Congo Attualità n. 140

SOMMARIO

EDITORIALE: Resistenza e Realismo

1. LA NUOVA CONFIGURAZIONE POLITICA SECONDO LE CIFRE DELLA COMMISSIONE ELETTORALE

2. LA SITUAZIONE POLITICA POST ELETTORALE

3. DICHIARAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE

4. DICHIARAZIONI INTERNAZIONALI

5. IL 16 FEBBRAIO: LA MARCIA DEI CRISTIANI

6. NUMEROSI ARRESTI IN TEMPI DI POST ELEZIONI

EDITORIALE: RESISTENZA E REALISMO

1. LA NUOVA CONFIGURAZIONE POLITICA SECONDO LE CIFRE DELLA COMMISSIONE ELETTORALE

Il 9 febbraio, in un suo rapporto, International Crisis Group (ICG) ritorna sugli “insegnamenti” che si possono trarre dalle elezioni presidenziali e legislative. L’Ong denuncia dapprima “le numerose violazioni del codice elettorale, la perdita di diversi milioni di voti e l’opacità delle operazioni di conteggio per rendere impossibile ogni verificazione …”. In modo particolare e, soprattutto in alcune circoscrizioni, l’ICG rileva delle grandi differenze tra i voti emessi per le elezioni presidenziali e quelle legislative che, tuttavia, si sono tenute nello stesso giorno. Le differenze tra i voti hanno beneficiato soprattutto i candidati del PPRD o dei partiti della maggioranza presidenziale:

– è il caso di Jaynet Kabila, sorella del presidente, nella circoscrizione di Kalemie, nel Katanga, eletta con 34.958 voti. Il giorno delle elezioni, per le legislative si sono contati 3254 voti in più rispetto alle presidenziali. È davvero possibile che oltre 3000 persone siano andate a votare per eleggere un deputato, senza eleggere il Presidente. Un dato “strano” per Thierry Vircoulon, membro di International Crisis Group.

– Si trova un caso simile anche nella circoscrizione di Pweto (roccaforte del defunto Katumba Mwanke), con una differenza di 6579 voti tra le elezioni presidenziali e quelle legislative, – Oppure nel Kasai orientale, la circoscrizione di Lambert Mende, con un differenziale di 4411 voti. Altro fenomeno sorprendente per l’International Crisis Group: la cartografia delle irregolarità il giorno stesso delle elezioni. Secondo la mappa pubblicata sul suo sito web, la maggior parte degli incidenti e dei casi di mal funzionamento si sono verificati nelle regioni note per essere piuttosto favorevoli all’opposizione: Kasai, Bas Congo, Kinshasa e Equateur … Altri risultati inattesi riguardano le grandi avanzate del PPRD (il partito del presidente Joseph Kabila) e dei suoi alleati nelle province occidentali del paese, considerate come ostili al governo uscente. Lo strano aumento del PPRD è particolarmente visibile nella provincia dell’Equateur, dove il partito del presidente passerebbe da 3 a 11 deputati, o nel Bandundu, dove passerebbe da 4 a 10 deputati tra il 2006 e il 2011.

Al di là delle contestazioni dei risultati elettorali pubblicati, si sta delineando un nuovo panorama politico. Da un lato, il campo Kabilista (PPRD, PPPD, MSR, PALU, ARC, AFDC ….) ha ottenuto la maggioranza assoluta con più o meno 341 seggi e dall’altro, l’opposizione dispone di 119 seggi.

Secondo l’ICG, a proposito della composizione della nuova Assemblea Nazionale, a prescindere da qualsiasi valutazione, i risultati delle legislative mettono evidenziano alcune grandi tendenze:

– Una crescente frammentazione del panorama politico;

– Un’inflessione del campo presidenziale, ma senza una perdita della posizione dominante;

– Il rinnovamento dell’opposizione, ma senza un aumento significativo;

– La struttura etnica e provinciale della politica congolese.

A) La tendenza dominante è la frammentazione del panorama politico. Nel 2006, i cinque partiti che avevano presentato oltre 300 candidati avevano ottenuto 243 seggi, cioè il 48,6% dell’Assemblea Nazionale, mentre nel 2011, i nove partiti che hanno presentato più di 300 candidati, hanno ottenuto solo 220 seggi. La metà dei 98 partiti rappresentati all’Assemblea Nazionale hanno un solo seggio. Solo 11 hanno più di dieci seggi. I maggiori vincitori delle elezioni legislative non sono il PPRD di Joseph Kabila, né l’UDPS di Etienne Tshisekedi ma i micro-partiti che hanno ottenuto tra 1 e 3 seggi. La nuova Camera dei Deputati avrà, infatti, 29 partiti in più rispetto al 2006. Questa proliferazione dei partiti è accompagnata da una forte riduzione degli “indipendenti”, che si sciolgono come neve al sole e passano da 63 nel 2006 a 16 nel 2012. Di fronte all’ondata dei micro-partiti, quelli grandi, come il PPRD, il MLC e il PALU, tutti registrano un’inflessione. Pur rimanendo il più grande partito dell’Assemblea Nazionale, il PPRD ha ottenuto solo 61 seggi contro i 111 nel 2006. Il MLC è precipitato (-42 seggi), come PALU (-15), l’UDEMO (-7), il RCD-National (-14). Questa inflessione riflette un voto di protesta, talvolta massiccia, contro i partiti votati per l’Assemblea nel 2006, sia della maggioranza che dell’opposizione.

B) Anche se il partito presidenziale (il PPRD) è in declino, la maggioranza presidenziale rimane senza dubbio la forza dominante in seni all’Assemblea Nazionale del 2012, secondo le cifre fornite dalla Ceni. Il PPRD e i suoi alleati hanno, infatti, ottenuto ben 341 seggi. Tuttavia, la maggioranza del 2012 non è più quella del 2006: il PALU ha ceduto il passo a un nuovo movimento, il Partito popolare per la Pace e la Democrazia (PPPD) creato da ex membri del PPRD, mentre il MSR di Pierre Lumbi rappresenta il terzo pilastro della maggioranza. Lungi dal concentrarsi su uno o due partiti, la maggioranza presidenziale appare molto più frazionata, anche se ciò non le impedisce di mantenere il pieno controllo dell’Assemblea Nazionale. Se la situazione è un po’ cambiata in seno alla maggioranza, essa è profondamente cambiata in seno all’opposizione.

C) L’opposizione parlamentare del 2006 scompare a favore di due nuove forze: il MLC perde il suo titolo di principale partito dell’opposizione, ormai diventato secondo dopo l’UDPS e seguito a ruota da un altro nuovo arrivato, l’UNC di Vital Kamerhe. Tuttavia, tale opposizione ora parlamentare esisterà solo se Etienne Tshisekedi permetterà ai membri del suo partito di farne parte. Una politica della sedia vuota da parte del secondo partito della RDCongo non farebbe che indebolire ulteriormente l’opposizione e ricondurrebbe l’UDPS al punto di partenza.

D) Le elezioni legislative dimostrano ampiamente anche il carattere etnico e provinciale dei partiti congolesi. Solo il PPRD ha ottenuto suoi deputati in tutte le undici province del paese e solo quattro partiti (UDPS, PPPD, MSR e PALU) hanno dei candidati rimasti eletti in più di sei province. Tuttavia, tutti i partiti, incluso il PPRD, hanno una vasta base provinciale che costituisce il cuore del loro elettorato: il Katanga per il PPRD e il PPPD, la Provincia Orientale per il MSR, l’Equateur per il MLC, il Bandundu per il PALU e l’ARC, i Kasai Orientale e Occidentale per l’UDPS, il Nord Kivu per il RCD K-ML e il Sud Kivu per l’UNC. L’UDPS e l’UNC, in particolare, hanno una forte base etnica e provinciale: dei 41 deputati dell’UDPS, 25 provengono dal Kasai e sui 17 deputati dell’UNC, 10 sono del Kivu. Come la maggioranza, anche l’opposizione ha una sua base soprattutto nelle province da cui sono originari i suoi leader.

Se si vuole trarre qualche insegnamento dalle elezioni presidenziali e legislative, in vista soprattutto delle elezioni provinciali e locali, occorre riflettere un po’ sull’esperienza recente:

A livello della CENI, per capire perché la mappa dei seggi elettorali e il lavoro di registrazione degli elettori siano stati così incompleti e imprecisi e perché si siano persi tanti milioni di voti.

– A livello della Corte Suprema di Giustizia, per capire con quali procedure e con quali garanzie di indipendenza si sono nominati dei giudici supplementari proprio durante la campagna elettorale.

A livello delle Nazioni Unite, per capire perché gli esperti elettorali del PNUD non abbiano dato alcun segnale di allerta circa le problematiche relazionate alla preparazione delle elezioni e la necessità di spostarle di una settimana o due, fino a che punto hanno partecipato all’operazione di consolidamento dei risultati elettorali e come la MONUSCO abbia garantito l’integrità dell’imballaggio delle schede elettorali di cui ha assicurato il trasporto.

A livello dei finanziatori, per capire quale motivo li ha portati ad investire più di 100 milioni di $ in un processo elettorale viziato fin dall’inizio, perché il contributo dell’Unione Europea è stato prelevato dal bilancio riservato alle infrastrutture così essenziali per la RDCongo, in che misura l’UE sovvenzionerà il suo ultimo contributo per delle elezioni qualificate, dalla sua missione di osservazione, come poco credibili e in quale misura i donatori saranno disposti a finanziare le elezioni provinciali che si svolgeranno in un contesto di sopravvento del partito di governo e con una CENI discreditata.

A livello dell’UDPS, per capire se il partito intenderà seguire la politica della sedia vuota o partecipare al Parlamento ed essere, così, il motore di un’alleanza dell’opposizione.

La pubblicazione dei risultati legislativi non è la fine del processo elettorale e molti problemi rimangono ancora irrisolti. Ad esempio, l’organizzazione di nuove elezioni nelle sette circoscrizioni per le quali la Ceni ha chiesto di annullare le legislative e, soprattutto, l’organizzazione delle elezioni provinciali. Queste ultime non possono essere rimandate per troppo tempo, per evitare problemi istituzionali (mancato rinnovo del Senato, ecc.). Le elezioni provinciali potrebbero, in teoria, avvenire in condizioni migliori rispetto alle elezioni del 28 novembre, se si modificasse la configurazione attuale della CENI.

 

2. LA SITUAZIONE POLITICA POST ELETTORALE

L’8 febbraio, in una conferenza stampa a Gombe (Kinshasa), il vice Segretario Generale dell’UDPS, Raymond Kahungu Mbemba, ha dichiarato che “i 42 membri dell’UDPS proclamati eletti in seguito alle legislative non parteciperanno né alla sessione speciale, né alle sessioni ordinarie dell’Assemblea Nazionale ei deputati”, finché non sarà permesso a Etienne Tshisekedi di esercitare le sue funzioni come “Presidente della Repubblica”. È quindi abbastanza chiaro che, dopo il boicottaggio elettorale del 2006, l’Udps mantiene la sua logica di boicottaggio ma, questa volta, a livello istituzionale. Se non si presenteranno nemmeno alla sessione speciale in cui si dovranno convalidare i mandati dei nuovi deputati eletti, i membri dell’UDPS eletti nelle ultime legislative non saranno quindi convalidati dall’Assemblea Nazionale.

Si dovrà quindi trovare il modo per colmare i posti lasciati vacanti dall’UDPS. Logicamente, un deputato è sostituito, in caso di impedimento, da uno dei suoi due supplenti, scelti tra i membri dello stesso partito. Tuttavia, in questo caso, anche i supplenti partecipano al boicottaggio istituzionale ufficialmente decretato da Etienne Tshisekedi. Nel caso in cui sia gli eletti che i loro supplenti aderiscano al boicottaggio, non è da escludere che si ricorrerà ai migliori perdenti per riempire i 42 seggi lasciati vacanti. Di fatto, si tenterà probabilmente di ricuperare quei candidati che hanno ricevuto il maggior numero di voti rispetto ai candidati eletti dell’UDPS. A meno che non si opta per lasciare vacanti i 42 seggi, per simboleggiare il boicottaggio dell’UDPS.

In seno alla Maggioranza Presidenziale, invece, si sta già parlando della designazione del prossimo presidente dell’Assemblea nazionale e del futuro primo ministro. Secondo la legge, il Primo Ministro sarà presentato dalla maggioranza parlamentare, prima di essere nominato dal Presidente della Repubblica. Per quanto riguarda la presidenza dell’Assemblea Nazionale, si avanza il nome di Aubin Minaku, attuale segretario esecutivo della Maggioranza Presidenziale (MP). Per quanto riguarda il primo ministro, si stanno facendo tre nomi: Evariste Boshab, attuale presidente dell’Assemblea Nazionale e Segretario Generale del PPRD, Adolphe Lumanu, Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni e Koyagialo, Vice Primo Ministro e Ministro delle PTT, ex segretario permanente della precedente AMP.

Il 9 febbraio, è terminato il tempo per presentare alla Corte Suprema di Giustizia (CSJ) i ricorsi di contestazione dei risultati provvisori delle elezioni legislative. Secondo la cancelleria del Tribunale, i circa 500 ricorsi presentati provengono da 168 delle 169 circoscrizioni elettorali del paese e vertono sulla contestazione dell’elezione di almeno 340 candidati. Nessun candidato eletto dell’UDPS ha fatto ricorso. La Corte Suprema ha un periodo di due mesi per esaminare tutti i contenziosi e pubblicare i risultati finali. Ai sensi dell’articolo 75 della legge elettorale, l’Alta Corte può riconoscere un errore materiale, correggere il risultato errato e comunicare la decisione alla Ceni. Se un ricorso è dichiarato ammissibile e fondato, il giudice può annullare la votazione, completamente o in parte, quando le irregolarità constatate hanno avuto una notevole influenza sui risultati elettorali. Se non c’è alcun appello, entro sessanta giorni si deve procedere a una nuova votazione. Va inoltre ricordato che, in un sistema elettorale proporzionale al più alto resto, i voti di un partito possono essere assegnati a un’altra lista. Pertanto, è del tutto possibile che un candidato sia proclamato eletto, pur avendo ricevuto meno voti di un altro candidato.

Il 16 febbraio, al Palais du Peuple a Kinshasa, si è aperta la sessione straordinaria della nuova Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento, secondo i prescritti della Costituzione, ma prima della proclamazione dei risultati definitivi da parte della Corte Suprema di Giustizia (CSJ). Infatti, l’articolo 114 della Costituzione stabilisce che “ciascuna Camera del Parlamento è convocata in seduta straordinaria quindici giorni dopo la proclamazione dei risultati elettorali da parte della Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI), per formare il suo comitato provvisorio presieduto dal deputato più anziano coadiuvato dai due più giovani di età”.

Dei 482 deputati della maggioranza e dell’opposizione già resi noti dalla CENI, 350 erano presenti e 132 assenti. Fra questi ultimi, si potevano contare quelli dell’UDPS di Etienne Tshisekedi, dell’UNC di Vital Kamerhe, della Dinamica Tshisekedi Presidente (DTP) e del Sostegno a Etienne Tshisekedi (SET), molti dei quali hanno partecipato alla marcia dei cristiani, per contestare i risultati delle elezioni. La formazione del comitato provvisorio dell’Assemblea Nazionale era l’unico punto all’ordine del giorno. Thimothé Kombo, dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), 75 anni di età, ne è stato nominato presidente ad interim, essendo il deputato più anziano. Egli sarà coadiuvato da due vice-presidenti, Mutula Diallo, deputato del Movimento Sociale per il Rinnovamento (MSR) e Patrick Muyaya, del Partito Lumumbista Unificato (PALU).

In un discorso di inizio sessione, il Presidente Kombo ha voluto dare ai suoi colleghi deputati alcuni consigli pratici per garantire l’efficacia del loro mandato in vista del bene comune del popolo sovrano. Egli a affermato che “I Congolesi che ci hanno eletto si aspettano da noi un cambiamento nel nostro modo di comportarci, di agire e di servire lo Stato”. “Dobbiamo evitare la leggerezza, il compiacimento e il compromesso. Vanno banditi a favore del rigore, della morale, del rispetto della legge, del bene pubblico, dell’amore verso il popolo e la Repubblica. Mi auguro che questa legislatura sia diversa da quella precedente”. La presenza in aula del deputato dell’UDPS Thimothé Kombo lascia presagire che, dopo aver recentemente lanciato l’idea di boicottare il Parlamento, i membri dell’UDPS abbino finalmente deciso di parteciparvi adottando, però, una strategia di opposizione repubblicana.

 

3. DICHIARAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE

Il 7 febbraio, le associazioni della società civile congolese membri di Aeta (Agire per elezioni trasparenti e calme) hanno indirizzato al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, una lettera sulla crisi che sta attraversando il Paese e il cui aspetto più pericoloso è senz’altro di natura politica. Per quanto riguarda l’aspetto politico, la crisi è causata dalla contestazione dei risultati elettorali e dalle conseguenti frustrazioni post-elettorali. Secondo Aeta, “non c’è bisogno di ritornare sulle gravi constatazioni di caos e sull’ampiezza incommensurabile dei brogli che hanno caratterizzato la preparazione, l’organizzazione, lo spoglio dei voti e la pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre 2011. La mancanza di credibilità di queste elezioni è stata riconosciuta da tutti gli osservatori, tra cui l’Unione europea, il Centro Carter, gli osservatori nazionali, gli osservatori della Chiesa cattolica, solo per citarne alcuni. Il fatto è che oggi la stragrande maggioranza del popolo congolese non si riconosce nei risultati pubblicati dalla Ceni, perché diversi da quelli esposti davanti ai seggi elettorali dopo lo spoglio dei voti. I testimoni dei partiti non accettano la maggior parte dei verbali ufficiali attuali, perché diversi da quelli che avevano firmato il giorno delle elezioni.

I risultati di queste elezioni, presidenziali e legislative, sono attualmente messi in discussione dai principali partiti di opposizione e da molti candidati, tra cui anche alcuni membri dei partiti della coalizione di governo. La Commissione Elettorale Nazionale Indipendente, CENI, ha fallito nella sua missione di organizzare delle elezioni libere, trasparenti e credibili e non ha più, di fatto, la fiducia dei politici, né della popolazione congolese”. Gli attivisti della società civile fanno sapere al numero uno delle Nazioni Unite, che la RDC è a rischio di implosione con conseguenze difficili da prevedere. Secondo loro, non c’è che una terapia per risolvere la crisi politica, cioè il ritorno alla verità delle urne. A questo proposito, propongono un’alternativa: ricontare i voti per entrambe le elezioni, presidenziali e legislative o organizzare un secondo turno per entrambi le elezioni.

Le proposte della società civile congolese presentate al Segretario generale delle Nazioni Unite sono:

– Affidare alla Monusco un mandato di osservazione elettorale e di certificazione dei risultati;

– Ottenere, in primo luogo, la formazione di un nuovo comitato credibile e integro della Ceni, sostituendone gli attuali membri e includendovi la società civile;

– Trattare le elezioni presidenziali e legislative alla stessa maniera, senza separarle;

– Esigere che la Ceni divulghi tutti i verbali elettorali, come esposti al pubblico subito dopo le elezioni;

– Chiedete chiaramente e con forza al Governo di garantire la libera espressione democratica del popolo congolese, tra cui la libertà di organizzare manifestazioni;

– Conferire alle Nazioni Unite il mandato di osservazione elettorale e di certificazione dei risultati;

– Decidere tra le due seguenti opzioni:

1. ricontare i voti;

2. organizzare un secondo turno delle elezioni presidenziali e legislative in simultaneità con le elezioni locali e provinciali. Tali elezioni potrebbero aver luogo entro 6 mesi, e non in marzo 2012, come previsto, per evitare di cadere negli stessi errori;

– Assicurare la protezione dei principali leader dell’opposizione attraverso l’assegnazione di guardie armate scelte di comune accordo con le persone da proteggere. Più specificamente, la sicurezza di Etienne Tshisekedi deve essere garantita da un contingente delle Nazioni Unite;

– Garantire la libertà di movimento e di espressione di tutti i responsabili politici.

Il 10 febbraio, una decina di membri della società civile di Kinshasa si sono incontrati per analizzare la situazione sociale e politica del paese in seguito alla pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative. In una dichiarazione finale, essi ritirano la loro fiducia all’attuale commissione elettorale, di cui auspicano una riorganizzazione e una nuova composizione, in vista delle future scadenze elettorali.

Molte sono le voci che hanno dichiarato le elezioni non credibili: gli osservatori nazionali e internazionali, la Chiesa, la società civile. Se tutte le soluzioni proposte per riportare il Congo sulla strada della legittimità e della legalità concordano sull’assoluta necessità di sostituire i membri del comitato della Commissione elettorale, tuttavia si registrano divergenze su altre questioni (un nuovo conteggio dei voti, nuove elezioni – ma su quale base costituzionale) e nessuna proposta sembra avanzare. Da parte sua, la comunità internazionale si limita a chiedere più serietà per le prossime elezioni provinciali, peraltro già rinviate sine die.

 

4. DICHIARAZIONI INTERNAZIONALI

Il 2 febbraio, nel corso di un’audizione in Senato, Donald Yamamoto, dell’ufficio africano del Dipartimento di Stato americano, ha affermato che “le elezioni congolesi sono state gravemente viziate e poco trasparenti” e che “non si sa con certezza se i risultati di tali elezioni sarebbero stati diversi senza i brogli”. Ma, nello stesso tempo, ha detto anche che “(le elezioni) sono state una pietra miliare nel processo democratico” della RDC.

Il Segretario di Stato Hillary Clinton, citata da un diplomatico americano davanti alla commissione, ha affermato che le elezioni sono state “intaccate da gravi irregolarità e dalla mancanza di trasparenza” e che non sono state “all’altezza dei progressi democratici constatati durante le ultime elezioni in Africa“.

Senza un forte impegno da parte del governo della RDC per la democrazia e i diritti umani, non sarà possibile intraprendere qualcosa di durevole“, ha dichiarato Daniel Baer, un altro diplomatico presente all’audizione parlamentare incentrata sul futuro della RDC e il coinvolgimento dell’agenzia federale statunitense per l’assistenza allo sviluppo (USAID) in questo paese.

Ad alto livello, continua a dominare la fermezza. Ma le porte rimangono ancora aperte. Infatti, anche se la posizione ufficiale degli Stati Uniti non è cambiata – ufficialmente, Washington non riconosce ancora la vittoria di Joseph Kabila come presidente – alcune dichiarazioni di diplomatici statunitensi suggeriscono che la cooperazione con il presidente congolese non è completamente esclusa. In breve, a questo proposito è il pragmatismo che domina.

In una dichiarazione rilasciata alla stampa, l’ambasciatore della Gran Bretagna in RDC, Neil Wigan, “esorta la Ceni a pubblicare tutti i verbali e i risultati elettorali come esposti al pubblico nei seggi elettorali, per consentire un’inchiesta completa, corretta e trasparente su tutti i contenziosi elettorali da parte della Corte Suprema di Giustizia. Il Regno Unito ribadisce, inoltre, la sua richiesta, affinché tutte le accuse di frode, intimidazioni e violenze relazionate alle elezioni siano trattate con la massima serietà. “Secondo l’ambasciatore, “prima delle elezioni provinciali, tutte le parti interessate, compreso la Ceni e il Consiglio superiore dell’audiovisivo e della Comunicazione (CSAC), dovrebbero tenere conto di tutte le osservazioni fatte sulle elezioni presidenziali e legislative, al fine di intraprendere le azioni correttive necessarie. Il Regno Unito chiede, da una parte, a tutti i candidati e ai loro sostenitori di perseguire i loro obiettivi politici in modi pacifici e, dall’altra, chiede alle istituzioni dello Stato e alle forze dell’ordine, di rispettare i diritti di tutti i cittadini alla vita, all’integrità fisica, alla libertà di riunione e di espressione, come garantiti dalla Costituzione della RDC”.

L’Unione Europea “ha preso atto dei risultati provvisori delle elezioni legislative, annunciati dalla Ceni il 26 gennaio e il 1° febbraio 2012. Essa ricorda il dovere di intraprendere tutti gli sforzi necessari per garantire la trasparenza e la credibilità del processo elettorale. Tutti i contenziosi devono essere risolti in modo pacifico e attraverso la via legale. Appartiene alla Ceni esercitare pienamente le proprie responsabilità e alla Corte Suprema di Giustizia trattare i ricorsi elettorali con la massima trasparenza, imparzialità e rigore giuridico. L’UE incoraggia tutte le parti e tutte le forze politiche ad avviare un dialogo che permetti di istituire il quadro necessario per lo svolgimento di un dibattito democratico, anche attraverso il buon funzionamento dell’Assemblea nazionale. Essa le esorta a svolgere pienamente il loro ruolo nelle istituzioni e nel rispetto del quadro costituzionale. Spetta, in particolare, alle autorità creare le condizioni favorevoli alla creazione di un tale dialogo.

L’UE continuerà a fornire il suo sostegno al processo politico, affinché si possa proseguire verso un graduale ritorno alla stabilità nella RDC. Essa auspica che si possano trarre insegnamenti dalle disfunzioni e gravi irregolarità constatate nelle prime fasi del ciclo elettorale. È molto importante che le prossime elezioni locali e provinciali possano svolgersi in buone condizioni e entro tempi ragionevoli. È altrettanto importante che siano adottate le misure necessarie per garantire la credibilità delle prossime elezioni“.

Da parte sua, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri, Bernard Valero, anche la Francia auspica che “si apportino le correzioni necessarie prima delle prossime elezioni”.

Il 14 febbraio, in una dichiarazione rilasciata a Washington, il portavoce del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, ha ricordato che il suo governo continua a monitorare il processo elettorale in corso nella RDCongo e ha chiesto alle autorità congolesi di esaminare con profonda serietà e massima trasparenza i ricorsi relativi ai risultati delle elezioni legislative e inoltrati alla Corte Suprema di Giustizia. Victoria Nuland ha aggiunto: “Restiamo profondamente preoccupati per le numerose accuse di violazioni dei diritti umani, tra cui detenzioni arbitrarie e illegali, commesse dalle forze di sicurezza durante tutto il processo elettorale”. Gli Stati Uniti chiedono inoltre a tutti i leader congolesi e ai loro sostenitori di agire in modo responsabile e di rinunciare pubblicamente alla violenza. Victoria Nuland ha, infine, concluso: “Nonostante le preoccupazioni espresse, incoraggiamo tutti i partiti politici a partecipare pienamente all’Assemblea Nazionale dei Deputati, per preservare e proteggere il principio democratico fondamentale di un governo rappresentativo in Congo”.

Il 15 febbraio, in una conferenza stampa presso il Centro Culturale Americano a Kinshasa, l’ambasciatore americano nella RDCongo, James Entwistle, ha dichiarato che sarebbe possibile formare un governo inclusivo che comprendesse membri della maggioranza presidenziale e dell’opposizione politica. Inoltre, l’ambasciatore Usa ha auspicato che tutte le forze politiche e sociali della RDCongo si incontrino intorno a un tavolo per cercare una soluzione comune al loro problema e portare il Paese fuori della crisi post-elettorale. Egli ha deplorato le “gravi irregolarità” constatate nelle operazioni di compilazione dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative nazionali del 28 novembre. Secondo lui, “queste gravi anomalie” rilevate “nella compilazione dei risultati e nelle altre tappe del processo elettorale hanno compromesso la credibilità delle elezioni stesse”. Egli ha anche lasciato capire che “questa situazione continua a indebolire e a complicare la governance nella RDCongo”. Tuttavia, l’ambasciatore ha fatto notare che tali elezioni sono state un passo importante in avanti per il consolidamento della democrazia nella RDCongo. Egli ha affermato che “anche se ci rendiamo conto che ci sono state gravi irregolarità” nel corso delle elezioni presidenziali del 28 novembre, “gli Stati Uniti riconoscono Joseph Kabila come presidente della RDCongo per i prossimi cinque anni”. Egli ha inoltre fatto osservare che il processo elettorale deve essere rafforzato, in vista dell’organizzazione delle future elezioni provinciali e locali. Per questo, ha sottolineato la “necessità di effettuare una valutazione delle elezioni di novembre, per trarne una serie di lezioni”, ha affermato, aggiungendo: “Gli Stati Uniti sostengono una piena e aperta attuazione di questo tipo di valutazione perché, identificando ciò che non ha funzionato e perché, la Ceni potrà evitare di commettere gli stessi errori in occasione delle future elezioni”.

 

5. IL 16 FEBBRAIO: LA MARCIA DEI CRISTIANI

L’11 febbraio, presso il centro Lindonge di Limete, il presidente del Comitato dell’Apostolato dei Laici Cattolici del Congo (CALCC / Kinshasa), Thierry Nlandu, ha annunciato che la marcia dei cristiani è confermata per il Giovedi 16 febbraio. La manifestazione è organizzata per diversi motivi. In primo luogo, in memoria dei cristiani assassinati il 16 febbraio 1992, mentre protestavano contro la chiusura arbitraria della Conferenza Nazionale Sovrana e, in secondo luogo, per esigere la verità delle urne e le dimissioni del Comitato della Commissione Elettorale. Come previsto, vari cortei partiranno da ogni parrocchia della città per unirsi presso la parrocchia di San Giuseppe, a Matonge, nel comune di Kalamu. La giornata inizierà con una Messa celebrata in ogni parrocchia alle 7h00.

Secondo un comunicato emanato dal CALCC / Kinshasa, i cristiani vogliono esprimere il loro rifiuto dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre e esigono le dimissioni del comitato della Ceni, perché “i risultati elettorali pubblicati dalla Ceni e convalidati dalla Corte Suprema di Giustizia non sono conformi alla verità, né alla giustizia”.

Il CALCC / Kinshasa chiede ai manifestanti di non esibire bandiere di partiti politici, di non lanciare insulti a nessuno, di portare solo Bibbia, Corano, croci, corona di rosario, insegne religiose, immagini sacre, di intonare canti religiosi, di dar prova di nonviolenza davanti agli agenti della polizia e dell’esercito. In caso di un ostacolo, il CALCC raccomanda di sedersi sul suolo, pregando e / o cantando inni religiosi e, se possibile, di dialogare per ottenere un varco pacificamente.

Il 14 febbraio, in seguito ad un’ampia concertazione politica organizzata presso il centro di accoglienza dei Protestanti, a Gombe (Kinshasa), l’opposizione politica, senza distinzioni di tendenze, ha deciso di partecipare attivamente alla marcia dei cristiani per il ristabilimento della verità delle urne e le dimissioni del comitato della commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni). Alla riunione erano presenti molte personalità della piattaforma politica, tra cui Thomas Luhaka (MLC), Ewanga (UNC), Jean-Claude Vuemba (MPCR), Lisanga Bonganga (CCD), Antipas Mbusa Nyamuisi (RCD / K-ML ), Kiakuama (CDC), José Makila … Secondo i membri dell’opposizione, 20 anni dopo il 16 Febbraio 1992, le legittime aspirazioni del popolo congolese a una vera democrazia sono state tradite da elezioni truccate e pianificate da forze occulte che vogliono restare al potere contro la volontà del popolo congolese che, con singolare insistenza, chiede il cambiamento della governance in seno alle Istituzioni della Repubblica.

L’opposizione ha sottolineato che la marcia, oltre alla sua componente storica e memoriale, è anche un’opportunità per il popolo congolese di rivendicare la verità delle urne. Infatti, dopo le elezioni del 28 novembre, i risultati elettorali pubblicati dalla Ceni e confermati dalla CSJ stanno per porre ai vertici dello Stato un potere fortemente contestato dalla maggior parte dei Congolesi. Invece, contato tra le vittime principali di un colpo di stato elettorale, Etienne Tshisekedi, Presidente Nazionale dell’UDPS, rappresenta il simbolo della lotta per la democrazia nel paese nel corso degli ultimi trenta anni.

L’opposizione politica ha invitato le forze dell’ordine, incaricate di assicurare la sicurezza durante la manifestazione, di evitare ogni forma di repressione per permettere alla popolazione di esercitare, nell’ordine, nella disciplina e con tutta indipendenza, il suo diritto costituzionale ad “opporsi a qualsiasi individuo o gruppo di individui che cercano di prendere il potere con la forza, sfidando il sovrano primario”.

Nel corso della stessa riunione, i membri dell’opposizione hanno, ancora una volta, richiesto il ritiro dei dispositivi armati di sorveglianza collocati nei pressi della residenza di Etienne Tshisekedi e nelle zone circostanti.

Inoltre, l’opposizione ha chiesto la liberazione di tutti i prigionieri politici, tra cui Pierre Jacques Chalupa, Gabriel Mokia, Bakungu, Kutino Fernando, ecc. e ha chiesto la riapertura di alcuni organi privati di informazione attualmente chiusi, RLTV, Canal Futur TV e Congo Media Chanel.

Da parte sua, il presidente del Comitato dell’Apostolato dei Laici Cattolici del Congo (CALCC / Kinshasa), Thierry Nlandu, ha invitato tutti coloro che desiderano partecipare alla marcia di rispettare le indicazioni degli organizzatori: “Se ci sono dei politici che vogliono venire alla marcia, che non vengano a rivendicare cose che non concernono [gli organizzatori]. Se vogliono fare una marcia con obiettivi specifici, potranno organizzare una loro marcia in seguito”.

Secondo l’appello divulgato dal CALCC, i due obiettivi della marcia dei cristiani sono l’annullamento delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre 2011 e le dimissioni del comitato della Ceni. Secondo alcuni osservatori, questi due obiettivi non costituiscono una valida risposta alla crisi politica attuale. Infatti, l’annullamento delle elezioni comporterà la squalifica pura e semplice del mandato di Etienne Tshisekedi auto-proclamatosi Presidente e del mandato di Joseph Kabila confermato dalla Corte Suprema, ma senza impedire allo stesso Joseph Kabila di rimanere in carica ai sensi dell’articolo 70 della Costituzione che stipula che il Presidente della Repubblica uscente rimane in funzione fino all’entrata in funzione del nuovo Presidente eletto. Di conseguenza, Joseph Kabila potrebbe rimanere Capo dello Stato fino a nuove elezioni.

D’altra parte, le dimissioni del comitato attuale della Ceni comporterà la squalifica pura e semplice del suo mandato. Ma, senza la revisione della legge, la maggioranza e l’opposizione procederanno alla designazione dei nuovi membri, in base alla stessa quota. Per aprire il comitato alla società civile, come richiesto dal CALCC, si dovrà rivedere la legge che istituisce la stessa commissione elettorale. Ma se si rimane con la stessa Assemblea Nazionale, ci si ritroverà con la stessa maggioranza e la stessa opposizione.

Il 15 febbraio, il governatore della provincia città di Kinshasa, André Kimbuta, ha vietato la marcia dei cristiani. Secondo lui, il Consiglio dell’Apostolato dei Laici Cattolici del Congo (CALCC), responsabile dell’evento, non ha rispettato la procedura legale richiesta. Tra le ragioni avanzate dal governatore della città di Kinshasa, gli organizzatori non hanno preso tutte le misure necessarie. Il CALCC non avrebbe agito secondo l’articolo 6 della legge sulla regolamentazione delle manifestazioni pubbliche, secondo cui, prima di organizzare un evento, gli organizzatori devono informare per iscritto l’autorità 72 ore prima. A tale proposito, il CALCC ha inviato la richiesta di autorizzazione al Comune di Kinshasa il 14 febbraio, ossia solo 48 ore prima. Il CALCC, inoltre, non avrebbe un indirizzo fisico e non avrebbe fornito alcun dettaglio sul percorso della manifestazione, né il punto di partenza, né quello di arrivo. Secondo André Kimbuta, gli organizzatori non avrebbero preso alcun contatto con il Municipio di Kinshasa, per adottare insieme le misure adeguate per un buon svolgimento della marcia. Infine, sempre secondo il governatore, gli obiettivi della manifestazione rischierebbero di generare confusione nell’opinione pubblica. Per i motivi menzionati e per evitare possibili disordini, il Governatore ha quindi deciso di annullare la marcia.

Il 16 febbraio, i fedeli della Chiesa cattolica di Kinshasa hanno sfidato il divieto della marcia annunciato il giorno anteriore dal governatore di Kinshasa, Andre Kimbuta. La mattina presto, vari gruppi di fedeli hanno tentato di partire dalle loro rispettive parrocchie per ritrovarsi insieme presso la parrocchia di San Giuseppe di Matonge, luogo di concentrazione di tutti i gruppi, ma la polizia li ha rapidamente dispersi, ricorrendo all’uso di gas lacrimogeni.

Nella parrocchia di Saint Raphael, sul viale Lumumba, a Limete, un certo Munsi, alias “calore”, esperto in arti marziali e membro della Lega della gioventù del PRDP, alla guida di un gruppo di giovani armati di machete, minacciava di entrare nel cortile della chiesa per attaccare i cristiani. Alla parrocchia di San Giuseppe di Matonge, P. Pierre Bosangia, uno degli organizzatori della marcia, ha dichiarato: “Sono arrivate quattro camionette della polizia e due bus dai quali abbiamo visto scendere dei kulunas (teppisti) dai 13 ai 20 anni di età, che sono poi entrati dalla porta di servizio (…) e hanno cominciato a picchiare le donne”.

Il Commissario Generale della Polizia, Charles Bisengimana, ha giustificato l’uso dei gas lacrimogeni nella parrocchia di San Giuseppe di Matonge per il fatto che la polizia voleva disperdere i militanti dell’UDPS che tentavano di unirsi ai cristiani.

In una dichiarazione, la Voce dei senza Voce (VSV), un’Ong per la difesa dei diritti umani, ha affermato senza mezzi termini: “Ancora una volta, le autorità congolesi hanno dimostrando la loro persistente volontà di soffocare i diritti della popolazione ad esprimersi”.

 

6. NUMEROSI ARRESTI IN TEMPI DI POST ELEZIONI

Il 31 gennaio, Pierre Jacques Chalupa, candidato alle legislative nazionali, è stato arrestato a Kinshasa. Ha subito un lungo interrogatorio presso il Procuratore Generale della Repubblica. Pierre Jacques Chalupa è nato nel 1948 a Uvira, provincia del Sud Kivu, da madre greca e padre di origine portoghese. Sposato con una congolese, ha vissuto tutta la sua vita in Congo. Presidente del Partito Azione per la Democrazia e lo Sviluppo in Congo (ADD Congo), è ritenuto prossimo all’opposizione tshisekedista. Eletto deputato nazionale nel 2006, il suo mandato fu poi invalidato dalla Corte Suprema di Giustizia (CSJ). Titolare di un certificato elettorale, con valore di carta d’identità congolese, era stato accettato dalla commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) come candidato alle legislative del 2011.

Secondo il suo avvocato, Claude Bafuafua, egli è accusato di avere ottenuto la nazionalità congolese e di detenere la doppia nazionalità. Per Claude Bafuafua, Chalupa è stato arrestato, in realtà, perché appartiene all’opposizione. “Non è giusto. Ci sono altre persone che siedono tranquillamente in parlamento con la doppia nazionalità. Ma per lui [Chalupa], che è dell’opposizione, si crea un problema”, dice.

Il Ministro della Comunicazione e portavoce del governo, Lambert Mende, ha dichiarato che “Jacques Pierre Chalupa è stato accusato di falsificazione di documenti e uso di falsi documenti materia commerciale. Questo è il primo reato che gli si contesta”, ha affermato il ministro, aggiungendo che Chalupa ha ottenuto la cittadinanza congolese in modo fraudolento. “L’unica certezza che abbiamo è che il Ministero della Giustizia ci ha informati che Chalupa non è titolare della nazionale congolese, come egli sostiene”, ha concluso il ministro.

Il 2 febbraio, a Goma (Nord Kivu), alle 4.00 locali, le Forze Armate della RDC (FARDC) hanno circondato la residenza del deputato Dieudonné Bakungu Mitondeke per una perquisizione. Tra le guardie del deputato e i militari delle FARDC è nata una discussione sfociata in una sparatoria, in cui sono state uccise quattro persone: due militari, un poliziotto della guardia del deputato e un altro è venuto con i militari. Sono rimasti feriti anche vari militari delle FARDC.

Le FARDC accusano Dieudonné Bakungu di possedere illegalmente delle armi, di avere una milizia privata e di fomentare un movimento ribelle. “Abbiamo visto otto fucili d’assalto AK 47 e due fucili made in Belgio tipo Fal. Nella residenza c’erano anche molti miliziani Mayi-Mayi”, ha dichiarato il portavoce del governo provinciale, Erneste Kyaviro. Candidato alle legislative nel novembre 2011 per conto dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), un partito dell’opposizione, Dieudonné Bakungu respinge ogni accusa.

Il 3 febbraio, Dieudonné Bakungu è stato trasferito a Kinshasa insieme a una dozzina di co-imputati, ma è stato posto agli arresti domiciliari. Cinque co-imputati sono detenuti presso la prigione centrale di Makala. La Corte ha commutato la detenzione di Dieudonné Bakungu in arresti domiciliari, perché “è ancora deputato nazionale”, ha detto il suo avvocato, Benjamin Kakonke, che ha dichiarato che “sono accusati di omicidio, ribellione, incitamento dei militari a commettere atti contrari ai loro doveri”. Solo la CSJ di Kinshasa ha la competenza di processare Bakungu Mytondeke che gode ancora dell’immunità parlamentare, come previsto dalla Costituzione, affermato un esponente del tribunale militare del Nord Kivu. L’ex Vice Governatore del Nord Kivu, deputato nazionale e membro dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC), Dieudonne Bakungu è stato rieletto il 28 novembre, a Masisi, secondo i risultati pubblicati e poi annullati dalla commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni). Le elezioni sono state annullate nel distretto di Masisi, per la mancanza dei risultati di compilazione di oltre ottanta seggi elettorali.

Il 7 febbraio, alle 23h00 circa, il Segretario Generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), Jacquemain Shabani, è stato bloccato all’aeroporto di Kinshasa, quando era in procinto di partire per l’Europa.

Una fonte prossima all’Agenzia Nazionale di Intelligence (ANR) ha dichiarato che è stato bloccato poco prima dell’imbarco, perché in possesso di un passaporto, peraltro già scaduto e non valido, appartenente a un’altra persona. In seguito si è scoperto che egli deteneva anche una serie di “documenti inutilmente offensivi e sovversivi”. Un responsabile dell’UDPS ha affermato: “Non aveva dichiarato di portare con sé un passaporto di un’altra persona. Per quanto riguarda gli altri documenti, si tratta di un rapporto interno al partito, con foto, sul processo elettorale e le violazioni dei diritti umani”. Jacquemain Shabani è stato rilasciato intorno alle 2:30 e presentava segni di percosse. Secondo i responsabili del suo partito, era stato incappucciato, spogliato e picchiato. Shabani era atteso a Berlino dalla Fondazione Friedrich Ebert come relatore principale di una conferenza sulla situazione nella RDC dopo le elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre. Secondo alcuni membri dell’UDPS, l’arresto di Jacquemin Shabani non aveva altro motivo che di impedirgli di recarsi all’estero al fine di isolare il presidente Etienne Tshisekedi sul piano internazionale.

Secondo il ministro delle comunicazioni e dei media e portavoce del governo, Lambert Mende Omalanga, Jacquemain Shabani Lunkoo sarà “collaborare con la giustizia congolese” rispondendo a quattro domande specifiche che gli sono state poste dai servizi di intelligence in relazione ai documenti che aveva con sé.

Prima domanda: il ministro ha presentato una cartella che contiene oltre 127 foto in 69 pagine che mostrano dei crimini commessi nella RDCongo durante il periodo elettorale. Shabani dovrà fornire le informazioni necessarie su ciascuna foto, indicando luoghi, date, nomi delle vittime e, se possibile, dei presunti autori di tali crimini. Secondo il ministro, alcune foto sono state prese diversi anni fa o, addirittura, in Costa d’Avorio.

Seconda domanda: nel computer portatile di Shabani è stata trovata la matrice di un volantino in circolazione ultimamente in campi militari, invitando i militari stessi a disobbedire agli ordini dei loro superiori. Shabani dovrà fornire informazioni a questo proposito.

Terza domanda: nel suo cellulare, marca Samsung, è stato trovato un SMS: “Ciao SG, dì al Presidente di negoziare con il Capo di Stato Maggiore. È pronto ad aiutarvi …”. Chi è questo alto ufficiale dell’esercito che collabora con un partito politico?

Quarta domanda: un altro messaggio sul suo cellulare accenna ad un futuro attentato contro il presidente Joseph Kabila. Shabani dovrà chiarire la portata di tale messaggio.

Lambert Mende ha poi dichiarato che “Shabani è libero di muoversi nell’attesa di rispondere alle domande che gli sono state formulate. Ma gli è vietato lasciare il paese “. In merito alle presunte torture inflitte a Shabani durante l’arresto, Lambert Mende ha affermato che si è trattato di una rissa sorta con un agente dei Servizi in violazione delle procedure legali e che l’agente responsabile è stato sanzionato.

Da parte dell’UDPS, si continua ad affermare che Shabani è stato realmente torturato. Un membro di partito ha aggiunto che le accuse formulate dalle autorità sono un vero e proprio montaggio e che certa documentazione potrebbe essere stata aggiunta al suo bagaglio o inserita sul suo computer dopo l’arresto.

Il 15 febbraio, il Segretario Generale dell’UDPS, Raymond Kahungu è stato arrestato, nel pomeriggio, in una delle numerose barriere di controllo erette dalla polizia congolese nei pressi della residenza di Etienne Tshisekedi, nel distretto di Limete, a Kinshasa. Secondo l’UDPS, Raymond Kahungu è stato condotto verso “una destinazione sconosciuta”.