Congo Attualità n. 148 – Editoriale a cura della Rete Pace per il Congo
Ultimamente, Guy de Boeck suole iniziare la sua rassegna stampa di ogni giorno (in www.congoforum.be), con le seguenti parole:
«Come ogni atto, anche la formazione del governo Matata deve essere inquadrata nel suo contesto, che è quello di un colpo di stato. Considerato il tempo trascorso, i veri risultati delle elezioni del 28/11/11 rimarranno, probabilmente, per sempre sconosciuti.
I brogli elettorali più importanti si sono verificati nei centri di compilazione dei risultati e non ci si potrebbe avvicinare alla “verità delle urne” se non riferendosi ai verbali originali dei seggi elettorali, ultima operazione pubblica e verificata dai testimoni dei partiti. Le cifre fornite dalla Commissione Elettorale non sono confermate da verbali originali. Nemmeno le cifre diffuse dall’UDPS. La Chiesa non ha mai pubblicato i risultati parziali registrati dagli osservatori. Si hanno solo dei risultati la cui credibilità è nulla, in assenza di documenti comprovanti.
Qualsiasi autorità che pretenda presentarsi come tale non dipende che dalla forza, dall’intimidazione, da un colpo di stato di fatto. La dinamica di questo colpo è di continuare, come se nulla fosse accaduto, la procedura che normalmente si segue dopo le elezioni e di mettere il paese e il mondo davanti al fatto compiuto.
La CSJ ha approvato i risultati delle elezioni legislative e si è già proceduto alla formazione di un governo. Anche l’auto proclamazione di Tshisekedi come Presidente e la sua decisione di “annullare” le legislative – illegale anche da parte di un Presidente regolarmente eletto e riconosciuto come tale – sono solo imitazioni del “colpo di stato del fatto compiuto” di Kabila.
La logica esigerebbe che si fosse coerenti fino alla fine e si dicesse che né l’uno, né l’altro, non può dire di essere stato eletto, perché finora non si conoscono risultati che siano davvero credibili. In questo contesto, è necessario evitare la confusione tra “contestare lo svolgimento delle elezioni e i risultati pubblicati” e “proclamare eletto uno dei due, Tshisekedi o Kabila”».
Secondo le parole di Guy de Boeck, è innegabile che ci sia stato un “colpo di stato elettorale”.
Ma tale constatazione non può dar adito ad una rassegnazione passiva e fatalista, né all’accettazione dell’inaccettabile. Dopo tanta sofferenza causata da oltre quindici anni di guerra, il popolo congolese avverte la necessità di costruirsi un futuro nuovo e diverso che gli restituisca la sua dignità rubata. Il popolo congolese ha fame e sete di cambiamento e saprà trovare nuove forme di resistenza attiva e non violenta per riappropriarsi del proprio destino. Saprà far ricorso alla sua creatività e fantasia, per mettere in atto nuove forme di lotta non violenta. In collaborazione tra loro, i vari gruppi della società civile, le comunità ecclesiali, le associazioni delle donne, i comitati per lo sviluppo, le associazioni per la difesa dei diritti umani, i mezzi di comunicazione e le università (quanto potenziale umano da valorizzare! E l’elenco potrebbe ancora continuare…) sapranno, come hanno fatto finora, trovare nuovi spazi di riflessione e di formazione civica che, inevitabilmente e poco a poco, condurranno l’intero popolo congolese verso la sua liberazione.
La coscienza della propria dignità, il sentirsi membri di un solo popolo, il rispetto dei diritti umani e la responsabilità nei confronti della giustizia sono alcune tappe che, vissute personalmente e comunitariamente alla base, potranno contribuire a sconfiggere ogni forma di dittatura e di repressione. La resistenza popolare costante e non violenta è, infatti, a media e a lunga scadenza, più potente della forza di coloro che detengono le armi e il potere.