NORD KIVU: DUBBI A GOMA, STALLO AI COLLOQUI DI KAMPALA

Misna

“A Goma si vive nell’incertezza del domani e nell’insicurezza diffusa. La gente segue con diffidenza i colloqui in corso a Kampala, che finora non hanno segnato alcun passo avanti. In molti dubitano della sincerità di questa iniziativa. Inoltre in città ci sono molti volti nuovi che, in realtà, sono quelli dei ribelli vestiti da civili ma che portano avanti il loro progetto di destabilizzazione”: è il racconto affidato alla MISNA da una fonte religiosa congolese contattata nel capoluogo della provincia del Nord Kivu, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza.

Se nel centro della città le banche e i negozi cominciano a funzionare regolarmente, sottolinea la fonte, “i flussi commerciali sono ancora ridotti per via della lenta ripresa della circolazione sulle strade delle regioni orientali e ci sono pochi soldi in contanti a disposizione come conseguenza dei timori per il futuro, in particolare per un eventuale fallimento dei colloqui ugandesi”.

La situazione più difficile e complessa rimane quella delle centinaia di migliaia di sfollati – più di 900.000 nel Nord Kivu secondo gli ultimi dati dell’Onu – che negli ultimi mesi si sono rifugiati nei campi attorno a Goma. “Sono tutt’ora – dicono alla MISNA – vittime di saccheggi, furti, stupri e gravi violazioni dei diritti umani per i quali sono guardati con sospetto i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23)”. Ufficialmente ritiratisi dal capoluogo del Nord Kivu lo scorso 1° dicembre, i miliziani dell’M23 hanno eretto una barriera di sicurezza a Kanyaruchinya, una località a 12 chilometri da Goma sulla strada verso Rutshuru; nel campo di Rumangabo (50 chilometri a nord), starebbero addestrando militari e poliziotti catturati o arresisi durante i giorni dell’assedio al capoluogo regionale.

Intanto in Uganda, paese alla guida della mediazione dei Grandi Laghi, stentano a decollare i negoziati iniziati venerdì scorso tra la delegazione del governo congolese e i rappresentanti della ribellione. Kinshasa acconsente soltanto di verificare lo stato di applicazione degli accordi di pace firmati il 23 marzo 2009 con l’allora milizia del ‘Cndp’, nucleo fondatore dell’M23, nato lo scorso aprile. “In questa sede non si può pensare di parlare dell’ordine costituzionale e istituzionale della Repubblica democratica del Congo (…) né di violare il carattere inalienabile della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale” ha detto padre Apollinaire Malu Malu, ex presidente della commissione elettorale congolese e negoziatore per conto del governo. Da canto loro i ribelli hanno nuovamente messo sul tavolo negoziale la questione della legittimità del potere del presidente Joseph Kabila, partendo dal presupposto che le elezioni del 28 novembre 2011 sono state segnate da brogli. Hanno già suggerito di andare verso uno scenario che porti il paese a un governo di transizione inclusivo, del quale lo stesso M23 farebbe parte, con l’obiettivo di organizzare un nuovo voto.

Nonostante Kigali non partecipa ai negoziati di Kampala, la questione del coinvolgimento del Rwanda nell’ultima ribellione dell’est del Congo è tornata sul tavolo dopo che ieri le autorità congolesi hanno annunciato di aver catturato 20 presunti soldati ruandesi sul territorio nazionale assieme a 18 miliziani dell’M23 poco prima dell’assalto a Goma, lo scorso 20 novembre. “E’ un’accusa falsa. Se le cose fossero davvero andate così le Fardc (esercito regolare congolese, ndr) e le autorità congolesi avrebbero dovuto consegnare questi soldati ruandesi ai responsabili del meccanismo di verifica congiunta a Goma” ha replicato da Kigali il portavoce dell’esercito ruandese, il generale Joseph Nzabamwita.

Una nuova proposta concreta di aiuto per risolvere la crisi del Nord Kivu è invece arrivata dallo Zimbabwe. Il vice ministro degli Esteri, Joey Bimha, ha assicurato la disponibilità di Harare a dispiegare alcune centinaia di uomini per partecipare alla ‘forza di appoggio’ che la Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc) intende inviare nell’est del Congo come contributo a una nuova forza internazionale di pace nel paese dei Grandi Laghi.

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