NORD KIVU: IN ATTESA DI KAMPALA, A GOMA “CLIMA RESTA INCERTO”

Misna

Sono tornati ieri al tavolo dei negoziati con il governo di Kishasa i ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23). Dopo aver boicottato la sessione del giorno precedente, i ribelli attivi nel Nord Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo, hanno detto di “essere pronti ad andare avanti” e di attendere che il mediatore dei colloqui, il ministro della Difesa ugandese Crispus Kiyonga, “decida di spingere le parti verso colloqui più sostanziali”. La posizione dei ribelli è stata chiarita ai giornalisti da Francois Rucogoza, capo della delegazione giunta a Kampala, dove si stanno tenendo le trattative.

Da parte sua, il capo delegazione del governo congolese, il ministro degli Esteri Raymond Tshibanda, si è lanciato in un pubblico atto di accusa contro i ribelli davanti alla stampa convenuta nella capitale ugandese: “L’M23 – ha detto – è responsabile di esecuzioni, stupri e reclutamenti forzati. Più di 800.000 persone in Kivu, gran parte dei quali bambini, stanno soffrendo a causa sua”. Tshibanda ha anche respinto le accuse mosse dai ribelli secondo cui i congolesi che parlano kinyarwanda siano discriminati dal governo.

Se questo è quanto appare in pubblico, ancora incerto è quanto sta avvenendo dietro le quinte di un negoziato a cui si è arrivati in seguito alla mediazione della Conferenza internazionale dei paesi dei Grandi Laghi. L’organismo, di cui fanno parte 11 Stati della regione, è riuscito a convincere i ribelli a ritirarsi da Goma, il capoluogo del Nord Kivu che alla fine di novembre era passato sotto il loro controllo; e ha anche convinto ribelli e governo congolese a trovare una soluzione politica a una crisi in realtà molto complessa.

“Qui a Goma c’è in realtà molto scetticismo sui colloqui ugandesi” dice alla MISNA una fonte missionaria che preferisce restare anonima per motivi di sicurezza. “In attesa della conclusione dei negoziati – aggiunge – continuiamo a vedere preoccupanti movimenti di soldati e di ribelli. Questi ultimi si sono posizionati a una decina di chilometri da Goma, meno quindi dei 20 chilometri che avrebbero dovuto rispettare in base agli accordi. In questo clima incerto, i problemi umanitari sono lontani dall’essere risolti e il numero degli sfollati resta alto anche perché molte famiglie non si sentono ancora sicure e preferiscono non tornare ai villaggi d’origine”.

[GB]