ALTO COMMISARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI DELL’UOMO
Repubblica Democratica del Congo, 1993-2003.
RAPPORTO DEL PROGETTO MAPPING SULLE PIÙ GRAVI VIOLAZIONI DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO COMMESSE TRA MARZO 1993 E GIUGNO 2003 SUL TERRITORIO DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO.
Agosto 2010.
SOMMARIO:
SEZIONE I – CAPITOLO II:
LUGLIO 1996 – LUGLIO 1998: PRIMA GUERRA E REGIME DELL’AFDL
B. ATTACCHI CONTRO I RIFUGIATI HUTU
4. Provincia Orientale
– Attacchi contro i rifugiati sulla strada Lubutu-Kisangani
– Rifugiati uccisi o scomparsi a Kisangani e dintorni
– Attacchi contro i rifugiati lungo la linea ferroviaria Ubundu-Kisangani
– Attacchi contro i rifugiati lungo la strada Kisangani-Opala
5. Equateur
B. ATTACCHI CONTRO I RIFUGIATI HUTU
4. Provincia Orientale
240. Eccetto il gruppo di militari dell’ex esercito ruandese (ex Far) che ha attraversato rapidamente la regione tra la fine del 1996 e l’inizio del 1997, l’immensa maggioranza dei rifugiati ruandesi non è arrivata nella Provincia Orientale che nel marzo 1997. Mentre tentavano di raggiungere Kisangani accompagnati da un numero estremamente ridotto di militari ex-FAR/Interahamwe, via Lubutu-Kisangani, sulla riva destra del fiume Luluaba (o fiume Congo), sono stati respinti dai militari congolesi (FAZ) verso Ubundu, a 100 chilometri al sud di Kisangani, sulla riva sinistra del fiume Luluaba.
241. Dal 6 marzo 1997, decine di migliaia di rifugiati si sono installati a Njale, nel territorio di Ubundu, sulla riva destra del fiume Zaire, di fronte al villaggio di Ubundu. I combattimenti tra le truppe dell’AFDL/APR e quelle degli ex-FAR/Interahamwe, nelle vicinanze di Njale, hanno suscitato il panico tra i rifugiati e molto tra loro hanno tentato di attraversare il fiume, malgrado le difficili condizioni meteorologiche. Parecchie centinaia di rifugiati sarebbero morti annegati durante la traversata.
Attacchi contro i rifugiati sulla strada Lubutu-Kisangani
242. Avanzando più rapidamente degli altri, un piccolo gruppo di circa 1 000 rifugiati e militari ex-FAR/Interahamwe ha potuto passare prima della chiusura della strada Lubutu-Kisangani. Il 12 marzo 1997, sono arrivati a Wania Rukula, villaggio situato a 64 chilometri da Kisangani. Si sono installati in due campi temporanei situati tra le località di Luboya e Maiko, sulla riva destra del fiume Luluaba. Lo stesso giorno, dei militari delle FAZ e della Divisione Speciale Presidenziale (DSP) sono entrati nei campi e hanno distribuito delle armi agli ex-FAR/Interahamwe, in previsione di un attacco dell’AFDL/APR. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 14 marzo 1997, verso le ore 20,00, dopo la disfatta della coalizione FAZ/ex-FAR/Interahamwe, dei militari dell’AFDL/APR hanno ucciso almeno 470 rifugiati alloggiati nei due campi situati vicino a Wanie Rukula, nel territorio di Ubundu. La maggior parte dei corpi delle vittime sono stati gettati nel fiume Luboya, altri sono stati sepolti in tre fosse comuni.
Rifugiati uccisi o scomparsi a Kisangani e dintorni
243. Dopo la presa di Kisangani, il 15 marzo 1997, i militari dell’AFDL/APR hanno organizzato delle operazioni di rastrellamento nella città di Kisangani e dintorni, alla ricerca dei rifugiati. Le nuove autorità dell’AFDL hanno ordinato ai responsabili locali di raggruppare tutti i rifugiati presenti nella regione. Ogni volta che venivano segnalati dei gruppi di rifugiati , dei militari dell’AFDL/APR si recavano sui luoghi di raggruppamento e conducevano i rifugiati verso una destinazione sconosciuta.
In questo contesto, il gruppo Mapping ha documentato i seguenti incidenti:
– Il 15 marzo 1997 circa, militari dell’AFDL/APR hanno fatto sparire una trentina di rifugiati detenuti nella prigione centrale di Kisangani. Una volta entrati nella prigione abbandonata dai servizi di sicurezza zaïresi, hanno separato i prigionieri secondo la loro etnia. I Tutsi sono stati liberati e rimpatriati in Ruanda. Anche una ventina di donne e bambini hutu sono stati portati fuori della prigione per rimpatriarli in Ruanda, ma non si è ancora potuto confermare il loro ritorno in patria. Gli altri Hutu sono stati portati all’esterno della prigione, ma la loro destinazione resta tuttora sconosciuta.
– Fine aprile 1997, sulla strada Kisangani-Lubutu, dei militari dell’AFDL/APR hanno arrestato un gruppo di 11 rifugiati che non sono mai stati rivisti.
Attacchi contro i rifugiati lungo la linea ferroviaria Ubundu-Kisangani
244. Dopo avere attraversato il fiume Luluaba nei pressi del villaggio di Ubundu, i rifugiati hanno, per la maggior parte, proseguito la strada e si sono installati, verso il 14 marzo 1997, in un campo improvvisato chiamato “Campo della Pace”, situato nel villaggio di Obilo, a 82 chilometri da Kisangani. Il 15 marzo, le truppe dell’AFDL/APR/UPDF hanno preso Kisangani e i rifugiati, nella loro maggioranza, hanno deciso di continuare la strada, eccetto alcune centinaia che sono rimasti ad Obilo. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 26 marzo 1997 all’alba, nel campo di Obilo, nel territorio di Ubundu, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso almeno 80 rifugiati, fra cui donne e bambini. Alcuni giorni prima, dei militari dell’AFDL/APR provenienti da Kisangani si erano recati ad Obilo e avevano dato ordine alle autorità locali di condurre nel Campo della Pace tutti i rifugiati presenti nel villaggio, ufficialmente affinché potessero ricevere un aiuto umanitario. Il 26 marzo, gli abitanti del posto hanno sentito degli spari durante 45 minuti circa. L’indomani sono entrati nel campo dove hanno trovato molti bossoli sparsi al suolo e i cadaveri delle vittime. Lasciando Obilo, i militari hanno dichiarato alla popolazione che i rifugiati erano persone malefiche e che non dovevano, in nessun caso, aiutare i superstiti. La Croce Rossa e gli abitanti del posto hanno sepolto i cadaveri in quattro fosse comuni. Due di esse si trovano vicino al mercato, una vicino alla chiesa dei Testimoni di Geova e un’altra presso la riva del fiume Obilo.
245. I rifugiatii che avevano lasciato Obilo prima dell’attacco si sono divisi in due direzioni. Un primo gruppo, in cui c’erano degli elementi degli ex-FAR/Interahamwe, è partito in direzione della provincia dell’Equateur passando per la foresta a livello del punto chilometrico 52 e per il territorio di Opala. Un secondo gruppo, composto principalmente di rifugiati, ha continuato ad avanzare in direzione di Kisangani, nella speranza di avere accesso all’aiuto umanitario o di essere, addirittura, rimpatriati. Varie decine di migliaia di persone si sono installate nel villaggio di Lula, a 7 chilometri da Kisangani, sulla riva sinistra del fiume. Tuttavia, il 31 marzo 1997 sono arrivati i militari dell’AFDL/APR e li hanno obbligati a ritornare indietro in direzione di Ubundu. I rifugiati hanno allora allestito dei campi provvisori lungo la linea ferroviaria che collega Kisangani e Ubundu su una distanza di 125 chilometri. Verso metà aprile, almeno 50 000 rifugiati si erano così installati nei campi di Kasese I e II, situati presso la località di Kisesa, a 25 chilometri da Kisangani. Atri 30 000 rifugiati si trovavano in un secondo campo provvisorio nei pressi di Biaro, a 41 chilometri da Kisangani. Il personale umanitario si è mobilitato per venire in aiuto ai rifugiati di questi campi. Tenuto conto dell’ampiezza dei bisogni e delle difficoltà di accesso ai campi, solo una piccola parte della popolazione rifugiata ha potuto beneficiare di un aiuto umanitario. Il personale umanitario ha dovuto, peraltro, far fronte all’ostilità dei responsabili dell’AFDL/APR presenti sul territorio.
In questo contesto, il gruppo Mapping ha documentato i seguenti incidenti:
– In aprile 1997, mentre tra 60 e 120 rifugiati morivano ogni giorno di malattia o di sfinimento, i militari dell’AFDL/APR hanno, a più riprese, vietato l’accesso dei campi agli organismi e ONG umanitarie e ostacolato il rimpatrio dei rifugiati verso il Ruanda. Malgrado che i responsabili dell’AFDL avessero dato ufficialmente il loro consenso al HCR, il 16 aprile 1997, per rimpatriare via aerea le migliaia di rifugiati che si trovano nella regione di Kisangani, il Governo ruandese contestò questa opzione e insistette affinché i rifugiati fossero rimpatriati via terra. Tuttavia, le operazioni di rimpatrio via terrestre sono state tramandate a più riprese con diversi pretesti. Il rimpatrio di 80 bambini del campo di Biaro, previsto per il 18 aprile, è stato così annullato dai responsabile dell’AFDL/APR con un controverso motivo di casi di colera segnalati nel vicino campo di Kasese. In seguito, su istigazione dei militari dell’AFDL/APR, la popolazione locale ha attaccato un convoglio umanitario e un deposito del PAM e il personale umanitario si è visto vietare l’accesso ai campi situati a sud di Kisangani. Una barriera collocata vicino a Lula ha così vietato a tutto il personale umanitario l’entrata a questa zona. Dopo varie trattazioni, il 19 e 20 aprile MSF ha ottenuto un permesso, ma non ha potuto lavorare nei campi che due ore per giorno. Dal 21 aprile, l’accesso ai campi è stato totalmente vietato al personale umanitario.
– Il 21 aprile 1997, degli abitanti di Kisesa, visibilmente incitati dai militari dell’AFDL/APR, hanno attaccato i campi di Kasese I e II, facendo uso di machete e di frecce, uccidendo un numero indeterminato di rifugiati e saccheggiando dei depositi umanitari. Varie fonti hanno indicato che l’attacco era stato condotto in rappresaglia all’uccisione, da parte dei rifugiati, di sei abitanti di Kisesa. Questa versione dei fatti è stata, tuttavia, contestata da varie fonti credibili. Sarebbero stati dei militari dell’AFDL/APR presenti sul posto ad incitare direttamente la popolazione ad attaccare i campi.
246. Numerosi testimoni e diverse fonti hanno indicato che, il 21 aprile 1997, nella zona in cui erano situati i campi dei rifugiati, era arrivato un treno proveniente da Kisangani con a bordo dei militari delle unità speciali dell’APR, dispiegate dal 17 aprile all’aeroporto di Kisangani.
E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 22 aprile 1997, al mattino, dei militari dell’AFDL/APR con degli abitanti del posto hanno ucciso, in presenza di vari alti responsabili dell’APR, almeno 200 rifugiati nei campi di Kasese I e II. I massacri sono durati dalle 7 alle 12. Secondo varie fonti, nei campi ci sarebbero stati anche alcuni militari degli ex-FAR/Interahamwe, ma le vittime erano, per la maggior parte, dei civili. Dopo il massacro, i militari si sono recati nel villaggio di Kisesa e hanno dato ordine agli abitanti di entrare nei campi per raccogliere i corpi che, in un primo tempo, sono stati sepolti in fosse comuni. In seguito, i militari dell’AFDL/APR sono ritornati a Kisesa per esumare i corpi e bruciarli. Il 24 aprile, dei responsabili del HCR e del PAM e alcuni giornalisti hanno potuto entrare nei campi di Kasese I e II, sotto scorta militare dell’AFDL/APR. Ma tutti i rifugiati, compresi i malati e i bambini, erano spariti.
247. Immediatamente dopo i massacri di Kasese, i militari dell’AFDL/APR hanno attaccato il campo di Biaro, a 41 chilometri da Kisangani. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 22 aprile 1997, militari dell’AFDL/APR hanno aperto il fuoco, in modo indiscriminato, sul campo dei rifugiati di Biaro, uccidendo circa 100 persone, fra cui donne e bambini. I militari hanno poi attaccato i rifugiati che erano riusciti a fuggire nella foresta e ne hanno ucciso un numero indeterminato.
248. Il 28 aprile 1997, l’ONG MSF è stata autorizzata a visitare i campi di Kasese e Biaro, ma tutti i loro occupanti erano spariti. Secondo MSF, prima degli attacchi, questi campi ospitavano almeno
5.000 persone in uno stato di sfinimento estremo.
249. Il 22 aprile 1997, quando erano in corso gli attacchi ai campi di Biaro e Kasese, militari dell’AFDL/APR e abitanti della zona hanno fermato dei rifugiati che tentavano di fuggire e li hanno costretti ad andare in direzione di Ubundu centro. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 22 aprile 1997, a livello del punto chilometrico 52, i militari dell’AFDL/APR hanno ordinato ai rifugiati di fermarsi e di sedersi, poi hanno aperto il fuoco su di loro, uccidendo un numero indeterminato di persone, tra cui un gran numero di donne e bambini. I cadaveri sono stati ammucchiati sul ciglio della strada, poi sepolti o bruciati.
250. Nel maggio 1997, proprio quando il HCR e il personale umanitario stavano organizzando il rimpatrio di alcuni rifugiati che si trovavano tra il punto chilometrico 41 e Kisangani, i massacri sono proseguiti nella zona a sud del campo di Biaro. Questa zona è restata interdetta al personale umanitario, ai giornalisti e ai diplomatici almeno fino al 19 maggio. Il 14 maggio, militari dell’AFDL/APR hanno vietato alla delegazione di Sérgio Vieira de Mello, collaboratore dell’Alto-commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, i accedere alla zona. In quell’occasione, interrogato dai giornalisti in un servizio teletrasmesso, un Zaïrese membro delle ex-Tigri katangesi integrate nell’AFDL/APR, ha dichiarato di essere stato testimone di oltre un migliaio di esecuzioni per settimana, solo in quella zona. Ha indicato anche che i corpi delle vittime venivano portati di notte in certi luoghi per essere bruciati. I militari dell’AFDL/APR hanno condotto una campagna di “sensibilizzazione” presso la popolazione, affinché non parlasse di ciò che era accaduto.
251. Dal 30 aprile 1997, i militari dell’AFDL/APR hanno cominciato a trasportare, in treno, vari gruppi di rifugiati che erano sopravvissuti agli attacchi ai campi di Kasese e li hanno condotti al campo di transito installato vicino all’aeroporto di Kisangani.
E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 4 maggio 1997, i militari dell’AFDL/APR hanno provocato la morte di oltre 90 rifugiati, facendoli viaggiare in pessime condizioni sul treno. Dopo aver impedito al personale umanitario di organizzare il loro rimpatrio, i militari dell’AFDL/APR hanno ammucchiato i rifugiati nei vagoni, senza rispettare le minime consegne di sicurezza per la sopravvivenza dei viaggiatori.
Attacchi contro i rifugiati lungo la strada Kisangani-Opala
252. All’inizio di aprile 1997, dei rifugiati provenienti dal territorio di Ubundu, che erano probabilmente fuggiti dai massacri di Biaro e Kasese, si sono raggruppati nella località di Yalikaka, ai bordi del fiume Lobaye. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Nell’aprile 1997, alcuni abitanti del villaggio di Yalikaka, nel territorio di Opala, agendo sotto gli ordini di un civile, hanno ucciso almeno 50 rifugiati usando armi bianche e bastoni. I cadaveri sono stati sepolti sul luogo o gettati nel fiume. L’attacco sarebbe stato un atto di rappresaglia in seguito all’uccisione, alcuni giorni prima, di un abitante del villaggio da parte di militari degli ex-FAR/Interahamwe.
253. Dopo il massacro, alcuni abitanti del villaggio di Yalikaka hanno continuato ad impedire a numerosi rifugiati di attraversare il fiume e di fuggire e hanno avvisato i militari dell’AFDL/APR della presenza dei rifugiati nel villaggio.
E’ stato documentato il seguente incidente:
– Verso il 28 aprile 1997, una ventina di militari dell’AFDL/APR sono arrivati nel villaggio di Yalikaka e hanno ucciso centinaia di rifugiati. Al loro arrivo, hanno interrogato i rifugiati e hanno lasciato andare un Zaïrese che era con loro. Hanno poi fucilato i rifugiati. I corpi delle vittime sono stati sepolti sul posto dagli abitanti della zona.
254. Dopo la caduta di Kisangani e la distruzione dei campi situati tra Kisangani e Ubundu, varie migliaia di rifugiati si sono raggruppati nei villaggi di Lusuma e Makako, a 206 chilometri da Kisangani. Non hanno potuto attraversare il fiume Lomami per raggiungere Opala e sono rimasti in quella zona, saccheggiando i beni e i raccolti delle popolazioni locali.
In questo contesto, il gruppo Mapping ha documentato i seguenti incidenti:
– Tra aprile e maggio 1997, nel villaggio di Makako (territorio di Opala), alcuni abitanti del villaggio di Yalikaka e militari dell’AFDL/APR hanno ucciso 300 rifugiati.
– Durante aprile e maggio, lungo la strada tra Yaoleka e Anzi, nel territorio di Opala, degli abitanti del posto hanno ucciso varie decine di rifugiati attaccandoli con frecce avvelenate o mettendo a loro disposizione dei prodotti commestibili avvelenati. La popolazione locale non voleva infatti che i rifugiati si installassero nel loro villaggio e, in certi casi, si vendicavano degli atti di saccheggio perpetrati dai militari degli ex-FAR/Interahamwe e dai rifugiati stessi. Tra 25 e 30 rifugiati sono stati uccisi a Yaata, 10 a Lilanga, 21 a Lekatelo e una quarantina a Otala, alla frontiera con la provincia dell’Equateur.
255. La vittoria dell’AFDL/APR sulle FAZ e gli ex-FAR/Interahamwe nella Provincia Orientale non ha messo fine ai massacri, ai sequestri e alle gravi violazioni dei diritti dei rifugiati. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Da maggio o giugno 1997, nella località di Bengamisa, a 51 chilometri a nord di Kisangani, durante un’operazione pianificata, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso un numero indeterminato di rifugiati, tra cui c’erano anche alcuni militari delle ex-FAR. Le vittime sono state sequestrate a Kisangani e dintorni e poi trasportate con un veicolo in un sito militare. Secondo i testimoni, i militari avrebbero fatto credere alle vittime che sarebbero state riportate in Ruanda via terra. Una volta arrivate negli edifici del campo, le vittime, fra cui un gran numero di donne e bambini, sono state portate all’esterno degli edifici in piccoli gruppi alla volta, incatenate e poi sgozzate o uccise a colpi di martello sulla testa. I corpi sono poi stati gettati nelle fosse o bruciati con la benzina. L’operazione è stata condotta in modo metodico e è durata almeno un mese. Prima di andare via, i militari hanno tentato di fare sparire le tracce dei massacri. Con l’aiuto di una barca a motore e di una piroga, hanno gettato i cadaveri e gli oggetti che rimanevano dopo lo sterminio nelle rapide del fiume. Inoltre, sul campo dei rifugiati hanno fatto esplodere delle bombe, in modo da far sparire le tracce sul terreno dove i corpi erano stati sepolti subito dopo il massacro.
256. Dopo la chiusura del campo di Bengamisa, militari dell’AFDL/APR si sono installati a una trentina di chilometri di distanza, nella località di Alibuku. Hanno installato un campo provvisorio a 5 chilometri dal villaggio, in una zona non abitata, vicino a una cava di ghiaia. Hanno detto agli abitanti del posto che stavano cercando gli Hutu che avevano ucciso i Tutsi in Ruanda e hanno chiesto loro di aiutarli a ritrovarli. Hanno bloccato la strada che conduceva al campo e ordinato al capo settore di vietare alla popolazione di andare a caccia nella foresta circostante.
E’ stato documentato il seguente incidente:
– Da giugno 1997 e durante i due o tre seguenti mesi, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso un numero indeterminato di rifugiati nelle vicinanze di Alibuku. Due volte per settimana, al campo militare arrivava un camion pieno di rifugiati e scortato da due jeep militari dell’AFDL/APR. Le vittime sono state uccise all’arma bianca o incatenate e gettate vive dell’alto della collina in uno strapiombo rocciosa. È impossibile determinare con precisione il numero di persone uccise in quel luogo, ma le vittime si contano probabilmente per centinaia, visto il numero di viaggi di andata e ritorno effettuati. Prima di partire, i militari hanno cercato di far sparire le tracce dei massacri. Nonostante tutto, dopo la loro partenza, un gruppo di abitanti ha scoperto, sul posto, molti resti umani.
257. Come nelle altre province, la vittoria dei militari dell’AFDL/APR sulle FAZ non ha messo termine alle gravi violazioni dei diritti dell’uomo perpetrate contro i rifugiati nella Provincia Orientale. In questo contesto, il gruppo Mapping ha documentato i seguenti incidenti:
– Il 4 settembre 1997, alle 4 del mattino, dei militari della FAC /APR hanno fatto uscire 765 rifugiati da un campo di transito situato a 11 chilometri da Kisangani e li hanno rimpatriati con la forza verso il Ruanda e il Burundi, in assenza di testimoni esterni (organismi delle Nazioni Unite e ONG). Questa operazione ha coinvolto 440 ruandesi e 325 Burundesi, fra cui 252 donne e 242 bambini.
– Nel settembre 1997, in presenza delle autorità amministrative locali, dei militari delle FAC/APR hanno proceduto alla perquisizione sistematica delle case situate nelle vicinanze del campo di rifugiati di Lula, a 7 chilometri da Kisangani, per ricuperare i bambini dei rifugiati ospitati dalla popolazione locale. Secondo un testimone, i militari avrebbero dichiarato che gli “Hutu” sono una razza cattiva che creerebbe dei problemi per i congolesi. Hanno aggiunto che “i bambini, una volta diventati adulti […] comincerebbero a fare cose incredibili”. Gli organismi umanitari non sono stati implicati nel rimpatrio di questi bambini e non si conosce ancora la loro destinazione finale.
– Nel novembre 1997, dei militari delle FAC/APR hanno sequestrato 33 rifugiati presso l’ospedale generale di Kisangani e li hanno condotti verso una destinazione sconosciuta.
– Tra gennaio e febbraio 1998, a Kisangani, dei militari delle FAC/APR hanno arrestato quattro rifugiati ruandesi, fra cui due minorenni. La loro sorte resta ancora sconosciuta. Le vittime erano membri di una stessa famiglia. Il padre insegnava dal, 1996, all’università di scienze di Kisangani.
5. Equateur
258. I primi rifugiati sono arrivati nella provincia dell’Equateur nel dicembre 1996. Questo primo gruppo comprendeva principalmente degli alti dignitari civili e militari del regime ruandese precedente. Sono partiti rapidamente fino a Zongo, via Gemena o Gbadolite, poi hanno attraversato l’Oubangui per arrivare in Repubblica Centrafricana. I rifugiati, per la maggior parte, non hanno raggiunto la provincia dell’Equateur che in marzo, aprile 1997. Sono arrivati a piedi, dopo avere attraversato la foresta. Si spostavano, per la maggior parte, in gruppi formati da 50 a 200 persone, accompagnati da alcuni uomini armati. Certi gruppi erano costituiti esclusivamente di ex-FAR e di miliziani Interahamwe. Come nelle altre province, durante il loro passaggio nei villaggi, gli ex FAR e gli Interahamwe hanno commesso numerose estorsioni contro la popolazione civile. I militari dell’AFDL/APR hanno, da parte loro, raggiunto la provincia dell’Equateur in aprile, passando da Isangi e Djolu. In questo contesto, il gruppo Mapping ha documentato i seguenti incidenti:
– Il 22 aprile 1997, in occasione della loro entrata a Boende, città situata sulla riva sinistra del fiume Tshuapa, a 560 chilometri da Mbandaka, dei militari dell’AFDL/APR hanno fucilato un numero indeterminato di rifugiati nelle vicinanza del porto ONATRA [Ufficio nazionale dei trasporti]. Molti rifugiati hanno tentato di scappare gettandosi nel fiume Tshuapa, ma sono morti annegati. I rifugiati presenti a Boende aspettavano da varie settimane una barca per Mbandaka. Una prima barca che trasportava dei rifugiati era partita alcune settimane prima.
– Verso il 24 aprile, i rifugiati che erano sopravvissuti ai massacri del 22 aprile sono saliti su delle piroghe e hanno iniziato la traversata del Tshuapa sotto la scorta militare dell’AFDL/APR. Durante il tragitto, i militari ne hanno ucciso un numero indeterminato presso la diga che collega la riva destra di Boende e Lifomi, villaggio situato a 14 chilometri da Boende.
259. Le truppe dell’AFDL/APR hanno continuato ad uccidere dei rifugiati nella regione di Boende durante tutto maggio, giugno e luglio 1997.
Il gruppo Mapping ha potuto, a titolo illustrativo, documentare i seguenti incidenti:
– Verso la fine di aprile 1997, militari dell’AFDL/APR hanno bruciato vivi dei rifugiati nei pressi del villaggio di Lolengi, a 48 chilometri da Boende. I militari hanno ricoperto i corpi delle vittime con teli di plastica che hanno poi incendiato.
– Il 9 maggio 1997 circa, militari dell’AFDL/APR hanno fucilato una ventina di rifugiati presso l’incrocio di Lofonda, a 32 chilometri da Boende. Le vittime erano uscite dalla foresta, perché i militari avevano loro promesso di aiutarli a ritornare in Ruanda.
260. Dopo la presa di Boende da parte delle truppe dell’AFDL/APR, i rifugiati che si trovavano sulla strada di Ikela, nei pressi della città, sono fuggiti in varie direzioni. Alcuni sono partiti verso Monkoto, a 218 chilometri a sud di Boende, hanno attraversato il fiume Zaire a livello di Loukolela e hanno raggiuno il Congo-Brazzaville. Altri sono partiti in direzione del nord e sono arrivati a Basankusu, via Befale. La maggior parte hanno continuato a progredire verso l’ovest, in direzione di Ingende e Mbandaka, mentre i militari dell’AFDL/APR li inseguivano.
In questo contesto, il gruppo Mapping ha documentato i seguenti incidenti:
– Il 7 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso almeno 10 rifugiati nel villaggio di Djoa, a 310 chilometri da Mbandaka. Questi ultimi si trovavano ancora nel villaggio, perché aspettavano di ricevere delle cure mediche.
– Il 7 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso sette rifugiati nel villaggio di Bekondji e due nel villaggio di Buya.
– L’8 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso 9 rifugiati nel villaggio di Wele, a 25 chilometri dal fiume Ruki e altri 30 sulla diga di Lolo, che collega il villaggio di Yele alla riva destra del fiume Ruki.
– Tra il 7 e il 9 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso un numero indeterminato di rifugiati, lungo i 60 chilometri che separano Djoa dal fiume Ruki.
261. Verso la fine di aprile 1997, migliaia di rifugiati erano concentrati sulla riva destra del fiume Ruki, nell’attesa di una barca per Mbandaka. In due rotazioni, il 1° e l’8 maggio, il traghetto di Ingende, requisito a questo scopo dal Governatore militare, ha potuto evacuare 4.200 rifugiati verso Irebu e l’ex centro militare delle forze navali situato a 120 chilometri a sud di Mbandaka. Altri sono partiti in piroga o a piedi fino a Mbandaka. Tuttavia, i più deboli e i malati non hanno potuto lasciare la zona prima dell’arrivo dei militari dell’AFDL/APR. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 12 maggio 1997, tra i villaggi di Lomposo e Kalamba, rispettivamente a 85 e 70 chilometri da Mbandaka, militari dell’AFDL/APR hanno ucciso a colpi di mazze una decina di rifugiati civili.
262. Il 13 maggio, le truppe dell’AFDL/APR hanno raggiunto Wendji, a 20 chilometri da Mbandaka. Seimila rifugiati vivevano in questo villaggio, in un campo provvisorio montato dalla Croce Rossa locale. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 13 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR, in presenza di vari alti responsabili dell’APR, hanno ucciso almeno 140 rifugiati nel villaggio di Wendji. Al loro arrivo nel villaggio, i militari avevano dichiarato: “Zaïresi, non abbiate paura, siamo qui solo per i rifugiati”. Si sono poi diretti verso il campo e hanno aperto il fuoco sui rifugiati che hanno tentato di fuggire, ma sono stati presi nella morsa di militari provenienti dal sud. Lo stesso giorno, i militari sono entrati nell’ufficio della Croce Rossa locale e hanno ucciso dei bambini non accompagnati che aspettavano il loro rimpatrio verso il Ruanda. Il 13 maggio, la popolazione di Wendji ha sepolto 116 corpi. Un bambino di tre mesi circa, ancora vivo al momento della sepoltura, è stato ucciso da un militare dell’AFDL/APR che controllava i lavori di inumazione. Il 14 maggio, sono stati sepolti altri 17 corpi.
263. Mentre un primo gruppo di militari dell’AFDL/APR massacrava i rifugiati di Wendji, un altro gruppo ha preso la direzione di Mbandaka a bordo di due camion.
E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 13 maggio 1997, in mattinata, il secondo gruppo dei militari dell’AFDL/APR ha aperto il fuoco su un numero indeterminato di rifugiati che erano fuggiti da Wendji e tentavano di raggiungere Mbandaka. Diciotto rifugiati sono stati uccisi a livello del villaggio di Bolenge e tre a livello della cappella cattolica di Iyonda.
264. Il 13 maggio 1997, verso le ore 10, varie centinaia di rifugiati sono arrivati a Mbandaka correndo. E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 13 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR hanno aperto il fuoco sui rifugiati che erano appena arrivati a Mbandaka e ne hanno ucciso un numero indeterminato presso la Banca centrale dello Zaire, sul viale Mobutu.
265. I militari sono poi entrati all’interno del porto di ONATRA, dove numerosi rifugiati aspettavano da alcuni giorni di imbarcare per Irebu.
E’ stato documentato il seguente incidente:
– Il 13 maggio 1997, militari dell’AFDL/APR hanno aperto il fuoco sui rifugiati del porto di ONATRA durante cinque, dieci minuti, uccidendone un numero indeterminato. In seguito, il comandante dei militari ha ordinato un cessate il fuoco e ha chiesto ai rifugiati di uscire dai loro nascondigli. Alcuni si sono gettati nel fiume Zaire, sperando di poter scappare. Dei militari dell’AFDL/APR hanno preso allora posizione lungo il fiume e hanno aperto il fuoco. Verso le ore 14, i militari hanno cominciato a separare i rifugiati, poi li hanno uccisi a colpi di mazza. Secondo alcune fonti, durante questo massacro sarebbero state uccise almeno 200 persone.
266. I sopravvissuti dei diversi massacri commessi nel sud dell’Equateur sono stati finalmente installati in un campo situato sull’aeroporto di Mbandaka. Dal 22 maggio 1997, 13.000 rifugiati hanno potuto così essere rimpatriati in Ruanda. I rifugiati ruandesi che sono riusciti ad attraversare il fiume Zaire si sono installati, per la maggior parte, in Repubblica del Congo, in tre campi situati a circa 600 chilometri a nord di Brazzaville: Loukolela (6.500 rifugiati, Liranga (5.500) e Ndjoundou (3.500).
267. Durante il secondo semestre del 1997, le autorità nazionali e provinciali del nuovo regime hanno sistematicamente ostacolato i lavori della Missione di inchiesta del Segretario Generale dell’Onu che tentava di far luce sui massacri di Wendji e Mbandaka. In novembre, il Governatore della provincia dell’Equateur, Mola Motya, ha fatto dissotterrare le ossa umane della fossa comune di Bolenge per nascondere le prove, prima che gli inquirenti delle Nazioni Unite potessero recarsi sul campo. Il Ministro dell’interno ha facilitato questo lavoro di esumazione imponendo, il 13 novembre, un coprifuoco nella città di Mbandaka.
268. I massacri di Wendji e Mbandaka hanno messo in evidenza l’accanimento con cui i militari dell’AFDL/APR hanno ucciso i rifugiati. Se, durante la loro fuga attraverso il Congo-Zaire, i rifugiati erano spesso mischiati agli elementi degli ex-FAR/Interahamwe, all’arrivo dei militari dell’AFDL/APR a Mbandaka e a Wendji, la maggior parte degli ex-FAR/Interahamwe e dei militari delle FAZ avevano già lasciato la zona. Malgrado ciò, i militari dell’AFDL/APR hanno continuato a trattare i rifugiati come combattenti armati e, quindi, come obiettivi militari.