SOMMARIO:
KIVU
Editoriale: Una mediazione ruandese? Una nuova operazione militare congiunta congolo-ruandese? NO. Grazie!
1. Le operazioni militari contro i soldati disertori di Bosco Ntaganda e del M23
2. Il Ruanda offre il suo aiuto per risolvere il conflitto nel Nord Kivu
3. Bosco Ntaganda sotto pressione della CPI e di HRW
4. Le FDLR intensificato gli attacchi ai villaggi
5. E anche i gruppi di autodifesa Mai Mai
EDITORIALE: UNA MEDIAZIONE RUANDESE? UNA NUOVA OPERAZIONE MILITARE CONGIUNTA CONGOLO-RUANDESE? NO. GRAZIE!
KIVU
1. Le operazioni militari contro i soldati disertori di Bosco Ntaganda e del M23
L’8 maggio, quasi venticinque tonnellate di armi pesanti, mortai, armi di piccolo calibro e munizioni sono state scoperte e recuperate dall’esercito nella fattoria del generale in fuga, Bosco Ntaganda, presso Kirolirwe, nel territorio di Masisi, più di 60 chilometri a nord di Goma (Nord Kivu). L’esercito ha, inoltre, recuperato un altro carico di armi e munizioni a Mushaki, una città a circa quaranta chilometri da Goma, nello stesso territorio. Fonti locali indicano che a Masisi e a Rutshuru ci sono ancora diversi depositi clandestini di armi che Bosco Ntaganda si era riservato.
Il 10 maggio, durante la notte, i ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23), provenienti dal parco nazionale dei Virunga, hanno preso il controllo delle località di Runyonyi, Chanzu e Bikenge, a est del capoluogo del territorio di Rutshuru (Nord Kivu), dopo due ore di combattimenti con le Forze Armate della RDC (FARDC).
Il 12 maggio, l’esercito congolese ha bombardato Runyonyi, “base” degli ammutinati, e alcune loro postazioni a Chanzu e a Bikenge. Ma i ribelli mantengono ancora il controllo di queste località. Secondo fonti militari, l’esercito mantiene il controllo di Bunagana, vicino al confine con l’Uganda. Il deputato Jason Luneno ha dichiarato che a Goma, capitale del Nord Kivu, “sono continuate le perquisizioni presso gli ex ufficiali delle FARDC che hanno aderito al M23”. Nelle case di alcuni ufficiali, si continua a trovare altre armi. Egli ha anche sottolineato che “quando l’esercito aveva il sopravvento sui militari disertori del CNDP, questi erano costretti a ritirarsi; la sospensione delle operazioni ha creato un sentimento di frustrazione nelle FARDC”, che hanno espresso il loro disappunto, non sentendosi più motivate a combattere. Jason Luneno ha anche sottolineato che se degli ammutinati si sono arresi, ce ne sono altri che disertano. Quasi 7.500 persone si sono rifugiate in Ruanda, secondo le autorità del paese, e “circa 3.000 congolesi” sono fuggite in Uganda, secondo fonti dell’ONU.
Sono soprattutto famiglie tutsi che, da due settimane, abbandonano le loro case a Kitchanga, in territorio di Masisi, per raggiungere il campo di transito per rifugiati di Nkamira, in Ruanda, via Goma. Alcuni testimoni sul posto affermano che queste famiglie dicono di temere per la propria sicurezza da quando le Forze Armate della RDC (FARDC) hanno ripreso il controllo della cittadina di Kitchanga, in seguito ai combattimenti contro i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23). “Per che cosa si sentono insicuri?”, si è chiesto un abitante della località di Kitshanga. Queste partenze dei Tutsi per il Ruanda inquietano gli abitanti di Mwesso e Kitshanga che scelgono di restare. Anzi, chiedono alle autorità di fermare questi spostamenti di popolazioni. Da parte sua, l’amministratore del territorio di Masisi ha assicurato che la comunità Tutsi non deve assolutamente preoccuparsi. Le condizioni di sicurezza nelle zone in cui abitano sono assicurate dalle forze armate della RDCongo.
Secondo Radio Francia Internazionale (RFI), i militari disertori sembrano ormai divisi in due gruppi, uno con il colonnello Sultani Makenga, l’altro con il generale Bosco Ntaganda. Le FARDC hanno bombardato la località di Runyonyi, in cui si trovano le truppe ammutinate del colonnello Makenga. In fuga, Bosco Ntaganda si sarebbe rifugiato nel parco dei Virunga, settore Runyonyi: si parla di Mikeno e Karisimbi. Secondo la radio francese, “le FARDC combattono ormai su due fronti: contro il M23 e, nello stesso tempo, contro i militari disertori fedeli al generale Bosco Ntaganda”. Ma, in entrambi i lati, si tratta di militari del CNDP che rifiutano di essere dispiegati in altre province del Paese fuori dal Nord Kivu, come lo richiederebbe la riforma dell’esercito.
Il 18 maggio, nel corso di una conferenza stampa a Kinshasa, il portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha affermato che Bosco Ntaganda, Sultani Makenga e i militari disertori sono ormai confinati sulle colline di Runyonyi e Mbuzi, al confine tra la RDCongo e il Ruanda. Lo spazio sarebbe totalmente circondato dalle forze lealiste, ha assicurato il portavoce del governo, che ha stimato a circa 300 il numero dei militari ammutinati dell’ex ribellione tutsi del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP). Ancora una volta, Lambert Mende ha chiesto ai militari fedeli a Bosco Ntaganda di rientrare nelle file dell’esercito. Ha, inoltre, affermato che sui trecentocinquanta (350) ammutinati nel Sud Kivu, 304 (304) sono già rientrati. Rilasciati dopo indagine, la maggior parte di loro sono stati messi a disposizione del comando militare per una loro riassegnazione in altre province del territorio nazionale.
Gli ammutinati, che hanno disertato l’esercito all’inizio di aprile nel Nord e Sud Kivu, si sono rafforzati reclutando con forza bambini e adulti e facendo alleanze con altre milizie del Nord Kivu: Maï Maï Tsheka, Lafontaine, l’Alleanza per un Congo Libero e Sovrano APCLS, il colonnello Mandevu, uno dei principali capi delle FDLR, la ribellione hutu ruandese delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda.
Il ministro Lambert Mende ha anche respinto qualsiasi offerta di negoziato con il M23, “quegli indisciplinati”, che non considera affatto come una nuova ribellione, per il fatto che le loro richieste sono state soddisfatte sin dalla firma dell’accordo di Goma, il 23 marzo 2009. A suo parere, “Ntaganda e Makenga sono la stessa cosa e nessuna differenza esiste tra loro”. Secondo le dichiarazioni di Lambert Mende, il governo congolese chiede ancora una volta ai ribelli del generale Bosco Ntaganda e del colonnello Makenga di rientrare nell’esercito, “prima che sia troppo tardi”. Egli ha precisato che coloro che si arrenderanno “saranno reintegrati nelle FARDC e saranno inviati in altre province della Repubblica”. Egli ha promesso che “solo i responsabili dell’ammutinamento e i criminali saranno consegnati alla giustizia”.
2. Il Ruanda offre il suo aiuto per risolvere il conflitto nel Nord Kivu
Il 12 maggio, i ministri ruandese e congolese della Difesa, il generale James Kabarebe e Alexandre Luba Ntambo rispettivamente, si sono incontrati nella prefettura ruandese di Gisenyi. Il Ruanda ha offerto alla RDCongo il suo aiuto per cercare una soluzione pacifica e politica al conflitto del Nord Kivu, senza ricorrere alla forza militare. È una soluzione politica negoziata che Kigali propone a Kinshasa, per risolvere l’attuale crisi del Nord Kivu. Ormai è chiaro: secondo vari osservatori, Kigali offre la sua mediazione per nuove trattative tra il governo congolese e la nuova ribellione, il Movimento del 23 Marzo (M23) del colonnello Sultani Makenga, appartenente al CNDP (Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo). Gli osservatori ritengono che tale mediazione potrebbe andare a vantaggio di Bosco Ntaganda, il generale latitante ricercato dalla Corte Penale Internazionale (CPI) e accusato da Kinshasa di essere alla base del nuovo conflitto nel Kivu. D’altra parte, il governo congolese è sotto pressione internazionale per arrestare Bosco Ntaganda e consegnarlo alla giustizia internazionale per i crimini di guerra commessi in Ituri. Per Kinshasa, accettare di negoziare equivarrebbe ad abbandonare la caccia a Bosco Ntaganda.
Secondo una dichiarazione congiunta resa nota dall’ufficio del generale Joseph Nzamwita, portavoce dell’esercito ruandese, la RDCongo e il Ruanda hanno firmato anche un nuovo protocollo d’intesa per la cooperazione nel campo della sicurezza. Il mandato della commissione mista dei servizi segreti dei due paesi è stato ampliato, per poter sorvegliare altre zone delle aree di confine e collaborare per eliminare qualsiasi potenziale “minaccia alla sicurezza” tra i due paesi. I capi di stato maggiore di entrambi i paesi dovrebbero anche “presentare un piano concertato di operazioni” e preparare una “prossima operazione militare congiunta” contro i ribelli ruandesi delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR) che operano in ambedue le province del Kivu. Secondo alcune istanze di sicurezza ruandesi, i ribelli FDLR potrebbero eventualmente approfittare del caos che attualmente vige nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo per riorganizzarsi e attaccare il Ruanda. A Kigali, gli ufficiali ruandesi hanno sempre affermato che il Ruanda non intavolerà mai alcun negoziato con i ribelli Hutu che operano nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, presso la frontiera ruandese.
Il 14 maggio, Lambert Mende, portavoce del governo congolese, ha smentito le informazioni circa un’eventuale mediazione del Ruanda, affermando che “si tratta di informazioni che non può confermare in nome del governo, cui non è pervenuta alcuna proposta di mediazione da parte di alcun Paese vicino”.
La società civile del Nord Kivu si oppone a qualsiasi tentativo di negoziazione tra il governo congolese e i ribelli del M23. Omar Kavota, vice presidente e portavoce di questa struttura, ritiene che “qualsiasi tentativo di trattativa con i gruppi armati che creano insicurezza e la fuga di migliaia di civili nel Nord Kivu sarebbe un modo per incoraggiare la violenza armata nella regione”. Egli ha, inoltre, affermato che la società civile del Nord Kivu incoraggia le Forze Armate della RDCongo, affinché continuino la caccia a tutti i gruppi armati attivi nella regione, per ristabilire l’autorità dello Stato.
Proponendo il proprio aiuto o la propria mediazione per trattative tra il governo congolese e il M23, Kigali dimostra di essere alla base della nascita della nuova ribellione del M23. Kigali, le cui mire geo economiche sul Kivu non sono più da dimostrare, gioca il ruolo di piromane e di pompiere nello stesso tempo, beneficiando sicuramente di complicità nella capitale congolese. È risaputo che Kigali continua a mantenere un occhio aperto su tutto ciò che accade nell’Est della RDCongo. Nulla succede all’Est del Congo, senza che il Ruanda ne sia previamente implicato. Il Ruanda continua a servire come base a tutti i tentativi di destabilizzazione dell’Est del Congo.
Il 18 maggio, il Ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo congolese, Lambert Mende, ha dichiarato alla stampa che la riunione del Sabato 12 maggio, tenutasi a Gisenyi-Rubavu (Ruanda), dei ministri della difesa della RDC e del Ruanda, si iscriveva nel corso normale del controllo dei meccanismi bilaterali già concordati tra i due paesi. Lambert Mende ha insistito che “non ci sono stati nuovi accordi tra la RDC e il Ruanda”, aggiungendo che “Solo un verbale ha sanzionato la sessione di lavoro del Vice Premier congolese responsabile della Difesa, Luba Ntambo, con il suo omologo ruandese, James Kabarebe”. Egli ha spiegato che il documento “annuncia la decisione di attuare gli accordi precedenti sul meccanismo di verifica congiunta della situazione della sicurezza alle frontiere comuni”.
Essendosi entrambe le parti messe d’accordo sulla creazione di un meccanismo di prevenzione di tutto ciò che può nuocere al clima di sicurezza, la RDC si è impegnata a stabilizzare la situazione dei circa 9.000 congolesi sfollati in Ruanda, affinché possano ritornare ai loro luoghi di origine.
Da parte sua, il Ruanda si è impegnato a fornire un appoggio agli sforzi del governo congolese per stabilizzare l’Est del Paese, ha detto il ministro Lambert Mende. Da parte sua, egli dice di non credere che, attraverso la dichiarazione del portavoce del ministro della Difesa ruandese, il generale James Kabarebe, Kigali abbia proposto una mediazione tra il governo congolese e gli ammutinati. Lambert Mende ha ammesso che “Il Ruanda è disposto ad aiutare la RDC a cercare una soluzione pacifica – non con le armi – e politica”. Ha quindi proseguito: “Ma non vedo come una simile affermazione, se davvero è stata fatta, possa mettere in discussione quello che dico, che il Ruanda, non ha offerto alcuna mediazione”. E ha precisato che si può cercare una soluzione politica fornendo informazioni ai partner.
Per quanto riguarda la minaccia ancora rappresentata dalle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), è stato deciso che solo le FARDC condurranno le operazioni sul campo contro queste forze negative. La parte ruandese dovrebbe limitarsi a un’assistenza tecnica nel quadro del meccanismo congiunto di monitoraggio (sorveglianza e valutazione) con la collaborazione di esperti di entrambi i paesi.
Lambert Mende ha concluso confermando che, contrariamente alle informazioni trasmesse ultimamente dalla stampa, Kigali non ha presentato a Kinshasa alcuna offerta, né di mediazione con Bosco Ntaganda e il M23, né per combattere a fianco delle FARDC contro le FDLR ancora attive nella RDCongo.
Il 18 maggio, in un incontro bilaterale tra il Ruanda e la RDC a Kigali, la Ministro degli Affari Esteri ruandese ha dichiarato che il Ruanda non potrà impegnarsi in una mediazione tra la RDC e il M23, senza esserne stato richiesto dal governo congolese.
Il 18 e 19 maggio, a Kigali (Ruanda) si è tenuta la quinta sessione ordinaria della Grande Commissione mista Ruanda-RDCongo. La delegazione congolese era guidata da Raymond Tshibanda N’Tungamulongo, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e quella della Repubblica del Ruanda era condotta da Louise Mushikiwabo, ministro degli Affari esteri e della cooperazione. La sessione si è conclusa con un comunicato finale delle due parti:
«Per quanto riguarda la sicurezza, le due parti ribadiscono il loro impegno a lavorare insieme per porre fine all’esistenza dei gruppi armati nella regione.
Entrambe le parti sostengono senza riserve e raccomandano una rapida ed effettiva attuazione delle conclusioni adottate dai Ministri della Difesa della Repubblica del Ruanda e della Repubblica Democratica del Congo nel loro ultimo incontro tenutosi a Gisenyi, Rubavu (Ruanda), il 12 maggio 2012:
– I ministri della difesa hanno deciso di estendere il mandato della Commissione mista di informazione reciproca alla verifica congiunta della situazione della sicurezza lungo i confini e all’interno di ciascun paese.
– I Capi di Stato Maggiore dei servizi segreti di entrambi i paesi verificheranno l’efficacia di questo meccanismo entro 10 giorni.
– Entro dieci giorni, i due Capi di Stato Maggiore Generali presenteranno un piano concertato per le operazioni contro le FDLR. Il piano includerà un meccanismo congiunto di monitoraggio di tali operazioni.
– Entro dieci giorni, i capi dei servizi segreti dovranno istituire un meccanismo di prevenzione di qualsiasi azione che possa ledere i buoni rapporti e la sicurezza di entrambi gli Stati, soprattutto da parte di elementi opportunistici e di una propaganda negativa.
– Il governo della RDCongo si impegna a creare le condizioni favorevoli per il ritorno, al più presto, delle persone colpite dalle recenti operazioni nelle loro comunità di origine.
– Il governo del Ruanda continuerà ad appoggiare gli sforzi della RDCongo per ripristinare e mantenere la pace e la sicurezza nella parte Est della RDCongo.
– Per quanto riguarda la questione dei rifugiati, le due parti hanno raccomandato di continuare la sensibilizzazione dei rifugiati dei due paesi per il loro ritorno volontario il più presto possibile. Entrambe le parti hanno appreso con soddisfazione la tenuta, a Kigali, nel luglio 2012, della seconda riunione tripartita HCR-RDC-RUANDA sulla questione dei rifugiati».
Ciò che stupisce in questo comunicato è la priorità accordata alla questione delle FDLR, proprio quando le FARDC sono attualmente impegnate in operazioni contro i militari ammutinati guidati da Bosco Ntaganda e dai suoi complici, Makenga Sultani e Kazarama Vianney. Sembra un vero mercato in cui le priorità di Kigali prevalgono su quelle di Kinshasa. L’accordo tra la RDCongo e il Ruanda è fortemente a favore di Kigali. Tutto ruota intorno alle FDLR. La sicurezza alle frontiere è citata solo per compensare le ampie concessioni fatte a Kigali da parte di Kinshasa. Incredibile. La RDCongo si è lasciata abbindolare dalla falsa promessa del Ruanda di chiudere le frontiere ai militari ammutinati del generale Bosco Ntaganda. In cambio, il Ruanda ha ottenuto una nuova operazione militare contro le FDLR in Congo. La precedente operazione militare congiunta (Umoja Wetu = La nostra unione) condotta contro le FDLR aveva ben dimostrato i suoi limiti. È proprio necessario ripetere la stessa esperienza negativa?
Purtroppo, il governo della RDCongo sembra aver già intrapreso lo stesso cammino. Attualmente, la priorità per i Congolesi è di porre termine all’avventura di Bosco Ntaganda. Ciò che ora è importante per la RDCongo è neutralizzare Bosco Ntaganda, privandolo di tutto il sostegno militare e logistico. Ma ancora una volta il Ruanda approfitta della sua posizione per imporre, come priorità, i suoi interessi a scapito della RDCongo. L’accordo con il governo ruandese sembra davvero una presa in giro del popolo congolese.
3. Bosco Ntaganda sotto pressione della CPI e di HRW
Il 14 maggio, il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) ha ufficialmente presentato una nuova richiesta di mandato di arresto contro Ntaganda. Ma la Corte non ha un esercito e per neutralizzare il generale dissidente, conta sulla collaborazione della RDC. Tuttavia, l’esercito congolese è mal organizzato, mal equipaggiato e mal pagato. La collaborazione della Monusco non è ovvia. Con pretesti poco chiari, invece di assicurare la protezione dei civili, i Caschi Blu inviati nella RDC si dedicano piuttosto a funzioni di osservazione che molti paragonano a una forma di turismo specializzata nella contabilità dei cadaveri. Eppure, sia la MONUSCO che la CPI sono due emanazioni delle Nazioni Unite. Nel caso specifico della RDCongo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe rivedere con urgenza il tipo di mandato della MONUSCO, per consentirle di svolgere il suo ruolo di forza di interposizione.
Il 16 gennaio, l’organizzazione non governativa Human Rights Watch (HRW) ha accusato il generale Bosco Ntaganda di aver reclutato nella sua milizia e con la forza, 149 bambini e giovani, tra il 19 aprile e il 4 maggio, nelle vicinanze di Kilolirwe, Kingi, Kabati, Mushaki, Rubaya ed altre località sulla strada verso Kitchanga, in territorio di Masisi (Nord Kivu). Nel suo rapporto, HRW stima che tra 300 e 600 il numero dei militari disertori che hanno seguito Bosco Ntaganda nel suo ammutinamento. Hanno reclutato bambini e giovani di età compresa tra i 12 ei 20 anni. Almeno quarantotto (48) hanno meno di 18 anni e diciassette (17) hanno meno di 15 anni. Appartengono per lo più ai gruppi etnici tutsi e hutu, precisa l’Ong. Secondo il rapporto di HRW, le forze di Ntaganda hanno rapito i bambini a scuola, a casa loro, in fattorie o per strada, mentre cercavano di fuggire a piedi o in taxi moto. I bambini e i giovani reclutati hanno ricevuto un rapido addestramento militare e la maggior parte di essi sono stati immediatamente costretti a portare armi e munizioni fino a postazioni di prima linea, informa HRW.
«Bosco Ntaganda ha ripreso a commettere crimini contro i bambini identici a quelli per cui la Corte Penale Internazionale ha già emesso contro di lui un mandato d’arresto», ha detto Anneke Van Woudenberg, ricercatrice per il dipartimento Africa di HRW. “Finché Bosco Ntaganda è libero, la sicurezza di bambini e civili sarà sempre gravemente minacciata”, ha aggiunto.
4. Le FDLR intensificato gli attacchi ai villaggi
Da quando l’esercito nazionale ha dovuto affrontare i militari disertori di Bosco Ntaganda e del nuovo Movimento del 23 Marzo (M23), i miliziani delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR) hanno intensificato i loro attacchi ai villaggi e commesso orribili massacri.
Nella notte dal 3 al 4 maggio, miliziani delle FDLR hanno attaccato il villaggio di Lumenje, 13 km a nord di Bunyakiri (Sud Kivu) e hanno ucciso almeno 11 persone. Tra le vittime, quattro donne che si recavano ai campi. Le FDLR agiscono spesso per rappresaglia quando sospettano la popolazione di un villaggio di collaborare con il gruppo di auto difesa Maï Maï Raia Mutomboki.
Nella notte dal 13 al 14 maggio, miliziani delle Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR) hanno attaccato il villaggio di Kamananga, tra Kambegeti e Kambale, posto amministrativo di Bunayakiri , territorio di Kalehe, provincia del Sud Kivu, uccidendo circa 65 persone, secondo l’Ong Eredi della Giustizia. Il massacro ha avuto luogo a 3 km dalla Base operativa mobile della Monusco. 31 corpi sono già stati recuperati, identificati e sepolti in una fossa comune e la ricerca continua per trovare i dispersi. Eredi della Giustizia cita una quindicina di nomi, ma l’elenco non è esaustivo.
Il mattino del 14 maggio, la popolazione locale ha organizzato una manifestazione di protesta contro la Monusco, accusandola di “proteggere i loro carnefici”. Durante la protesta, undici caschi blu pakistani sono rimasti feriti, sette dei quali gravemente.
Eredi della Giustizia chiede alla Comunità Internazionale di non risparmiare alcuno sforzo per liberare il popolo congolese dal flagello delle FDLR, durato già troppo a lungo. Secondo l’Ong, la Comunità Internazionale dovrebbe far pressione sul governo ruandese, affinché organizzi un dialogo inclusivo, in vista di una riconciliazione tra Ruandesi che possa permettere ai Ruandesi che ancora vagano nelle foreste della Repubblica Democratica del Congo di ritornare al loro Paese.
Nella notte dal 16 al 17 maggio, i ribelli delle FDLR hanno ucciso altri tredici civili nella cittadina di Tchambutsha, nella zona di Waloa Loanda, oltre 100 km a sud di Walikale (Nord Kivu). Fonti locali affermano che i ribelli ruandesi ha lanciato l’attacco in rappresaglia contro gli abitanti di questa cittadina, accusati di appoggiare la milizia di autodifesa Raia Mutomboki. Il capo tradizionale di Waloa Loanda, Mwami Kiroba Bulenezi, rileva inoltre che altre persone sono rimaste gravemente ferite a colpi di machete e armi bianche utilizzate dagli aggressori. Il capo villaggio ha affermato anche che gli stessi miliziani FDLR hanno rapito altre persone, senza specificarne, tuttavia, il numero esatto. Secondo Mwami Kiroba Bulenezi, gli attacchi delle FDLR sono aumentati dall’inizio delle operazioni militari contro i militari disertori fedeli a Bosco Ntaganda e appartenenti al Movimento del 23 marzo (M23), nei territori di Masisi e Rutshuru. Per ora, il villaggio di Tchambucha è vuoto. Le persone stanno scappando verso Walikale, Karete e Itebero, mentre altri hanno preso la direzione del Sud Kivu.
Durante la settimana dal 14 al 20 maggio, oltre un centinaio di persone, soprattutto civili, sono state uccise nella parte Est della Repubblica Democratica del Congo in attacchi attribuiti alle milizie Mai Mai e ai ribelli hutu ruandesi delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR). Secondo Omar Kavota, vice presidente della società civile del Nord Kivu, una settimana fa, i Mai Mai hanno attaccato le FDLR che, a loro volta e per rappresaglia, si sono vendicati sulla popolazione, accusandola di collaborare con i Mai Mai. Ha aggiunto che anche i Mai Mai, alla caccia dei miliziani delle FDLR, hanno attaccato tutti coloro che incontravano sul loro cammino, sospettandoli di appartenere alle FDLR. Si parla di oltre un centinaio di persone uccise, per lo più con machete e coltelli. Gli attacchi hanno avuto luogo nelle zone di Ufamandu 1, Ufamandu 2 e nei territori limitrofi di Masisi e Walikale, nel Nord Kivu. Tra i villaggi colpiti: Kibati, Kibua, Kilima, Nyakisofi.
Un capo della comunità di Katoyi ha confermato queste informazioni in una riunione tenutasi il 20 maggio con alcuni capi dei villaggi di Masisi. Egli ha affermato che il 19 maggio, hanno ucciso cinque persone, un uomo e quattro bambini a Bitoyi, trentanove persone a Kibati. A Kibua, ne hanno ucciso 36, nel villaggio Kilina Nyakisosi, ne hanno ucciso 47. Una fonte locale dichiara che i combattenti Mai Mai sono stati i primi ad attaccare, il 14 maggio, la milizia FDLR.
L’attivismo delle FDLR e di altre milizie locali presenti nel Nord e Sud Kivu si è intensificato in seguito alla sospensione delle operazioni militari contro questi gruppi armati, decisa l’11 aprile dal presidente congolese Joseph Kabila. La decisione è stata presa in seguito alle diserzioni dall’esercito nazionale, ai primi di aprile, di diverse centinaia di militari appartenenti al Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP, ex-ribellione).
5. E anche i gruppi di autodifesa Mai Mai
Tra l’11 e il 14 aprile, nelle zone di Mbunyampuli e Luvungi, nel territorio di Walikale (Nord Kivu), negli scontri tra le Forze Armate della RDCongo (FARDC) e i Mai-Mai del gruppo Nduma Difesa del Congo (NDC) di Cheka, sono state uccise almeno 27 persone, fra cui dodici FARDC e quindici miliziani Mayi-Mayi.
Il 22 aprile, nove militari sono stati uccisi in un agguato teso dalle milizie Mai Mai nella zona di Bunyampuli, territorio di Walikale, nel Nord Kivu. Tra questi, i colonnelli e Chuma Bulumisa e Kamatimba Pili Pili, rispettivamente comandanti del quarto settore e dell’803° Reggimento delle FARDC. Nell’imboscata, altri sei militari sono rimasti feriti. Secondo le autorità delle FARDC, i militari stavano effettuando una missione nella zona di Mpofi-Kibua, dove il gruppo Mai Mai del capo ribelle Cheka e dei suoi alleati del CNDP e delle “Guide” stanno seminando il terrore tra la popolazione.
Il 24 Aprile, verso le 2h00 del mattino, un gruppo di miliziani Mai Mai ha attaccato i militari del campo Ozacaf delle Forze Armate della RDCongo, nel centro città di Beni, provincia del Nord Kivu. Il comandante del primo settore delle FARDC, con sede a Beni, il colonnello Eric Rwiyombere, ha dichiarato che gli assalitori sono stati respinti dai militari lealisti. Il campo militare Ozacaf è la sede dei servizi segreti militari e dell’armeria della base logistica del primo settore delle FARDC.
Secondo alcune fonti, il campo Ozacaf ospita militari di lingua Kinyarwanda dispiegati nel Gran Nord, al fine di tutelare gli interessi di Kabila e del ruandese Paul Kagame: la sicurezza delle persone e delle loro proprietà non entra nella loro missione. Secondo le fonti, verso l’1h00 del mattino, un gruppo di una trentina di combattenti FDDC (Forze per la Difesa del Diritto dei Cittadini) è riuscito a oltrepassare le linee difensive della FARDC-RW, neutralizzando alcune guardie che si erano addormentate, mentre erano di guardia davanti al deposito di munizioni del campo Ozacaf. In meno di 45 minuti, il commando è riuscito a impossessarsi di una buona scorta di armi e munizioni. L’operazione è stata possibile grazie alla complicità di alcuni connazionali FARDC del campo Ozacaf, stanchi di obbedire a questi Ruandofoni che, senza alcun rispetto per i Congolesi, dirigono un esercito asservito ai dettami del Ruanda.
Il 4 maggio, le milizie Mai Mai Simba hanno attaccato una postazione delle Forze Armate della RDC (FARDC) nel territorio di Mambassa, nella Provincia Orientale (nord-est della RDC), uccidendo 27 persone, tra cui 26 civili e un capitano FARDC e ferendone oltre 60. I Mai Mai Simba sono presenti nella parte sud-occidentale del Parco Nazionale di Maiko. Il loro campo d’azione comprende il territorio di Lubutu, nella provincia del Maniema, in cui si trova il loro quartier generale. La composizione etnica dei Mai Mai Simba è principalmente kumu. Il Generale Jean-Claude Kifua, comandante della nona regione militare delle FARDC, ha affermato che i Simba sono degli autoctoni. Durante il giorno, sono in civile, ma sono dei bracconieri e si dedicano allo sfruttamento illegale di materie prime.
Il 9 maggio, una coalizione FDLR-Mai Mai ha attaccato due postazioni delle FARDC a Kilambo e a Butalongola, 5 e à 7 km rispettivamente a sud della cittadina di Kanyabayonga, nella zona di Bwito, in territorio di Rutshuru (Nord Kivu).
Nelle ultime settimane, sono apparse tre nuove alleanze tra i diversi gruppi armati a Walikale, Lubero e Masisi. Secondo la società civile, un’alleanza è stata conclusa tra i Mayi-Mayi del gruppo Lafontaine e un gruppo di militari disertori delle FARDC guidati dal colonnello Kahasha, nel territorio Lubero. Questa coalizione, denominata “Unione dei Patrioti Congolesi per la Pace” (Upcp) occupa, negli ultimi giorni, la maggior parte del sud-est di Lubero. Questa alleanza è fonte di preoccupazione per la popolazione che vive lungo la strada Kanyabayonga-Kirumba-Kaseghe.
Un altro accordo lega i Mai-Mai Janvier ad alcuni ribelli delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), che occupano gran parte del nord-est del territorio di Masisi.
I Mai-Mai Cheka si sono alleati con le Forze di Difesa Congolese (FDC) per occupare diverse zone della parte occidentale del territorio di Walikale. Il presidente della società civile del Nord Kivu, Thomas d’Aquin Mwiti Mustafa, attribuisce queste alleanze al fatto che il processo di integrazione dei vari gruppi armati nell’esercito nazionale è stato mal eseguito. Il 7 maggio, egli ha affermato con chiarezza che “tale situazione potrebbe facilmente trovare una soluzione, se le FARDC fossero un vero esercito repubblicano”.