SOMMARIO
EDITORIALE: Democrazia, un lungo e difficile cammino
1. IL POST ELEZIONI
a. L’Assemblea Nazionale dei Deputati
b. La Commissione Elettorale
c. La Corte Suprema di Giustizia
d. Situazione politica bloccata e debolezza dell’opposizione
e. Le posizioni dei governi occidentali
2. L’OPPOSIZIONE
a. Alla ricerca di strategie
b. Etienne Tshisekedi in visita presso l’ambasciata tedesca
3. SCALATA VERBALE TRA IL PORTAVOCE DEL GOVERNO E LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
a. A proposito della marcia dei cristiani
b. A proposito del finanziamento delle elezioni
4. ANALISI E PROPOSTE DELLA SOCIETÀ CIVILE
a. Il Centro Carter
b. L’Associazione africana per la difesa dei diritti dell’uomo (ASADHO)
c. La Missione nazionale di osservazione delle elezioni
EDITORIALE: DEMOCRAZIA, UN LUNGO E DIFFICILE CAMMINO
1. IL POST ELEZIONI
a. L’Assemblea Nazionale dei Deputati
Il 27 febbraio, il Presidente della Repubblica Joseph Kabila si è intrattenuto con i membri del comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale, presieduto da Timothy Nkombo Nkisi. Durante questo primo incontro ufficiale, l’accento è stato posto sullo stato di avanzamento dei lavori della nuova Assemblea Nazionale, soprattutto per quanto riguarda la missione affidata al Comitato provvisorio, in modo particolare lo studio dei documenti per la convalida dei mandati dei nuovi deputati nazionali, la redazione del regolamento interno dell’Assemblea nazionale e l’elezione dei membri del Comitato definitivo dell’Assemblea Nazionale.
Dopo una prolungata assenza che ha dato origine a voci e interpretazioni di ogni tipo, Joseph Kabila è apparso in pubblico per la seconda volta a Palazzo del Popolo. La prima volta era in occasione del lutto per l’onorevole Katumba Mwanke, deceduto a Bukavu in seguito ad un incidente aereo.
Il 28 febbraio, la seduta plenaria dell’Assemblea Nazionale ha convalidato i mandati dei 482 deputati eletti nelle elezioni del 28 novembre, secondo i risultati provvisori pubblicati dalla Ceni. Sono stati convalidati anche i mandati dei deputati dell’UDPS e di altri partiti dell’opposizione, anche se non hanno partecipato al dibattito in parlamento. In conformità all’articolo 108 della Costituzione, i deputati eletti hanno otto giorni per optare tra le funzioni che stanno occupando e che sono incompatibili con il loro nuovo mandato in parlamento. Secondo l’articolo 8 della Costituzione, il mandato del deputato e del senatore è incompatibile con le funzioni o il mandato di un membro del governo, di un membro di un’istituzione di appoggio alla democrazia, di un agente di carriera presso i servizi pubblici dello Stato, di un quadro politico e amministrativo degli uffici territoriali, di un membro delle segreterie del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro, del Presidente dell’Assemblea Nazionale, del Presidente del Senato, dei membri del governo e, in generale, di un’autorità politica o amministrativa dello Stato. Infine, il Comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale ha proposto e ottenuto dalla plenaria la creazione della commissione speciale per l’elaborazione del regolamento interno dell’Assemblea Nazionale. La Commissione sarà composta di 55 membri, cinque delegati per ciascuna delle 11 province.
b. La Commissione Elettorale
Il 23 febbraio, il vice presidente della commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), Jacques Djoli, ha dichiarato che il comitato di tale istituzione avrebbe fissato la data per le elezioni provinciali “dopo una valutazione intermedia del processo di elettorale”. Questa valutazione coprirebbe l’intero processo elettorale, dalla revisione delle liste elettorali fino alla pubblicazione dei risultati provvisori delle elezioni legislative nazionali e sarà condotta in collaborazione con la MONUSCO, con i partner internazionali e, infine, con i partner interni, istituzionali e non istituzionali.
c. La Corte Suprema di Giustizia
La Corte Suprema di Giustizia (CSJ), che funge da Corte Costituzionale, continua ad esaminare i fascicoli dei contenziosi elettorali delle legislative di novembre 2011. Il problema maggiore per tutti i candidati è quello di aver dovuto preparare i loro documenti troppo in fretta. Da parte sua, la CSJ respinge rapidamente e troppo facilmente tutti i ricorsi, con la scusa della mancanza dell’inventario dei documenti richiesti o dell’assenza dei verbali emessi dai seggi elettorali e dai centri locali per la compilazione dei risultati. Si è notato che alcuni portano verbali parziali e altri non ne presentano affatto. Lo stesso problema si pone per il problema dei testimoni dei partiti politici che sono stati allontanati da vari seggi elettorali. Su questo punto, coloro che hanno fatto ricorso si sentono dire di fare affermazioni senza apportare alcuna prova. Ciò si ripete anche nei casi di ricorsi per brogli elettorali. Per questi ultimi casi, a coloro che hanno fatto ricorso si chiedono i verbali di accertamento redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria delle circoscrizioni. A volte, si tratta di contenziosi relativi alla validità o meno di certe candidature o all’utilizzo dei beni pubblici per la campagna elettorale, problemi che sarebbero dovuti essere affrontati a suo tempo. Altre volte, chi ha presentato il ricorrente non sa dire l’oggetto del broglio o chi ha falsificato i risultati. Alla fine, il Pubblico Ministero si rivolge ai giudici con la solita frase: “Piaccia alla Corte dichiarare il ricorso non ricevibile e infondato, per mancanza di prove e di qualità”.
d. Situazione politica bloccata e debolezza dell’opposizione
Direttore di International Crisis Group (ICG) per l’Africa centrale, Thierry Vircoulon analizza l’attuale situazione di stallo politico e la debolezza dell’opposizione e deplora il ricorso alla repressione da parte del potere.
Con meno di un terzo dei seggi all’Assemblea Nazionale, l’opposizione rischia di giocare un mero ruolo di comparsa, com’è avvenuto durante la scorsa legislatura, in cui non riusciva a contrastare alcuna iniziativa della Maggioranza Presidenziale (MP). L’annunciata assenza dell’UDPS alla Camera dei Deputati potrebbe avere enormi conseguenze sul funzionamento stesso dell’opposizione che si vedrebbe amputata di un elemento essenziale e strategico per l’attuale legislatura. Con quaranta membri in meno alla Camera, tutti dell’UDPS, l’opposizione perderebbe delle forze che le avrebbero permesso di avere sufficiente voce e di svolgere efficacemente il suo ruolo di contrappeso alla MP.
Secondo certe informazioni, l’UDPS è profondamente divisa: da una parte, alcuni deputati eletti vorrebbero partecipare alle sedute dell’Assemblea Nazionale e, dall’altra, quelli più fedeli a Etienne Thisekedi sono per un boicottaggio totale. La strategia dell’UDPS non è ancora ben definita. Per quanto riguarda Tshisekedi stesso, certamente egli non cambierà la sua strategia. L’UDPS è il primo partito di opposizione e se non parteciperà alle sedute, gli altri partiti in Parlamento si troveranno chiaramente indeboliti. Nel caso contrario, potrebbe crearsi un contesto di forte opposizione (un centinaio di deputati). La questione è quindi quella di vedere se l’opposizione sarà parlamentare o extra-parlamentare. Ma sarebbe auspicabile avere un’opposizione parlamentare.
Per quanto riguarda la maggioranza, anche se un numero significativo di seggi sono ancora oggetto di contestazione, essa è, tuttavia, già chiaramente definita. Accanto al Partito Popolare per la Ricostruzione e la Democrazia (PPRD) di Kabila, ci sono il Partito Popolare per la Pace e la Democrazia (PPPD), il Movimento Sociale per il Rinnovamento (MSR) di Pierre Lumbi e il Partito Lumumbista Unificato (PALU). Già si conosce dunque la configurazione della maggioranza. Sarà dominante o troppo dominante, se l’UDPS non parteciperà. Dominante in Parlamento, ma fragile nella strada.
La cosa più preoccupante è che si stia assistendo a uno scenario di regressione democratica, caratterizzata da un clima di repressione e da una mancanza di opposizione. La repressione colpisce i manifestanti, ma anche direttamente l’opposizione. Ciò che è successo il 16 febbraio mostra che la capacità di mobilitazione del popolo da parte dell’opposizione è di gran lunga superata dagli interventi delle forze dell’ordine. Per l’opposizione, è ormai impossibile organizzare una manifestazione a Kinshasa.
e. Le posizioni dei governi occidentali
Sulla questione elettorale del 28 novembre 2011, le posizioni dei governi occidentali differiscono gli uni dagli altri. In primo luogo, ci sono quelli che credono che la creazione di un governo sarà sufficiente, di per sé, per uscire dalla crisi. La maggioranza formata attorno al presidente dichiarato eletto comincerà il suo lavoro per governare il paese. L’opposizione sarà obbligata a organizzarsi per presentarsi come alternativa nel 2016. Nel frattempo, dovrà nominare un portavoce in base alla normativa vigente. Cercherà di far sentire la sua voce, quando le sarà possibile.
L’altra tendenza sostiene la necessità di creare un minimo di consenso, per poter risolvere la crisi post-elettorale. Per questa tendenza, le irregolarità elettorali sono tali che non sarebbe da responsabili designare dei vincitori da una parte e dei vinti dall’altra.
Anche se fosse vero che “l’ordine di arrivo” non cambierebbe in termini assoluti, la ricerca della coesione nazionale non passerebbe certo attraverso un’esclusione umiliante di un campo. Per questa tendenza, dunque, i Congolesi devono cercare modi e mezzi adeguati per trovare un minimo accordo che permetti di ottenere quella calma tanto sospirata nel corso del processo elettorale. Soprattutto dopo che l’ultimo rapporto del Centro Carter rischia di riaprire il dibattito sulla legittimità delle istituzioni, in quanto la non credibilità delle operazioni elettorali vi è stata fortemente denunciata. Ma al di là di ciò che gli occidentali potrebbero pensare, la responsabilità principale è dei Congolesi stessi. Ovviamente, non è sufficiente combattere la febbre. Ci vuole una terapia d’urto per sradicare la malattia. Il dialogo è l’unica via d’uscita. Questo può provenire solo dai politici congolesi stessi. In particolare da Tshisekedi e da Kabila.
2. L’OPPOSIZIONE
a. Alla ricerca di strategie
Il 18 febbraio, Raphael Kapambu, segretario nazionale dell’UDPS (Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale) e responsabile della comunicazione, ha annunciato l’espulsione del deputato Thimotee Kombo dal partito, per aver partecipato alla seduta di apertura della nuova Assemblea Nazionale ed essere stato designato presidente del comitato provvisorio, essendo il più anziano dei membri presenti. «L’UDPS non si sente coinvolto in questa illegittima istituzione sorta dalle manipolazioni del laboratorio di Daniel Ngoy Mulunda, presidente della CENI (Commissione Elettorale Nazionale Indipendente)», ha dichiarato Raphael Kapambu.
Ma questa politica della sedia vuota non fa l’unanimità all’interno del partito. Altri propongono una presenza effettiva degli eletti deputati dell’UDPS al Parlamento, in vista di portare la lotta per la democrazia all’interno delle istituzioni stesse. Entrambe le parti aspettano la decisione di Etienne Tshisekedi. Anche in caso di espulsione dal proprio partito, la legge consente agli eletti di rimanere in Parlamento, a condizione che non abbiano aderito ad un altro partito.
Il 21 febbraio, Valentin Mubake, consigliere politico di Etienne Tshisekedi, ha minacciato l’esclusione dal partito di tutti i membri dell’UDPS che parteciperebbero alle sedute dell’Assemblea Nazionale, affermando che il suo partito “non può tollerare frodi e antivalori”.
Il 25 febbraio, Eugène Diomi Ndongala, presidente della Democrazia Cristiana (DC), un partito di opposizione, ha dichiarato che i due deputati eletti nella lista del suo partito non parteciperanno alle sedute dell’Assemblea Nazionale. Secondo lui, le numerose irregolarità constatate nel corso delle elezioni del 28 novembre giustificano tale decisione. “Ci sono dei candidati della Democrazia Cristiana che sono stati effettivamente eletti, ma che non sono stati proclamati dalla Ceni. Di fronte a tale situazione, la Democrazia Cristiana ha affermato: non possiamo accettare questo tipo di ingiustizia e, quindi, noi non parteciperemo”, ha dichiarato Ndomi Ndongala. Anche se eletto nella circoscrizione elettorale della Funa, a Kinshasa, ha annunciato che lui stesso non parteciperà all’Assemblea nazionale sorta dalle legislative del 28 novembre, in quanto la maggioranza dei suoi membri sono stati “nominati” dalla Ceni (Commissione elettorale nazionale indipendente), su proposta degli organi politici della Maggioranza Presidenziale.
Eugène Diomi si dice convinto che la partecipazione delle forze per il cambiamento a questo forum ritenuto illegittimo equivarrebbe ad approvare i brogli pianificati constatati nel corso delle elezioni del 28 novembre.
Analizzando i lavori della legislatura uscente, egli stima che, nella sua attuale configurazione e composizione, 341 membri della maggioranza presidenziale su un totale di 500 deputati, questa istituzione sarà solo una cassa di risonanza del regime e non sarà in grado di soddisfare le aspettative e le aspirazioni legittime del popolo congolese, che non chiede altro che una governance capace di gestire correttamente il patrimonio comune e di agire in vista del bene comune. Nello stesso tempo, Eugène Diomi ha denunciato il clima di terrore constatato prima, durante e dopo le elezioni, compresi arresti e intimidazione dei membri dell’opposizione.
I partiti politici alleati dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS) non riescono ancora a trovare un accordo sulla partecipazione dei loro membri eletti come deputati alla sessione straordinaria dell’Assemblea Nazionale. La piattaforma Sostegno a Etienne Tshisekedi (SET), ha annunciato che parteciperà a questa sessione speciale della Camera della seconda legislatura. Pur ribadendo il proprio sostegno a Etienne Tshisekedi, il leader della piattaforma, Roger Lumbala, si dice pronto ad esercitare il suo mandato parlamentare in nome delle persone che lo hanno eletto. Roger Lumbala auspicherebbe anche la partecipazione dei membri dell’UDPS all’Assemblea nazionale e afferma che “essi potrebbero partecipare anche senza il consenso del loro partito, dal momento che il loro mandato è imperativo”. Un tale atteggiamento sarebbe il contrario di ciò che professa Etienne Tshisekedi, ciò che mette a dura prova la solidità del partenariato politico stretto tra la piattaforma SET e l’UDPS stesso.
Secondo un membro eletto deputato ma che ha richiesto l’anonimato, l’Unione per la Nazione Congolese (UNC), sarebbe disposta a partecipare alle sedute dell’Assemblea Nazionale per tentare di limitare la supremazia dei membri della maggioranza presidenziale.
Egli assicura: «Parteciperemo attivamente ai dibattiti dell’Assemblea Nazionale e porteremo il nostro contributo nell’interesse del popolo. Non faremo il gioco dei kabilisti. I tshisekedisti si uniranno a noi e insieme fonderemo l’armatura».
Da parte sua, Germain Kambinga, portavoce del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC), ritiene che l’UDPS dovrebbe continuare la sua lotta politica all’interno dell’emiciclo di Palais du Peuple. Secondo lui, l’opposizione dovrebbe fare un fronte comune con l’appoggio dell’UDPS, principale partito istituzionale dell’opposizione. “Sono convinto che, insieme, l’UDPS, il MLC l’UNC e tutti gli altri partiti [dell’opposizione] possiamo efficacemente e gradualmente portare questo governo alla sua caduta. Forse abbiamo perso tutto. Ci hanno rubato tutto, ma abbiamo una tribuna, che è il popolo congolese, per denunciarli”, ha egli concluso.
In linea di principio, alcuni membri dell’UDPS e dell’opposizione hanno deciso di partecipare alle sedute della Camera dei Deputati, ma subordinano la loro partecipazione a quattro prerequisiti. Sono quattro le condizioni elencate in un documento presentato al Presidente del Comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale, Timothy Kombo: la revoca del blocco di sorveglianza della residenza di Etienne Tshisekedi, in Via Petunia, a Limete, l’annullamento della procedura giudiziaria nei confronti di Jacquemain Shabani, la liberazione della cinquantina di compatrioti detenuti nel Katanga dopo essere stati espulsi dal Sud Africa e il rilascio di Jacques Chalupa, accusato e detenuto a Makala per problemi di nazionalità usurpata.
Ricevendo tale memorandum al Grand Hotel Kinshasa, Kombo promesso di discuterne con gli altri due membri del comitato provvisorio, Patrick Muyaya, del Palu e Diallo Coco Mutula, del Msr. Secondo fonti attendibili, i due vice presidenti del Comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale si sono attenuti, nelle discussioni con il presidente Kombo, alla posizione della maggioranza che non riconosce al Comitato provvisorio la competenza di una tale procedura, pur affermando, nello stesso tempo, che se ci sono particolari proposte, è in una seduta plenaria che dovranno essere discusse. In pratica, vari deputati dell’opposizione si sono già registrati presso la Camera e hanno già preso parte attivamente ai lavori delle commissioni istituite per la convalida dei mandati.
Boicottare l’Assemblea Nazionale o no? Questo è il dilemma dell’UDPS di Etienne Tshisekedi. Due sono le teorie contrastanti in seno al direttivo del partito: non prendere parte ad un’Assemblea sorta da elezioni contestate o parteciparvi per far sentire la propria voce. Per il consigliere politico di Etienne Tshisekedi, Valentin Mubake, la scelta è chiara: “è inconcepibile che un membro del partito accetti di far parte di una istituzione sorta da elezioni legislative i cui risultati sono stati dichiarati invalidi dal suo stesso partito”. Valentin Mubake va addirittura oltre, annunciando l’esclusione dal partito dei membri che non rispettano la consegna. Ma all’interno del partito di Tshisekedi, non tutti sono d’accordo per un boicottaggio “inutile” che priverebbe l’opposizione di un forum pubblico com’è l’Assemblea Nazionale dei Deputati. Alcuni membri del partito desiderano partecipare ai dibattiti dell’Assemblea Nazionale, “almeno per essere sentiti”, dato che “in ogni caso, il boicottaggio non è mai stato vantaggioso”. Secondo ultime informazioni, i sostenitori del boicottaggio avrebbero messo “un po’ d’acqua nel loro vino”, soprattutto per quanto riguarda l’esclusione di Timothy Kombo, il cui dossier potrebbe essere “rivisto”.
b. Etienne Tshisekedi in visita presso l’ambasciatore tedesco
Il 24 febbraio, Etienne Tshisekedi ha potuto recarsi con la moglie e il responsabile della sua segreteria presso la residenza dell’ambasciatore tedesco, Peter Blomeyeur, che li ha ricevuti a pranzo. «Questa è la prima uscita ufficiale del Presidente Tshisekedi. Non è un’uscita libera, in quanto è stata negoziata con le autorità di polizia e il governo. È stata una visita richiesta dall’ambasciatore tedesco», ha affermato una fonte prossima a Etienne Tshisekedi che, in diverse occasioni, gli è stato finora impedito dalla polizia di uscire dalla sua residenza di Limete a Kinshasa. L’ambasciata tedesca ha confermato che «l’ambasciatore ha dei contatti regolari con il governo e con tutti gli altri gruppi (politici) ed è in questo contesto che Thsisekedi è stato ricevuto».
Secondo alcuni osservatori, l’incontro è stato un po’ surrealista. Infatti, fin dall’inizio, è stato chiesto ad Etienne Tshisekedi di presentare il suo piano per uscire dalla crisi in cui la RDCongo si è impantanata dopo la pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative. Etienne Tshisekedi ha dapprima ribadito che si considera ancora come il presidente legittimo della RDCongo, in quanto vero vincitore delle elezioni presidenziali del 28 novembre 2011 e ha poi confermato la sua decisione di annullare le elezioni legislative nazionali. Egli ha quindi esposto l’unica opzione per lui possibile: che l’imperium sia restituito al popolo congolese che lo esercita attraverso il presidente che lui stesso ha eletto per guidare la nazione. Etienne Tshisekedi continua a ritenere che, nonostante le moltissime irregolarità che hanno caratterizzato le elezioni del 28 novembre 2011, è lui che ha sicuramente vinto le elezioni. Secondo lui, il popolo congolese ha riposto in lui la sua fiducia e, quindi, non gli resta che di essere obbedito dall’esercito e dalla polizia, per avere a sua disposizione la forza pubblica, in vista di disporre di un potere effettivo.
Questa lettura dei fatti non sembra essere condivisa dagli Europei, come appare da questa visita all’ambasciatore tedesco. Lo prova il fatto che Etienne Tshisekedi è stato piuttosto invitato a guardare verso il futuro, vale a dire verso le elezioni provinciali da cui usciranno il nuovo Senato e i nuovi governatori delle province. In altre parole, per gli Europei, Kabila e i suoi deputati dispongono della legittimità politica necessaria, nonostante i numerosissimi brogli che hanno inficiato il processo elettorale. Secondo gli Europei, le prossime elezioni sono l’unico correttivo possibile.
3. SCALATA VERBALE TRA IL PORTAVOCE DEL GOVERNO E LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
a. A proposito della marcia dei cristiani
Il 16 febbraio, Organizzazioni Non Governative per la difesa dei Diritti Umani (ONGDH) hanno denunciato, in un comunicato stampa, gli attacchi perpetrati contro le parrocchie della Chiesa cattolica e la brutalità con cui la polizia è intervenuta. Le ONGDH hanno fermamente condannato gli atti di violenza, la brutalità e gli arresti arbitrari commessi dalla Polizia Nazionale Congolese (PNC). Le ONGDH ritengono che la PNC dovrebbe proteggere la popolazione in conformità con la Costituzione che garantisce le libertà fondamentali, compresi il diritto ad esprimere la propria opinione sulla gestione degli affari pubblici, il diritto ad organizzare manifestazioni pubbliche e il diritto a chiedere di essere ascoltati. Le ONGDH hanno fatto proprie le rivendicazioni dei credenti: la richiesta delle dimissioni dei funzionari Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) e il ripristino della verità delle urne. Infine, le ONGDH hanno raccomandato che tutte le persone arrestate siano immediatamente liberate e senza condizioni.
Anche la Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione della RD Congo (MONUSCO), ha espresso preoccupazione per la repressione delle manifestazioni indette nel corso del processo elettorale in Congo. Ella esorta, quindi, le autorità congolesi a rispettare le libertà fondamentali, tra cui i diritti di manifestazione e di espressione esercitati con responsabilità.
Il 16 febbraio, l’Unione Europea (UE) ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale essa riafferma l’importanza che annette al rispetto per le libertà civili, compreso il diritto di manifestazione e di libera espressione esercitato con responsabilità. L’Unione Europea deplora l’interdizione della marcia pacifica prevista il 16 febbraio e la decisione del ministro delle Comunicazioni di sospendere le trasmissioni di cinque canali televisivi e radiofonici. L’Unione Europea deplora gli eventi che si sono verificati durante l’intervento delle forze dell’ordine, soprattutto nei pressi dei luoghi di culto di Kinshasa. L’Unione Europea invita le autorità della RDC a prendere i necessari provvedimenti per garantire i diritti e le libertà di espressione per tutti i cittadini, in questo periodo cruciale per lo sviluppo democratico del paese e per creare le condizioni necessarie all’avvio di un dibattito politico aperto.
Il 18 febbraio, rispondendo al mittente, il ministro congolese delle comunicazioni e portavoce del governo, Lambert Mende Omalanga, ha accusato l’UE di interferire negli affari interni della RDCongo. “Il governo congolese non tollera l’ingerenza di paesi amici negli affari interni della RDCongo. Siamo indipendenti dal 1960 e non abbiamo bisogno di imparare da loro”, ha detto. Ciò che ha provocato la seguente reazione dell’ambasciatore francese a Kinshasa, Luke Hallade: “Quando si tratta di rispettare la libertà di espressione e di manifestazione della popolazione congolese, ci sembra importante interessarci. Siamo partner e amici e quando si è amici e partner, è necessario poter dirsi cose che qualche volta possono far soffrire, ma che contribuiscono a fare in modo che il paese avanzi nella giusta direzione”.
b. A proposito del finanziamento delle elezioni
Il 21 febbraio, in una conferenza stampa a Kinshasa, il ministro delle comunicazioni e portavoce del governo, Lambert Mende, ha affermato che le elezioni provinciali non potranno aver luogo quest’anno, se i partner internazionali non si impegnano ad apportare con tempo il loro contributo finanziario. Ha detto che “la commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) sarà costretta a riaggiustare il calendario elettorale, se i partner esterni non onoreranno il loro impegno, come hanno fatto per le legislative e le presidenziali”. Sempre secondo Lambert Mende, il governo congolese si è trovato solo per finanziare le elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre.
Il 22 febbraio, nel corso di una conferenza stampa, il portavoce della MONUSCO, Madnodje Mounoubai, ha risposto alla dichiarazione del ministro delle Comunicazioni, Lambert Mende, per ribadire la sua verità: “La comunità internazionale ha notevolmente contribuito alle elezioni del 2011”. Ha poi continuato: “Non sono assolutamente d’accordo. I finanziatori internazionali hanno svolto un ruolo importante. Belgio, Canada, Francia, Gran Bretagna, Svizzera, Svezia, Olanda … tutti questi paesi hanno contribuito finanziariamente alle elezioni nazionali presidenziali e legislative del 28 novembre 2011 attraverso il PACE e il PNUD. La MONUSCO ha messo a disposizione della CENI 27 elicotteri e 5 aerei per il trasporto e la distribuzione dei diversi materiali elettorali in tutto il territorio. Abbiamo contribuito con 8.000.000 di litri di carburante. Abbiamo speso 30 milioni di $ per pagare tutti gli agenti della Ceni all’interno del paese. Nell’insieme, la MONUSCO ha apportato al processo elettorale in corso più di 280 milioni di $. E quando si dice che la comunità internazionale non ha fatto nulla per queste elezioni, questo ci ha un po’ sorpresi. Ciò non è vero”. Contrariamente a quanto sostenuto dal ministro congolese delle Comunicazioni, il governo della RDCongo ha finanziato l’organizzazione delle elezioni al 69%, mentre il restante 31% è stato apportato dalla comunità internazionale. Il portavoce Madnodje Mounoubai ha fatto capire che l’organizzazione delle elezioni provinciali del 2012 dipenderà dal governo congolese: “È il governo che organizza le elezioni e, quando sarà pronto, la MONUSCO potrà collaborare ancora”.
Il ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo ha fortemente criticato l’Unione Europea e alcune cancellerie occidentali e Ong per aver denunciato l’uso sproporzionato della forza da parte della polizia nazionale congolese e dei “servizi” nella repressione della marcia dei cristiani del 16 febbraio. Egli ha particolarmente insistito sul rispetto della sovranità dello Stato e del popolo congolese, che non hanno nulla da imparare dall’estero in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di rispetto dei diritti umani. È curioso constatare che la Repubblica Democratica del Congo, che è tanto gelosa della propria sovranità, si esponga poi ad accettare interferenze esterne da parte di finanziatori stranieri in materie strettamente connesse alla sua indipendenza come, ad esempio, l’organizzazione delle elezioni. Logicamente, l’imperativo della sovranità dovrebbe impedire al governo congolese di rivolgersi a finanziamenti esterni per le elezioni provinciali. I politici congolesi non dovrebbe chiedere una cosa e il suo contrario nello stesso tempo. La sovranità ha un costo … la mendicità anche.
4. ANALISI E PROPOSTE DELLA SOCIETÀ CIVILE
a. Il Centro Carter
Il 24 febbraio, in un suo comunicato, il Centro Carter ha affermato che i risultati delle elezioni legislative, annunciati all’inizio di febbraio dalla Commissione Elettorale, mancano di credibilità, come quelli delle elezioni presidenziali del 28 novembre 2011. Secondo il Centro Carter, la compilazione dei risultati delle legislative è stata inficiata dagli stessi problemi di gestione e di disorganizzazione delle elezioni presidenziali. L’ONG americana denuncia “la perdita dei verbali dei risultati di oltre 3.500 seggi elettorali verificatasi durante le operazioni di compilazione dei risultati”. Ciò che ha intaccato i risultati delle due elezioni che hanno avuto luogo lo stesso giorno. Gli osservatori elettorali del Centro Carter stimano che circa 3,2 milioni di elettori (sui 18 milioni di iscritti), “sono stati registrati su liste di deroga (elettori che hanno votato in un seggio diverso da quello in cui erano iscritti )”. Una cifra “consistente” che “riflette i molti problemi di gestione del registro elettorale da parte della Ceni”. Per il Centro Carter, “il voto per derogazione” permette di facilitare l’accesso degli elettori alle urne”. Ma “apre la porta anche a molti abusi, fra cui il voto di elettori non iscritti nelle liste elettorali o il voto multiplo”.
L’ONG ha inoltre preso atto di altre anomalie, confrontando il numero di elettori nella stessa circoscrizione per le due elezioni. Ad esempio, a Walikale (Est), per le elezioni presidenziali ci sono stati 28.110 elettori in più rispetto alle legislative. In un quartiere di Kinshasa, il tasso delle schede elettorali nulle è stato del 10% per le legislative e del 3,6% per le presidenziali.
Se i risultati delle elezioni presidenziali sono stati pubblicati seggio elettorale per seggio elettorale, ciò non è stato fatto per le legislative, ciò che ha eroso la trasparenza nel processo di proclamazione dei risultati e non ha dato la possibilità ai candidati e agli elettori di verificare la credibilità dei risultati. L’ONG sottolinea che “la richiesta di annullamento dei risultati di sette circoscrizioni è la prova di gravi problemi (non divulgati) durante le operazioni di voto e / o di compilazione”.
Date le circostanze (molte schede elettorali sono state perdute o distrutte e i verbali dei seggi elettorali sono spesso incompleti) e il tempo trascorso (tra le votazioni e la proclamazione dei risultati), il Centro Carter ha affermato che è ormai difficile, e molto probabilmente anche impossibile, che la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) o qualsiasi altro organismo possano ricuperare completamente i risultati elettorali, nella speranza di produrre un documento più fedele alla volontà del popolo. L’Ong rileva inoltre che la Corte Suprema di Giustizia non ha ancora pubblicato ufficialmente il suo verdetto che confermi la vittoria di Joseph Kabila.
Secondo il Centro Carter, non solo i risultati proclamati dalla Ceni per le due elezioni non sono credibili, ma generano anche un problema più grande, quello della legittimità. Infatti, un potere non può pretendere di avere legittimità, quando le operazioni che hanno portato alla sua vittoria sono state intaccate da brogli su larga scala, dalla manipolazione delle cifre, dall’iniezione di elettori fittizi, dalla presenza di elettori non iscritti nei seggi elettorali, dalla perdita inspiegabile di migliaia di plichi contenenti le schede elettorali votate e i relativi verbali, ecc. Tutti questi fatti minano la credibilità dei risultati e erodono l’integrità dell’intero processo di compilazione dei risultati.
Dopo aver confrontato i risultati delle elezioni presidenziali e delle legislative, che hanno avuto luogo nello stesso giorno, il Centro Carter arriva ad una conclusione definitiva: se si vuole rimettere il treno sui binari giusti, si devono rifare le elezioni, in tutto o in parte. L’obiettivo è quello di ripristinare un governo legittimo attraverso risultati elettorali accettati da tutti o mediante un consenso nazionale raggiunto per mezzo di un dialogo inclusivo. In mancanza di un correttivo dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative, il superamento della crisi elettorale richiede una soluzione consensuale tra i diversi protagonisti della crisi nazionale.
Il Centro Carter raccomanda, infine, una revisione approfondita e una valutazione di tutto il processo elettorale (…), comprese analisi trasparenti dei risultati di ogni seggio elettorale e altre informazioni essenziali. Tale revisione è fondamentale per preparare le future elezioni provinciali, senatoriali, comunali e locali.
b. Associazione africana per la difesa dei diritti dell’uomo (ASADHO)
Il 27 febbraio, l’Associazione africana per la difesa dei diritti dell’uomo (ASADHO) ha chiesto all’Assemblea Nazionale di valutare il lavoro della Ceni e ciò prima dell’organizzazione delle prossime elezioni provinciali previste per quest’anno. Il presidente nazionale dell’ASADHO, Jean-Claude Katende, suggerisce che questo punto sia iscritto all’ordine del giorno della sessione parlamentare di marzo 2012, nonostante la valutazione interna che la Ceni si propone di fare. Egli ha affermato che “la Ceni sta pensando di fare una valutazione interna. Ma ciò non è sufficiente. È necessaria anche una valutazione esterna, per fare una vera e propria critica del suo lavoro e per programmare l’organizzazione delle prossime elezioni provinciali, comunali e locali in buone condizioni”. Il Presidente dell’ASADHO ritiene che la Ceni non possa fare un’auto valutazione, con il rischio di essere giudice e parte in causa. “Crediamo che, essendo essa stessa implicata nell’organizzazione delle elezioni, la Ceni non può valutarsi in modo obiettivo”, ha affermato Jean-Claude Katende.
c. la Missione nazionale di osservazione delle elezioni
Il 28 febbraio, la Missione nazionale di osservazione delle elezioni del 28 novembre, composta da quattro organizzazioni: RENOSEC, ROC, CNJ e CAFCO, ha pubblicato il suo rapporto finale. La Missione ha elencato le molte irregolarità rilevate durante lo svolgimento delle due elezioni. Nel complesso, essa ha constatato che il processo elettorale è stato caratterizzato da una mancanza di consenso che ha provocato grandi proteste e dissensi in ogni sua fase. Essa ha, inoltre, sottolineato l’ingresso di nuove forze politiche nella competizione e il non rispetto della legge elettorale. La Missione nazionale ha constatato che la CENI non è riuscita a garantire una serie di cose, tra cui: 1) la trasparenza dell’aggiornamento delle liste elettorali e delle procedure di voto, 2) l’integrità delle elezioni, attraverso misure adeguate per impedire il voto doppio o multiplo e la frode elettorale, 3) l’integrità del processo di conteggio dei voti e 4) l’annuncio di risultati reali delle elezioni, sia presidenziali che legislative.
Alla luce di queste irregolarità, la Missione nazionale di osservazione elettorale formula alcune raccomandazioni.
Rispetto al contesto post-elettorale, gli osservatori raccomandano alle diverse parti interessate di impegnarsi, nel più breve tempo possibile, in un dialogo costruttivo.
Al governo della Repubblica, la Missione chiede di 1) organizzare l’identificazione e il censimento generale della popolazione, affinché ogni cittadino congolese abbia una carta d’identità valida; 2) accelerare la promulgazione delle leggi essenziali in materia elettorale, 3) mettere con tempo a disposizione della Ceni e della giustizia le risorse necessarie per consentire loro di adempiere correttamente le proprie responsabilità costituzionali e lavorare in maniera indipendente, 4) prendere tutte le misure opportune per la difesa dei diritti umani in ogni momento e soprattutto in tempo di elezioni.
All’Assemblea Nazionale, la Missione chiede di 1) prendere tutte le disposizioni necessarie per approvare in tempo le leggi riguardanti l’organizzazione delle elezioni, in modo che esse possano svolgersi entro i limiti di tempo prescritti dalla legge, 2) prendere le disposizioni necessarie per colmare le lacune della legge elettorale attuale, 3) stabilire un codice di procedura per i contenziosi elettorali, in cui il Pubblico Ministero abbia un ruolo attivo nella ricerca delle prove. 4) inserire un certificato estratto dal casellario penale dei candidati tra i documenti richiesti per la presentazione delle candidature, in vista di ridurre al minimo i contenziosi relativi all’accettazione dei candidati stessi.
Alla Commissione Elettorale, le organizzazioni della società civile raccomandano di darsi, in ogni tappa, il tempo necessario per un’organizzazione efficace ed efficiente delle elezioni; reclutare il personale elettorale sulla base della competenza e assicurargli, durante tutto un periodo che si riterrà necessario, una formazione adeguata per una conoscenza approfondita delle leggi, delle procedure e delle tecnologie.
Alle Corti e Tribunali, la Missione chiede di poter risolvere i contenziosi elettorali con tutta indipendenza e di prevenire il ricorso a qualsiasi forma di violenza.
Ai partiti e personalità politiche, la missione raccomanda di garantire l’educazione civica ed elettorale dei loro sostenitori.
Alla società civile, la Missione chiede di intensificare l’educazione civica ed elettorale della popolazione per promuovere la responsabilità di tutti i cittadini nei confronti della pace e dell’unità. La missione nazionale di osservazione elettorale riconosce, infine, che la democrazia è un processo e che la si costruisce gradualmente. Per riuscirci, è necessario che le autorità riconoscano i loro fallimenti ed errori inerenti al processo elettorale del 2011.
Il 29 novembre, in una dichiarazione rilasciata a Kinshasa, l’Associazione africana per la difesa dei diritti umani, ASADHO, si dice molto preoccupata per la mancata partecipazione di alcuni partiti politici dell’opposizione alle istituzioni politiche che stanno prendendo forma dopo le elezioni di novembre 2011. L’ASADHO riconosce che le ultime elezioni non si sono svolte nella serenità, nella trasparenza, né sono state minimamente democratiche. Esse sono state organizzate in un clima generalizzato di brogli, corruzione e totale sfiducia, tanto che non hanno per nulla contribuito al consolidamento della democrazia. Nonostante questo risultato assai deludente, l’ASADO pensa che la costruzione progressiva della democrazia richiede a tutti i partiti politici dell’opposizione che hanno dei deputati nazionali di prendere parte attiva nelle istituzioni politiche, in particolare ai lavori dell’Assemblea Nazionale.
In un paese in cui:
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I partiti politici di opposizione e le organizzazioni della società civile incontrano ingenti difficoltà e ostacoli nell’organizzazione di manifestazioni pacifiche;
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I mezzi pubblici sono confiscati dalla maggioranza politica al potere;
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I mezzi di comunicazione prossimi all’opposizione sono illegalmente sospesi o chiusi;
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Le manifestazioni pacifiche sono regolarmente represse dalla polizia;
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I membri dell’opposizione sono spesso arrestati e detenuti arbitrariamente,
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Gli attivisti dei diritti umani e i giornalisti sono spesso intimiditi, minacciati, arrestati, torturati e detenuti illegalmente per ordine del Governo e / o dei suoi servizi;
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Le libertà civili e i diritti umani sono regolarmente violati,
la tribuna dell’Assemblea Nazionale rimane un eccellente luogo in cui i partiti politici dell’opposizione possono sottomettere al pubblico dibattito le questioni relative alla vita della nazione e alla situazione dei diritti umani. Essa offre all’opposizione un grande spazio per la libera espressione garantita dall’immunità parlamentare.
La partecipazione di tutti i deputati nazionali dell’opposizione all’Assemblea Nazionale permetterà loro di partecipare al controllo delle altre istituzioni, come il governo nazionale e la Commissione elettorale nazionale indipendente. L’ASADHO è consapevole che la partecipazione di tutti i deputati dell’opposizione all’Assemblea Nazionale non risolverà tutti i problemi politici e dei diritti umani creati dalle elezioni del novembre 2011. Ma è per questo che l’ASADHO lancia un appello in favore del dialogo, affinché tutte le forze vive del Paese (partiti politici, organizzazioni della società civile e confessioni religiose) si incontrino per discutere sulle modalità di partecipazione alle nuove istituzioni e sull’organizzazione delle prossime elezioni provinciali, comunali e locali. Da quanto precede, l’ASADHO raccomanda:
Ø Ai partiti politici dell’opposizione.
– Di incoraggiare i loro deputati nazionali a partecipare alla sessione speciale dell’Assemblea Nazionale;
– Di mettersi insieme per formare un grande gruppo parlamentare di opposizione, capace di portare in Parlamento i problemi reali vissuti quotidianamente dalla popolazione;
– Di concertarsi sull’ordine del giorno da sottomettere in occasione del dialogo in cui si discuterà delle modalità di gestione delle nuove istituzioni politiche.
Ø Ai partiti politici della maggioranza presidenziale.
– Di considerare che il dialogo tra tutte le forze vive del Paese (partiti politici, società civile e confessioni religiose) rimane un meccanismo efficace per una gestione pacata e durevole delle nuove istituzioni politiche.