RIASSUNTO RAPPORTO FINALE (S/2010/596)
DEGLI ESPERTI DELL’ONU
SULLO SFRUTTAMENTO MINERARIO IN RDCONGO
29.11.2010
A CURA DI RETE PACE PER IL CONGO
Vari gruppi armati congolesi, fra cui le Forze Patriottiche per la Liberazione del Congo (FPLC), i Maï Maï Sheka e l’Alleanza dei Patrioti per un Congo Libero e Sovrano (APCLS), hanno continuato a formare alleanze tra loro stessi e con gruppi armati stranieri, in particolare con le Forze Democratiche di Liberazione del Ruanda (FDLR), sebbene i loro obiettivi strategici siano diversi.
Questi gruppi armati continuano ad appoggiarsi su un malessere vissuto dalla popolazione a livello sociale, politico ed economico per l’attuale situazione nelle due province del Kivu e che si manifesta particolarmente in un diffuso timore provocato dal ritorno non controllato di rifugiati, da un accaparramento di terre e da un’emarginazione politico-militare.
In seguito alle diverse operazioni militari condotte contro di loro dalle Forze Armate della Repubblica Democratica del Congo (FARDC), questi gruppi armati hanno dovuto ritirarsi dalla maggior parte dei principali siti minerari del Kivu, ma continuano a controllare delle miniere meno importanti nelle zone più interne, fanno ricorso a degli intermediari e moltiplicano gli atti di brigantaggio, per poter continuare a trarre profitto dal commercio dei minerali.
Nello stesso tempo, unità delle FARDC provenienti dalle ex-truppe del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) hanno preso il controllo militare della maggior parte delle zone strategiche dei due Kivu, ricche in risorse naturali. Inoltre, sebbene integrato nelle FARDC, il CNDP continua a mantenere delle unità e delle armi non integrate. Ultimamente, il CNDP ha addirittura intensificato il reclutamento di nuove leve, per impedire il suo dispiegamento fuori dei due Kivu.
7. Nel suo rapporto parziale (S/2010/252) del 29 aprile 2010, il Gruppo di esperti aveva menzionato il problema della militarizzazione delle miniere nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo). Durante le sue ultime inchieste, il gruppo ha osservato numerosi casi in cui reti criminali sorte all’interno delle FARDC partecipano illegalmente allo sfruttamento delle risorse naturali e ha messo in evidenza come questo conflitto di interessi ostacola in vari modi la missione costituzionale delle FARDC che consiste nel proteggere i civili e i loro beni.
Anche il Presidente Joseph Kabila ha riconosciuto pubblicamente che la presenza, in seno alle FARDC, di reti criminali che partecipano allo sfruttamento illegale delle risorse naturali, ha generato un conflitto di interessi con il mandato costituzionale affidato alle FARDC in materia di sicurezza.
La partecipazione di certi settori delle FARDC, provenienti particolarmente dal CNDP, al commercio illegale delle risorse naturali ha provocato un’insubordinazione generalizzata, l’apparizione di catene di comando concorrenti, l’incapacità di perseguire attivamente i gruppi armati (incapacità che in certi casi può essere considerata anche come collusione), l’assenza di protezione dei civili, l’imposizione illegale di tasse, il racket e il controllo, indiretto o diretto, della catena di commercio. Gli effetti coniugati di tale incapacità costituiscono un importante fattore di insicurezza nell’est della RDCongo.
26. Sui 3.723 incidenti segnalati durante il primo semestre 2010 dal HCR nel Nord-Kivu, 1.302 (il 35%) sono stati provocati dalle FARDC e 698 (il 19%) dalle FDLR. Varie unità delle FARDC sono state accusate dalle popolazioni locali di avere saccheggiato e bruciato dei villaggi interi e di avere torturato e violato dei civili durante le loro operazioni. Sebbene in leggera diminuzione rispetto al 2009, il numero totale di persone sfollate in RDCongo (1.709.591 al 30 settembre 2010, di cui 1.542.509 nel Nord e Sud-Kivu), è rivelatore dell’impatto umanitario di una insicurezza generalizzata.
23. Di conseguenza, l’11 settembre 2010, il Presidente Kabila aveva decretato una sospensione indefinita di tutte le attività minerarie nel Nord-Kivu, Sud-Kivu e Maniema, per tentare di risolvere il problema della militarizzazione del commercio dei minerali, finito nelle mani di una losca rete che il Presidente ha descritto come un “tipo di mafia” e che il ministro delle miniere ha qualificato, il 12 settembre 2010, di “gruppi mafiosi”.
6. Al paragrafo 7 della risoluzione 1896 (2009), il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva chiesto al Gruppo di esperti di fornire al Comitato per le sanzioni alcune direttive sulla diligenza richiesta agli importatori, alle industrie di trasformazione e ai consumatori di prodotti minerali provenienti dalla RDCongo.
A proposito della trasparenza e della tracciabilità delle catene di approvvigionamento in minerali provenienti dall’est della RDCongo, il Gruppo di esperti ha presentato due proposte di direttive concernenti la diligenza richiesta. La prima, secondo il mandato del Gruppo, indica agli importatori, trasformatori e consumatori di minerali provenienti dall’est della RDCongo, un insieme di procedure per ridurre il rischio di fornire un appoggio, diretto o indiretto, ai gruppi armati illegali e/o alle persone o entità che sono già oggetto di sanzioni. La seconda indica loro come ridurre i rischi supplementari di fornire un appoggio diretto o indiretto alle reti criminali e agli autori di gravi violazioni dei diritti dell’uomo che agiscono in seno alle FARDC.
VII. SFRUTTAMENTO ILLEGALE DELLE RISORSE NATURALI
173. Il Gruppo di esperti ha indagato sullo sfruttamento e il traffico illegali delle risorse naturali dell’est della RDCongo.
Una delle principali constatazioni di questa inchiesta è che le operazioni militari delle FARDC condotte contro i gruppi armati, congolesi e stranieri, per disarmarli, li hanno allontanati dalle principali zone minerarie, ma questi continuano tuttavia a controllare centinaia di giacimenti in zone più remote. Il Gruppo ha notato anche che, per investire nelle miniere a cui non hanno più accesso e per acquistarne la produzione, i gruppi armati ricorrono sempre più a degli intermediari. Ha constatato, inoltre, la recrudescenza dei raid di saccheggio perpetrati dai gruppi armati contro i commercianti e i trasportatori di prodotti minerari.
176. Il Gruppo di esperti ha constatato anche che reti criminali delle FARDC sono implicate nello sfruttamento minerario illegale e nel commercio fraudolento dei minerali.
174. All’inizio di settembre 2010, il Presidente Kabila aveva denunciato pubblicamente che una “specie di mafia” si è infiltrata nel settore minerario e ha chiesto ai responsabili militari implicati di rinunciare ai loro interessi minerari o di rinunciare alla loro uniforme. In una dichiarazione pubblica ulteriore, il Ministro delle miniere ha rievocato “la manifesta partecipazione di certe autorità locali, provinciali e nazionali, sia civili che militari, allo sfruttamento illegale e al commercio illecito delle risorse minerarie”. L’11 settembre 2010, il Governo ha deciso ufficialmente la sospensione temporanea delle attività minerarie nelle tre province dell’est (Nord-Kivu, Sud-Kivu e Maniema) per tentare di liberare il settore minerario da queste reti criminali.
177. Il conflitto tra gli interessi economici delle reti criminali sorte all’interno delle FARDC e la missione dell’esercito, quella di assicurare la sicurezza, comporta conseguenze molto gravi:
a) Le FARDC non danno più la priorità alla protezione dei civili;
b) Nelle FARDC sono sorte delle filiere gerarchiche concorrenti e numerosi sono i casi di insubordinazione;
c) Le FARDC trascurano le operazioni militari contro i gruppi armati e finiscono per coabitare o, addirittura, per collaborare con essi.
178. Il Gruppo ha potuto osservare la diversità delle modalità di implicazione dei protagonisti armati nel commercio di minerali:
a) Tassazione: La tassazione praticata dalle FARDC e dai gruppi armati consiste in esigere dai capi delle cave una percentuale sul fatturato o sulla produzione totale, far pagare dei diritti di entrata e di uscita per l’accesso ai siti minerari, riscuotere un canone mensile forfetario per ogni pozzo o posto di frantumazione e di lavaggio, erigere dei posti di blocco stradali per esigere un diritto di passaggio ai camionisti e ai portatori. Sia le FARDC che i gruppi armati collocano alcuni uomini di fiducia in prossimità dei pozzi minerari, per prelevare una parte dei minerali estratti, ogni volta che un minatore esce in superficie. Sia le FARDC che i gruppi armati impongono spesso delle tasse “destinate a finanziare lo sforzo di guerra”, a chiunque acquisti un palazzo, un negozio, una casa o certe merci, come birra o bestiame, per esempio;
b) Protezione: Il Gruppo di esperti ha constatato che nelle zone minerarie in cui la sicurezza è minacciata da gruppi armati, i capi dei pozzi minerari concludono abitualmente un accodo con il comandante locale delle FARDC, per evitare un eventuale saccheggio del pozzo o un possibile arresto arbitrario a scopo di estorsione. Talvolta, sia le FARDC che i gruppi armati ricevono richieste di protezione a pagamento, per fornire scorte armate, facilitare ai contrabbandieri l’attraversamento delle frontiere o intervenire a favore di tal parte, quando c’è un conflitto tra persone o entità per accaparrarsi i diritti di sfruttamento su un medesimo sito minerario.
Infine, nelle città di Bukavu, Butembo e Goma, per evitare possibili soprusi da parte delle autorità amministrative, i grossi commercianti pagano grandi somme per ottenere la protezione di alti ufficiali delle FARDC;
c) Controllo dei circuiti commerciali: Il Gruppo ha osservato che, per l’acquisto dei minerali, sia i gruppi armati che le reti criminali delle FARDC utilizzano spesso dei capitali privati, del denaro prelevato sugli stipendi dei militari (malversazione di denaro pubblico) e le entrate provenienti dall’imposizione di tasse illegali e dagli atti di saccheggio. Degli ufficiali delle FARDC hanno spesso fatto ricorso ad intermediari (fratelli o sorelle o membri di scorte private provvisti di speciali documenti di viaggio militari) che investono a loro nome. Questi “commissari” possono intervenire nel commercio dei minerali anche mediante il commercio di certe merci o la prestazione di servizi di trasporto. Le reti criminali delle FARDC e i gruppi armati diventano spesso gli “sponsor” dei capi dei pozzi minerari e delle squadre di minatori, fornendo loro gratuitamente cibo, pompe e gruppi elettrogeni;
d) Ricorso a mezzi coercitivi: La forma più estrema della coercizione esercitata dai gruppi armati e dalle FARDC per avere una partecipazione nel commercio dei minerali è il saccheggio. Alcuni individui possono anche diventare complici di atti di saccheggio, fornendo armi a dei banditi o a dei gruppi armati o dando loro informazioni sui trasporti di minerali o denaro, in cambio di una certa percentuale sul bottino saccheggiato. Altri ancora possono impossessarsi con la forza dei pozzi produttivi, per riservarsene lo sfruttamento o semplicemente per saccheggiarli. Sui siti minerari, gli arresti arbitrari a scopo di estorsione sono frequenti. Secondo certe informazioni, sia le FARDC che i gruppi armati stabilirebbero certi giorni della settimana come giorni di lavoro collettivo, in cui, secondo il sistema “salongo”, tutta la produzione è loro destinata. Un’altra forma di coercizione consiste nell’esigere di avere accesso a tal pozzo in determinate ore della giornata, affinché i loro combattenti possano sostituirsi temporaneamente ai minatori stessi. Infine, sia le FARDC che i gruppi armati possono costringere i produttori di minerali a vendere la loro produzione a certi negozianti e non ad altri.
A. Sfruttamento minerario: alcuni casi a titolo di esempio
1. Walikale
Implicazione di gruppi armati nel commercio di minerali
180. Il Gruppo ha potuto constatare, durante la sua visita a Lukweti, che l’oro sfruttato e saccheggiato dai Maï Maï Sheka, le FDLR e il FPLC/Emmanuel viene effettivamente venduto nella sua totalità sui mercati di Mutongo. Secondo le donne che frequentano il mercato ogni settimana, a Mutongo si vendono anche altri articoli saccheggiati, come vestiti, valigie e telefoni cellulari.
181. Secondo il personale della Sezione DDRRR della MONUSCO, il battaglione Montana delle FDLR, basato nel territorio di Walikale, è diventato una delle unità più ricche del momento, grazie al saccheggio a cui si dedicano congiuntamente i Maï Maï Sheka e il FPLC/Emmanuel. I capi delle FDLR autorizzano i loro soldati a conservare per se stessi il 50% del bottino, che si tratti di effetti personali o di minerali.
187. Secondo gli acquirenti di cassiterite e le autorità interrogate dal Gruppo, ad Itebero, le FDLR continuano ad avere occasionalmente accesso alle miniere dei settori settentrionali del parco di Kahuzi-Biega, particolarmente a quelle di Ibondo-Busasa,Kumua, Kaminjenje e Ititi.
Implicazione delle FARDC nel commercio dei minerali
Bisie
188. Il giacimento di Bisie, situato a 80 chilometri a nord-ovest del centro di Walikale, è, dal 2003, l’epicentro della produzione di cassiterite nel Nord-Kivu. Secondo le statistiche ufficiali del Governo, il giacimento di Bisie è stato, durante i primi sei mesi del 2010, all’origine dei due terzi della produzione totale della cassiterite ufficialmente esportata dal Nord-Kivu. I principali centri commerciali di esportazione Huaying, TTT Mining, di GMC, Clepad, Sodexmines e AMUR.
189. Secondo informazioni fornite dalle cooperative minerarie, 2 000 minatori circa lavorano in più di 250 miniere attive.
190. Nel febbraio 2009, la 85ª brigata del colonnello Samy Matumo era stata rimpiazzata dalla 212ª brigata, appartenente precedentemente al CNDP e comandata dal tenente colonnello Yusuf Mboneza. In seguito, le truppe di Mboneza hanno occupato Bisie con una compagnia diretta dal capitano Sharushako.
A causa di dispute sorte tra il tenente-colonnello Mboneza e il comandanti della 3ª regione, il colonnello Chuma Balumisa, a proposito della destinazione delle rendite di Bisie, un
battaglione di forze di riserva collocato sotto la direzione del colonnello Mboni Matiti, è arrivato a Bisie nel luglio 2010 per sostituire la 212ª brigata. Secondo ufficiali delle FARDC di Walikale, vari membri della 212ª brigata hanno rifiutato di lasciare Bisie, anche dopo l’arrivo del battaglione di riserva.
191. Durante tutto questo periodo, i militari sono stati direttamente implicati nelle attività minerarie di Bisie. Il tenente-colonnello Mboneza aveva istituito un regime di tassazione secondo cui tutti i minatori dovevano consegnare un chilo di cassiterite alle FARDC ogni volta che uscivano da una galleria. Secondo le autorità minerarie di Ndjingala, la 212ª brigata esige 20 dollari ogni volta che un minatore lavora di notte e 15 dollari quando lavora durante il fine settimana e tutto ciò arriva direttamente a Mboneza. Secondo i trasportatori, la 212ª brigata riscuote anche una parte del denaro percepito nei quattro posti di controllo eretti tra Bisie e il centro di trasporto di Ndjingala.
192. Uno dei militari notoriamente implicati in queste pratiche è il capitano Zidane, accusato di avere confiscato numerose miniere appartenenti ad altri operatori. Zidane avrebbe controllato direttamente gli investimenti minerari di Mboneza e del suo collaboratore, il colonnello Hassani.
Zidane è, inoltre, accusato di distribuire armi a dei banditi per attaccare un commerciante che si recava a Bisie con più di 10 000 dollari.
193. Gli investimenti di Hassani passano per le mani di suo fratello minore, Faustin Ndahiriwe, direttore della cooperativa Imara che finanzia i commercianti di Mubi. Secondo le autorità pubbliche di Mubi, Hassani vende i suoi minerali al centro di esportazione di Clepad, a Goma. Secondo le stesse autorità, Hassani investe anche per conto del generale Ntaganda.
194. Vari interlocutori del Gruppo hanno affermato che il maggiore acquirente della cassiterite di Bisie è un ruandese, Jean-Claude Bazungo, chiamato comunemente “tenente Kazungu”. Commerciante non in regola, Kazungu era precedentemente, secondo varie fonti molto informate, la principale guardia del corpo del colonnello Matumo a Bisie, prima di essere rimpatriato in Ruanda all’inizio del 2009. Secondo le autorità minerarie, grazie alla protezione dei militari, Kazungu può sfuggire a tutte le tasse e formalità tra Bisie e Mubi. Da varie altre fonti, il Gruppo ha appreso che altri ufficiali superiori delle FARDC fanno investimenti nell’attività mineraria sotto il nome di Kazungu, per esempio il colonnello Chuma e il generale Ntaganda. Kazungu vende la cassiterite a Goma anche al generale Bora, attualmente in pensione.
195. Anche il vice comandante della 8ª regione militare, il colonnello Étienne Bindu, è un importante acquirente della cassiterite prodotta a Bisie. Secondo vari ufficiali, chi controlla sul posto i suoi investimenti è suo fratello minore, il comandante Morgan, capo di un battaglione della 212ª brigata, a cui lo stesso Bindu avrebbe promesso di nominarlo a Bisie.
196. Inoltre, secondo i commercianti e le autorità minerarie, anche il generale Amisi Kumba, comandante in capo delle unità terrestri delle FARDC, è direttamente implicato nello sfruttamento minerario di Bisie, dove ha mandato l’aiutante Tchiza, incaricato di controllare almeno tre gallerie. L’ex comandante della 2ª regione, il colonnello Chuma, investe a Bisie attraverso suo fratello minore, abitualmente conosciuto come “comandante B52”, basato a Ndjingala. Autorità minerarie, uomini di affari e ufficiali delle FARDC hanno informato il Gruppo che anche il comandante della 8ª regione militare, il generale Vainqueur Mayala, invia periodicamente agenti suoi incaricati di sorvegliare i suoi investimenti a Bisie.
Omate
197. Il generale Amisi Kumba, capo di stato maggiore delle unità terrestri delle FARDC, si è immischiato in un conflitto concernente diritti di proprietà della miniera d’oro di Omate, in cambio di una percentuale della produzione, anche se tale arbitraggio non entra nelle sue competenze.
Secondo le autorità minerarie e i commercianti, i diritti sulla miniera sono sempre appartenuti alla società mineraria locale, la Sozagremines, diventata posteriormente Socagrimines, appartenente a Dimanche Katengura. Non avendo la Socagrimines rinnovato i suoi diritti di sfruttamento nel 2005, altri membri della famiglia Katengura li hanno richiesti in nome di una nuova società, la Geminaco. Avendo ottenuto una licenza di esplorazione, la Geminaco si stava preparando a sfruttare la miniera.
198. Quando Dimanche Katengura è tornato a Walikale nel 2009 con l’intenzione di riprendere il controllo della miniera di Omate per conto della Socagrimines, René Mwinyi, Direttore della Geminaco, ha chiesto l’appoggio del generale Amisi Kumba che, secondo altri rappresentanti della Geminaco consultati dal Gruppo, è uno dei suoi amici più prossimi. Il Gruppo è venuto a conoscenza di documenti in cui risulta che Amisi ha chiesto al generale Mayala di ordinare ad un’unità della 212ª brigata di abbandonare la miniera di Omate, affinché la Geminaco potesse iniziare le sue attività. Secondo altri documenti comunicati al Gruppo, il generale Mayala ha, a sua volta, trasmesso l’ordine al comandante della 212ª brigata, il colonnello Mboneza.
201. Secondo i commercianti locali, dopo l’installazione della Geminaco ad Omate, il suo direttore, Shabani Taibu, aveva cominciato a pagare un grammo d’oro al mese ad ogni militare e da 10 a 15 grammi d’oro per le “razioni alimentari” dell’insieme dell’unità militare. Amisi avrebbe ottenuto una sua propria galleria e Mboneza avrebbe permesso che i suoi soldati avessero accesso alle gallerie produttive per un certo numero di ore per settimana. Da parte sua, anche il colonnello Bindu, vice comandante della 8ª regione militare, ha inviato il capitano Sadok ad Omate, per rappresentare i suoi propri interessi.
202. Dei rappresentanti della Socagrimines hanno informato il Gruppo che, secondo loro, la Geminaco non avrebbe rispettato l’accordo, inizialmente concluso coi capi militari, di attribuire il 25% della produzione al generale Amisi e il 10% rispettivamente al generale Mayala e al colonnello Bindu. Dimanche Katengura ha informato il Gruppo che aveva l’intenzione di proporre le stesse percentuali per Amisi, Mayala e Bindu e di aggiungere qualche cosa anche per il comandante di zona, il colonnello Chuma.
205. Nonostante che in settembre 2010 il Presidente Kabila avesse decretato la sospensione delle attività minerarie nell’est della Repubblica democratica del Congo, le autorità minerarie hanno affermato al Gruppo che tale attività non è ancora cessata. Secondo loro, gli ufficiali militari del posto hanno affermato di non avere ricevuto alcun ordine diretto dai loro superiori.
2. Mwenga
Implicazione dei gruppi armati nel commercio dei minerali
207. Secondo la Sezione DDRRR della MONUSCO, nel territorio di Mwenga, le FDLR controllano la maggior parte della produzione d’oro della località di Lubamba. L’oro prodotto viene venduto sul mercato di Lemera, per essere poi esportato verso Bujumbura (Burundi) o è utilizzato per acquistare armi e munizioni presso trafficanti che svolgono laloro attività attraverso il lago Tanganyika. Nei dintorni delle importanti città minerarie, Kamituga e Lugushwa, le FDLR on controllano direttamente che poche miniere d’oro ma, come fanno a Shabunda e a Walikale, tendono imboscate ai commercianti. Il commercio minerario rimane un’importante fonte di redditi per le FDLR, anche se sono stati costretti a ritirare i loro combattenti dalle principali zone minerarie.
208. Sembra che le FDLR prendano di mira specialmente quei villaggi che le FARDC abbandonano, apparentemente per dedicarsi ai loro propri interessi minerari o a quelli dei loro capi.
209. Numerose fonti degne di fede hanno affermato al Gruppo che le FDLR controllano un gran numero di miniere di cassiterite situate all’interno della foresta di Itombwe, sempre più diventata il loro feudo nel Sud-Kivu. Secondo autorità locali, le FDLR avrebbero a loro disposizione una rete di circa 750 collaboratori che vanno da loro per l’acquisto di minerali. Vari commercianti hanno dichiarato al Gruppo che, nei pressi di Kamituga, le FDLR riscuotono una tassa sulla cassiterite a Kakanga e un’altra, di 20 dollari per sacco di cassitérite, a Mulambozi, nel territorio di Mwenga.
Implicazione delle FARDC nel commercio di minerali
Kamituga
210. A Kamituga, nel Sud-Kivu, la 321ª brigata delle FARDC era implicata direttamente nel commercio di minerali. Secondo le dichiarazioni di parecchi commercianti, il capo di brigata, il colonnello Rugo Heshima, con il pretesto delle operazioni contro le FDLR, ha assunto il controllo di diversi settori minerari. Heshima ha dispiegato un battaglione, agli ordini del comandante Yesu Ni Bwama, nella miniera d’oro di Itabi, a 8 chilometri da Kamituga, affinché i suoi subordinati ne controllino tutte le attività. Secondo le stesse fonti, il colonnello Heshima ha istituito anche un sistema attraverso cui riceve circa il 40% della produzione. Nelle miniere di Mulingote e di Mobalo, gli agenti di Heshima prelevano una tassa di 5 dollari per ogni minatore che entra nela miniera. Secondo i commercianti, i minatori che lavorano ogni giorno in queste miniere si contano a migliaia.
Lugushwa
213. Anche nella città mineraria di Lugushwa, a sud di Kamituga, membri della 321ª brigata e del quartiere generale della 10ª regione militare sono direttamente implicati nel commercio dei minerali. Una compagnia del battaglione 3211 stanziato a Kitutu è stata dispiegata a Lugushwa, dove costantemente vive una popolazione mutevole di circa 28 000 abitanti, fra cui oltre il 70% lavora nel settore minerario.
214. Secondo numerose testimonianze di agenti pubblici e di commercianti, dalla sua nomina a Lugushwa fino alla fine del 2009, il comandante della compagnia, il capitano Thomas Twagirayesu, era incaricato di riscuotere le tasse sulla produzione mineraria di Lugushwa e di farne pervenire il ricavato al colonnello Heshima, capo della 321ª brigata. Secondo le dichiarazioni di diversi agenti pubblici, il tenente Faustin era incaricato di riscuotere una tassa mensile di 20 dollari per ogni galleria e posto di lavaggio e posto di frantumazione che sono più di un centinaio solo nella miniera “D18”. Queste tasse mensili sono qualificate di “contributi allo sforzo di guerra”. Inoltre, le famiglie e i negozi di Lugushwa devono, ogni sabato, versare 1 dollaro all’ufficio di approvvigionamento militare.
B. Conclusione
278. In molti casi, lo sfruttamento delle risorse naturali permette ai movimenti armati di finanziare le loro azioni a scopo politico e militare. Tuttavia, in seno ai gruppi armati e alle reti criminali delle FARDC stanno apparendo sempre più delle motivazioni di tipo economico.
279. L’implicazione sistematica di reti criminali delle FARDC nello sfruttamento delle risorse naturali ha creato un conflitto di interessi che intacca direttamente la sicurezza nell’est della RDCongo. La priorità accordata da certi ufficiali delle FARDC ai loro propri interessi economici ha ridotto la capacità delle forze armate di adempiere al mandato loro assegnato, quello di assicurare la protezione della popolazione civile congolese. Le FARDC si dedicano sempre più al commercio delle risorse naturali, invece di combattere i gruppi armati.
Gli effetti della militarizzazione del commercio delle risorse naturali si manifestano in vari modi:
a) Priorità operative: Le autorità militari decidono i dispiegamenti di truppe e le operazioni militari contro i gruppi armati in funzione dell’attrattiva economica della zona riguardata. La priorità sembra data alle regioni ricche in risorse naturali, piuttosto che a quelle in cui le condizioni di insicurezza sono particolarmente precari;
b) Malversazione delle risorse: Le reti criminali “mafiose” in seno alle FARDC usano le risorse finanziarie, già molto ristrette, a vantaggio di attività economiche di ordine privato. Spesso, ufficiali superiori affidano missioni ai loro subalterni per trasportare denaro, effettuare acquisti e vendite o supervisionare attività minerarie. I mezzi logistici delle FARDC – camion e veicoli ufficiali, in modo particolare – sono frequentemente utilizzati per affari privati, come il trasporto di risorse naturali;
c) Concorrenza interna: Si notano alcune tensioni tra le unità di Amani Léo e i comandanti dell’8ª e 10ª regione militare, essendo questi ultimi emarginati e privati di buona parte dei mezzi operativi. I comandanti dell’8ª e 10ª regione militare cercano, anche loro, di riservarsi alcune zone da cui poter trarre qualche profitto economico, ciò che li pone spesso in conflitto con i comandanti dell’operazione Amani Léo;
d) Insubordinazione e catene di comando parallele: Alcuni ufficiali superiori hanno creato dei battaglioni speciali di riserva e dei settori direttamente dipendenti dal loro stato maggiore, al di fuori delle strutture ufficiali di comando. Queste unità funzionano come entità operative in se stesse, spesso investite di missioni espressamente legate al commercio delle risorse naturali;
e) Collusione con gruppi armati: Capita che reti criminali appartenenti alle FARDC si alleino con gruppi armati e aggravino, di fatto, la situazione di insicurezza, ciò che permette indirettamente a queste reti di saccheggiare i commercianti di minerali.
VIII. PROBLEMI DI TRASPARENZA E DI TRACCIABILITÀ
Trasparenza e tracciabilità delle catene di approvvigionamento in minerali
289. Le autorità della RDCongo hanno preso una serie di misure per garantire la tracciabilità e la trasparenza delle catene di approvvigionamento di minerali provenienti dall’est del paese. Le autorità dovrebbero mettere a disposizione dei minatori dei “certificati di origine”, documenti che devono fornire informazioni sul sito minerario da cui provengono i minerali in loro possesso. Tuttavia, le autorità minerarie provinciali non sempre compilano i dati che identificherebbero le miniere di origine dei minerali prodotti.
290. D’altra parte, i commercianti che acquistano i minerali dai minatori quasi mai ricevono copia dei certificati di origine e la “autorizzazione di trasporto dei minerali” che la Divisione delle miniere rilascia ai commercianti si limita a menzionare solo l’origine generale dei minerali. Alcuni centri di esportazione di Bukavu hanno affermato che, per i minerali che arrivano per via aerea, i commercianti presentano solo le ricevute della compagnia aerea che, sull’origine dei minerali, contengono ancora meno informazioni .
291. I centri di esportazione non possono dunque determinare l’origine generale dei minerali che acquistano che a partire dai documenti che i commercianti forniscono loro, documenti spesso incompleti e insufficienti.
Tracciabilità e trasparenza della catena di approvvigionamento dell’oro
293. Secondo le stime del Gruppo di esperti stabilite a partire dalle informazioni raccolte presso i commercianti d’oro, il Nord-Kivu e il Sud-Kivu producono più di 300 chilogrammi d’oro al mese, ciò che procura agli esportatori d’oro un reddito annuo netto di circa 160 milioni di dollari.
294. Nelle due province del Kivu, esiste solo un centro di esportazione operativo che acquista oro; si tratta dello stabilimento Namukaya, conosciuto con il nome di Congocom, gestito da Évariste Shamamba. Secondo i documenti che ha presentato in una riunione col Gruppo di esperti, nel primo trimestre 2010, Shamamba non ha esportato ufficialmente che 11,5 chilogrammi d’oro.
Secondo i servizi di informazione congolese, il comandante della 10 regione militare, il generale Patrick Masunzu, e il suo vice, il colonnello Nakabakare, sono dei partner commerciali di Shamamba. Tutti i commercianti di minerali consultati dal Gruppo nel territorio di Mwenga hanno dichiarato di effettuare delle vendite destinate agli agenti di Shamamba.
Tenuto conto dei livelli di produzione forniti dai commercianti di minerali nella sola zona di Mwenga, il Gruppo stima che Shamamba acquisti più di 60 chili d’oro al mese. Secondo testimonianze credibili ottenute dal Gruppo, risulta che il traffico d’oro, compreso quello realizzato da Shamamba, si è intensificato e segue itinerari che partono da Bujumbura e Bukavu verso Kampala, transitando per Kigali, approfittando dei vantaggi fiscali di cui beneficiano le esportazioni in partenza dall’Uganda.
295. Un altro grande acquirente dell’oro proveniente dalle province del Kivu è Mutoka Ruganyira che opera da Bujumbura (Burundi). Secondo gli estratti ufficiali di esportazioni burundesi comunicati al Gruppo di esperti, nel 2009, la società Berkenrode di Mutoka ha esportato oro dal Burundi in 22 riprese, per un peso totale di 970 chilogrammi.
Secondo gli stessi estratti, durante i primi sette mesi del 2010, Mutoka non ha esportato che 110,4 chilogrammi d’oro a partire da Bujumbura, in cinque consegne distinte. Le cifre indicano una diminuzione dell’80% dei livelli di esportazioni rispetto all’anno precedente. Mutoka ha indicato al Gruppo che, quest’anno, aveva ridotto considerevolmente il suo volume di affari. Tuttavia, numerosi commerciati di minerali del Sud-Kivu dichiarano di continuare a fornire a Mutoka quantità identiche a quelle degli anni anteriori. Secondo i servizi di informazione congolesi, nei mesi di settembre e di ottobre, un commerciante di Bukavu ha venduto, lui solo, più di 15 chilogrammi d’oro a Mutoka. Il Gruppo ha identificato i nomi e gli indirizzi di almeno altri cinque fornitori congolesi di Mutoka che acquista ori in diversi luoghi del Sud-Kivu, compreso zone che si sa sono controllate da gruppi armati e/o da reti criminali delle FARDC.
296. Il Gruppo di esperti ha potuto constatare che gran parte dell’oro dell’est della RDCongosi viene trasportato, via le capitali della regione, come Kampala, verso raffinerie degli Emirati Arabi Uniti e di Hong Kong.
299. Il Gruppo di esperti stima che le autorità dei paesi che importano oro per raffinazione, dovrebbero intensificare i controlli regolamentari relativi alle importazioni aurifere. Ogni consegna d’oro ad una raffineria o ai commercianti dovrebbe essere accompagnata in particolare:
a) Dalla fattura di origine dell’esportatore che precisi il nome e l’indirizzo completo del destinatario e non semplicemente la raffineria;
b) Da un certificato di origine;
c) Da un documento che attesti che le tasse di esportazione sono state pagate alle autorità del paese da cui l’oro proviene.
300. Queste regole sarebbero ancora più efficaci se fossero accompagnate da un meccanismo che permettesse di assicurarsi dell’autenticità dei certificati di origine che, al momento del loro rilascio, potrebbero essere messi in linea su dei siti Internet bloccati ed essere così confrontati coi documenti presentati alle autorità doganali dei paesi che importano l’oro.
IX. DOVERE DI DILIGENZA
A. Introduzione
305. Il dovere di diligenza è un processo dinamico in cui le persone ed entità adempiono le loro responsabilità in riferimento ad una data norma. Una di queste norme è il rispetto dei diritti dell’uomo.
Tuttavia, secondo il Gruppo, la norma che il Consiglio di Sicurezza, riferendosi al capoverso g, del paragrafo 4 della sua risoluzione 1857 (2008), desidera vedere applicata agli importatori, industrie di trasformazione e consumatori di prodotti minerari, sono più strette, poiché imperniata sull’attenuazione di due rischi:
a) Il rischio di fornitura di un sostegno diretto o indiretto ai gruppi armati dell’est della RDCongo;
b) Il rischio di violazione del congelamento dei beni e dell’interdizione di viaggiare concernenti le persone ed entità colpite da sanzioni.
307. Secondo questa norma, il rischio che le persone ed entità implicate sono tenute ad attenuare è la fornitura di un sostegno, diretto o indiretto, ai seguenti gruppi armati dell’est della RDCongo: FDLR, ADF, LRA e le diverse milizie Maï Maï. Sono escluse, da questa definizione, le FARDC che sono le forze armate di uno stato costituzionale e non un semplice gruppo armato. Parimenti, nemmeno altre forze armate nazionali, la Polizia Nazionale Congolese (PNC), la polizia delle miniere e l’Agenzia Nazionale di Informazioni (ANR), sono considerate come gruppi armati illegali e sono, dunque, escluse dalla definizione.
309. Il Gruppo raccomanda che sia chiesto di esercitare una diligenza ragionevole non solo agli importatori, trasformatori e consumatori di prodotti minerali, ma anche agli altri agenti che partecipano alla catena di approvvigionamento di prodotti minerali provenienti da luoghi “sospetti”. Si tratta, per esempio, delle persone ed entità che trasportano i minerali o che forniscono i servizi finanziari e assicurativi corrispondenti o che conducono attività di prospezione, di esplorazione e di estrazione di minerali nell’est della RDCongo.
311. Nella sua risoluzione 1896 (2009), il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha riconosciuto esplicitamente il legame tra lo sfruttamento illegale delle risorse naturali, il commercio illecito di queste risorse e la proliferazione e il traffico di armi, affermando che tale legame è “uno dei principali fattori che alimentano ed inaspriscono i conflitti nella regione dei Grandi Laghi in Africa.”
312. Nel presente rapporto, il Gruppo registra i numerosi legami che esistono tra lo sfruttamento e il commercio illegali delle risorse naturali e il conflitto in RDCongo. Questi legami esistono non solo coi gruppi armati e le persone ed entità colpite da sanzioni, ma anche con le reti criminali e gli autori di violazioni dei diritti dell’uomo che agiscono in seno alle FARDC. Come la partecipazione di gruppi armati e di persone ed entità colpite da sanzioni, anche il ruolo delle reti criminali delle FARDC nello sfruttamento illegale delle risorse naturali è un ulteriore fattore che contribuisce a fomentare i conflitti esistenti.
313. Conseguentemente, gli importatori, le industrie di trasformazione e i consumatori di prodotti minerali provenienti da luoghi “sospetti” hanno bisogno di direttive supplementari sul dovere di diligenza, per attenuare i rischi più vasti di sostegno, diretto o indiretto, alle reti criminali e agli autori di violazioni gravi dei diritti dell’uomo che agiscono all’interno delle Forze Armate della RDCongo (FARDC) e, quindi, di aggravamento diretto o indiretto del conflitto nell’est della RDCongo.
318. Le persone ed entità interessate da queste linee direttive sono quelle che importano, trasformano e/o consumano dei minerali provenienti da luoghi “sospetti” e alle quali queste direttive si applicano di conseguenza.
Le cinque tappe del dovere di diligenza sono le successive:
a) Stabilire dei solidi sistemi di gestione dell’impresa;
b) Identificare e valutare i rischi inerenti alla catena di approvvigionamento;
c) Ideare e mettere in atto una strategia per reagire ai rischi identificati;
d) Effettuare dei controlli indipendenti da parte di terzi;
e) Pubblicare dei rapporti sull’attuazione del dovere di diligenza relativo alla catena di approvvigionamento.
B. Opzioni
1. Linee direttive relative al dovere di diligenza all’attenzione degli importatori, trasformatori e consumatori di minerali provenienti da luoghi “sospetti”, per attenuare il rischio di fornitura di un sostegno, diretto o indiretto, ai gruppi armati dell’est della RDCongo e alla violazione del congelamento dei beni e dell’interdizione di viaggio per le persone ed entità oggetto di sanzioni
Tappa 1: Rinforzare i sistemi di gestione dell’impresa.
327. Questa parte del processo comporta quattro elementi principali.
In primo luogo, le persone ed entità interessate devono adottare, pubblicare e comunicare, in termini chiari, ai loro fornitori la politica adottata per quanto riguarda la loro catena di approvvigionamento di minerali provenienti da luoghi “sospetti” e includerla nei contratti stipulati coi fornitori. La politica relativa alla catena di approvvigionamento deve comportare i seguenti elementi:
a) non tollerare alcun sostegno, diretto o indiretto, ai gruppi armati dell’est della RDCongo e/o alle persone o entità oggetto di sanzioni legate all’estrazione, al commercio, alla trasformazione e alla consumazione di minerali, quando tali gruppi armati, persone ed entità
i. Controllano fisicamente le miniere di origine o gli itinerari di trasporto dei minerali;
ii. Impongono, sotto la minaccia di violenze o di altre pene, un lavoro forzato od obbligatorio per estrarre, trasportare, negoziare o vendere dei minerali;
iii. Prelevano illegalmente delle tasse o estorcono del denaro o dei minerali nei lughi di accesso ai siti minerari, lungo gli itinerari di trasporto o nei centri commerciali;
iv. Tassano illegalmente, sottomettono ad estorsione o controllano gli intermediari, le società di esportazione o commercianti internazionali;
v. Finanziano illegalmente delle attività minerarie;
b) Sospendere o rompere immediatamente le relazioni coi fornitori a monte, quando si identifica un rischio ragionevole che si riforniscono presso terzi o sono legati a terzi che forniscono un sostegno diretto o indiretto ai gruppi armati illegali e/o a persone o entità oggetto di sanzioni legate all’estrazione, il trasporto, il commercio, la trasformazione, la manutenzione o la consumazione di minerali.
329. In terzo luogo, le persone ed entità interessate devono mettere in atto un efficace sistema di controllo e di trasparenza nella loro catena di approvvigionamento di minerali.
330. Per quelle situate all’inizio della catena di approvvigionamento, cioè dai siti minerari in RDCongo fino alle fonderie o raffinerie, l’obiettivo del sistema di controllo e di trasparenza deve essere quello di stabilire, repertoriare e verificare:
a) La natura e l’origine esatta dei minerali, risalendo fino alla cava o al pozzo della miniera, la data e il metodo di estrazione e le quantità estratte.
b) L’importo e i beneficiari di tutti i diritti, tasse, canoni e altri pagamenti versati, compreso ai gruppi armati e/o alle persone ed entità oggetto di sanzioni, sui siti minerari o nelle vicinanze e in ogni altro punto della catena di approvvigionamento;
c) I luoghi esatti in cui i minerali sono raccolti, venduti, trasformati o arricchiti;
d) Tutti gli intermediari a monte che partecipano alla catena di approvvigionamento.
331. Queste informazioni devono essere fornite lungo tutta la catena di approvvigionamento, dal sito di estrazione fino alla fonderia o raffineria.
332. Le persone ed entità che ricevono queste informazioni da quelle situate più a monte della catena di approvvigionamento, non devono semplicemente ritenerli esatti, ma devono prendere delle misure adeguate per verificarle.
333. Queste informazioni devono essere conservate, di preferenza, in una banca dati informatizzata, durante almeno cinque anni e messi a disposizione degli acquirenti a valle e dei verificatori dei conti.
336. Per quelle situate “a valle” (verso la fine) della catena di approvvigionamento, cioè tra le fonderie o le raffinerie e il consumatore o utenti finali, il sistema di controllo e di trasparenza deve avere come obiettivi:
a) Di identificare le fonderie o raffinerie della loro catena di approvvigionamento;
b) Di verificare se le fonderie o raffinerie, presso cui si riforniscono, si procurano a loro volta minerali provenienti da luoghi “sospetti”;
c) Di esigere dalle fonderie e raffinerie che trasformano minerali provenienti da luoghi “sospetti” di fornire la prova di avere esercitato una diligenza ragionevole, conformemente ai principi enunciati sopra;
d) Di valutare la veracità delle prove fornite da queste raffinerie o fonderie per ciò che riguarda la diligenza usata nella loro catena di approvvigionamento;
e) Di prendere delle misure supplementari efficaci per ottenere le informazioni pertinenti ai casi in cui i fornitori a monte non avrebbero adempito al loro dovere di diligenza.
Tappa 2: Identificare e valutare i rischi associati alla catena di approvvigionamento.
339. Le persone ed entità interessate, a monte e a valle della catena di approvvigionamento di minerali provenienti dall’est della RDCongo, devono recensire e valutare i rischi di fornitura di un’assistenza diretta o indiretta ai gruppi armati e alle persone ed entità oggetto di sanzioni a causa dell’importazione, trasformazione o consumazione di minerali provenienti da luoghi “sospetti”.
Tappa 3: Ideare e mettere in atto una strategia per reagire ai rischi identificati.
343. Il Gruppo raccomanda che quando si è identificato un rischio di fornitura di sostegno diretto o indiretto ai gruppi armati dell’est della RDCongo o alle persone o entità oggetto di sanzioni, la reazione deve essere quella di interrompere le relazioni coi fornitori implicati a monte della catena di approvvigionamento fino all’eliminazione del rischio.
Tappa 4: Effettuare dei controlli indipendenti da parte di terzi.
345. Per assicurare la credibilità del processo di diligenza ragionevole, sono necessari dei controlli indipendenti.
346. Il Gruppo raccomanda che almeno le raffinerie e fonderie siano oggetto di controlli indipendenti sul loro processo di diligenza per attenuare i rischi di fornitura di un sostegno diretto o indiretto ai gruppi armati dell’est della RDCongo e/o alle persone ed entità oggetto di sanzioni. Questi controlli devono specificamente determinare se il processo di diligenza della raffineria o fonderia sia conforme alle norme e procedure enunciate nelle presenti linee direttrici.
Tappa 5: Pubblicare dei rapporti sull’adempimento del dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento.
354. Le persone ed entità interessate devono rendere conto, pubblicamente e spontaneamente, del compimento del loro dovere di diligenza per attenuare i rischi di fornitura di un sostegno diretto o indiretto ai gruppi armati e/o alle persone ed entità oggetto di sanzioni. Tali informazioni devono essere presentate in rapporti annuali.
2. Linee direttrici sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile dei minerali provenienti da luoghi “sospetti” per attenuare i rischi di fornitura di un sostegno diretto o indiretto al conflitto nell’est della RDCongo, alle reti criminali e/o agli autori di gravi violazioni dei diritti dell’uomo, attivi in particolare all’interno delle Forze Armate dello Stato (FARDC), ai gruppi armati dell’est della RDCongo e alle violazioni del congelamento dei beni e dell’interdizione di viaggiare concernenti le persone ed entità oggetto di sanzioni
356. Il processo di diligenza ragionevole prevista per l’opzione 2 comporta le stesse cinque tappe dell’opzione 1, ma si aggiunge l’attenuazione dei rischi di fornitura di un sostegno diretto o indiretto al conflitto nell’est della RDCongo e alle reti criminali e/o agli autori di gravi violazioni dei diritti dell’uomo, particolare in seno alle Forze Armate dello Stato (FARDC).
X. RACCOMANDAZIONI
370. Il Gruppo di esperti raccomanda al Consiglio di Sicurezza:
a) Di confermare le sue raccomandazioni concernenti le linee direttrici da seguire per esercitare, conformemente al paragrafo 7 della risoluzione 1896 (2009), tutta la precauzione necessaria per attenuare il rischio di esacerbazione del conflitto nell’est della RDCongo, a causa della fornitura di un sostegno diretto o indiretto:
i. Ai gruppi armati illegali attivi in questa zona;
ii. Alle violazioni di congelamento dei beni e dell’interdizione di viaggiare per le persone ed entità oggetto di sanzioni;
iii. Alle reti criminali e agli autori di gravi violazioni dei diritti dell’uomo, attivi in particolare in seno alle Forze Armate Nazionali;
b) Di chiedere agli Stati Membri, in particolare alla RDCongo, ai paesi limitrofi e ai paesi le cui imprese lavorino nel settore minerario della RDCongo, di prendere delle misure giuridiche adeguate per adottare le linee direttrici presentate sopra.
c) Di invitare i Paesi donatori a:
i) Continuare a sostenere il rafforzamento delle istituzioni giudiziarie della RDCongo, in particolare nel campo della criminalità economica;
ii. Fornire risorse per la formazione della polizia delle miniere e delle frontiere che indagano sulla criminalità economica;
iii. Sostenere i sistemi regionali di certificazione, per stabilire una distinzione tra la produzione e le esportazioni nazionali e le riesportazioni di minerali provenienti dalla RDCongo;
d) Di incoraggiare gli Stati membri della Conferenza Internazionale sulla Regione dei Grandi Laghi a migliorare gli scambi di informazioni e le azioni comuni, per indagare sulle reti criminali regionali e i gruppi armati che partecipano allo sfruttamento illegale delle risorse naturali e per combatterli;
371. Il Gruppo di esperti raccomanda al Consiglio di Sicurezza di incoraggiare specificamente il Governo della RDCongo per:
a) Istituire, in seno all’Ufficio del Procuratore militare, un’unità mobile di inchiesta sulla criminalità economica;
b) Rivedere e rinforzare la legislazione nazionale relativa alla partecipazione dei militari ad attività economiche, come l’estrazione mineraria;
c) Vigilare affinché lo Stato Maggiore delle FARDC imponga specifiche sanzioni disciplinari a quei militari implicati in conflitti fondiari e nello sfruttamento illegale delle risorse naturali.
Pdf del documento: Riassunto Rapporto Onu del 29 novembre 2010 a cura di Rete Pace per il Congo
Testo integrale del documento (in francese): Rapporto Onu del 29/11/2010