SOMMARIO
– EDITORIALE
– PROCESSO ELETTORALE
Fine del periodo di iscrizione degli elettori e inizio della fase di presentazione delle candidature alle elezioni presidenziali e legislative nazionali
– GIUSTIZIA
Il progetto di legge sulla creazione di tribunali speciali misti per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimini di genocidio
– KIVU
Militari delle FARDC e agenti di polizia all’origine dell’insicurezza?
Il commercio illegale dei minerali di sangue
Herman Cohen: “Al Dipartimento di Stato Americano, il Kivu è parte del Ruanda”.
EDITORIALE
In Congo fervono i preparativi per le elezioni presidenziali e legislative nazionali del 28 novembre prossimo.
La legge elettorale era stata approvata già alcuni mesi fa.
L’operazione dell’iscrizione degli abitanti aventi diritto al voto è terminata il 17 luglio.
Anche la legge sulla distribuzione dei seggi, secondo le circoscrizioni elettorali, per le elezioni legislative nazionali e provinciali è stata finalmente pubblicata.
È pure iniziato il periodo per l’iscrizione dei candidati alle elezioni presidenziali e legislative. Si tratta di una vera e propria corsa contro il tempo. Ma la strada verso il 28 novembre è ancora lunga, ripida e difficile. Tra le varie difficoltà, si può citare l’insufficienza o, addirittura, la mancanza assoluta di chiarezza sulle liste definitive degli elettori.
Partiti dell’opposizione e associazioni della società civile non cessano di denunciarne le numerose irregolarità, tra cui le doppie o triple iscrizioni, le iscrizioni di minorenni e di stranieri, la non iscrizione di adulti aventi diritto al voto, ecc. Partiti e Ong esigono dunque chiarezza e chiedono di partecipare alla verifica finale delle liste elettorali, nella convinzione che non ci potranno essere elezioni trasparenti se rimangono dubbi e perplessità sulla prima tappa del processo elettorale, che è quella della composizione delle liste elettorali. Se non c’è chiarezza sin dall’inizio, chi perderà le elezioni avrà il motivo per non accettare i risultati delle urne e creare il caos: è questo che si teme per il dopo elezioni.
Dopo tanti anni di guerra e violenza, il popolo congolese ha diritto alla pace per poter dedicarsi al lavoro e costruire un futuro migliore. Per favorire un clima sereno e propizio alle elezioni, ogni entità dovrà fare la sua parte. La Commissione Elettorale, responsabile dell’organizzazione delle elezioni, dovrà acconsentire alle richieste di chiarezza e trasparenza che le vengono rivolte dall’opposizione e dalla società civile, facilitando la partecipazione degli osservatori, correggendo le eventuali irregolarità e prendendo le misure adeguate per evitare la frode elettorale. I partiti dell’opposizione e la società civile dovranno rivendicare con forza ed esercitare con rigore il loro diritto-dovere di controllo sull’intero processo elettorale, nella convinzione, però, che non esistono elezioni perfette, nemmeno in Congo, un Paese martoriato da dieci anni di guerra che hanno distrutto infrastrutture, tessuto sociale, amministrazione ed economia.
Da parte sua, il ceto politico potrà giustamente richiedere una piena libertà di espressione e un accesso paritario ai mezzi di comunicazione, ma dovrà assumersi anche le sue responsabilità nei confronti del codice di buona condotta relativo ai partiti politici, coalizioni politiche e candidati, per assicurare un clima sereno e moderato prima, durante e dopo le elezioni. Soprattutto dovrà essere capace di offrire programmi di governo nell’interesse del bene comune e di accettare il verdetto delle urne.
A proposito dell’Est della RDCongo, specialmente delle due province del Nord e Sud Kivu, spesso si parla di una “occupazione ruandese”, di una “amministrazione in mano ai Ruandesi”, di un “esercito posto sotto il comando dei Ruandesi”, di “falsi rifugiati congolesi che ritornano, ma che in realtà sono degli invasori ruandesi”. Non è facile capire cosa in realtà stia succedendo.
È vero che in molte zone l’amministrazione è in mano ad esponenti del CNDP, in origine un movimento politico militare fedele al regime di Kigali. La stessa cosa vale anche per le truppe dell’esercito congolese dispiegate all’Est. Circa la presenza di militari ruandesi nelle due province del Kivu è più che probabile, dal momento che le truppe ruandesi hanno invaso il territorio congolese ben due volte, in occasione delle due guerre del 1996-1997 e del 1998-2003 e una terza volta, in occasione dell’operazione militare congiunta Fardc-Apr contro le milizie delle Fdlr nel 2009. Per quanto riguarda l’arrivo di gruppi provenienti dal Ruanda, c’è da notare che vari Congolesi rwandofoni, soprattutto giovani, varcarono la frontiera nei primi anni del 1990 per arruolarsi nell’esercito del FPR che invase il Ruanda, il 1° ottobre 1990, a partire dall’Uganda. Altri Congolesi ruandofoni partirono per il Ruanda nel 1994-1995 con l’arrivo, in RDCongo, dei rifugiati hutu ruandesi. Probabilmente, essi costituiscono parte di coloro che stanno arrivando in Congo negli ultimi mesi. Sicuramente ci saranno degli infiltrati, come il caso di alcuni rifugiati ruandesi e membri delle FDLR rimpatriati e che ora ritornano illegalmente o di famiglie ruandesi che emigrano clandestinamente. Per quanto riguarda l’iscrizione di “Ruandesi” nelle liste elettorali congolesi, c’è da ricordare che il Kivu è una provincia che confina con il Ruanda e che ci sono vari “Congolesi”, ruandofoni o no, che risiedono e lavorano in Ruanda. Questo caso, in particolare, pone la questione della nazionalità, dal momento in cui, secondo la Costituzione congolese, la nazionalità congolese è unica e indivisibile. La RDCongo, infatti, non riconosce la doppia nazionalità che, tuttavia, il Ruanda riconosce. Come succede nella maggior parte dei Paesi, un individuo che ha una doppia o tripla nazionalità, ha il diritto di voto nei vari Paesi di cui possiede la nazionalità.
La situazione potrebbe essere molto più complicata di ciò che può sembrare a prima vista. Si tratta di casi che andrebbero risolti sulla base della legislazione congolese e delle relazioni bilaterali tra i due Paesi, il Congo e il Ruanda.
PROCESSO ELETTORALE
Il 25 luglio, a Kinshasa, il presidente della Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI), Daniel Ngoy Mulunda, ha annunciato che, al 17 luglio, data della conclusione delle operazioni di revisione delle liste elettorali, gli elettori iscritti erano 32.024.640, sui 31.000.000 previsti.
Il 25 luglio, a Kinshasa si è approvato il codice di buona condotta all’attenzione dei partiti politici, coalizioni politiche e candidati. I rappresentanti dell’opposizione politica erano tuttavia assenti. I membri dell’opposizione hanno lasciato la sala delle riunioni prima della discussione del progetto, dichiarando di aver ricevuto il documento lo stesso giorno e sostenendo che si dovrebbe dapprima risolvere vari prerequisiti, ancora in sospeso e relativi allo svolgimento del processo elettorale.
Il codice di buona condotta dovrebbe essere firmato il 2 agosto, dopo emendamenti. Il codice di condotta regolerà il comportamento dei politici durante il periodo elettorale. Esso contiene i diritti e i doveri dei candidati, nonché le disposizioni di tutela e le sanzioni previste per i trasgressori.
Il 26 luglio, dopo 24 ore di concertazioni, l’opposizione politica ha pubblicato una sua dichiarazione sull’attuale situazione del processo elettorale. Per elezioni democratiche, trasparenti, credibili e pacifiche, l’opposizione esige di tener conto dei seguenti requisiti: 1. Un controllo più preciso delle liste elettorali, 2. Il voto e la pubblicazione dell’allegato alla legge elettorale, prima dell’inizio del periodo di iscrizione dei candidati, 3. Il coinvolgimento dell’opposizione nella gestione del server centrale, 4. La connessione in rete dei centri di iscrizione, uffici e server, 5. La garanzia di sicurezza per l’intero processo elettorale, mediante l’istituzione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore dei mezzi di comunicazione, e il coinvolgimento della Ceni per la liberazione dei militanti politici detenuti, compresi quelli dell’UDPS, 6. La pubblicazione di tutte le operazioni relative all’impressione delle schede elettorali, 7. Il controllo delle finanze della CENI e della CEI, 8. La pubblicazione delle nomine del personale del segretariato esecutivo nazionale, dei segretariati esecutivi provinciali e degli uffici locali della CENI, 9. La formalizzazione effettiva del quadro di concertazione, 10. L’effettiva e reale indipendenza della CENI.
Il 29 luglio, il presidente della CENI, Daniel Ngoy Mulunda, accompagnato da alcuni membri del comitato, ha consegnato al governo l’allegato alla legge elettorale. Egli ha insistentemente chiesto ai parlamentari, deputati e senatori, di votare questo annesso, prima del 10 agosto. Dopo tale data, ha dichiarato, egli sarà costretto a sdoppiare le elezioni presidenziali da quelle legislative, organizzando dapprima le prime elezioni presidenziali come previsto e le legislative in un secondo momento. Il vigore di questo messaggio del Presidente della CENI ai parlamentari lascia intendere che ci sia una certa resistenza da parte dei parlamentari che non sembrano affatto preoccupati di votare l’allegato alla legge elettorale in tempi brevi, visto che la sessione straordinaria del Parlamento non è ancora stata convocata.
Il 30 luglio, a Kinshasa, nel corso della riunione di un Consiglio straordinario del governo presieduta dal Primo Ministro Adolphe Muzito, il governo ha approvato il disegno di legge sull’allegato alla legge elettorale. Il disegno di legge, presentato dal vice primo ministro e ministro degli Interni, Adolphe Lumanu, è destinato a completare la legge elettorale che, finora, non specifica la distribuzione dei seggi per circoscrizione. È stato, infatti, necessario attendere la fine dell’operazione di revisione delle liste elettorale (RFE) per conoscere il numero totale degli elettori iscritti in ogni circoscrizione. Per quanto riguarda la distribuzione dei seggi, il quoziente elettorale è stato fissato a 64 049 elettori per ogni seggio.
Questo dato è stato calcolato dividendo il numero totale degli elettori per il numero di seggi dell’Assemblea Nazionale, cioè 500 deputati. Secondo questa distribuzione, solo la provincia del Sud Kivu mantiene lo stesso numero di seggi del 2006, cioè 32. In cinque province, i seggi sono aumentati: Equateur (quattro seggi in più), Katanga (altri treseggi), Kasai occidentale (due seggi in più), Kasai orientale (due seggi in più), Maniema (due seggi in più ). Altre province, invece, hanno perso qualche seggio rispetto al 2006. Esse sono: Bandundu (due seggi in meno), Bas Congo (un seggio in meno), il Nord Kivu (un seggio in meno), Provincia-Orientale (due seggi in meno), Kinshasa (sette seggi in meno). Questo disegno di legge dovrebbe essere trasmesso, per esame e approvazione, al Parlamento, in vacanza da metà giugno.
Il 2 agosto, alcuni rappresentanti di partiti e coalizioni politiche dell’opposizione, hanno inviato una lettera aperta, datata il 30 luglio, al Capo dello Stato, Joseph Kabila, sulla situazione politica, economica e sociale del Paese. Il minimo che si possa dire è che i membri dell’opposizione firmatari della lettera sono stati molto severi. Essi non riconoscono alcun merito al potere e mettono in discussione la gestione complessiva del paese. Ecco alcuni stralci:
«1. La Costituzione viene costantemente violata dal Presidente della Repubblica e dai membri della sua famiglia politica e questo, senza essere soggetti ad alcuna sanzione. La mancata promulgazione di leggi entro i termini costituzionali, l’organizzazione di incontri inter-istituzionali, la sottomissione del potere giudiziario e la revisione costituzionale di gennaio 2011 in modo particolare, sembrano essere alcuni aspetti che rivelano la volontà di collocarsi al di sopra della Costituzione e delle leggi della Repubblica.
2. Si rammarica la politicizzazione estrema di alcuni servizi ed imprese statali, in cui sono stati nominati dei rappresentanti della maggioranza presidenziale, al fine di favorire la maggioranza politica a scapito dell’opposizione, contro peso fondamentale per il corretto funzionamento della democrazia.
3. L’opposizione si oppone alle nomine che continuano ad essere fatte nel settore dell’amministrazione locale, a scapito della legge elettorale e della legge sui principi fondamentali relativi alla libera amministrazione delle province.
4. È preoccupante l’attivismo dimostrato dagli affiliati al partito presidenziale nello spazio socio politico, sullo sfondo di un esibizionismo che crea un clima di pre campagna elettorale, mentre per l’opposizione è ancora difficile accedere ai mezzi di comunicazione. Ai fini della sicurezza del processo elettorale, l’opposizione, quindi, richiede l’immediata investitura del Consiglio Superiore dei mezzi audiovisivi e della comunicazione, nonché l’istituzione della Corte Costituzionale e delle altre giurisdizioni che devono intervenire in detto processo.
5. Nelle grandi vie e sugli edifici pubblici, sia a Kinshasa che in tutto il Paese, sono stati collocati dei grandi cartelloni pubblicitari con l’effigie del Presidente. È come un’implicita campagna elettorale permanente e, quindi, dovrebbero essere tolti.
6. Per quanto riguarda lo svolgimento del processo elettorale, si nota soprattutto l’assenza di un censimento e dell’identificazione dei cittadini nazionali, la mancanza di un controllo rigoroso delle liste elettorali e la mancanza di accesso alla gestione del server centrale da parte dell’opposizione politica, anch’essa partner nel processo elettorale.
Inoltre, l’insicurezza ancora in atto nei territori dell’Est, dove abbondano ancora i gruppi armati, le palesi irregolarità constatate, comprese le iscrizioni di minori d‘età, di uomini in uniforme (militari e agenti di polizia) e di stranieri, i trasferimenti di elettori da una circoscrizione a quella di un determinato candidato, sono elemento che fanno credere che ci sia una volontà deliberata di organizzare delle elezioni non trasparenti.
7. Circa il rispetto dei diritti umani, il nostro paese continua a distinguersi per un insieme di violazioni, regolarmente denunciate dalle organizzazioni nazionali ed internazionali.
8. L’opposizione politica nota con stupore che nessun progresso significativo è stato registrato nei settori della sanità, dell’istruzione, dell’occupazione, dell’acqua e dell’elettricità.
9. Per quanto riguarda la formazione di un esercito e di un corpo di polizia davvero nazionali e repubblicani, si constata che l’attuale potere non ha saputo costruire un esercito, un corpo di polizia e dei servizi di sicurezza di tipo professionale e repubblicano, capaci di ristabilire la pace, salvaguardare e preservare l’integrità del territorio nazionale. Quali sono, ad esempio, i criteri di selezione per la nomina dei comandanti nell’esercito e nella polizia che fanno sì che nel Nord e Sud Kivu e nella Provincia Orientale, ci sono solo dei comandanti di una stessa tendenza?
Inoltre, è davvero sconcertante il colpevole silenzio del governo dopo la pubblicazione del “Rapporto Mapping” da parte delle Nazioni Unite, sui crimini di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in territorio congolese, in quanto gli autori citati nel rapporto (Bosco Ntanganda, per esempio) di questi crimini non sono ancora stati oggetto di procedimenti giudiziari.
10. Nonostante i proclami sulla “politica di tolleranza zero”, diventata un vuoto slogan, purtroppo si constata che il saccheggio delle risorse naturali, ampiamente denunciato dal “Rapporto del gruppo di esperti delle Nazioni Unite sullo “sfruttamento illegale e saccheggio delle risorse naturali della Repubblica Democratica del Congo”, la corruzione come sistema di governo, l’opacità nella procedura di assegnazione degli appalti, il sistema di malversazioni del denaro pubblico che affligge l’economia nazionale, il riciclaggio di denaro di dubbia provenienza, l’esistenza di un governo parallelo, i mancati incentivi per gli imprenditori, l’impoverimento della popolazione, il furto, la cattiva gestione, il clientelismo e il nepotismo, sono elementi che portano alla regressione del Paese e ne minano lo sviluppo. Tutto ciò mostra chiaramente che l’interesse privato ha preso il sopravvento sull’interesse generale e che il paese non è gestito per il bene comune.
Il 3 agosto, le due Camere del Parlamento hanno deciso di convocare una sessione straordinaria del Parlamento, dal 6 agosto al 4 settembre 2011. Tale sessione si concentrerà soprattutto sul disegno di legge relativo all’allegato alla legge elettorale e sui progetti di legge non ancora trattati.
Il 6 agosto, a Kinshasa si è aperta la sessione straordinaria delle due Camere del Parlamento. Essa dovrà affrontare con priorità il progetto di legge sull’annesso alla legge elettorale. Tale allegato determinerà il numero di seggi per ogni camera (Assemblea Nazionale e Senato) e per ogni provincia e distretto elettorale.
Il 9 agosto, l’Assemblea Nazionale ha approvato il disegno di legge relativo all’allegato alla legge elettorale. Su 326 deputati partecipanti al voto, 315 hanno votato sì, 6 no e 5 astenuti. Alcuni hanno espresso preoccupazione circa l’affidabilità dell’operazione di verifica delle liste elettorali. Nel corso del dibattito, Adolphe Lumanu, vice premier e ministro degli Interni, ha confermato che le operazioni di verifica delle liste elettorali ha permesso di ritirare dalle liste stesse circa 119 000 casi considerati doppioni. Il disegno di legge è trasmesso al Senato per una seconda lettura.
Il 10 agosto, sotto la supervisione del Consiglio Supremo per i mezzi Audiovisivi e della Comunicazione (CSAC), partiti, gruppi politici e responsabili dei mezzi di comunicazione sono stati invitati alla cerimonia per la firma del codice di buona condotta. Solo il PPRD, il Palu e altri partiti politici della maggioranza presidenziale hanno firmato il documento, essendo i rappresentanti dell’opposizione assenti.
Il 12 agosto, nonostante “alcune incongruenze” constatate a proposito delle liste elettorali, il Senato ha approvato l’allegato alla legge elettorale. Su 77 senatori presenti, 66 hanno votato a favore e 11 si sono astenuti. Il disegno di legge è trasmesso alla commissione paritaria mista formata dalle commissioni PAJ dell’Assemblea Nazionale e del Senato, per armonizzazione del testo finale.
Il 15 agosto, deputati e senatori si sono riuniti in commissione congiunta a Kinshasa, per accordarsi sul titolo del progetto di allegato alla legge elettorale. L’Assemblea Nazionale ha approvato il disegno di legge con il titolo di “legge allegata alla legge elettorale”. In seconda lettura, i senatori l’hanno intitolato “legge sulla distribuzione dei seggi secondo le circoscrizioni elettorali”. La questione della forma divide i membri della camera bassa da quelli della camera alta. Per i senatori, non è normale che una legge sia un allegato di un’altra legge. Alcuni deputati invece la pensano diversamente. Secondo i deputati, si dovrebbe mantenere il titolo di allegato.
Il 16 agosto, la plenaria dell’Assemblea Nazionale dei Deputati ha approvato il testo armonizzato del disegno di legge per la distribuzione dei seggi secondo le circoscrizioni elettorali per le elezioni parlamentari e provinciali. Su 417 deputati presenti, 399 hanno votato sì, 13 hanno votato No e cinque si sono astenuti.
Il 16 agosto, l’Associazione africana per la difesa dei diritti dell’uomo (Asadho) ha ribadito l’idea della necessità di coinvolgere altre entità politiche e sociali nel controllo definitivo delle liste elettorali. L’obiettivo: assicurare la trasparenza e la credibilità del processo elettorale. L’ha sottolineato Jean-Claude Katende, presidente della ONG, durante una conferenza stampa a Kinshasa. Asadho afferma la trasparenza è una necessità per evitare qualsiasi contestazione dei risultati alle prossime elezioni. In un rapporto intitolato «Un processo elettorale trasparente» e pubblicato a Kinshasa, l’Asadho elenca alcune irregolarità relative all’operazione di revisione delle liste elettorali. Jean-Claude Katende cita dei casi di «iscrizioni di minori, iscrizioni plurime, riduzione dei centri di iscrizione, trasferimento di elettori da una circoscrizione ad un’altra, corruzione degli agenti di polizia nazionale addetti alla sicurezza dei centri iscrizione, corruzione di alcuni operatori della CENI, il non pagamento di agenti della CENI, l’assenza di testimoni o di osservatori dei partiti politici in molti centri di iscrizione, la non pubblicazione, presso i vari centri di iscrizione e entro le 24 ore, delle liste degli iscritti». Per Asadho, se le liste elettorali non vengono sottoposte a revisione pubblica, è molto probabile che il processo elettorale sbocchi nella non accettazione dei risultati delle urne. «Se ci sarà una contestazione dei risultati, essa sarà accompagnata da disordini. Per questo, dobbiamo fare tutto il possibile, affinché le elezioni siano pacifiche e i risultati siano accettati da tutti», ha concluso il Presidente dell’Asadho.
Il 17 agosto, il Senato ha approvato la legislazione sulle circoscrizioni elettorali e l’attribuzione dei seggi elettorali per le elezioni parlamentari e provinciali. Su 79 senatori in sala, 72 hanno votato sì, uno ha votato no, sei si sono astenuti.
Ecco la tabella relativa alla distribuzione dei seggi secondo le varie province:
PROVINCE | Elettori iscritti | Seggi disponbili | Seggi perduti o ricuperati |
Kinshasa | 3.287.745 | 51 | – 7 |
Bas-Congo | 1.502.939 | 23 | – 1 |
Bandundu | 3.533.322 | 55 | – 2 |
Équateur | 3.960.643 | 62 | + 4 |
Kasaï Occ. | 2.661.245 | 42 | + 2 |
Kasaï Or. | 2.643.905 | 41 | + 2 |
Pr. Orientale | 3.886.524 | 61 | – 2 |
Nord Kivu | 3.003.246 | 47 | – 1 |
Sud Kivu | 2.022.960 | 32 | 0 |
Maniema | 874.809 | 14 | + 2 |
Katanga | 4.627.302 | 72 | + 3 |
Totale | 32.024.640 | 500 |
Il 17 agosto, il Presidente della Repubblica, Joseph Kabila ha promulgato la legge sulla ripartizione dei seggi per circoscrizioni in vista delle elezioni nazionali e provinciali. Secondo questa legge, i futuri deputati nazionali daranno eletti da 169 collegi elettorali dislocati su tutto il territorio nazionale.
Il 18 agosto, il presidente della Ceni, Daniel Ngoy Mulunda ha annunciato l’inizio del periodo dedicato all’iscrizione delle candidature per le elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre 2011. Il periodo per la presentazione e la verifica dei documenti richiesti ai candidati alla presidenza e alla Camera dei deputati nazionali va dal 18 agosto al 15 settembre 2011, data della pubblicazione della lista provvisoria dai candidati da parte della Ceni. Solo la sede nazionale della commissione elettorale nazionale indipendente (CENI) a Kinshasa, è abilitata a ricevere e verificare le richieste di candidatura alla presidenza della Repubblica. «Per i deputati nazionali, le candidature possono essere presentate presso i 170 uffici aperti dalla Ceni in tutto il paese», ha dichiarato Ngoy Mulunda che, tra l’altro, ha respinto le accuse secondo cui dalle liste elettorali sarebbero scomparsi i nominativi di 1 milione circa di elettori registrati. Sul server, cui l’opposizione ha chiesto l’accesso, il presidente NGOY Mulunda è stato categorico: «Abbiamo chiesto all’opposizione, a condizione che la maggioranza accetti, di inviare due tecnici alla Ceni, affinché i nostri tecnici spieghino loro come la cosa funziona». Ha poi precisato: «Per metter fine a tutte le voci che corrono a Kinshasa e all’interno del paese, noi accettiamo che la maggioranza e l’opposizione mandino i loro esperti per accedere al server delle liste elettorali» aggiungendo, tuttavia, che «la gestione del processo elettorale spetta solo alla Commissione elettorale nazionale indipendente».
Inoltre, Ngoy Mulunda ha ricordato le seguenti date importanti:
A. Il 27 Settembre 2011: Pubblicazione della lista definitiva dei candidati da parte della CENI.
B. Dal 18 settembre al 25 novembre 2011: ordinazione, stampa e distribuzione delle schede elettorali per le elezioni presidenziali e legislative nazionali.
C. Dal 28 ottobre al 26 novembre 2011: campagna elettorale per le elezioni presidenziali e legislative nazionali.
D. Il 28 novembre 2011: giorno delle elezioni presidenziali e legislative nazionali.
E. Il 6 dicembre 2011: annuncio dei risultati provvisori delle elezioni presidenziali da parte della CENI.
F. Dal 7 al 16 dicembre 2011: esame dei ricorsi e contenziosi dei risultati delle elezioni presidenziali da parte della Corte Suprema.
G. Il 17 dicembre 2011: annuncio dei risultati finali da parte della Corte Suprema.
H. Il 20 dicembre 2011: giuramento del presidente eletto.
GIUSTIZIA
Il Ministro della Giustizia e i diritti umani, Emmanuel Luzolo Bambi ha presentato in Parlamento un disegno di legge sulla creazione di “Tribunali Speciali”, per esaminare tutti i casi relativi ai crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi dal 1990. Oltre ai magistrati nazionali, il progetto di legge prevede anche il coinvolgimento di magistrati stranieri che, con la loro competenza e integrità morale, potranno rafforzare le capacità di questi tribunali specializzati. Il governo vuole così rispondere alle preoccupazioni espresse nel Rapporto Mapping che, pubblicato dalle Nazioni Unite l’anno scorso, denuncia gli abusi commessi sulla popolazione, i crimini di guerra e i crimini l’umanità commessi dalle forze negative, le violenze sessuali di cui si sono resi colpevoli i gruppi armati e gli eserciti regolari di alcuni paesi della regione e il saccheggio delle risorse minerarie della RDCongo. Il disegno di legge è ora esaminato in Parlamento. Si tratta di un documento molto atteso da tutto il popolo congolese e dalle organizzazioni internazionali, in particolare dalle associazioni per la protezione e difesa dei diritti umani. Ma il dibattito parlamentare si preannuncia assai burrascoso, tanto le opinioni sono divise.
In effetti, alcuni parlamentari esprimono dubbi, sostenendo che la creazione di “tribunali speciali” è inopportuna. Molti sono i senatori che, nei loro interventi, hanno affermato che non c’è alcuna urgenza per la creazione di tale istanza specializzata dei diritti umani. Secondo il loro parere, si dovrebbe piuttosto riabilitare i tribunali già esistenti, dotare il Paese di tribunali di pace dove non esistano o non funzionino più e migliorare le condizioni di lavoro dei magistrati, invece di aggiungere una corte in più. Essi stimano, inoltre, che le corti d’appello sparse in tutto il paese possono processare gli autori delle violazioni dei diritti umani, senza ricorrere a magistrati stranieri, come previsto dal progetto di legge per la creazione dei tribunali specializzati. Altri, invece, sono favorevoli a questa iniziativa, perché i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, soprattutto le gravi violazioni dei diritti umani, le violenze sessuali favorite dal saccheggio dei minerali non possono rimanere impuniti. In realtà, tale progetto di legge dovrebbe essere sostenuto, perché è una manifestazione della volontà politica da parte delle istituzioni nazionali per combattere l’impunità e per aprire la strada che potrebbe condurre al rafforzamento di una giustizia congolese responsabile, intesa come pietra miliare essenziale per uno Stato di diritto.
I tribunali specializzati potranno essere un primo significativo verso la creazione di un “Tribunale Penale Internazionale per la Repubblica Democratica del Congo”, tanto invocato per giudicare i crimini di guerra e contro l’umanità, per non parlare dei reati economici. Ma, come ha recentemente detto Herman Cohen, ex vice segretario di stato Usa per gli affari africani, “sono alcuni stati stranieri che, per proteggere i loro interessi economici e i loro agenti esecutori, si oppongono alla creazione di tale “Tribunale Penale Internazionale”. Ma se la RDC esprimesse chiaramente e con forza la sua volontà politica di giudicare tutti i criminali di guerra mediante processi simili a quelli di “Norimberga e Vichy”, la memoria di milioni di vittime congolesi sarebbe onorata e il suo appello accolto dalla stessa comunità internazionale.
La stessa cosa vale anche per la proposta di rivedere la strategia dell’operazione “Tolleranza Zero”, creando una “Brigata Scorpione” per la lotta contro la corruzione. La Brigata Scorpione, è già esistita in Sud Africa, accanto alla Commissione di Verità e Riconciliazione. La sua missione era quella di registrare le denunce e di aprire inchieste su tutte le questioni relative alla corruzione, all’arricchimento illecito, all’appropriazione indebita di fondi pubblici.
Era una brigata indipendente, ma che lavorava in stretto contatto con la giustizia del Sud Africa. Il suo lavoro contro gli autori di crimini economici, senza distinzioni, aveva contribuito a ripulire gli ambienti sensibili del Sud Africa, senza risparmiare gli intoccabili. Ispirarsi all’esempio sudafricano e migliorarlo ulteriormente sarebbe una cosa molto buona per la società congolese, in cui il vizio è diventato una virtù e viceversa. Non passa più un solo mese senza denunce di malversazioni di denaro, appropriazioni indebite di beni dello Stato, sparizioni di salari dei dipendenti pubblici, degli insegnanti e dei militari. Purtroppo, tutto si ferma alla denuncia dei fatti e il caso è archiviato.
Il 22 agosto, i Senatori hanno respinto il disegno di legge del governo sulla creazione di un tribunale speciale per i crimini di genocidio e le violazioni dei diritti umani. Il Senato ha approvato all’unanimità, ad eccezione di una sola astensione, la relazione della Commissione PAJ (politica, amministrativa e legale), proponendo il rinvio del progetto di legge sull’organizzazione, creazione e funzionamento della Corte speciale responsabili della repressione dei crimini di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La commissione del Senato PAJ ha stimato che, secondo il suo rapporto, l’articolo 92 del disegno di legge sull’organizzazione, funzionamento e competenze dei tribunali della magistratura, assegna già alla Corte di Appello la competenza dei crimini internazionali punibili dalla Corte Penale Internazionale (CPI).
La Commmissione sottolinea inoltre che la creazione di un tribunale specializzato con le stesse competenze comporterebbe una duplicazione di giurisdizioni, con il rischio di litispendenza. La commissione dichiara che l’integrazione di magistrati stranieri in seno a questa giurisdizione nazionale, con il pretesto di garantire l’efficacia e l’indipendenza della giustizia, sembra essere una confessione di fallimento da parte del governo, che dovrebbe le capacità dei magistrati congolesi. Questo sarebbe un insulto ai magistrati stessi. La Commissione sottolinea inoltre che l’adozione di uno statuto speciale per i magistrati di questa Corte potrebbe creare una discriminazione tra loro e i magistrati di altri tribunali. Dopo il rifiuto della proposta di legge, i senatori hanno votato tutti per la creazione di una Corte Penale Internazionale per la RDCongo.
KIVU
Il 9 agosto, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha pubblicato un bilancio delle operazioni di rimpatrio dei rifugiati ruandesi e burundesi dall’inizio del 2011. Sono stati rimpatriati nei loro paesi di origine oltre 7.500 rifugiati che erano stati accolti nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo: 4720 ruandesi e 2998 burundesi. Dei 4720 rifugiati ruandesi, 3203 sono rientrati a partire da Goma e 1517 da Bukavu, capoluoghi delle province del nord e sud Kivu, al confine con il Ruanda.
Il 12 agosto, di notte, uomini armati hanno attaccato il villaggio di Lukayu, raggruppamento di Katana, in territorio di Kabare (Sud Kivu). Risultato: due morti e vari beni saccheggiati (mucche, capre e denaro). Dieci persone sono state prese in ostaggio, ma sono stati rilasciate qualche ora più tardi. L’attacco è avvenuto tre giorni dopo un attacco perpetrato in precedenza al vicino villaggio di Chibimbi. Durante quel attacco, sono state saccheggiate centinaia di case. Il 14 agosto, il capo della collettività di Kabare, durante una conferenza stampa, ha affermato che «i ricorrenti attacchi armati constatati da qualche tempo nel raggruppamento di Katana, in territorio di Kabare, sono opera di militari disertori delle FARDC, originari della zona e non delle milizie delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR)». Mwami Désiré Rugemaninzi ha assicurato che le autorità militari sono a conoscenza di ogni informazione che possa consentire loro di smantellare la rete di quei militari disertori. Egli fa notare che: «Le piste di investigazione suggeriscono che gli autori di tali attacchi sono alcuni militari che, integrati nell’esercito regolare, hanno rifiutato di essere irreggimentati e hanno disertato». Come tali militari hanno vissuto per lungo tempo in quelle zone, conoscono bene quasi tutti i sentieri che conducono ai vari villaggi, ha precisato il capo collettività.
Secondo il sito di Beni Lubero Online, la popolazione della città martire di Kiwanja, in territorio di Rutshuru (Privincia del Nord Kivu), ha deciso di scendere in piazza per esprimere la propria rabbia e protestare contro le uccisioni di civili e gli atti di rapina a mano armata perpetrati dai militari e dagli agenti di polizia congolesi. La popolazione non crede più alla menzogna, secondo la quale le atrocità commesse sarebbero opera delle FDLR, ecc. Sulla base delle uniformi militari indossate dagli autori degli attacchi, i testimoni oculari identificano gli autori delle uccisioni come militari dell’esercito nazionale o membri della polizia congolese. Ma le fonti ufficiali e la radio delle Nazioni Unite continuano ad identificare gli assassini alle FDLR, i Maï-Maï o a briganti, ecc. Si nota, quindi, una discrepanza tra le testimonianze dei testimoni oculari e le dichiarazioni ufficiali dei poteri pubblici. La verità a lungo nascosta è venuta alla luce, quando la gente ha scoperto che l’esercito congolese e la polizia non fanno nulla per proteggere i civili, quando sono chiamati in caso di pericolo e che gli assassini non sono altro che gli stessi militari congolesi e gli stessi agenti della polizia nazionale. Sembra quindi che il ricorso alla menzogna sulla presenza dei gruppi armati nel Nord Kivu e altrove, sia il cavallo di Troia per l’occupazione ruandese dell’Est della RDCongo. Ci sarà sempre un FDLR o un ADF-NALU fino a quando l’occupazione non sarà diventata una realtà definitiva. Kinshasa è pronta a reprimere qualsiasi movimento ribelle nel Bandundu, Bas-Congo, Equateur, ma non fa nulla contro le FDLR, ADF-NALU, LRA, attivi nel Kivu e Provincia Orientale.
La verità è che questi gruppi armati, che rendono ingovernabile la parte orientale della RDCongo, serviranno a tempo debito, come pretesto per chiedere l’autonomia della regione. Secondo la popolazione, il nemico della popolazione congolese dell’est è l’esercito congolese stesso, composto principalmente da militari del CNDP. Infine, un’altra minaccia proviene dalle operazioni militari congiunte condotte dalle forze armate RDCongo-Ruanda-Uganda-MONUSCO, che non sono in grado, o non vogliono, neutralizzare i gruppi armati, sia nazionali che esteri, ancora attivi.
Secondo vari osservatori, i gruppi armati ruandesi e ugandesi (FDLR, ADF, LRA) uccidono i Congolesi per accaparrarsi la parte Est della RDCongo. Quindi tutti i falsi allarmi di guerra imminente tra il Ruanda e il ribelle Nyamwasa, le FARDC e l’ADF/NALU (Uganda), le FARDC contro le FDLR (Ruanda), le FARDC/MONUSCO contro la LRA (Uganda), ecc. sono altrettanti esempi di operazioni militari condotte contro le popolazioni congolesi, per sterminarle e costringere i sopravvissuti ad abbandonare la regione che ospiterebbe, in seguito, popolazioni ruandofone provenienti dal Ruanda, Uganda, Burundi e Tanzania. Quello che si sa è che le operazioni Ruwenzori, iniziate nel giugno 2010, contro i cosiddetti ribelli ugandesi dell’ADF-NALU sono coincise con il dispiegamento, in quella regione, dei militari del CNDP. La sofferenza del popolo per opera dei cosiddetti ribelli ADF-NALU è servita come pretesto per fare accettare l’invio dei militari del CNDP nel Territorio di Beni.
Secondoo gli osservatori, appare chiaro che i cosiddetti ribelli ADF-NALU sono un ramo armato dell’esercito del CNDP integrato nelle FARDC, la cui missione è quella di reprimere le popolazioni congolesi, fino a costringerle con la forza a fuggire, costringerle ad andare in esilio e ad lasciare la regione agli invasori ruandesi. Questa lettura della situazione è molto diffusa tra la popolazione congolese, a tal punto che parlare di un attacco contro dei ribelli ADF-NALU contro le FARDC significa parlare di un attacco della coalizione ADF-NALU/CNDP/FARDC contro i civili congolesi, ma anche contro la polizia e i militari di origine congolese.
Dal mese di aprile 2011, la popolazione congolese delle grandi agglomerazioni di Eringeti e dintorni ha assistito a un aumento di insicurezza in termini di saccheggio notturni, stupri di donne e molestie di ogni genere da parte dei militari del CNDP. Come le popolazioni civili congolesi, vittime della crescente insicurezza nella regione sono anche vari poliziotti e militari di origine congolese che prestano il loro servizio sotto il comando di ufficiali provenienti dal CNDP.
A partire dal luglio 2011, il medico direttore dell’ospedale di Oïcha è stato sequestrato da rapitori in uniforme militare dell’esercito congolese (esercito del CNDP) per assistere nella foresta i cosiddetti ribelli ugandese dell’ADF/NALU. Tale sequestro è un perfetto esempio di collaborazione tra l’esercito del CNDP con i cosiddetti ribelli dell’ADF/NALU. In città sono militari delle FARDC e in foresta sono ribelli dell’ADF/NALU. Ma sempre con la stessa missione: molestare la popolazione congolese fino a sottometterla. Fonti non confermate riportano che il medico sequestrato sta assistendo i ritornati dal Ruanda che non possono ancora essere ricoverati insieme ai Congolesi.
In effetti, da gennaio 2011, nelle località di Eringeti e dintorni sono arrivati migliaia di “ritornati” dal Ruanda che affermano di essere originari di Masisi, Goma e Rutshuru, ecc. Le terre sotto il controllo dei cosiddetti ribelli ugandesi dell’ADF/NALU e abbandonate dagli agricoltori congolesi sono proprio quelle in cui si stanno stabilendo ora i “ritornati” dal Ruanda. Secondo le dichiarazioni di alcuni “ritornati” dal Ruanda, essi non sono partiti dal Ruanda di loro spontanea volontà, ma costretti dal regime di Kigali. A sud di Lubero, gli Interahamwe ruandesi che la MONUC aveva rimpatriato in passato, sono ora arrivati come “ritornati”dal Ruanda. Si sono addirittura iscritti nelle liste elettorali come cittadini congolesi per partecipare alle prossime elezioni in RDCongo.
A Eringeti, le popolazioni congolesi temono il peggio. Secondo loro, la presenza dei militari ruandofoni e quella dei “ritornati” dal Ruanda, che occupano i campi abbandonati dagli sfollati congolesi in seguito agli attacchi dei cosiddetti ribelli ugandesi dell’ADF/NALU, sono un segno evidente dell’inizio di un’ufficializzazione dell’occupazione ruandese di Eringeti.
Mentre i congolesi sono uccisi, violentati e saccheggiati di tutti i loro beni, il governo congolese, la MONUSCO e gli umanitari internazionali organizzano seminari sull’accoglienza di questi “ritornati dal Ruanda” in un paese detto di “post -conflitto”.
Per questo trio (governo – Monusco – organizzazioni umanitarie internazionali), il conflitto congolese è terminato dal giorno in cui il CNDP ha preso possesso della regione che ambiva.
I massacri dei Congolesi sono diventati delle semplici operazioni di pulizia di una terra conquistata. Mentre le ONG locali congolesi passano il tempo in seminari post-conflitto, i camion delle ONG internazionali trasportano, di notte, i “ritornati dal Ruanda” verso destinazioni, note anche come aree di accoglienza, già designate sulle mappe preparate dall’UNHCR / PNUDP. Eringeti è una di quelle destinazioni. Secondo diverse testimonianze, i “ritornati dal Ruanda” si sono iscritti quasi tutti sulle liste elettorali, mentre i Congolesi dovevano percorrere quasi 50 km a piedi per raggiungere un centro di iscrizione. Nelle zone più ostili ai “ritornati”, i camion delle ONG internazionali hanno assicurato il trasporto dei “ritornati” verso i centri di iscrizione situati nelle grandi città e, talvolta, per una distanza di oltre 250 km, com’è il caso dei “ritornati” di Luofu, partiti per iscriversi a Goma. In questo modo, il controllo delle liste elettorali effettuato a Kinshasa è una beffa di cattivo gusto da parte della Ceni. I partiti politici avrebbero dovuto chiedere che le liste elettorali fossero esposte in ogni centro di iscrizione degli elettori, prima di inviarle a Kinshasa. Il controllo definitivo delle liste elettorali doveva essere fatto, dalla Ceni, a livello locale, con la partecipazione dei rappresentanti dei partiti politici, capi tradizionali, società civile e confessioni religiose.
Il commercio dei minerali di sangue.
Il 18 luglio, la polizia ha sequestrato diciannove colli contenenti 50 chili di cassiterite, a Goma, nei pressi della Grande Barriera, alla frontiera congolo-ruandese. Secondo alcune fonti doganali, il carico di cassiterite, intercettato a bordo di un camion immatricolato in RDCongo, stava per essere trasportato illegalmente in Ruanda. La polizia ha arrestato il conducente del veicolo. I minerali e il veicolo sono stati sequestrati e consegnati alla Direzione generale delle dogane (DGDA). Il proprietario della merce, un commerciante del luogo, non è stato ancora trovato.
Il 28 luglio, verso le 4.00 del mattino, nel quartiere Ndosho, a Goma (Nord Kivu), la polizia delle miniere ha sequestrato oltre 10 tonnellate di cassiterite. I minerali provenivano dal Sud Kivu a bordo di un camion scortato da militari delle FARDC. Sono stati consegnati presso un centro di esportazione della città.
Il 21 agosto, un autista della MONUSCO, Julien Mukala, è stato intercettato, mentre cercava di attraversare la frontiera tra Congo e Ruanda, portando a bordo del suo veicolo quasi 1.500 kg di cassiterite. Julien Mukala è stato colto in flagrante, mentre tentava di esportare illegalmente dei minerali dalla RDCongo in Ruanda. Il raid è avvenuto al confine, tra le città di Goma e Gisenyi. Questo caso scredita ancor più la missione delle Nazioni Unite.
Herman Cohen: “Al Dipartimento di Stato Americano, il Kivu è parte del Ruanda”.
Intervistato da Luakabwanga, nel corso del programma “Codice 243”, Herman Cohen, ex Sotto-Segretario di Stato Americano per gli Affari africani, ha parlato di Africa e, in particolare, della Repubblica Democratica del Congo. Alla domanda di un giornalista a proposito della creazione di un tribunale penale internazionale per la RDCongo e su come spiegare che gli Stati Uniti non si pronuncino ufficialmente sul genocidio nella RDCongo, quando ci sono ONG che avanzano il numero di 5 milioni di morti nella RDCongo, più che in Ruanda, Herman Cohen ha affermato: «Gli Stati Uniti appoggiano le inchieste condotte dalle ONG private. In tal senso, gli Stati Uniti furono i primi a chiedere un’inchiesta alle Nazioni Unite, inchiesta che fu condotta da Garreton. Il rapporto Garreton accusa il Ruanda di essere responsabile dei morti in RDCongo dopo l’occupazione.
Inizialmente, è stato Laurent-Désiré Kabila che si era opposto a causa della sua relazione con il Ruanda. Quando queste si sono deteriorate, allora ha chiesto alle Nazioni Unite di continuare l’indagine. Per quanto riguarda l’istituzione di un tribunale penale internazionale per la RDCongo, ci sono delle reticenze da parte di alcuni paesi stranieri che, finora, trattano il Ruanda come un “figlio prediletto”. Tuttavia, le cose stanno cambiando, da quando in Ruanda il processo di democratizzazione sta affrontando molti problemi con l’arresto di esponenti politici e di giornalisti. Non è colpa del Congo, ma di alcuni paesi stranieri ancora intestarditi nel voler proteggere il Ruanda».
Ma si parla sempre più dell’annessione del Kivu al Ruanda, ha insistito il giornalista. Washington ha deciso di mandare un inviato speciale nella regione e personalmente, Herman Cohen ha inviato una nota su questo punto al presidente Barack Obama, sottolinea il giornalista.
L’ex sotto-segretario di stato americano ha risposto: «Nella mia lettera al presidente Obama, ho suggerito di legalizzare il commercio dei minerali del Kivu, già sfruttati da commercianti ruandesi. Il Ruanda ha invaso il Kivu nel 1998. Per sei anni ha creato delle reti per lo sfruttamento dei minerali, soprattutto il coltan, che genera miliardi di dollari. Penso che ognuno vi troverà un suo vantaggio, anche la RDCongo che riscuoterà le tasse. Ho suggerito che il commercio dei minerali sia legalizzato. Ma mi sono scontrato con la forte opposizione dei Congolesi che evocano la questione della sovranità nazionale. Sovranità? Al Dipartimento di Stato americano, il Kivu fa parte del Ruanda».
Legalizzazione del commercio dei minerali, dunque legalizzazione anche della balcanizzazione? «No. L’Unione Africana non accetterà una qualsiasi secessione. Se le cose sono cambiate per l’Etiopia e l’Eritrea, è perché l’Etiopia era d’accordo. La stessa cosa per il Sud Sudan, con il consenso di Khartoum. La balcanizzazione della RDCongo non può essere fatta senza l’accordo di Kinshasa. Nessuno e nessun Stato può sostituire la Repubblica Democratica del Congo. Sarebbe una cosa molto brutta», ha concluso Herman Cohen.
Come previsto, le dichiarazioni di Herman Cohen hanno suscitato forti reazioni da parte dei Congolesi, sia in RDCongo che all’estero. Herman Cohen stesso ha reagito per spiegare: «Credo che le mie osservazioni sul Nord e Sud Kivu, riprese nel vostro articolo del 12/08/2011, siano state fraintese. Naturalmente, le province orientali del Congo si trovano giuridicamente nel paese sovrano della Repubblica democratica del Congo. Nessuno può dire il contrario, e deve essere sempre così. Quello che volevo dire è che ci sono molte influenze di paesi esterni all’Est, nei due Kivu, e che queste influenze sono più negative che positive. Basta vedere i settori dell’economia e della sicurezza per averne le prove. È per questo che ho proposto, nel mio articolo di dicembre 2008 nel New York Times, la necessità di istituire un mercato comune tra le province orientali del Congo e Ruanda, Burundi e Uganda, per legalizzare il commercio del settore minerario e l’agricoltura, per guadagnare denaro per l’erario congolese ed eliminare il supporto alle milizie illegali».