Rimarrà chiusa tra le 18 e le 6 la frontiera tra il Congo e il Rwanda, nelle città di Goma – lato congolese – e di Gisenyi – versante ruandese – per una durata indeterminata: il provvedimento è stato annunciato in un comunicato a firma di Julien Paluku, governatore dell’instabile provincia del Nord-Kivu. Il testo, che non precisa le motivazioni della decisione, fa riferimento a una generica misura di “attuazione delle istruzioni date dal governo in data del 19 ottobre”.
Da un anno a questa parte, in modo sperimentale, il confine è rimasto aperto 24 ore su 24 dietro suggerimento della Comunità economica dei paesi dei Grandi Laghi (Cepgl) per rilanciare le attività economiche tra Repubblica democratica del Congo, Rwanda e Burundi.
Fonti di stampa congolese sottolineano che la decisione del governo di Kinshasa è intervenuta a pochi giorni dalla diffusione di stralci di un nuovo rapporto delle Nazioni Unite che accusa il Rwanda e l’Uganda di “sostegno politico, militare e logistico” alla ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), nata lo scorso aprile in Nord-Kivu e da ieri ribattezzata Esercito rivoluzionario del Congo (Arc). Negli ultimi mesi i ribelli hanno sconfitto i soldati regolari congolesi (Fardc) e dopo aver preso il controllo di alcune località nel territorio di Rutshuru starebbero puntando verso Goma, il capoluogo della provincia.
Il provvedimento annunciato dal governatore è stato accolto positivamente dalla società civile. “E’ una soluzione che può contribuire a rendere più sicura la città di Goma e i suoi dintorni, destabilizzati da banditi e ribelli del M23, di cui fanno parte soldati ruandesi e ugandesi” ha dichiarato il portavoce della società civile del Nord-Kivu, Omar Kavota. Una misura che dovrebbe consentire un controllo più serrato delle persone che ogni giorno transitano per Gisenyi. “Abbiamo già chiesto alle forze di sicurezza di raddoppiare la vigilanza anche perché gli autori di violenze e esazioni, a giornata conclusa, passano dall’altra parte della frontiera” ha precisato Kavota, denunciando “la guerra permanente alimentata nell’Est da gruppi armati che intendono creare uno Stato a parte”. Il portavoce della società civile esprime la sua perplessità in merito al progetto dei paesi dei Grandi Laghi di una forza neutrale lungo il confine tra Congo e Rwanda. “Ormai la fiducia nei nostri vicini viene a mancare, per questo motivo il governo deve optare per soluzioni interne e la comunità internazionale deve adottare sanzioni invece di formulare generiche accuse. Serve più volontà politica da ogni parte” ha concluso Kavota.
Dopo Kigali anche Kampala ha respinto le accuse mosse dai rapporti Onu, bollate come “falsità oltraggiose che minano l’immagine dell’Uganda” che da mesi ha assunto il ruolo di mediatore nella crisi del Nord-Kivu. Il ministero degli Esteri ugandese ha avvertito che “interromperà la mediazione se il Consiglio di sicurezza Onu dovesse confermare le accuse nei nostri confronti” ha detto Asuman Kiyingi.
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