un triste antecedente: il riconoscimento della violenza armata come mezzo per risolvere i conflitti di interesse», ha fatto notare, aggiungendo che «nel corso del tempo, i gruppi armati si sono specializzati nella tecnica di mercanteggiare la pace in cambio di tangenti o posizioni di potere» e denunciando «un circolo vizioso». Secondo il portavoce del governo, «si dovrebbe ostacolare l’idea, già diffusa, secondo cui la ribellione e la violenza sarebbero la strada per intraprendere una brillante carriera nelle forze armate congolesi e / o per partecipare alla politica evitando il verdetto di elezioni democratiche che, dopo la promulgazione della Costituzione del 2006, sono l’unico modo legittimo per ottenere il potere».[7]
Il 21 settembre, un responsabile del settore organizzativo della Segreteria Tecnica ha comunicato che le concertazioni nazionali continueranno fino al 28 settembre.[8]
Il 23 settembre, i partecipanti alle concertazioni nazionali hanno iniziato, nei loro rispettivi gruppi tematici, ad armonizzare le conclusioni e raccomandazioni formulate. Dovranno poi presentare queste raccomandazioni al comitato di presidenza, per discuterle e approvarle durante in sessione plenaria. Le conclusioni finali saranno presentate al Capo dello Stato come rapporto generale dei lavori. Valutando il loro lavoro, i delegati del gruppo tematico su governo, democrazia e riforme istituzionali si dicono soddisfatti del lavoro svolto e del consenso che ha prevalso durante le discussioni. Durante la fase diagnostica della situazione politica del paese, i partecipanti a questo gruppo tematico si erano comunque divisi. Delegati dell’opposizione avevano deplorato la mancanza di democrazia, di buon governo e dello Stato di diritto. Da parte loro, i rappresentanti della maggioranza sostenevano, invece, che il paese aveva compiuto molti sforzi su questo aspetto.
Anche i partecipanti al gruppo tematico su disarmo, smobilitazione, reintegrazione sociale o rimpatrio affermano che le discussioni all’interno del loro gruppo stanno avanzando, nonostante le prese di posizione di alcuni membri dell’opposizione che continuano a chiedere la partecipazione dei rappresentanti dei gruppi armati, stimando che non si può pretendere di risolvere i problemi d’insicurezza nell’est del Paese senza coinvolgerli. Tale richiesta sarebbe stata presa in considerazione dal comitato di presidenza che non è ancora arrivato ad una decisione concreta. Nel frattempo, anche i partecipanti a questo gruppo tematico hanno cominciato mettere in comune le loro raccomandazioni.[9]
Il 24 settembre, il comitato di presidenza delle concertazioni nazionali ha autorizzato la partecipazione dei rappresentanti di sette ex gruppi armati. Questa decisione è stata annunciata dopo una riunione del comitato di presidenza, l’amministratore del programma nazionale di disarmo, smobilitazione e reinserimento (DDR) e un esperto del programma di stabilizzazione e di ricostruzione delle zone post conflitto nell’est della RDCongo (STAREC). La decisione del comitato di presidenza è conseguente alla richiesta dei delegati dell’opposizione in seno al gruppo tematico su disarmo, smobilitazione, reinserimento e rimpatrio che richiedevano la partecipazione dei gruppi armati, perché stimavano che non si poteva discutere della questione dell’insicurezza nell’est del Paese, in assenza dei rappresentanti dei gruppi armati. Secondo l’Abbé Apollinaire Malumalu, esperto dello STAREC, i rappresentanti degli ex gruppi armati parteciperanno alle concertazioni nazionali come “esperti”. «Con la loro esperienza e la loro testimonianza, ha spiegato, possono offrire una serie di possibili soluzioni per l’eradicazione dei vari gruppi armati e la stabilizzazione di tutto il territorio nazionale». In totale, sono sette gli ex gruppi armati trasformati in partiti politici, in seguito all’accordo di pace di Goma del 2009, che prenderanno parte ai lavori del gruppo tematico su disarmo, smobilitazione, reinserimento sociale o rimpatrio. Si tratta dell’Unione dei Giovani Patrioti Solidari (UJPS), dell’Alleanza delle Forze Popolari e Patriottiche del Congo (AFPC), dei Patrioti della Resistenza del Congo (Pareco), della coalizione Patrioti della Resistenza del Congo/Partito del Popolo (Pareco/PAP), dell’Unione dei Democratici Nazionalisti (UDN) / Ruwenzori, del Partito dei Resistenti Nazionalisti (Parensa) e dell’IRDEC.[10]
Il 24 settembre, il comitato di presidenza delle concertazioni nazionali ha concesso 48 ore di tempo ai gruppi tematici per consegnargli le conclusioni dei loro lavori.[11]
Il 26 settembre, l’ex ministro congolese della Giustizia Mwenze Nkongolo, si è ritirato dalle concertazioni nazionali. L’ex collaboratore dell’ex presidente Laurent Kabila ha dichiarato che i gruppi tematici non hanno potuto affrontare i problemi di fondo. Il Presidente del partito dei Patrioti Kabilisti ha deplorato il fatto che «l’amnistia promessa dal Capo dello Stato» in apertura delle concertazioni non sia stata ancora concessa, nonostante ci si avvii verso la fine degli incontri. Secondo Mwenze Kongolo, «questa amnistia dovrebbe essere concessa ai prigionieri politici e alle persone che sono state mal processate in circostanze molto difficili e che sono state condannate a pene che sembrano esagerate. È il caso di coloro che sono stati condannati nel processo relativo all’assassinio di Laurent Kabila».[12]
Il 26 settembre, l’opposizione ha sospeso ancora la sua partecipazione al gruppo tematico su disarmo, smobilitazione, reinserimento e rimpatrio, chiedendo ancora una volta la partecipazione dei rappresentanti dei gruppi armati attivi. Il moderatore delle Forze Acquisite al Cambiamento (FAC), Lisanga Bonganga, ritiene che i gruppi armati che si sono trasformati in partiti politici in seguito all’accordo del 23 marzo 2009 non possono parlare in nome dei gruppi armati ancora attivi.[13]
Il 26 settembre, ad appena due giorni dalla fine delle concertazioni, solo due dei cinque gruppi tematici hanno presentato al comitato di presidenza il loro rapporto. Si tratta del gruppo tematico su “conflitti comunitari, pace e riconciliazione” e quello su “decentramento e rafforzamento dell’autorità dello Stato”. Il contenuto di tali rapporti non è stato reso noto.[14]
3. GESTIONE CONSENSUALE DELLO STATO E CONDIVISIONE DEL POTERE
Nei corridoi di Palazzo del Popolo, la questione della “gestione consensuale dello Stato” e, quindi, della condivisione del potere è stata sulle labbra di tutti i partecipanti. Secondo alcuni rappresentanti della società civile, che hanno dato questa informazione il 25 settembre, ci si aspetterebbe la formazione di un nuovo governo che emanerebbe da una nuova coalizione di maggioranza. È il principale tema che ancora divide i membri del gruppo tematico sulla governance, in cui le posizioni delle tre componenti – la maggioranza, l’opposizione e la società civile – sono diametralmente opposte. Secondo il portavoce della maggioranza al governo, Luzanga Shamandefu, la questione della gestione consensuale, come richiesta dall’opposizione, blocca l’esito finale delle concertazioni nazionali. Egli ha affermato che «l’attuale maggioranza non ha alcun interesse a condividere il potere con l’opposizione. È lei che lo chiede e che lo vuole. Se necessario, in nome della coesione politica, vedremo cosa si potrà fare», aggiungendo che «in seguito a questo forum, i membri dell’opposizione e della società civile che vorranno impegnarsi nella stessa direzione di Kabila, avranno la possibilità di contribuire ad ampliare l’attuale maggioranza presidenziale, affinché sia più numerosa».[15]
Secondo il deputato della maggioranza, Zacharie Bababaswe, si è ancora divisi sulla questione della condivisione del potere. Egli ha osservato che la proposta di condivisione del potere da parte dell’opposizione non è realistica, soprattutto perché c’è già una maggioranza che ha vinto le elezioni del novembre 2011. In nome della coesione nazionale, egli ha proposto un governo di ampia apertura che includerebbe anche alcuni membri dell’opposizione la cui designazione sarebbe lasciata alla discrezione del Capo dello Stato, in conformità con la Costituzione. Un altro membro della Maggioranza ha accusato i membri dell’opposizione di servirsi dei gruppi tematici per le loro ambizioni politiche. Da parte loro, vari membri dell’opposizione ritengono che la gestione consensuale del Paese è diventata irreversibile, a causa dell’incapacità dei leader delle attuali istituzioni ad affrontare la sfida della sopravvivenza della RDCongo come nazione mettendo fine alla guerra, rilanciando il decentramento e l’economia, in vista del benessere sociale della comunità. Secondo Serge Mayamba, la convocazione delle concertazioni nazionali da parte del Capo dello Stato è già un’ammissione del fallimento dell’attuale maggioranza al potere. La proposta dell’opposizione sulla gestione consensuale anche del Senato, delle assemblee provinciali e delle entità di base, come i comuni e i settori, che soffrono di una crisi di legittimità per la mancanza di elezioni entro la scadenza costituzionale, è al centro di polemiche all’interno del gruppo tematico su “buon governo e riforme istituzionali”.[16]
Ormai alla vigilia dell’assemblea plenaria in cui si approveranno le deliberazioni di tutti i gruppi tematici, si assiste ad un incredibile moltiplicarsi delle idee. Tra tutte, spicca quella relativa alla formazione di un governo di unità nazionale, o di consenso, basato sul concetto di democrazia consensuale e di “patto repubblicano”. Un giornale di Kinshasa, “La Prospérité”, è venuto in possesso di un documento intitolato ”Scheda Tecnica – Fase 2”, in cui si chiede la formazione di un governo di consenso. Secondo questo documento, l’idea di una democrazia consensuale trova il suo fondamento nel fatto che la crisi di legittimità consecutiva al caos elettorale del 2011 (contestazione di una maggioranza ottenuta attraverso evidenti brogli elettorali) necessita di una specie di “patto repubblicano” tra le principali forze politiche del paese. Questo “patto repubblicano” implicherebbe un accordo su un programma di governo e delle disposizioni capaci di garantire la stabilità del governo (certamente la ricomposizione di una maggioranza parlamentare).
Questo tipo di democrazia consensuale implica l’inclusività, la negoziazione permanente e il compromesso. Essa ha il vantaggio di rendere tutte le forze politiche responsabili del destino del Paese, coinvolgendole nelle decisioni che riguardano il futuro dello Stato. Ma il principio del consenso non cancella il pluralismo e la divergenza di opinioni. Dà piuttosto la priorità a una “grande visione civica e patriottica della nazione, subordinando gli interessi dei singoli e dei gruppi all’interesse generale”. La democrazia consensuale è il modello politico più efficace per quanto riguarda il raggiungimento della pace e della stabilità delle istituzioni politiche, perché permette l’armonia, la coscienza della necessità dell’unità e il senso della responsabilità permanente di ognuno nei confronti del destino nazionale. Il successo di una tale democrazia consensuale e di un governo basato sul principio del consenso richiede un grande senso dello Stato e una mentalità di dialogo politico, al fine di evitare la presa in ostaggio della nazione da parte di alcune forze politiche e la massimizzazione dei propri interessi a scapito dell’interesse generale.
Nel caso specifico della RDCongo, la democrazia consensuale non può che essere presa in considerazione come una tappa transitoria verso l’organizzazione di elezioni veramente trasparenti, democratiche e credibili, in modo tale che i risultati non possano essere contestati dalle parti in causa. Tali elezioni permetterebbero di accedere a una democrazia maggioritaria.
La prospettiva di un governo di consenso è nata dalla reale necessità di garantire la sopravvivenza dello Stato. Alcune difficoltà interne (diluizione dell’unità nazionale) ed esterne (continue aggressioni contro il territorio nazionale) hanno condotto a dover modificare le priorità dello Stato e richiedono, logicamente, un cambiamento di atteggiamento e di attitudine nella dinamica del governo della Repubblica.
Un governo di consenso dovrebbe, quindi, essere percepito come un meccanismo urgente per attuare le strategie ideate dai Congolesi, per mezzo delle concertazioni nazionali, per far fronte alle minacce che pesano sul destino della Repubblica. Questo esecutivo di espressione è un intermezzo che potrebbe essere, a determinate condizioni, relativamente efficace in questo contesto di crisi.
Ciò richiederebbe agli uomini e alle donne, che ne faranno parte, più responsabilità, più serenità, più disciplina, più diligenza e più patriottismo affinché, tutti e ciascuno, superino le ambizioni politiche personali, per privilegiare l’interesse della collettività e del “benessere generale”.
Poiché la dispersione delle energie imposta dal gioco politico si è dimostrata contro-produttiva e persino eversiva, il riavvicinamento tra maggioranza e opposizione in un quadro istituzionale sembra essere l’unica alchimia valida per superare la dinamica dell’avversità. Il governo di consenso avrebbe, inoltre, il vantaggio, con un po’ più di determinazione e di coraggio, di procurare alla Repubblica una relativa stabilità politica che permetterebbe di superare i pericoli che minacciano la Repubblica. Impegnandosi in questo governo di consenso, l’opposizione andrebbe incontro ovviamente ad un rischio enorme nei confronti del suo elettorato, ma una coabitazione produttiva è preferibile ad una bi-polarizzazione di contrapposizione. Occorre, infine, ricordare il carattere di “non-fusione” del governo di consenso: ogni partner manterrà la sua identità politica, il PPRD rimarrà partito di maggioranza e l’MLC, l’UFDC, … partiti di opposizione. Il governo di consenso è un matrimonio di circostanza in nome dell’interesse superiore della nazione. Dopo di che, ogni partner potrà liberamente, al momento opportuno, chiedere il voto del popolo.[17]
Ci si avvicina alla fine delle concertazioni nazionali. Ma la questione di un nuovo governo, detto di coesione nazionale, è ancora al centro del dibattito. Perché, in parallelo, c’è la questione della conformità o meno con la scadenza elettorale del 2016, che marca la fine dell’attuale legislatura. Questa duplice preoccupazione sta ancora dividendo i partecipanti alle concertazioni, in particolare i partecipanti al gruppo tematico su “governo, riforme istituzionali e democrazia”. Se si è raggiunto un consenso sulla formazione di un nuovo governo sorto da una nuova maggioranza presidenziale, composta da partecipanti alle concertazioni, non tutti però sarebbero d’accordo sulle conseguenze collaterali che ne deriverebbero. Ci si interroga su che cosa potrebbe accadere alla scadenza del 2016, nel contesto della formazione di un nuovo governo sorto da una nuova maggioranza.
Tale preoccupazione è legata al dibattito sul rinnovo o meno del mandato del Presidente della Repubblica e di altre istituzioni, come l’Assemblea Nazionale e il Senato.
Si notano due tendenze. La prima è quella dei difensori della teoria del rispetto della scadenza del 2016 che mette fine al mandato dell’attuale Presidente della Repubblica e dei deputati nazionali. La seconda è quella di coloro che sostengono che il consenso tra le parti politiche vale più dei testi e delle scadenze che ne derivano. Questo argomento è stato sviluppato dai sostenitori della democrazia consensuale. Secondo loro, “la Repubblica Democratica del Congo non ha bisogno di limitare i mandati”. Essi ritengono che le tradizioni e le pratiche che mettono d’accordo la classe politica possono avere la supremazia su testi e scadenze elettorali. I Democratici “consensuali” ricordano che, convocando le concertazioni nazionali, il presidente ha riconosciuto i limiti del processo elettorale. Si tratta della frustrazione e del malcontento suscitati dalle elezioni presidenziali del 2006 e del 2011. Secondo loro, il fondo del problema sarebbe lo scarto troppo piccolo tra i voti ottenuti dai due maggiori candidati che si erano presentati a queste due elezioni. Nel 2006, Joseph Kabila aveva ottenuto il 58,5% dei voti contro il 41,95% di Jean-Pierre Bemba. Nel 2011 Joseph Kabila è stato proclamato vincitore con il 48,95% contro il 32,33% di Etienne Tshisekedi. I sostenitori della democrazia consensuale suggeriscono che il non aver tenuto conto di questa realtà ha portato allo sgretolamento della coesione nazionale, che è indispensabile per la partecipazione di tutti allo sviluppo del Paese.
Quale soluzione? Correggere gli errori del passato. I Democratici “consensuali” propongono e insistono sul fatto che d’ora in poi i vincitori delle elezioni dovrebbero imparare a gestire il paese con i perdenti. Secondo questa versione, la formazione di un governo di unità nazionale – decisione eminentemente politica – imporrà un nuovo contesto politico. Da questo punto di vista, i sostenitori di questa teoria stimano che sia inopportuno continuare a sottomettersi alle scadenze. In nome della coesione nazionale sorta dalle concertazioni nazionali – del resto materializzata nella formazione di un nuovo governo, sarà indispensabile negoziare un nuovo calendario elettorale, il che farà saltare inevitabilmente la scadenza del 2016.[18]
Secondo alcuni politici che hanno boicottato le concertazioni nazionali, questi incontri sarebbero una sottile manovra da parte del Presidente della Repubblica per rivedere la Costituzione, al fine di mantenersi al potere mediante un terzo mandato presidenziale. E tuttavia, secondo altre fonti, niente di tutto questo è stato preso in considerazione nei gruppi tematici delle concertazioni. Sempre secondo queste ultime fonti, per quanto riguarda coloro che affermano che le concertazioni condurranno alla formazione di un governo di unità nazionale, si stanno ancora sbagliando, perché il decreto del presidente della Repubblica è chiaro sull’obiettivo delle concertazioni nazionali. Non si tratta, infatti, di spartire la torta del potere, come è avvenuto durante il dialogo intercongolese di Sun City in Sud Africa che si tenne in seguito alle numerose ribellioni che erano sorte. Attualmente il contesto è molto diverso. D’altra parte, secondo le stesse fonti, una tale ipotesi sarebbe in contrasto con la Costituzione, che dice nero su bianco che il governo è formato sulla base della maggioranza parlamentare. Nemmeno il Presidente può andare contro questa disposizione costituzionale.[19]
4. IL PROMEMORIA DELLA SOCIETÀ CIVILE DEL SUD KIVU
La Società Civile del Sud Kivu ha presentato alle concertazioni il seguente promemoria:
1ª Tematica: Pace, sicurezza e rafforzamento dell’autorità dello Stato
1° Sotto tema: Pace e sicurezza
Problemi:
– Presenza di gruppi armati nazionali e stranieri sul suolo congolese;
– Fallimento del processo d’integrazione dei gruppi armati nell’esercito nazionale (infiltrazioni di stranieri e di criminali nelle FARDC);
– Traffico illegale di armi leggere e di piccolo calibro;
– Fallimento delle diverse operazioni militari congiunte tra le FARDC, l’esercito ruandese e la Monusco (Umoja Wetu, Kimya 1, Kimya 2, Amani Leo, Amani Kamilifu, …) contro i vari gruppi armati, fra cui le FDLR;
– Velleità espansioniste dei Paesi limitrofi mediante ricorrenti invasioni e interferenze negli affari interni della RDCongo;
– Politicizzazione e tribalismo nella concessione di funzioni e ranghi nei servizi di sicurezza. Ciò ha determinato la pratica del nepotismo e della corruzione per ottenere favori;
– Spazi di territorio della RDCongo gestiti da paesi limitrofi (caso dello stretto di Gatumba, praticamente gestito dal governo burundese).
Proposte di soluzioni:
– Ripensare e accelerare la riforma del settore della sicurezza (inventario di tutti i membri della PNC e delle FARDC, permutazione dei militari e degli agenti di polizia diventati irremovibili, aggiornamento programmato e non contemporaneo, per un periodo di almeno quattro mesi, di tutti militari e agenti di polizia, concessione di funzioni e gradi ai più meritevoli, in base a criteri oggettivi e non politici, procedure giudiziarie e licenziamento di coloro che hanno commesso dei crimini, coordinazione del pensionamento);
– neutralizzare e rimpatriare le forze negative straniere;
– instaurare meccanismi efficaci di disarmo, smobilitazione e reintegrazione dei gruppi armati locali (raggruppare i candidati alla reintegrazione nell’esercito e garantire loro le necessarie condizioni,
licenziare e reinserire degnamente nella società i candidati che hanno optato per il ritorno alla vita civile, neutralizzare coloro che rifiutano di sottoscrivere a questa logica);
– inquadrare, motivare ed equipaggiare le forze armate e di polizia, in modo in modo che possano svolgere la loro missione con onore;
– identificare e espellere dall’esercito, dalla PNC e dagli altri servizi di sicurezza tutti gli stranieri e colo che sono sospettati di aver commesso dei crimine e iniziare contro di loro procedure giudiziarie adeguate;
– rinunciate a firmare accordi che non rispondano agli interessi fondamentali della sicurezza nazionale.
– risolvere i contenziosi relativi agli spazi territoriali della RDCongo gestiti da paesi vicini, per un controllo effettivo sul territorio nazionale (caso di Gatumba).
2° Sotto-tema: rafforzamento dell’autorità dello Stato
Problemi:
– Diverse parti del territorio nazionale scappano al controllo delle pubbliche autorità e sono attualmente amministrate dalle forze negative (gruppi armati nazionali e stranieri);
– infiltrazione dei servizi di sicurezza: PNC, ANR, Esercito …
– diverse autorità civili (amministratori dei territori e Governatori) sono intimiditi da militari e da altri ufficiali dei servizi di sicurezza.
– malfunzionamento della magistratura e dei tribunali esistenti.
Possibili soluzioni:
– Mettere fine ai gruppi armati nazionali attraverso una procedura di auto smobilitazione o di reintegrazione;
– mettere fine ai gruppi armati stranieri attraverso una procedura diplomatica e militare;
– risanamento dei servizi di sicurezza;
– subordinazione dell’esercito al potere civile (sanzionare i militari che infrangono tale principio, permutamento periodico e regolare, ogni tre anni, dei militari e dei membri degli altri servizi di sicurezza …);
– avvicinare il sistema giudiziario ai cittadini (rendere operativi i tribunali di pace e creare sedi secondarie dei tribunali di primo grado nelle grandi agglomerazioni dell’interno).
2ª tematica: Governance, democrazia, decentramento e riforme istituzionali
Problemi:
– Assenza dell’autorità dello Stato in certe zone del territorio della Repubblica;
– non completamento del ciclo elettorale per non aver ancora organizzato le elezioni locali,
comunali, provinciali e per il Senato;
– mancanza di giustizia;
– mancanza di tracciabilità nella gestione delle entrate e delle spese pubbliche;
– tendenza alla revisione o alla violazione della Costituzione, per impedire l’alternanza al potere;
– problemi legati alla delimitazione delle entità implicate nella nuova suddivisione territoriale;
– problemi legati alla non retrocessione delle entrate fiscali e alla ritenuta del 40 % di esse a livello delle province;
– lentezza del governo nella riforma dell’esercito, della polizia e dei servizi di sicurezza (DGM, ANR, …).
Possibili soluzioni:
– Ristabilire l’autorità dello Stato su tutto il territorio nazionale;
– completare, entro gennaio 2015, il ciclo elettorale (organizzando le elezioni provinciali, comunali e locali nello stesso tempo);
– la giustizia non deve essere più a doppia velocità (forte per alcuni e indulgente verso gli altri);
– approvare una legge sulla trasparenza nella gestione delle entrate e delle spese pubbliche per le Assemblee e i governatori provinciali;
– divulgare la campagna denominata “Non toccare la mia Costituzione”;
– garantire un’ampia consultazione delle entità implicate nella nuova suddivisione territoriale, prima di approvare la relativa legge;
– rendere operative le nuove province e le entità territoriali decentrate;
– elaborare un calendario realistico per la riforma dell’esercito, della polizia e dei servizi di sicurezza.
3ª tematica: Economia, settore produttivo e finanze pubbliche
Problemi:
– Basso consumo interno di produzione nazionale (estroversione dell’economia nazionale)
– Elevato consumo di prodotti importati (pomodori, pilipili, cemento, zucchero, latte e altri prodotti che possono essere prodotti localmente in grandi quantità sono ora importati da paesi vicini o d’oltre mare, perché sono più economici rispetto quelli di produzione locale, a causa dell’eccessivo livello di tassazione);
– mancanza di industrie e di investimenti;
– commercio non competitivo;
– mancanza di una politica di stimolo alla ricerca;
– mancanza di infrastrutture adeguate (per recarsi all’estero, gli abitanti del Kivu devono prendere voli in partenza da Rwanda, Burundi, Uganda e Tanzania, il che provoca una perdita enorme di entrate);
– spesa pubblica a profitto del personale politico;
– malversazioni dei beni dello Stato a tutti i livelli
Possibili soluzioni:
– Incoraggiare le iniziative di produzione locale attraverso agevolazioni fiscali;
– rilanciare le strutture produttive locali, come lo zuccherificio del Kivu, la fabbrica del cemento di
Katana e la latteria del Kivu;
– promuovere i settori potenzialmente redditizi (turismo, energia, agricoltura e pesca)
– modernizzare gli aeroporti di Kavumu, Goma e Kindu, per permettere alle popolazioni dell’Est di prendere voli internazionali dal territorio nazionale;
– trattenere il 40% delle entrate fiscali a livello di ogni provincia;
– lottare contro l’impunità.
4ª tematica: disarmo, smobilitazione, reinserimento sociale e/o rimpatrio dei gruppi armati
Problemi:
Fallimento del programma di disarmo e smobilitazione, strumentalizzazioni politiche e disoccupazione.
Possibili soluzioni:
– Riprendere il processo di smobilitazione, ponendo al centro l’interesse degli smobilitati e attuare un effettivo disarmo, smantellamento nascondigli di armi, combattere il fenomeno del riciclo e creare posti di lavoro.
5ª tematica: Conflitti comunitari, riconciliazione nazionale e giustizia transazionale
Prima sotto-tema: conflitti comunitari e conflitti fondiari
Problemi:
– Occupazione delle terre e cattiva gestione della politica del territorio;
– problematica della leadership dei capi tradizionali;
– militarizzazione e polarizzazione di alcune comunità;
– polarizzazione dell’appartenenza etnica, stereotipi, pregiudizi e discriminazioni nell’accesso al potere;
– discorso etnico strumentalizzato a fini politici;
– mancanza di copertura legale sulle proprietà terriere per il 75 % della popolazione;
– accaparramento delle terre agricole da parte di società straniere e della borghesia urbana.
Possibili soluzioni:
– Rivisitare la legge agraria e il codice minerario e forestale, in armonia con l’autorità tradizionale;
– smilitarizzare le comunità;
– facilitare l’accesso al potere sulla base di criteri oggettivi e non prendendo in considerazione l’appartenenza etnica;
– scoraggiare la strumentalizzazione politica e l’adesione ai gruppi armati;
– creare occupazione per i giovani;
– istituire un unico servizio di catasto;
2° sotto-tema: riconciliazione nazionale e giustizia transazionale
Problemi:
– Assenza di una politica di riconciliazione nazionale;
– fallimento della Commissione verità e riconciliazione di transizione;
– impunità;
– debolezza della legge di amnistia che è settoriale e universale;
– mancanza di una politica nazionale di riparazione dei danni causati alle vittime.
Possibili soluzioni:
– Adottare una politica di riconciliazione nazionale attraverso la promozione di un patto nazionale di pace e di riconciliazione;
– creare una nuova Commissione di Verità e Riconciliazione (CVR), secondo gli standard internazionali;
– approvare la legge per l’attuazione dello Statuto di Roma;
– istituire un programma nazionale di riparazione dei danni causati alle vittime.
6ª tematica: questioni sociali, istruzione, sanità e funzionari dello Stato
Problemi:
– Insegnanti non pagati dallo Stato e sostenuti dai genitori degli studenti;
– infrastrutture scolastiche in decadenza, soprattutto in ambienti rurali;
– proliferazione di scuole e università fuori norma;
– falsificazione di documenti scolastici e, in certe scuole, vendita di materiale scolastico;
– ritardi nella consegna dei titoli di studio e accademici;
– scollamento tra scuola, curriculum universitario e mercato del lavoro;
– difficoltà di accesso alle cure sanitarie (pagamento di una caparra prima di essere assistiti, spese relative alle cure e alla degenza;
– farmacie non autorizzate e circolazione di farmaci scaduti e non omologati;
– insufficienza del personale infermieristico nelle zone rurali;
– stanziamenti insufficienti a supporto delle malattie croniche;
– salario dei funzionari statali insignificante e invecchiamento del personale;
– mancanza di corsi di aggiornamento per i funzionari dello Stato;
– clientelismo nelle assunzioni e politicizzazione dell’amministrazione;
– mancanza di assicurazioni sulla vita, assenza di una politica nazionale di pensionamento e insufficiente finanziamento delle pensioni da parte dell’INSS.
Possibili soluzioni:
– Sopprimere la contribuzione dei genitori agli insegnanti, in conformità con l’articolo 43 della Costituzione che garantisce l’istruzione gratuita;
– modernizzare i servizi di erogazione dei titoli accademici;
– sanzionare i responsabili scolastici recalcitranti;
– chiudere le scuole fuori norma e non viabili;
– sensibilizzare i gestori delle strutture sanitarie sul carattere non commerciale della sanità;
– elaborare una politica nazionale in materia di accesso alle cure sanitarie;
– costruire, in ogni provincia, un centro farmaceutico presso cui le farmacie possano usufruire di prezzi accessibili;
– intraprendere delle misure giudiziarie nei confronti di tutti coloro che producono o immettono sul mercato dei prodotti farmaceutici contraffatti o scaduti.[20]
[1] Cf Radio Okapi, 13.09.’13
[2] Cf Radio Okapi, 22.09.’13; Le Phare – Kinshasa, 24.09.’13
[3] Cf Radio Okapi, 13.09.’13
[4] Cf Bertin Kangamotema – Le Potentiel – Kinshasa, 14.09.’13
[5] Cf Radio Okapi, 16.09.’13
[6] Cf Radio Okapi, 18.09.’13
[7] Cf Le Poteniel – Kinshasa 19.09.’13
[8] Cf Radio Okapi, 21.09.’13
[9] Cf Radio Okapi, 23.09.’13
[10] Cf Radio Okapi, 24.09.’13
[11] Cf Radio Okapi, 24.09.’13
[12] Cf Radio Okapi, 26.09.’13
[13] Cf Radio Okapi, 27.09.’13
[14] Cf Radio Okapi, 27.09.’13
[15] Cf Radio Okapi, 26.09.’13
[16] Cf Eric Wemba – Le Phare – Kinshasa, 26.09.’13
[17] Cf Cf La Prospérité – Kinshasa, 27.09.’13
[18] Cf Le Potentiel – Kinshasa, 30.09.’13
[19] Cf L’Avenir – Kinshasa, 30.09.’13
[20] Cf La Prospérité – Kinshasa, 23.09.’13 http://www.laprosperiteonline.net/affi_article.php?id=405