Editoriale Congo Attualità n. 306– a cura della Rete Pace per il Congo
Il 31 dicembre, le varie parti politiche e sociali della Repubblica Democratica del Congo (RDCongo) hanno finalmente raggiunto un accordo su come gestire il Paese dopo la mancata organizzazione delle elezioni presidenziali e legislative nazionali previste nel mese di novembre 2016. L’accordo è stato raggiunto grazie alla mediazione dei vescovi della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco) e le trattative si sono svolte presso il Centro interdiocesano di Kinshasa.
Le grandi linee
Soprattutto nella prima parte, il testo fa costantemente riferimento ai principi della Costituzione, letta nel rispetto della sua oggettività e della sua globalità, senza cedere ad alcuna interpretazione parziale o manipolazione interessata.
– Sin dall’inizio, il testo dell’accordo ricorda che, secondo l’articolo 70 comma 1 della Costituzione, “il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta”. Il testo dell’accordo ne trae una prima conseguenza: eletto una prima volta nel 2006 e una seconda volta nel 2011, l’attuale Presidente Joseph Kabila,ha terminato il suo secondo e ultimo mandato presidenziale e non può più candidarsi per un terzo mandato.
– Tuttavia, lo stesso articolo 70 della Costituzione contiene un secondo comma, secondo il quale, “alla fine del suo mandato, il Presidente della Repubblica rimane in funzione fino all’effettivo insediamento del nuovo Presidente eletto”. Ne consegue che, benché abbia terminato il suo secondo e ultimo mandato presidenziale, l’attuale presidente della Repubblica Joseph Kabila può continuare ad esercitare le funzioni di Presidente della Repubblica fino all’organizzazione delle prossime elezioni presidenziali.
– Intuendo il rischio di un rinvio continuo delle elezioni per mantenere al potere l’attuale Presidente, il testo dell’accordo prevede la formazione di un nuovo Governo di unità nazionale, con un Primo Ministro proveniente dalle file del Raggruppamento dell’opposizione (RASSOP) e con l’incarico prioritario di organizzare le elezioni entro 12 mesi, cioè entro la fine del 2017.
– Inoltre, per maggior sicurezza e secondo il detto che non si cambiano le regole del gioco quando la partita è già in corso, il testo dell’accordo prevede che, durante il periodo pre-elettorale non si possa procedere ad alcuna revisione della Costituzione (soprattutto nei suoi articoli 70 e 220 relativi al numero e alla durata del mandato presidenziale), né per via parlamentare, né per via referendaria.
– Infine, è creato un Consiglio Nazionale di monitoraggio dell’applicazione dell’accordo e dell’attuazione del processo elettorale e posto sotto la presidenza di Etienne Tshisekedi, presidente del Comitato dei Saggi del Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP).
Le sfide che rimangono
Se molti sono gli aspetti positivi di questo accordo, altri sembrano essere piuttosto ambigui.
– L’accordo prevede l’organizzazione simultanea (nello stesso giorno) delle elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali. Un’operazione di tre elezioni in uno stesso giorno, da organizzarsi in meno di 12 mesi, in un Paese molto vasto, con poche infrastrutture di comunicazione e con pochi mezzi logistici sembra essere un’operazione del tutto precipitata e destinata a svolgersi nella più completa confusione, facilitando il rischio di irregolarità e brogli elettorali. I redattori del testo, tuttavia, sono stati prudenti, inserendo una clausola secondo la quale il Consiglio Nazionale di monitoraggio, il Governo e la Commissione elettorale “possono unanimemente accordarsi sul tempo necessario per l’organizzazione di queste elezioni“.
Secondo alcuni osservatori, entro novembre – dicembre 2017 sarebbe possibile organizzare solo le elezioni presidenziali e legislative nazionali. Se si vogliono organizzare le tre elezioni simultaneamente, nello stesso giorno, occorrerà forse aspettare 2018.
– Un altro punto discutibile si riferisce alla questione della suddivisione delle responsabilità durante il periodo compreso tra la fine del secondo e ultimo mandato del Presidente Kabila e l’organizzazione effettiva delle prossime elezioni presidenziali.
Secondo il testo dell’accordo, il posto di Primo Ministro spetterebbe al Raggruppamento dell’Opposizione. Secondo le trattative attualmente in corso per la redazione di un annesso particolare sulle disposizioni concrete, il futuro Primo Ministro sarebbe quasi sicuramente un membro dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS). Nello stesso tempo, sempre secondo il testo dell’accordo, la Presidenza del Consiglio Nazionale di monitoraggio dell’applicazione dell’accordo e dell’attuazione del processo elettorale sarebbe riservata al Presidente del Comitato dei Saggi dello stesso Raggruppamento dell’Opposizione, Etienne Tshisekedi, ugualmente presidente dell’UDPS.
Secondo alcuni osservatori, appare già evidente un inevitabile conflitto di interessi, poiché due persone membri dello stesso Raggruppamento politico e dello stesso partito politico svolgerebbero due ruoli di per sé antitetici nelle nuove istituzioni: quello del controllore (il presidente del Consiglio Nazionale di monitoraggio) e quello del controllato (il Primo Ministro del nuovo Governo di Unità nazionale). Questo conflitto di interessi diventerebbe ancor più scandaloso, qualora il Raggruppamento dell’Opposizione presentasse Felix Tshisekedi, figlio di Etienne Tshisekedi, come candidato al posto di Primo Ministro. In questo caso si potrebbe davvero dire: “Nel nome del padre, del figlio e … del potere”. Per evitare un simile conflitto di interessi, sarebbe quindi auspicabile una migliore suddivisione delle responsabilità.
– Infine, l’accordo del 31 dicembre sancisce un cambiamento radicale del panorama politico congolese. Entrando a far parte del Governo e assumendone addirittura la guida, anche il Raggruppamento dell’Opposizione (RASSOP) entra a far parte di una nuova maggioranza di potere.
Ormai il grido “Yebela” (“Dimettiti”), urlato tante volte da esponenti del Raggrupamento contro il Presidente Kabila, ha ceduto il posto all’altro grido “Wumela” (“Continua”). La richiesta, tante volte espressa, di un’alternanza politica ai vertici dello Stato come segno di democrazia, è diventata la ricerca sfrenata di posti di potere (“spostati da lì che mi ci metto io”). Ora il rischio è che anche il Raggruppamento entri nella logica dello slittamento, del rinvio, del prolungamento e del prendere tempo. Per questo, sarà necessario che il popolo congolese continui a esigere l’organizzazione, il più presto possibile, di elezioni presidenziali, legislative nazionali e legislative provinciali trasparenti e credibili, unica via possibile per consolidare la democrazia.